FERRATA COLONI, RAMO NUOVO, GROTTA GIGANTE
Se riesci, in circa 50 comode uscite, ad esplorare una grotta che ti porta a 20 m dal livello di base e con altre 30 circa, a prolungarle il fondo con 12 m di bigolo orizzontale, e – perché no – ci metti anche degli strumenti (per rilevare temperature, livelli d’acqua, ecc.), allora vale la pena attrezzarla con delle scale fisse.
Tutto questo inizia tre anni fa in Grotta Gigante quando, in assenza di “cantieri” degni del nostro operato, Ciano, Topo e Lucio programmano tale lavoro senza immaginare quanti casini avremmo dovuto poi affrontare per portarlo a termine negli anni successivi.
Ciano propone di battezzare questo percorso “ferrata Coloni”, in ricordo di un amico scomparso ed antico socio della nostra Commissione. Al di là dei lavori di scavo e di esplorazione, mi soffermerò solo sulla posa in opera delle scale.
A questo cantiere sono stati dedicati numerosissimi sabati, davvero un mucchio di uscite!
A suon di andare su e giù, sporcare sempre tutto e poi lavare ogni volta tutto, diverse volte si è valutata l’idea di mettere delle scale fisse. Ma si sa, questa può diventare un’opera ciclopica che ci costringerebbe a sospendere il lavoro sul fondo per almeno un anno se non più.
Sta di fatto che quest’idea iniziale ha preso forza, si è fatta acuto desiderio e si è trasformata in ferma decisione, fino a concretizzarsi finalmente in azione: dopo approfondite e svariate valutazioni, eccoci pronti a mettere giù un bel po’ di ferro per agevolare l’andirivieni del personale addetto ai lavori e – perché no – anche di chi andrà in futuro a leggere gli strumenti.
Decidiamo qualche piccola modifica rispetto al progetto realizzato per attrezzare “l’Impossibile” e nell’agosto del 2010 arriva finalmente il materiale in acciaio inossidabile: 80 scale da 2 m ciascuna, staffe, giunzioni, bulloni, fix, nonché tutti gli attrezzi che ci potranno servire.
Avete presente la Grotta Gigante? Bene, il camion ha scaricato tutto vicino all’uscita nuova, e da lì è stato portato tutto, chiaramente a mano, fino al ballatoio (da dove si fanno le calate per la Befana) e da qui, con una comoda teleferica di 100 m che ha attraversato la grotta, è stato trasportato fino nella “Sala dell’Altare”: poi ancora con un’altra teleferica fino sopra il P.30 interno. Finito il trasporto del materiale, iniziano i lavori di carpenteria e di miniera. Man mano che si attrezza un pozzo, lo si fa in modo definitivo, senza doverci ritornare sopra in un secondo tempo e con tutti i dovuti accorgimenti; a seguire si cala il materiale rimanente e così avanti.
Il I pozzo è un bel salto di 30 m, tutto o quasi in concrezione.
La prassi vuole che ogni scala venga collegata all’altra con quattro bulloni da 10 mm e due giunzioni, e venga fissata alla parete con due staffe e due fix da 10 mm.
Parecchi ancoraggi sono stati realizzati su barre filettate in inox da 10 mm lunghe 30 cm, resinate: più di qualche volta se ne è andata un’intera cartuccia di resina per foro. In più, per deviare la linea di discesa, abbiamo dovuto spostarci lateralmente creando anche un terrazzino.
Il problema in questo pozzo, che parte con uno scivolo poi gira verso destra e si verticalizza, era di trovare il modo di calare il materiale in un tiro unico: nulla di impossibile, ma ci siamo accorti che sarebbe stato un affare un po’ complicato anche posizionando delle persone lungo il percorso, quindi dovevamo risolvere la faccenda diversamente. Ed ecco che, pensa e ripensa, le nostre menti hanno elaborato un sistema adeguato e rivoluzionario: tutto funziona alla grande e riusciamo a metterci solo quattro minuti per ogni calata e così tra preparare il sistema, far scendere l’occorrente e recuperare la teleferica, ci impieghiamo non più di 6 ore.Nel proseguimento dei lavori siamo stati costretti ad ampliare alcuni passaggi che – se prima ci si passava a filo – ora con scale e struttura (e anche per una questione di comodità e prevenzione infortuni) si rivelano impraticabili. Disostruzioni ed allargamenti sono stati fatti a regola d’arte, sia per via burocratica che per via manuale.
A farla breve, in circa un anno di estenuante lavoro, con frequenza settimanale, siamo arrivati ad attrezzare poco più di 100 m di pozzi con scale fisse e, cosa importante, con la linea-vita a lato.
Per realizzarla siamo stati ligi alle regole. Ci siamo basati sulle ultime linee guida per le ferrate di montagna, ma soprattutto abbiamo lavorato nel rispetto delle ultime normative in fatto di sicurezza. La linea vita va realizzata in tessile semi statico da 10 mm ancorato in partenza su fix resinati da 12 mm; di seguito prosegue con rinvii passanti fissati ogni 2 m sulle scale e viene bloccato sul montante ogni 10 m circa. Chiaramente per salire e scendere si deve usare un set da ferrata con dissipatore a norma UIAA.
La consuetudine ha voluto che ogni sabato, nonché negli infrasettimanli serali, ci si trovi da Milic, un locale a pochi metri dall’ingresso, a bere caffè. Più o meno mezz’ora di ciacole conviviali e poi, chi c’è, c’è, si scende.
Scendere così, senza attrezzatura, su un percorso fisso, è uno spasso, si arriva giù in un attimo e soprattutto non c’è nessun problema per portare qualsiasi materiale aggiuntivo; senza pensare poi che senza le corde lavoriamo in compagnia di soci anziani che non amano la progressione su corda…
Che ve ne pare? Circa 50 uscite per scavare, esplorare ed arrivare sul fondo della nuova prosecuzione, poi altre 20-25 per seguire una fessurina in cui spariva l’acqua, e altre 50 e più per attrezzare il percorso “Coloni”. Totale più di 130 uscite e… non è ancora finita! Alla prossima.
Ciao ciao. Spartaco Savio
Hanno partecipato
Luciano Filipas – Lucio Comello – Savio Spartaco – Fabio Feresin – Franco Besenghi – e tanti ancora