E’ NATO IL SECONDO CHILOMETRO AL DAVORJEVO BREZNO!

Nella giornata del 25 giugno scorso, siamo diventati tutti padri del secondo chilometro di sviluppo del Davorjevo Brezno: proseguendo infatti le esplorazioni nel “Meandro dei Papà” e risalendo il suo splendido tratto acquatico a monte a circa -210 m, è perseguita la topografia di precisione che, una volta chiusa in poligonale, ha regalato il dato di 2090m di sviluppo planimetrico.
La poligonale chiusa inoltre, grazie all’uso del DistoX, una volta uniti i caposaldi ha restituito una discordanza di circa un metro sull’azimut totale e di centimetri sui piani d’inclinazione per la misurazione della profondità. Nella stessa puntata è stato trovato un by-pass fossile al termine del meandro che ha permesso di proseguire in ambienti di nuovo ampi per circa 50m e di arrestarsi su di un nuovo restringimento della struttura, ove una facile disostruzione attende una sicura via battuta d’aria.
Padrini di battesimo: Riki Corazzi (CGEB Trieste), Lucio Comello (CGEB Trieste)

Louis Torelli (CGEB Trieste),Miha Staut (JZ Železničar Lubiana)
Aggiornamento del 9 luglio 2011
Ritornati alla fine del “Meandro dei Papà” e dopo brevissima disostruzione, un gruppo è proseguito nello sviluppo amonte della struttura per circa 80m, arrivando in una grande sala chiusa da una enorme frana dalle quale filtra il corso d’acqua principale della struttura profonda. In un prossimo futuro quindi, anche questa frana potrà essere indagata, se offrirà margini di sicurezza per lavorarci al suo interno. Lo sviluppo attuale del Davorjevo Brezno supera i 2100m topografati.
Ultimo giro: Spartaco Savio (CGEB Trieste), Lucio Comello (CGEB Trieste), Davor Mesarec (JD Hrpelje-Kozina)
Riccardo Corazzi
ULTIMISSIME DALLA DAVORJEVO BREZNO del 19.03.2011
il 19 marzo nonostante la situazione idrografica preoccupante una agguerrita squadra CGEB è scesa in Davorjevo a forzare i passaggi fossili e attivi in area post sifone. Già sul p. sessanta un notevole stillicidio accoglie il gruppo. Vestito il neoprene entriamo nel collettore dove la piena di giovedì è ancora in atto. Arriviamo sull’innesto sotto il p. 35 gli ultimi frazionamenti sono completamente sotto il fragore e martellio della cascata, il rumore è assordante. Il meandrone che porta al fondo è inondato e quasi impraticabile, quindi si rimanda il lavoro di rilievo ad un altro momento, anche per non compromettere il “Disto” elettronico già in precaria situazione tecnica. Raggiungiamo Spartaco e Lucio che invece sono nella parte “a monte” del collettore che hanno seguito per almeno 600 mt fino a doversi fermare su una strettoia al momento impraticabile ma dalla quale esce tutta la portata d’acqua. Uno spettacolare ambiente si svela, percorriamo mezzo chilometro abbondante con alcuni brevissimi passaggi più stretti sempre contro corrente, il freddo si fa sentire e decidiamo di topografare almeno in parte il “meandro del Papi” appena percorso.
Al ritorno nei pressi di un grande ambiente proveniente da est veniamo intercettati da Riki Davide e Totò che nel contempo erano in esplorazione su alcuni rami fossili collegati direttamente alla grande caverna fossile successiva al sifone pensile.
Mentre terminiamo i rilievi e riprendiamo qualche scena mentre Cavia e Totò affrontano comunque la piena e raggiungono il lago sifone, utilizzando in risalita il nuovo percorso di collegamento appena scoperto.
Questo dunque è Davorjevo un grottone bellissimo che non finisce mai di stupire
partecipanti:
Antonella Tizianel, Spartaco Savio, Lucio Comello, Adriano Balzarelli, Riki Corazzi, Marco Sticotti (Cavia), Paolo De Curtis, Paolo Tofanin, Davide Crevatin, Feresin e fino al cambio in neoprene anche Roberto Prelli
ULTIME NOVITÀ DALLA DAVORJEVO BREZNO – Slovenia
Dopo lunghe settimane d’attesa, causa il perdurare delle abbondanti piogge su tutta l’area confinaria tra la provincia di Trieste e la Slovenia, siamo finalmente riusciti ad entrare in Davorjevo Brezno. Il nodo sta nel superamento del sifone a meno 200 di profondità, al termine del meandro “Tihe Vode” pochi torbidi metri in apnea. Si supera il tratto seguendo un cordino rosso tirato attraverso la parte sommersa. Una bella ed agguerrita squadra dunque entra e supera la parte verticale per trovarsi nella prima caverna dove ci si mette il neoprene o la tuta a secco. E’ con noi anche Peter che ha deciso di riprendere in diretta l’esplorazione.
L’atmosfera è euforica. Superato il sifone e scaricata l’adrenalina entriamo in un grande caverna, dove compare un dosso di sabbia bianchissima, dalla sala si dipartono due prosecuzioni: una fossile in direzione est, mentre da un pozzo valutato 30 metri sale il rumore di una cascata. Divisi i compiti, un gruppo arma ed esplora il ramo nuovo, un gruppo segue rilevando, e l’ultima fotografa.
Il pozzo è fossile a metà, nell’ultima parte ricompare l’acqua del ramo di arrivo (quello del sifone). Alla base ci si innesta nel collettore principale, un meandrone largo e inondato piega verso ovest. L’ambiente è di spettacolare bellezza. La forra sotterranea è caratterizzata da diversi laghi e toboga, alcuni brevi salti non creano grossi problemi, l’acqua sui tratti verticali viene sempre evitata, almeno quando corre a regime ridotto. Percorsi circa quattrocento metri, e discesi alcuni ulteriori brevi tratti si percorre un ultimo ramo sub-orizzontale che immette direttamente in un vasto lago-sifone.
L’altimetro segna 210 metri sul livello del mare, ricordiamo che l’ingresso è posto a quota 505 slm.
Ci rendiamo subito conto che il lavoro in Davorjevo incomincia solo ora, abbiamo due “decisi” rami che proseguono a monte. Uno fossile ed uno attivo (verso l’inghiottitoio di Dane).
Sopra il lago – sifone occhieggiano delle gallerie, che saranno meta d’indagine assieme al forzamento del by-pass pre-sifone. Ora sopratutto parte il lavoro d’impostazione delle ricerche speleo-subacquee e quelle di analisi, studio e monitoraggio dei drenaggi.
Louis Torelli
Hanno esplorato e partecipato:
Lucio Comello, Adriano Balzarelli, Riccardo Corazzi, Spartaco Savio, Louis Torelli (Commissione Grotte “Eugenio Boegan” – S.A.G. – Trieste) Silvia Campanini (S.A.G. Trieste)
Davor Mesarec Istok Sturm (Jamrsko Drustvo Hrpelje-Kozina)
Ines Klinkon, Peter Gedei (JK Železničar Ljubljana)
Rok Stopar, (JD Dimnice Koper),
SENTIERI D’ACQUA AL DAVORJEVO BREZNO

Pubblicato sul n. 57 di PROGRESSIONE – Anno 2010
Ad essere obiettivi, il Davorjevo Brezno si era già abbondantemente spinto verso il basso regalando magie e misteri svelati, quindi arrivare su di una pozza d’acqua a -190mt sembrava tutto sommato abbastanza comune. Il Me’jame ( Inghiottitoio di Danne di Sesana), sistema ipogeo attivo più vicino e più geomorfologicamente simile, molla a tale quota, con sifone: più in là, qualche km ad Est, i sistemi attivi di Odolina e Slivie-Coticcina cedono spazi aerei per farsi tutti acquatici a quote ancora più elevate, -150mt, max -180mt ca dal loro ingresso. Quella pozza d’acqua…ci eravamo capitati sopra io e Davor dopo aver passato un laminatoio semi-allagato ed aver guadato vasconi sino alla vita, in posti da fiaba…poi la galleria si abbassava, si riempiva di concrezioni, cunicoli, belli umidi, odore e terrore di fine prossima, e infatti ecco lo specchio liquido presentatosi dopo un 150mt belli nuovi che avevamo trovato. Aria zero. O forse qualche alito mosso dal nostro agitarsi. Poca roba comunque. Avevamo allora deciso di porre attenzione all’altra estremità del ramo attivo, risalendo sino alla fine il Meandro dei Carbonari per arrestarci sotto ad una cascata che spurgava acqua da un salto da 10mt, da arrampicare…quell’acqua da dove arrivava? Organizzammo una punticina per scoprire nuovi passi, scendemmo belli armati di ferri ed elettricità per forzare ancora i nostri limiti: porconi a pieni polmoni echeggiarono giù dal meandro quando le batterie al piombo, tecnologia di 30 anni fa (ma noi a Trieste siamo particolarmente bifolchi ed mentalmente occlusi ai cambiamenti…non tecnologici, ma proprio di seguire e capire l’evolversi del flusso delle cose in generale) dopo esser state portate in gita decisero di mollare il colpo e non girare, per niente eh, neanche un buco.
Gigetto molto triste e demoralizzato con i suoi soci guardava a terra e malediceva a bassa voce, io in preda ad una crisi di nervetti, ci si equilibrava insomma. A vederla la cascata era proprio bella e grassoccia. Rischiosa? Louis si ricordò che era un arrampicatore in gioventù e incazzato salì in free, sicura morale e niente più. Bello guardarlo da sotto illuminandolo di quella luce asettica, fredda da obitorio o da cella di refrigerazione che danno i led, erano chiarissimi e cristallini tutti i dettagli della cascata che gli piombava in schiena, scendeva a rinfrescargli le chiappe e usciva dai trombini – ha proprio tanta voglia, pensai -. Uscì in meandro e salutò chi di sotto guardava.
Tornò messaggero di belle notizie: i “Carbonari” proseguivano sino ad una sala ampia e concrezionata, davanti una polla oltre la quale gorgogliava acqua a pelo libero, in alto a sinistra una risalita su panza di calcite. Ed era il primo round della bella stagione esterna. A Luglio provammo a rivedere il fondo della cavità, allagato, sifonato o quel che era. A sfatare stò mito della corrente d’aria che filtrava. Sacchi e incazzatura. Cambiarsi nella caverna a -170mt e indossare mute i cui bei tempi elastici del neoprene erano andati e lontani bastava già a sentirsi infastiditi: muoversi soffocati per le centinaia dei metri successivi e sentire la temperatura del corpo salire non poco e scaricare rivoletti di sudore ancora e ancora, ci sembrarono test sufficienti per purgarci tuffandoci nella vaschetta marrone finale, con ghiaino sul fondo…..i porchi di Franz dopo una pioggia estiva a giocare nel fango, ecco come eravamo. Era anche bello onestamente, si sa che a noi piacciono le porcate.

Bene! Anyway, bisognava decidere che fare: una fessura libera, 10 cm d’aria forse meno, lasciava correre i nostri aliti e la nostra evaporazione come poche volte, Canin escluso, siamo riusciti a vedere, verso monte…bisognava tentare, in apnea certo. Primo tentativo di gambe pensai, che se ti incastri ti tirano fuori per le braccia che è meglio, ma era difficile emergere dall’altra parte, sempre che ci fosse stata “dall’altra parte”. Di testa allora, e andai oltre annaspando, sbucai sul bordo di una vasca concrezionata, un attimo a girare e la struttura proseguiva: feci 10 metri e la forra diventava galleria, sempre più nera. Arrivò Gigetto e proseguimmo, brividi arrivando in una sala, ci bloccammo alla partenza di un salto di 30 metri…sotto il rumore di un fiume nella notte, c’era da pisciarsi addosso dal freddo e dalle emozioni, Gigetto blatterava in preda ad una crisi di nervi da gioia, io per lo stessa sindrome D.O.C. (disturbo ossessivo-compulsivo) rimasi in silenzio al buio a sentire quel rumore millenario…ecco perchè facciamo speleologia pensai in quell’istante.

Mi concessi appunto solo di pisciarmi dentro la muta, piccola debolezza di felicità. Peggio fece Gigetto, risbucando fuori dal sifone, come un rospo in amore baciò Davor con trasporto – mica per finta – non vidi però se gli cacciò pure la lingua in bocca o meno, sensazionale e vomitevole in ogni caso. Davor accettò tale confidenza del presidente del sodalizio, con gli occhi illuminati dalle notizie delle scoperte fatte. Venne organizzato ancora un giro a Settembre o giù di lì. C’era anche Iztok, il figlio della Luna, che non si capisce mai se la sua perpetua e immobile mimica facciale corrisponda ad una imminente crisi di pianto o ad una scontrosa e dignitosa felicità d’animo…con lui che non sa nuotare facemmo un po’ di terrorismo psicologico prima di andare in apnea ancora una volta nel nostro stagno d’amore preferito, come ippopotami felici dopo un acquazzone nella savana. Passammo, e il pozzo attendeva.
Intanto che Gigi armava, misi il mio grugno verso una galleria laterale che dopo una decina di metri, tra caos di massi patinati di fango, la progressione richiamava la necessità di un traverso…occhiai la volta davanti a me, tipica freatica, dopo essermi fermato: qui ancora c’è un’altra immagine da rendere reale, è uno dei punti in esplorazione. Giù per lo splendido pozzo, concrezionato, ampio e con colori pastello planammo sull’attivo: era un attivo ingrossato da chissà che altri apporti idrici, l’amonte neppure lo degnammo, andammo già in una forra di rara bellezza in pura esplorazione: noi, scelti chissà per quali imperscrutabili vie del destino ad esser li per primi, la roccia bianchissima e lucente, e quel rumore rombante d’acqua che corre ancora ed ancora e lo fa cantando una canzone vecchia di 1000 anni. Un saltino con cascata ci sbarrò la strada, non avevamo più corda visto che per scendere il pozzo ne anodammo 3 in sequenza, ma andava bene così: il torrente saltava giù e salutava, dietro ad una piccola frana di grandi massi, il canyon andava via nell’oscuro di sempre.
Riccardo Corazzi
Le immagini sono del grande fotografo professionista e amico Peter GEDEI.
Il sifone di ingresso
Gli ambienti dopo il sifone
Il lago sifone finale
SITUAZIONE IDROGRAFICA DELL’AREA
NOME GROTTA | QUOTA INGRESSO | PROFONDITA | QUOTTA SIFONE |
Inghiotitoio Dane | 400m | 173m | 227m |
Škocijanske jame | 425m | 250m | 175m |
B3G | 436m | 230m | 206m |
Abisso dei Serpenti | 435m | 280m | 155m |
Davorjevo Brezno | 505m | 295m | 210m |