C.G.E.B. SPELEOLOGIA O GROTTISMO?

C.G.E.B.SPELEOLOGIA O GROTTISMO?

Nel lontano 1935 Finocchiaro, Medeot ed io, timidi e timorosi giovanetti, ci trovavamo al cospetto del mitico cav. Boegan per offrigli i nostri servigi da neofiti speleologi. Dopo i lustri del passato, a quell’epoca, la situazione  della Commissione Grotte era alquanto disastrosa: rare uscite, quando il camion militare era disponibile e spesso solo per andare in osteria a tracciare rilievi. Pertanto fummo subito ben accetti ed incaricati di tanto in tanto a rilevare piccole cavità o raccogliere dati nelle zone che gli interessavano per completare la sua grossa opera sul Timavo, (per tale ragione ho l’onore di essere eternato in una foto del libro).(*) In tal modo riuscimmo a renderci conto che speleologia non significa solamente scoprire e rilevare nuove grotte, cosa allora molto più facile di oggi data la notevole estensione del territorio a disposizione, ma pure raccogliere elementi per comprendere il loro inquadramento nel carsismo della zona, la presenza di tipi vegetali ed animali (il mio insegnate di scienze era il prof. Iviani, grande esperto di fotografia e  botanica nelle grotte) e quant’altro potesse servire ad una loro migliore conoscenza. Il nostro sano entusiasmo non mancò di creare proseliti tra amici studenti, tra i quali ricordo ancora: Maucci, Polidori, Boschian, Coloni. Vi fu così un risveglio, anche se non con esplorazioni importanti come in precedenza, ma almeno con la ripresa della raccolta di utili dati conoscitivi. Lo scoppio della guerra purtroppo venne ad interrompere questo nuovo fiorire della Commissione. Gli eventi mi hanno poi portato in Sicilia, dove gironzolando mi è stato possibile notare la presenza di parecchie grotte; naturalmente mi ci sono immediatamente ficcato accorgendomi quasi subito come sul pavimento vi fossero cocci preistorici istoriati e non. Di conseguenza, sotto gli insegnamenti del prof. Bernabò Brea, sopraintendente di Siracusa al quale portavo quanto trovato,  sono giunto ad interessarmi, da dilettante e solo per quanto riguardava la Sicilia, a questo periodo archeologico. Avendo comunque l’opportunità di ritornare parecchie volte l’anno a Trieste, non mancando mai di frequentare assiduamente la nostra sede, prima in via Milano e poi in piazza Unità, mi aveva fatto veramente piacere di notare negli anni ’60 un notevole risveglio di attività. Questo non solo dal punto di vista esplorativo con la revisione catastale di tutte le cavità rimaste nel territorio e la scoperta di tantissime altre, ma pure di un gruppo che si occupava di vari settori attinenti il mondo sotterraneo: Forti e Tommasini con la meteorologia ipogea alla Doria e la stazione meteo esterna, Stradi e Andreolotti con i cocci, Benussi con le ossa, Redivo con i resti archeologici ed ancora Forti con le sue rocce carsiche, Gasparo con gli insetti, Guidi ricercatore speleo-storico, Vianello con la Scuola di Speleologia, Marini con il catasto e parecchi altri. Avevo l’impressione si stesse finalmente concretizzando il nostro sogno giovanile: esplorazioni si, ma anche collegate ad elementi di studio speleologico così da non renderle solo manifestazioni di grottistico ludismo fisico. Questo quale premessa a quanto di seguito circa la mia personalissima opinione, del tutto negativa, sulla attuale situazione del nostro sodalizio, e poiché mi vanto di esserne oltre il socio più anziano, anche il più antico, penso mi sia lecito avanzare critiche anche impietose. Ho avuta l’impressione che da parecchio tempo i fondi a disposizione siano stati impiegati soprattutto per finanziare piacevoli, costose escursioni in zone anche lontanissime che come risultato hanno portato solamente qualche nuovo racconto  sull’esplorazione, magari accompagnato da un rilievo che in fondo a noi interessa ben poco, ma senza alcun apporto di elementi od osservazioni, argomenti che interessano ambienti ben più ampi di quelli  eseleoesplorativi. La speleologia è nata sul Carso e sul suo Timavo, fatto noto in tutto il mondo;  sembra veramente strano che proprio noi, che con essa siamo sorti e l’abbiamo in casa, non si faccia ormai più alcuno studio come quelli che a suo tempo avevano spinto Boegan a rendere grande il nostro gruppo, indubbiamente con la speranza che gli studi fossero proseguiti dai suoi successori. Mi sembra che ormai non rimanga altro oltre la più che meritevole entusiastica attività di alcuni vecchioni, che con enormi sacrifici continuano a scavare per trovare altri accessi al mitico fiume sotterraneo; se, come auguro  loro, giungessero a risultati positivi, le loro fatiche rimarrebbero sterili se non congiunte ad uno studio profondo sulle origini e caratteristiche delle acque transitanti sul fondo. Ne  d’esempio la Lazzaro Jerko dove, a dieci anni di distanza dal successo della fantastica impresa di Ciano, nulla è stato fatto e non si sappia ancora neppure se la acque provengano da Trebiciano tutte, in parte, oppure no. La tenacia, l’entusiasmo e la purezza di cuore di questo mio fraterno amico che è riuscito portare a compimento un’opera, sogno secolare di centinaia di speleologi, non è stata poi assolutamente valorizzata; basti ricordare che al congresso internazionale di speleologia del 2009 la CGEB non si è presentata neppure con uno straccio di relazione mentre aveva un argomento come questo: da applauso generale. Dato che oltre la mia vecchia società amo anche il mio Carso ed il mio Timavo mi auguro che un giorno almeno altri, che essendo interessati al tratto più a monte, decidano di occuparsene. Incidentalmente tengo accennare a cosa sta accadendo per le Stufe di Sciacca, che secondo l’amico Dario sono la mia monomania (forse voleva dire: mania mona); dopo le esaltanti scoperte che a suo tempo avevano fatto grande rumore, tutto è passato nel dimenticatoio benchè, stanchi e sudati, di fronte ad una bottiglia ed un piatto di acciughe salate atti a ricostituire i sali ed i liquidi perduti e sulla base di centinaia e centinaia di dati pazientemente raccolti, tra noi sono nate, ridiscusse e modificate teorie ed idee atte a spiegare le mai studiate incognite, sia fisiche che storiche, che quell’eccezionale complesso presenta. Ebbene benchè convinto siano piuttosto aderenti alla realtà e quasi tutte avanzate per la prima volta, poiché non sono state presentate da firme più qualificate delle nostre, verranno con ogni probabilità attribuite quale parto di chi ci seguirà. Come del resto è già avvenuto con l’attribuzione, quali proprie, di osservazioni basate su elementi non solo raccolti da noi, ma alcune addirittura già note da secoli, senza naturalmente fare cenno ai predecessori. Questo è il triste risultato di un lavoro portato avanti per cinquanta anni da un gruppo di entusiasti che in fondo alla Società non è costato quasi nulla; certamente non più di due spedizioni all’estero. Per concludere continuando sulla strada di non curarsi della SPELEOLOGIA per occuparsi solamente di quello che io chiamo GROTTISMO temo che la nostra CGEB sia destinata quanto prima a diventare CGGG Comitato Gestione Grotta Gigante s.p.a e sparire dalla storia. A meno che, con i scarsi fondi residui, non si decida di finanziare studi, magari ingaggiando professionisti, dato che tra i suoi soci stanno scomparendo elementi disponibili; perchè solo quando si dicono cose che spiegano fenomeni o si scopre qualcosa di totalmente nuovo si viene ricordati, mentre anche quando si raggiunge il punto più profondo di un buco si viene dimenticati non appena altri lo superano. Rientrato a Trieste avevo iniziato ad occuparmi marginalmente della Commissione notando immediatamente parecchie cose che non andavano e che, secondo me rimangono quelle che anche oggi sono la causa del suo declino; ma non le dico perché certamente sarei o non compreso o  trattato da antidemocratico Immagino che queste considerazioni (spero che date le mie relazioni di antiche amicizie magari a malavoglia me le pubblichino), susciteranno parecchie critiche e dissensi sul nostro giornaletto; per fortuna posso rimanermene tranquillo poiché, dati i tempi che passano per andare dalla compilazione alla stampa, vi è la possibilità che ragioni anagrafiche mi impediscano di leggerle.
(*) chi fosse interessato a saperne di più può leggere su Progressione 44 “Così è iniziata con Carletto” e 45 “San Canziano nostro grande amore”.

Giulio Perotti