Il primo intervento di un aspirante al CNSAS

 

IL PRIMO INTERVENTO DI UN ASPIRANTE AL CNSAS

pubblicato su ” PROGRESSIONE N 51 ” anno 2004

Queste righe che seguono sono le impressioni e le sensazioni di un caro amico del G. S. Sacile, aspirante tecnico del CNSAS, intervenuto al recupero di Stefanin, il quale voleva farsi una solitaria al Gronda Pipote e poi si è trovato in compagnia del CNSAS…
PREMESSA
In data 25 e 26 settembre 2004 doveva svolgersi la manovra di esercitazione alla Grotta Moelis in Canin e tutti i sacilesi erano preoccupati, perché in Canin non c’erano mai stati e ne avevano solo sentito parlare… grotte fredde, cattive, severe e non giuste per tutti. La manovra era saltata in settimana…tutti contenti allora programmiamo una festa? Invece no! Arrivano le telefonate di pre – allerta per recuperare Stefanin al Gronda Pipote… Tutta la nuova squadra di Pordenone era allarmata. Stavano per partire a far un intervento vero.
Il Canin è sempre una grande palestra sotto tutti i punti di vista. Ecco cosa Alberto mi scrisse via e-mail pochi giorni dopo l’intervento come risposta alla mia e-mail: “Come stai oggi? hai dormito? passata la stanchezza? Che esperienza ti è sembrata? Cossa me contetu?”.
Barbara Grillo (Radicio)

LA PRIMA VERA ESPERIENZA DI UN INTERVENTO.

La stanchezza è passata, in compenso è sbocciata una bella tendinite al ginocchio sinistro che profuma di Fastum Gel.
Brevemente: alle 4.30 di lunedì mattina mi chiama Roberto Peruch dicendomi che l’elicottero ci aspettava a Sella Nevea alle 7.30. Chiamo tutti, ci troviamo in sede e via. Arrivo a Sella alle 7.15 (freddo antartico, vento da castigo biblico). Ci aspettavano Adam Zsolt, Perotti e Ceschin (i due speleosub di PN). Passiamo un’oretta a scaricare l’elicottero (davanti a una troup RAI) che si stava portando giù tutto il materiale da recupero e carichiamo zaini e viveri. Ci carica anche noi e alle 9 siamo al campo avanzato. Atmosfera tranquillamente allertata, impreziosita dalla presenza del magmatico Sollazzi che mitragliava cagate a destra e a sinistra. Tanta gente che parlava con il culo, davvero tanta (non parlo di Guido, ovviamente).
E qui si comincia: obbedendo a partenze senza senso, Andrea entra per accompagnare l’infermiere (un tipo di Valdobbiadene, che tra l’altro ha fatto il corso di infermiere con la moglie di Roberto); a ruota scendono Denis e Pacu (squadra disarmo A come Adessovediamostagrotta) e infine, il sottoscritto, Mio e Ceschin (squadra disarmo B come Bastachenonincrociamoilferitoinmeandro).
Da quel momento, 10 ore di Effetto Notte. Meandro iniziale stretto giusto (“I lo ga slargado de paura” – Marco Petri dixit). Pozzetto da 20. Incrociamo la squadra che era dentro da 23 ore (il Cavia, contento come una Pasqua, Fabio Skabar, che con il passamontagna verde sembrava un’icona bizantina del XIII secolo, Moreno Dorigo – “mi stae qua, eh eh, no go voja de ‘ndar fora, eh eh”, e un altro tipo taciturno con gli occhiali mai visto prima), ci diamo appuntamento alla prossima festa speleo e risalgono. A ruota arrivano Andrea, l’infermiere, il dottore di Padova (distrutto, annientato, sconfitto, evaporato) e Stefano Krisciak. Sulle prime credevamo che il ferito fosse il dottore! Stefano aveva degli occhi da asceta: gli ho parlato, lui mi fissava negli occhi ma non mi vedeva; stava “bene”, credeva che lunedì fosse sabato. Quando gli ho detto che fuori c’era una grande giornata di sole ha avuto un luccichio secco all’occhio destro.
Ci contiamo, manca una persona per il disarmo; Andrea ridiscende con noi – non era allegro. Proseguiamo verso il secondo meandro (del quale preferisco non parlare, a risalirlo mi è costato un mezzo collasso – per risalirlo ho dovuto passare le strettoie senza fiato nei polmoni e Mio stava per lasciarci uno scarpone col piede dentro) alla fine del quale parte un pozzo da 120, che ho ribattezzato “Disneyland”: aria “de cagarse” – Fabio Scabar dixit -, stillicidio costante moderato sostenuto, sette/otto frazionamenti, tutti piazzati con grande creatività e senso estetico. Il fondo del pozzo in pratica era un idrante al contrario. A me e a Ceschin tocca di rimanere là; gli altri continuano verso un 50 e un 71 alla base del quale c’era materiale da recuperare. Due ore fermi a chiacchierare con Ceschin immobili negli unici tre metri quadri asciutti. Guanti-passamontagna-poncho-gliocchidellaCarla- non serve nulla, sento freddissimo. Rispuntano Pacu e Denis, stonfi come pit (=galline), e salgono. Appena mi arriva un sacco parto anch’io. Il mio buon senso, una volta realizzato che noi non saremmo mai arrivati a prendere l’elicottero, nelle due ore di attesa mi ha suggerito di confezionare un bel Mao – usando il cordino da otto di Stefano, che abbondava. E’ stata un’ottima idea. Dovevo conservare le gambe per tornare a Sella. Insomma risalgo, risalgo, risalgo e non riuscivo a scaldarmi, nonostante il ritmo sostenuto e l’ancora di PVC a forma di tubolare. Arrivo all’uscita del pozzo, bevo un po’, lascio la borraccia al frazionamento per gli altri e mi butto nel meandro. Tanto tempo / pochi metri. Sacco che s’incastra sul fondo. Il sottoscritto che s’incastra ovunque. Saletta. Pozzetto da 20. Per il freddo e la stanchezza mi si chiudono da sole le dita delle mani, non riesco a stendere le braccia. Meandro cattivo: dopo il quarto tentativo passo una strettoia a 45 gradi; sono sfinito, sento che sto per sentirmi male; non ci penso 2 volte e bevo l’acqua della bomboletta. Mi sdraio 10 minuti nel meandro con i piedi all’insù, pressione bassissima. Signor Canin è un piacere, mi chiamo Alberto, sono di Sacile. Mi riprendo. Ceschin a valle e io a monte aiutiamo Mio a salvarsi il piede. Faccio 10 metri. La mia mano abbandona il sacco, lo dico agli altri e vado fuori. Fuori c’è Marco Petri, che era lì da venerdì e da venerdì forse non dormiva; ogni cosa che dice si mette a ridere istericamente, è andato. Spartaco in perfetto aplomb. Esco. Luna piena. Tutto attorno: luce e buio assieme. Il monte Poviz era molto più grande dei miei occhi. L’aria è più calda della grotta. Perotti mi fa strada fino al campo. Roberto, Ubaldo, Andrea. Denis e Pacu, sputati fuori dalla grotta, sono riusciti a prendere gli zaini e salire sull’ultimo elicottero. Ma era già un’ora fa. Sono le otto di sera. Alle 21.15 partiamo. Alle 22.30 siamo a Sella. Bar, birre, tantissimo caffè, gente stanca, indicibile allegria. Io e Roberto alle 23.30 saltiamo in macchina e andiamo a casa. Strada, tanta strada. Ancora strada. Casa. Doccia. Normalmente di lunedì ho sempre i coglioni girati. Oggi no.

Alberto Gattel (Gruppo Speleologico Sacile – Squadra di Pordenone)