Dryopteris Carthusiana

 

2004 – DRYOPTERIS CARTHUSIANA (Vill.) H. P. FUCHS NELLA “KAUSKA DOLINA” (79/413 VG) DI SISTIANA (CARSO TRIESTINO)

pubblicato su ” PROGRESSIONE N 51 ” anno 2004

PREMESSE
Immediatamente a sud-est di Sistiana (72 m), in provincia di Trieste, retrostante ad alcune case dell’abitato, sprofonda per 28 m una depressione baratroide, nota localmente come “Kauska dolina o “Kavsca jama”. Sino agli Anni Sessanta, sul suo versante orientale esisteva un pittoresco antro, denominato “Riparo Marchesetti”, caratterizzato da un portale alto una decina di metri e dalle dimensioni di circa 15 x 15 m. Attualmente, di quest’ultimo rimane soltanto una parte molto ridotta e la profonda dolina “Kauska”, che lo include, appare alquanto degradata.
E’ comunque possibile accedere in quest’ultima, seguendo una ripida traccia che, da nord a sud, costeggia la base di un tratto di parete progressivamente strapiombante. Lasciato sulla destra (ad ovest) l’ingresso di una caverna artificiale e superati alcuni metri di immondizie con vari materiali di riporto, si raggiunge in breve il fondo, situato alla quota di 54 m. Questo è cosparso da numerosi massi caotici, alcuni dei quali di ragguardevoli dimensioni e disposti talvolta in posizione di precaria stabilità. E proprio fra i massi prossimi al fondo si è insediata, nel tempo, una cospicua e lussureggiante vegetazione, costituita da alcune specie di felci fra le quali, oltre all’infrequente Dryopteris affinis/borreri (felce di Borrer) ed a Dryopteris filix-mas (felce maschio), spicca una singolare stazione di Dryopteris carthusiana (felce certosina).
Dryopteris carthusiana (Vill.) H. P. Fuchs costituisce qui, alla quota di 56 m sul livello del mare, oltre che una delle rarissime presenze sull’altipiano carsico triestino, l’unico sito legato ad un ambiente cavernicolo. Ed in effetti appare estremamente significativa la sua presenza in questo luogo, tenendo conto che essa è tipica di territori più continentali, situati a quote decisamente più elevate. Con tutta probabilità il suo sviluppo, in questo particolare ambiente, è reso possibile dalle specifiche condizioni topoclimatiche del sito, molto defilato e sottoposto ad un accentuato fenomeno di inversione termica.

LA “KAUSKA DOLINA” (79/413 VG)

La “Kauska Dolina”, detta anche Grotta Kauska, Kavska, Riparo Marchesetti, Grotta di Sistiana e Grotta di Visogliano, fu rilevata il 26 marzo 1896 da Carlo de Marchesetti assieme a Giuseppe Marinitsch, appartenenti entrambi al Club Alpino Austriaco (DOAV). Un recente rilievo, effettuato il 15 ottobre 2003, è opera di Dario Marini e Giorgio Lanza del Gruppo Speleologico Flondar.
In origine la cavità, situata come già detto nella parte orientale della dolina, si apriva alla quota di 70 m, era profonda complessivamente 32 m e la sua lunghezza totale era di 50 m. Il rilievo originale in scala 1:500, tuttora conservato presso il Catasto storico della Commissione Grotte “E. Boegan”, è stato riprodotto nel “Duemila Grotte” (1926, fig. 158). Nella cartella relativa alla cavità è pure conservato uno scritto, datato Trieste 24 ottobre 1923 e firmato da Eugenio Boegan, indirizzato a Carlo de Marchesetti. Vi è allegato uno schizzo, sia della dolina che della Grotta Kauska, effettuato dal Marinitsch a testimonianza della visita e del rilievo compiuto nel marzo 1896 assieme all’insigne botanico.
Scriveva allora il Boegan che sarebbe stato grato al Marchesetti qualora gli avesse fornito qualche ragguaglio, anche di poche righe, sui risultati degli scavi effettuati nel sito stesso. La risposta non si fece attendere ed il Marchesetti, con pronta cortesia, comunicò al Boegan di aver “ripetutamente visitato la bella e vasta dolina Causca” e che, scavando nella “grotticella” situata sul fondo, vi aveva rinvenuto resti di uno scheletro e parecchi dei soliti cocci preistorici neri d’impasto grossolano simili a quelli d’altre grotte, indagate nel corso di ormai 27 anni”. Aggiungeva inoltre che, per trovare reliquie dell’uomo neolitico, non sarebbe stato infruttuoso scavare più estesamente sotto la parete strapiombante. Concludeva lo scritto con ciò che maggiormente lo aveva interessato, vale a dire la vegetazione del particolare ambiente che includeva copiosi esemplari di un bucaneve dai fiori assai grandi (Galanthus Imperati Bert.) e fronde “colossali” di lingua cervina (Scolopendrium officinale).
Sono scomparse dal sito, con il trascorrere dei decenni, sia le lingue di cervo che gli atipici bucaneve. In tempi recenti (marzo 2002) è stata tuttavia individuata nei pressi di uno stagno naturale catastato a Ceroglie (Stagno dell’Alloro), una stazione costituita da alcuni esemplari di un’altra specie di bucaneve (Galanthus elwesii), pure di notevoli dimensioni, originaria dell’Asia Minore. Questa si distingue dalla nivalis per avere le foglie nastriforme glauche e per i fiori, lunghi circa 3 cm, provvisti da tepali soffusi internamente di un colore verde-scuro.
Il Riparo Marchesetti fu indagato negli Anni ’60 da parte di ricercatori dell’Università Popolare di Trieste. Esso restituì materiali di ferro, ossa animali e qualche coccio romano. Ad una profondità di 80 cm fu rinvenuta ceramica risalente al periodo dei Castellieri. Si ipotizzò allora, da parte del Riparo, una funzione d’uso funerario.

VEGETAZIONE NELLA “KAUSKA DOLINA”

Sebbene degradata, la “Kauska Dolina” presenta ancora, a partire dai margini e scendendo al fondo, una caratteristica e varia vegetazione, anche se in alcune parti costituita da diverse specie a carattere ruderale. Ai bordi del prativo dal quale scende, da nord a sud, la traccia migliore per accedere al baratro, si possono riconoscere vari arbusti fra cui Ostrya carpinifolia, Fraxinus ornus, Laurus nobilis, Acer monspessulanum, Robinia pseudacacia, Prunus cerasifera, P. spinosa, P avium, Crataegus monogyna, Sambucus nigra, Ficus carica, Parthenocissus quinquefolia e Celtis australis.
Durante la discesa, accanto ad Ostrya carpinifolia, si accentua la presenza di Laurus nobilis cui fa contrasto qualche notevole esemplare di Celtis australis (circonferenza ad 1,30 m dal suolo di 1,27 m) e di ailanto (Ailanthus altissima). Colonizzano le fessure delle rocce, maggiormente esposte alle radiazioni luminose, Asplenium ceterach ed A. ruta-muraria.
Nella fascia arboreo-arbustiva che si sviluppa sul fondo, la vegetazione è rappresentata da alcuni slanciati esemplari di Tilia cordata, sovrastanti altri, di dimensioni più ridotte, di Euonymus europaea, E. verrucosa, E. japonica, Sambucus nigra ed Acer pseudoplatanus, questi ultimi pure in plantule; non manca qualche bagolaro (Celtis australis), anche di ragguardevoli dimensioni, più frequente comunque nelle zone prossime all’esterno. Singolare ed inaspettata è nel baratro la presenza di Aesculus carnea.
Nella bassa fascia vegetazionale, relativamente frequenti vi figurano Lamium orvala, Lamiastrum montanum, Geranium robertianum, Mycelis muralis, Arabis turrita, Urtica dioica, Chelidonium majus, Parietaria officinalis, P. judaica, Ligustrum vulgare e plantule sia di Aesculus hyppocastanum che di A. carnea. Alcune decine di metri più a nord, sul versante esposto a meridione, si è insediata nel tempo una cospicua stazione del termofilo Laurus nobilis. Frequentissima al suolo, con ben evidente il fenomeno dell’eterofillia, è Hedera helix che lo tappezza quasi continuativamente. Questa Araliaceae è pure presente, in lunghissimi festoni, sulla strapiombante parete meridionale.
Fra le altre felci che l’ambiente include, mentre ben diffuso appare Asplenium trichomanes, ben più raro risulta Polypodium vulgare, soprattutto fra i massi del fondo.

DRYOPTERIS CARTHUSIANA (Vill.) H. P. Fuchs

Dryopteris carthusiana (Villars) H.P. Fuchs è una felce appartenente alla Famiglia delle Dryopteridaceae. In passato è stata denominata in più modi: Aspidium spinulosum (Sw.), Nephrodium spinulosum Strempel, Polypodium carthusianum Vill., Polypodium spinulosum O. F. Muller, Polystichum spinulosum (O. F. Mull.) DC, Dryopteris spinulosa (O. F. Muller) Watt, Dryopteris spinulosa Kuntze; Dryopteris lanceolata-cristata (Hoffm.) Alston , Dryopteris austriaca var. spinulosa (O. F. Mull.) Fiori, Lastraea spinulosa (L.) C. Presl e Thelypteris spinulosa.
Mentre in Italia essa è conosciuta come Felce certosina, in altre nazioni assume, ad esempio, le seguenti denominazioni: Karthauser Wurmfarn e Dornfarn (Germania), Dryopteris des Chartreux e Fougère Spinoleuse (Francia), Narrow Buckler Fern e Spinulose Wood Fern (Inghilterra) e Bodicaste Glistovnice (Slovenia).
Il nome del genere deriva dal greco “drys” = quercia e “pteris” = felce, mentre quello della specie assume il nome dal botanico Johan Friedrich Cartheuser (1704-1777).
La felce, alta generalmente dai 40 ai 150 cm, ma qui sui 50 cm, presenta rizoma ascendente e strisciante. Le fronde, erette, piuttosto gracili e bipennate, sono di forma ovale-allungata (30-80 cm) e riunite in cespi radi. Il picciolo, lungo circa 2/3 della lamina, è ricoperto alla base da palèe ovali, brevemente appuntite e traslucide. Le pinne sono inserite sul rachide principale e, a loro volta, sono suddivise in pinnule e queste ultime in segmenti. Le pinne si presentano inoltre ruotate di 90° rispetto al piano della lamina; appaiono decisamente rivolte verso l’apice e sono dotate, limitatamente alla pagina inferiore, di alcune piccole ghiandole. I segmenti terminali delle pinnule si presentano dentati e quasi accostati all’asse mediano del segmento. La lamina, d’aspetto molle, si presenta triangolare (5-20 x 15-40 cm) e di colore pallido.
I sori, che possiedono l’indusio piano, sono subrotondi e lunghi da 0,5 ad 1 mm. La sporificazione avviene da luglio a settembre. E’ specie allotetraploide, con numero cromosomico 2n = 164.

HABITAT E DISTRIBUZIONE DI DRYOPTERIS CARTHUSIANA

L’habitat della felce è costituito da boschi, torbiere, suoli umidi anche aperti, margini di stagni, ruscelli e corsi d’acqua in montagna. La si rinviene dal piano basale a quello alpino, dai 200 ad oltre i 2000 m d’altitudine ed eccezionalmente (Alpi Retiche) sino ai 2500 m.
E’ specie a distribuzione circumboreale silvatico. In America è presente negli stati settentrionali (Alaska, Missouri, Nebraska, Tennessee, Carolina). In Eurasia è segnalata dalla Norvegia alla Russia, nell’Eire, in Spagna, Grecia, Turchia, Anatolia e dal Caucaso sino alla Cina.
In Italia la si rinviene lungo l’arco alpino ove predilige suoli silicei in ambienti igrofili, dai boschi del piano basale fino agli arbusteti ad Alnus viridis. Oltre che sulle Alpi (Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige) è presente sull’Appennino Settentrionale (Liguria e Toscana), sempre nei boschi umidi e torbosi, dai 200 ai 2000 m.
Risulta pure segnalata sui M. Sibillini, in Basilicata, in Calabria ed in Corsica. Numerose indicazioni appenniniche sono con tutta probabilità da attribuire a D. dilatata oppure a D. expansa.
Nel Friuli Venezia Giulia Dryopteris carthusiana risulta peraltro ben distribuita in tutte le aree di base della zona alpina e prealpina; vi figura anche in quelle planiziali e dell’Isontino. E’ stata ripetutamente individuata in questi ultimi anni (ad esempio lungo i versanti freschi del Monte Quarin e nei boschi del Vallone delle Acque presso Gorizia) dal botanico Fabrizio Martini nel corso di ricerche, indagini e studi volti all’elaborazione di un poderoso ed esauriente Atlante pteridologico di prossima pubblicazione.
In tempi precedenti (21 agosto 1934), Carlo Zirnich aveva individuato un’unica stazione della felce a Suzid presso Caporetto.
Il Marchesetti (1896-97), nel considerare la distribuzione della specie, che chiamava Aspidium spinulosum, la considerava “molto sparsa sulle Prealpi del Goriziano e dell’Istria, non crescendo nel nostro distretto”.
Anche il Pospichal (1897), che pure l’indicava come Aspidium spinulosum, la segnalava per i boschi della Selva di Ternova, del Cavin, Nanos, Orljak, Planik e del Monte Maggiore.
Nella vicina Repubblica Slovena la felce è ampiamente diffusa in tutto il territorio; manca nelle zone situate lungo il confine con la provincia di Trieste ma è presente lungo quelle confinarie isontine e cividalesi.
Se nel territorio carsico triestino esiste già qualche sporadica presenza di Dryopteris carthusiana, del tutto nuova essa appare invece per la speleoflora carsica. Ed infatti l’area di base (47/102) che include la “Kauska Dolina” non risulta segnata per la felce stessa.
Dryopteris carthusiana tende spesso ad ibridizzarsi; fra gli ibridi di maggiore frequenza si ricordano:
Dryopteris x deweveri (J. Jansen) J. Jansen & Watcher con Dryopteris dilatata.
Dryopteris x uliginosa (A. Braun ex Doll) O. Kunze ex Druce con Dryopteris cristata.
Dryopteris x brathaica Fraser-Jenkins & Reichstein con Dryopteris filix-mas, ibrido molto raro.
Oltre a D. carthusiana, nel Friuli Venezia Giulia sono presenti altre 8 specie di Dryopteris: D. cristata, estremamante rara e localizzata; D. dilatata, più diffusa e presente in poche stazioni pure sul Carso triestino; D. filix-mas, piuttosto comune; D. affinis/borreri, alquanto infrequente; D. affinis/cambrensis, a distribuzione puntiforme (48/102); D. expansa v. alpina, relativamente distribuita; D. villarii/villarii, il cui habitat è costituito dai ghiaioni degli ambienti montani ed infine D. remota, ibrido fra D. expansa e D. affinis. Quest’ultima, identificabile da alcuni caratteri distintivi fra cui essenziale è quello che evidenzia una tacca di colore blu scuro nel punto d’inserzione sul rachide, appena in questi ultimi tempi è stata maggiormente osservata.

DRYOPTERIS CARTHUSIANA NELLA “KAUSKA DOLINA”

L’unica stazione di Dryopteris carthusiana si sviluppa alla quota di 56 m, molto prossima al fondo della “Kauska Dolina” (q. 54 m), fra alcuni massi caoticamente sparsi. Essa dista 9,50 m dallo spigolo NE di un antico muro ed a poche decine di metri da ciò che rimane del Riparo Marchesetti. E’ costituita mediamente da 6-7 fronde, di un colore verde chiaro abbastanza brillante, lunghe al massimo una quarantina di cm. I caratteri morfologici delle varie fronde si riconducono a quelli tipici della specie.
Mentre nel periodo estivo ed autunnale gli esemplari sono ben individuabili, in quello invernale si presentano rinsecchiti e di non facile individuazione anche perché la stazione è circondata dalle lunghe ed imponenti fronde di Dryopteris affinis/borreri, qui molto ben diffusa ed in accentuato vigore vegetativo nel corso di quasi tutto l’anno.
La sporificazione è ben visibile da luglio a settembre.

A puro titolo indicativo si propongono, nella sottostante tabellina, alcuni dati termometrici eseguiti nel corso di questi ultimi anni, in periodo estivo, all’orlo ed al fondo della “Kauska Dolina”.

DATA ORE (legali) T° ESTERNA

(in °C)

T° FONDO

(in °C)

21.06.2003 8.50 – 9.00 26,3 16,2
06.07.2003 9.15 – 9.30 18,5 16,5
15.07.2004 9.10 – 9.20 20,2 16,8

La “Kauska Dolina”, come già osservato in precedenza, annovera varie altre felci. Esse sono riportate, assieme a Dryopteris carthusiana ed in ordine sistematico, nella sottostante tabella.

FELCE NOME ITALIANO FAMIGLIA DISTRIBUZIONE NELLA “Kauska Dolina”

Asplenium ruta-muraria L. s.l.

Ruta di muro

Aspleniaceae

Diffusa maggiormente a nord-ovest in siti termofili
Asplenium ceterach Willd. s.l.

Felce ruggine

Aspleniaceae

Rara nelle fessure della parete prossima all’esterno
Asplenium trichomanes L. s.l. Erba rugginina Aspleniaceae Comune nelle fessure delle rocce e sui massi
Dryopteris affinis/borreri Fr./Jenk. Felce di Borrer Aspidiaceae Ben diffusa sui massi cosparsi sul fondo del baratro

Dryopteris carthusiana (Vill) H. P. Fuchs

Felce certosina Aspidiaceae Unicamente al fondo della dolina, fra i massi
Dryopteris filix-mas (L.) Schott Felce maschio Aspidiaceae Non comune fra i massi del fondo con fronde sviluppate
Polypodium cambricum L. /cambricum Polipodio meridionale Polypodiaceae Esclusivamente a NE, sulle rocce prossime all’esterno

Particolarmente singolare appare pure nel sito la presenza di Dryopteris affinis/borreri Fraser-Jenkins (felce di Borrer: W. Borrer, 1781-1842, lichenologo inglese). La specie, qui in rigoglioso sviluppo, evidenzia fronde di notevole vigore vegetativo, che possono raggiungere la lunghezza anche di 90 cm. Si tratta comunque di un’entità caratterizzata da rilevante variabilità morfologica, capace di generare localmente popolazioni a comportamento clonale. La prima segnalazione della specie sul Carso triestino, individuata fra alcuni blocchi squadrati, alla q. di 166 m sul versante orientale dell’ex cava di onice di Bristie, risale al 1992.

CONCLUSIONI

Con il rinvenimento di Dryopteris carthusiana nella “Kauska Dolina”, le Pteridofite legate ad ambienti cavernicoli del Carso triestino sono attualmente 14. Ed è sorprendente come questa felce, a distribuzione circumboreale e di substrati prevalentemente silicei, abbia potuto colonizzare le quote più basse della dolina baratroide, trovando condizioni ottimali per svilupparsi. Fra le cause preponderanti di tale particolare situazione va ascritta quella dell’accentuato fenomeno dell’inversione termica che si viene a delineare sul fondo. Per cui questo, scarsamente raggiunto dalle radiazioni solari, ospita nel corso di tutto l’anno una cospicua quantità di aria più fredda rispetto a quella situata alle quote superiori, prossime all’esterno. Essa vi permane a lungo, mantenendo di conseguenza valori di temperatura piuttosto bassi e percentuali di umidità relativa alquanto elevate. Ripetute misure termometriche, effettuate durante alcune discese al fondo della dolina, soprattutto nel periodo estivo (giugno e luglio), hanno rilevato escursioni termiche anche di 10 °C; ciò comporta un gradiente di 0,35°C/m, valore di assoluto rilievo e registrabile in pochi altri ipogei baratroidi dell’altipiano carsico triestino.

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ELIO POLLI