OSSERVAZIONI SULLE MISURE NELLE STAZIONI PER LA CONSUMAZIONE DELLE ROCCE

Pubblicato sul n. 48 di PROGRESSIONE – anno 2003
RIFERIMENTO ALLA PIENA DEL TORRENTE COSA REGISTRATA IL 5-6 GIUGNO 2002 ALL’INTERNO DELLA FORRA.
PREMESSA
La quantificazione con misure dirette dei valori di abbassamento delle superfici carsiche per effetto della dissoluzione, in altre parole lo studio dei tempi reali dei vari fenomeni (consumazione, ampliamento, ecc.) era stata proposta da C. High & F.K. Hanna (1970). Nell’ambito di un vasto programma sullo studio del carsismo che l’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Trieste conduceva già da tempo, nel 1979 venne inserita anche questa nuova ricerca, diretta sull’abbassamento delle superfici rocciose carbonatiche affioranti sul Carso Triestino. La Commissione Grotte “E.Boegan” della Società Alpina delle Giulie, Sez. di Trieste del C.A.I., collaborò immediatamente in questa ricerca, stabilendo diverse “stazioni di misura” in zone del Carso differenziate per litologia, quota, esposizione topografica. Il metodo d’indagine consiste nel fissaggio su affioramenti rocciosi, di particolari chiodi in acciaio inossidabile, sui quali si possa posizionare uno strumento micrometrico, dotato di un sistema autocentrante. Tale strumento consente di misurare con grande precisione, per differenza di lettura, l’entità della consumazione delle superfici rocciose, dovuta all’azione delle acque meteoriche chimicamente attive, per periodi che sono stati fissati con cadenza annuale e per particolari ricerche con cadenza semestrale ed attualmente anche bimestrale.
I risultati sono stati molto interessanti e già dopo cinque anni di misure, si è potuto stimare che la consumazione media delle superfici carsiche era pari ad un valore di 0,027 mm/anno. Questo valore medio ha un significato solamente se rapportato alle condizioni climatiche attuali. Altre stazioni furono posizionate in diverse condizioni carsiche nell’area della Regione Friuli – Venezia Giulia. Tra queste, nel 1983, venne scelta quella di Pradis nelle Prealpi Carniche, in considerazione che si era in un’area caratterizzata da un carsismo piuttosto intenso con numerose grotte anche di notevole estensione e la presenza dell’imponente “Forra del T. Cosa”. Il Gruppo Speleologico Pradis aderì con entusiasmo a questa ricerca e con una costante e fattiva collaborazione dei suoi soci, vennero posizionate due stazioni esterne. Inoltre e per la prima volta in questo tipo di ricerche, si provvide a sistemare una stazione sperimentale all’interno della Forra, su di un affioramento roccioso in alveo, su cui le sole acque di piena potevano lambire le stazione. C’era infatti un grosso problema da chiarire e cercare di risolvere: L’acqua del Torrente Cosa oltre ad agire in maniera dissolutiva e quindi chimica sulle rocce in fondo alla Forra, doveva anche avere un effetto determinato da un’energica azione erosiva, poichè le acque trascinano nelle piene delle sabbie quarzose, provenienti dal bacino di alimentazione che è situato in un’area costituita da rocce marnoso-arenacee in facies di Flysch. Infatti, i chiodi sistemati nella stazione interna, presentarono presto dei segni di sofferenza dovuti ad una evidente loro smerigliatura, quindi una conseguente lettura delle differenza di consumazione poco attendibile. Nel 1992 vennero aggiunte sempre in alveo, delle altre stazioni, ma con i chiodi in Titanio indurito. Una notevole piena avvenuta nel 1993 rovinò completamente anche questo tipo di chiodi per cui i risultati delle letture risultarono nulli. Nel 1995, sempre ad opera dei Soci del Gruppo Speleologico Pradis, tutti i chiodi vennero protetti da particolari capsule avvitate su ogni singolo chiodo, in modo che le acque non potessero agire in modo erosivo sulle loro teste lucide, dove al momento della lettura viene appoggiato lo strumento micrometrico. Un anno dopo, nel maggio 1996 si eseguirono le letture con il nuovo sistema protettivo ed i risultati furono ottimi. Si ebbe una consumazione media nelle nove stazioni sistemate in alveo di 0,01 mm/anno e ciò con delle piene normali. Ma il metodo delle capsule avvitate sui chiodi non dette i risultati sperati. Le capsule in realtà non facevano altro che aumentare la “sporgenza” delle teste dei chiodi, per cui con gli effetti del trascinamento dei massi in alveo, venivano colpite violentemente, riuscendo anche a scardinare l’ancoraggio stesso dei chiodi. Migliori risultati si ebbero con l’avvitare a fianco di ciascun chiodo una capsula sempre in acciaio di forma che definiremo più “filante”. Ma anche questa soluzione ebbe un risultato del tutto parziale poichè se un masso di maggiori dimensioni (e peso) colpiva questo nuovo tipo di capsula, riusciva a schiacciarla e conseguentemente a deformare anche il sottostante chiodo “protetto”. Venne ideato un’ulteriore ed indubbiamente assai più efficace sistema di protezione dei chiodi. Si trattava in ultima analisi di non far affiorare le teste dei chiodi stessi dalla superficie rocciosa. Bisognava cioè inserire i chiodi in una conca eseguita con fresa, quel tanto che la tangenza delle superfici emisferiche dei chiodi non sporgessero, così che per ulteriore protezione bastava avvitare a fianco di ciascun chiodo una piastrina di copertura in acciaio “liscia”, quindi priva di sporgenze. In questo modo qualsiasi ciottolo, masso o blocco che veniva trasportato dalle correnti di piena, non poteva più danneggiare le teste dei chiodi, rendendo in questo modo le misure di consumazione delle superfici rocciose pienamente affidabili, anche nel caso di violenti correnti idriche. Nel frattempo sono state aggiunte altre cinque stazioni esterne in località Zuànes e due altre stazioni interne nella Grotta di La Val. Il Gruppo Speleologico Pradis si è anche dotato di un nuovo strumento micrometrico di identica taratura con quello che normalmente viene usato per tutte le letture nelle diverse stazioni nella Regione. Considerata la grande importanza di queste ricerche e i notevoli risultati ottenuti, la “Stazione di Pradis” è stata così presentata come località campione per futuri studi da eseguirsi in campo regionale e nazionale ed un modello di collaborazione tra il Dipartimento di Scienze geologiche, ambientali e marine dell’Università di Trieste, la Commissione Grotte “E.Boegan” della S.A.G. ed il Gruppo Speleologico Pradis.
PRECEDENTI ANALISI RELATIVE ALLA PIENA VERIFICATESI NEL TORRENTE COSA IL 22 GIUGNO 1996
Gli eventi alluvionali che caratterizzarono un po’ tutto l’anno 1996 e che provocarono molti disastri in varie parti d’Italia, compresa la nostra Regione, portarono nella Forra di Pradis alla misurazione diretta degli effetti erosivi. Dal 1983 al giugno 1996 non si era mai verificata una piena come quella che avvenne il 22 di giugno, che sconvolse completamente l’alveo della forra. L’acqua, in base a delle stime visive, salì di circa 8 metri rispetto ai livelli normali e, nell’alveo si verificò senza ombra di dubbio, il fenomeno delle “colate detritiche”, dove acqua, blocchi rocciosi, detriti, viaggiano praticamente alla stessa velocità, provocando un forte fenomeno erosivo sulle rocce in alveo, di cui non si avevano precedenti notizie di misure eseguite in queste condizioni estreme. La maggior parte delle stazioni furono danneggiate, alcune strappate vie, altre deformate, in modo da non poter essere più utilizzate. Le stazioni di tipo nuovo con le capsule avvitate sui chiodi, furono strappate vie o le letture rese inutilizzabili perché trovate prive della copertura (evidentemente la grande turbolenza delle correnti idriche era riuscita a svitare le capsule protettive che andarono perdute), le altre con le capsule avvitate a fianco del chiodi furono invece trovate al loro posto. Ciononostante due stazioni, la PR-SN1 e la PR-DS1L, dettero delle misure strane per cui si dedusse che qualche masso particolarmente grosso, doveva aver colpito un chiodo ed aver prodotto così qualche deformazione strutturale del chiodo stesso. Ma le rimanenti stazioni ci fornirono invece dei dati interessanti e crediamo unici in questo campo di ricerche. Le consumazioni operate dalle acque, in cui evidentemente venne a prevalere una potente componente erosiva su quella dissolutiva, furono senz’altro notevoli e di seguito vengono indicati i relativi valori (differenze di letture tra maggio e agosto 1996, in mm):
PR-SN1 | = non valida |
PR-SN2L | = 0,180 |
PR-SN2M | = 0,005 |
PR-SN2H | = 0,025 |
PR-DS1L | = non valida |
PR-DS1LL | = 0,190 |
PR-DS1M | = 0,070 |
PR-DS1H | = 0,095 |
PR-DS2 | = 0,040 |
CHIAVE DI LETTURA DELLA SIMBOLOGIA DELLE “STAZIONI”
PR = Pradis; SN = sinistra (orografica); DS = destra (orografica); 1,2, numerazione progressiva “stazioni”; L,LL = “stazioni” basse (sul filo della corrente in acque normali); M = “stazioni” medie ( appena al di sopra delle acque normali); H = “stazioni” alte (raggiungibili però con qualsiasi piena normale).
ANALISI SULLA PIENA VERIFICATASI NEL TORRENTE COSA IL 5-6 GIUGNO 2002
Una delle conseguenze di tutte le piene del Torrente Cosa in particolare a partire dal 1996, è stata dunque quella di un imponente trasporto di enormi quantità di ghiaie e di massi. Per quanto riguarda in particolare gli effetti della piena del 5-6 giugno 2002, in cui dai dati pluviometrici della “Stazione Pradis” si rileva che in queste due giornate caddero 276 mm di pioggia, si verificò anche in questo caso un imponente trasporto di materiali in particolare tra la zona delle Sorgenti del Cosa, fino al termine della Forra. Nella parte inferiore del corso d’acqua, circa 500 m verso valle, all’altezza della confluenza con il Rio Pezzetes, l’alveo del torrente è stato invece scavato, con un conseguente abbassamento di 1,5 – 2,0 m di materiale alluvionale precedentemente depositato. Questo fenomeno ha avuto uno sviluppo per qualche centinaio di metri. Evidentemente l’acqua rinserrata nella forra trasporta sì grandi quantità di materiali ma a causa degli allargamenti e restringimenti della stessa, la sua energia deve per forza diminuire. Per caduta successiva in alveo, diremo più normale, la violenza e la maggiore quantità d’acqua a scorrimento più libero, tende invece a portare via (più avanti), dei materiali precedentemente depositati sicuramente con molta meno energia. Da questo fatto si evince che le “colate detritiche” sono una realtà ancora tutta da studiare. La “Caverna I della Forra 516/240FR”, che in acque normali a causa di una soglia detritica non riceve le acque del torrente, nelle piene diviene un inghiottitoio interno del sistema. In questo caso si presentò completamente allagata, in quanto il deflusso era stato fortemente rallentato da masse fangose, che avevano di fatto quasi impedito un normale deflusso. La grotta denominata “Inghiottitoio dell’osteria di Gerchia 759/344FR” che è alimentata da un breve corso d’acqua autonomo, anche questo proveniente dal vicino bacino flyschoide, era completamente otturato e si era creato un laghetto che aveva raggiunto un’altezza di circa 5 m. A onor del vero l’ingresso di questo inghiottitoio è costituito da un vero e proprio sifone rovescio imboccatura questa del pozzo di accesso di 12 m. Sono sufficienti rami, tronchi e detriti vari per otturarlo quasi completamente. Nel Rio Molat in corrispondenza del ponte sulla strada di accesso a Pradis, nei pressi di una nostra stazione di misura esterna posta in alveo, è stata rilevata un’altezza massima delle acque in piena di circa 2 m. Un blocco di roccia calcarea del peso di circa un quintale è stato trovato appoggiato a poche decine di centimetri dalla nostra stazione. Il suo relativo spostamento potrebbe essere stato anche molto notevole! Allo scopo di monitorare le piene è stato posizionato da alcuni anni, uno strumento che rileva in continuo le portate del corso d’acqua. Lo strumento è stato sistemato sul versante sinistro orografico, in corrispondenza di uno slargo della stretta forra di Pradis, nei pressi della “Caverna I della Forra 516/240 FR” (orografico sx) e della “Caverna II della Forra 518/239 FR” (orografico dx). Le precedenti altezze delle acque qui registrate nel corso del 2000, variano dai 20 ai 60 cm, con un picco di 100 cm il 6-7 novembre 2000. La piena del 5-6 giugno 2002 ha raggiunto un’altezza strumentale di 173 cm ed ha lasciato più avanti, dove sono posizionate le stazioni di misura, un grosso accumulo di ghiaie, che ha coperto alcune stazioni e due di esse sono state danneggiate (PR-SN2M, PR-SN3L). Per quanto riguarda le nuove stazioni ubicate nel tratto a monte della Forra, denominate “Linea Verde”, alcune sono state sommerse dalle ghiaie ed anche qui delle stazioni hanno avuto qualche danno. A proposito di questa piena è da segnalare un’importante osservazione: una decina di metri più a monte delle stazioni “Linea Verde”, è stato trovato un tronco d’albero del diametro di 20 cm, trascinato dalle acque in piena ed incastrato tra le pareti della forra ad un’altezza di 3,50 m (in questo punto le pareti distano tra di loro circa 3 m). Più a valle, almeno nelle immediate vicinanze, la forra non ha strettoie. A questo punto è da dubitare sul dato fornito dallo strumento sull’altezza raggiunta dalla piena (173 cm). Per avere maggiori certezze è necessario provvedere alla sistemazione dietro una quinta di roccia un po’ defilata dalla corrente, di una strumentazione meccanica che ci indichi con buona approssimazione i dati più significativi delle grandi piene.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Vengono infine analizzate le differenze riscontrate sugli abbassamenti per erosione e per dissoluzione, rilevate nella Forra di Pradis negli anni: 2000-2001 e 2001-2002. È da ricordare che l’annualità di dette misure è in rapporto con il rilevamento finale del 15.06.2002 e che i due valori tra parentesi indicati con il segno ° corrispondono alla doppia lettura tra gli strumenti (CGEB E GSP) che nel caso in oggetto presentano una lieve differenza:
Periodo 2000-2001
|
||
PR-DS1H = | 0,170 | |
PR-DS1M = | nullo | |
PR-DS2 = | 0,060 | |
PR-DS3 = | 0,050 | |
PR-SN1H = | 0,000 | |
PR-SN1L = | 0,055 | |
PR-SN2M = | 0,040 (0,050)° | |
PR-SN3L = | 0,100 | |
PR-SN4A = | 0,040 | |
PR-SN4B = | 0,040 | |
PR-SN5 = | 0,030 | |
Rio Molat (int.)
|
PR-RM2M = | 0,080 |
PR-RM2L = | 0,020 | |
Periodo:2001-2002
|
||
PR-DSIH = | 0,075 | |
PR-DS1M = | 0,960(diff.00-02) | |
PR-DS2 = | 0,050 | |
PR-DS3 = | 0,040 | |
PR-SN1H = | 0,030 | |
PR-SN1L = | 0,040 (0,050)° | |
PR-SN2M = | danneggiata | |
PR-SN3L = | danneggiata | |
PR-SN4A = | 0,025 | |
PR-SN4B = | 0,040 | |
PR-SN5 = | 0,055 | |
Rio Molat (int.)
|
PR-RM2M = | 0,035 |
PR-RM2L = | nullo |
Se non si fossero verificati i danneggiamenti ad alcune stazioni a causa alla piena del 5-6 giugno 2002, dal confronto tra le due letture annuali non sembra che quest’ultima piena abbia prodotto delle consumazioni particolari. Da questi dati si rileva che la quantità totale dell’acqua che scorre su di una stazione non ha evidentemente un’influenza erosiva diretta. Ciò che conta nella consumazione è il fenomeno della colata detritica che evidentemente si verifica quando nel momento di piena, la quantità d’acqua e la dinamica della corrente riesce a sollevare sassi, massi, sabbia, anche per tempi brevi, ma sufficienti a produrre degli intensi fenomeni erosivi, probabilmente di breve durata! Ma evidentemente non sempre ciò avviene, poiché questi particolari momenti non si possono analizzare a posteriori, partendo dalla semplice osservazione delle altezze dell’acqua riscontrate all’interno della forra e neppure dalle misure della piovosità nella zona. Il totale della piovosità (anno solare), a Pradis nel 2000 è stato di 2757 mm, quello del 2001 di 2700 mm ed infine per il 2002 si sono avuti ben 3253,7 mm. I mesi più piovosi sono stati per il 2000: ottobre con 500 mm, novembre con 875; per il 2001 : gennaio con 413 e marzo con 610. Va infine nuovamente ricordato che per il 2002 nelle due sole giornate del 5-6 giugno, si ebbero ben 276 mm. Il mese più piovoso comunque fu novembre con 634,5 mm.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Fabio Forti (CGEB) Giorgio Concina, Rinaldo Gerometta (GSP)
