Sul Ciaurlec

 

UNA PICCCOLA DISAVVENTIURA SUL CIAURLEC

Pubblicato sul n. 47 di PROGRESSIONE – anno 2002
 Molte volte avevo sentito parlare dal gruppo dei vecchi di un’uscita sul Monte Ciaurlec durante la quale è stato aperto un pozzo trovato da Ciano, esplorato suc­cessivamente per una cinquantina di metri e poi mai rilevato. Invitato a provvedere a tale mancanza, mi son fatto spiegare mi­nuziosamente dove era ubicato e decisi di dedicare due uscite, la prima solo per individuare l’ingresso e la seconda per visitare e rilevare la nuova cavità. Invece però di salire col solito sentiero di Malga Selvaz da Pradis, provai con fortuna ad avvalermi di una strada che sale da Me­duno e che, essendo utilizzata da appas­sionati di parapendio, è priva di proibizio­ni, Il percorso per la vetta da qui richiede solo 200 metri di dislivello, anche se per qualche chilometro di sviluppo, ma co­munque su sentiero GAI segnato. Nella prima uscita, con le dettagliate indicazio­ni di Ciano, vagando un po’ a caso ad un centinaio di metri dalla vetta, trovai pres­soché subito la dolina indicata, ove su un lato del fondo, s’apre l’ingresso. Il tempo rimanente Io dedicai a posizionare la ca­vità facendo una poligonale da essa alla vetta e a fare una piccola battuta di zona che comunque ha avuto qualche esito positivo.
Nella seconda uscita dovevo solamen­te scendere e rilevare. Accompagnato dal mio amico Bruno che mi avrebbe fatto compagnia all’esterno, partiamo un po’ tardi in una fredda giornata di dicembre. Non c’e’ neve, ma in prossimità della cima il paesaggio è quanto mai bianco e geli­do. Una brinata ricopre tutta la vegetazio­ne con cristalli di ghiaccio. Velocissimo mi cambio, supero la strettoia iniziale e trovo per fortuna gli spit piantati da Tiralongo, dai quali posso fare una discesa unica ed entusiasmante nel primo pozzo. Armo velocemente i saltini successivi, ri­levo il tutto con meticolosità ed esco. Il tempo per cambiarsi, salire in vetta ed è già buio.
Iniziamo a scendere dalla vetta, ma percorsi circa 200 metri, mi sorge un dubbio: e se avessi imboccato il sentiero per Travesio? Decido di tornare sui miei passi e non riesco a ritrovare più la vetta, ma giungo su un cocuzzolo minore dal quale non si può proseguire. All’improvvi­so mi rendo conto che ho perso una cosa preziosa: il senso dell’orientamento.
Sapevo per di più che il percorso pre­vede un ampio giro semicircolare sotto la vetta, al fine di imboccare il sentiero dal quale eravamo venuti. La situazione non è delle più allegre, la temperatura è sotto Io zero e “infrascarsi” al punto di passare una notte all’aperto potrebbe essere fata­le. Bruno mi dà tutto il suo appoggio di­cendomi che tanto lui non capisce niente di dove ci troviamo. Comunque anche una persona disponibile a rimanere accanto agli zaini fa comodo. Decido che l’unico metodo per venirne fuori era quello di non perdere la calma e con pazienza di inizia­re a girare attorno al punto ove ci trova­vamo, costruendo mentalmente una map­pa da ricollegare poi in qualche modo ai ricordi del percorso d’andata. Dopo qua­si due ore di giri a vuoto, respinto in certe direzioni da una fitta vegetazione o da un terreno quanto mai impervio, riesco final­mente a ritrovare un tratto di sentiero che sicuramente avevo percorso all’andata e la piccola brutta avventura, tra qualche battuta e scherzo sul percorso del ritor­no, diviene già un ricordo.
L’ingresso s’apre sul lato occidentale del fondo di una dolina di medie dimen­sioni, ubicata ad un centinaio di metri dalla cima del Monte Giaurlec.
Una ripida china detritica, sormontata da una piccola forra avente un ponte naturale, conduce all’orifizio di un pozzo di quasi 40 metri che ha richiesto alcuni lavori di allargamento. Superata la stret­toia iniziale, avente una forma circolare di cm 30-40, ci si immette in una frattura lunga quasi 7 metri e larga al massimo 1,2. Un tenue raggio di luce obliqua pe­netra dal piccolo orifizio espandendosi nella lunga frattura. Poi il pozzo si restrin­ge, indi si riallarga.
A –26 si nota sul lato opposto della discesa un ripiano detritico e dopo altri 13 metri si tocca il fondo piatto. Un breve tratto orizzontale conduce su una succes­sione di pozzetti intervallati da ripiani detritici dalla tipica morfologia “a casca­ta”, ovvero aventi sul lato appoggiato una forma ovale che si innesta sul lato oppo­sto ad una frattura perpendicolare.
Tutta la cavità è impostata su una grande ed unica frattura che è pure una faglia, come attesta la presenza di brec­cia di frizione che si può notare su alcune mensole presenti alla base del primo pozzo. Con tutta probabilità tale faglia ha pure originato la vicina Cevola della Li­bertat (FR 203).

DATI CATASTALI

 CEVOLA DI CIANO
Carta:   CTR 1:5000 – 048154 – Monte Giaur­lec — Posizione: 12° 50’ 36”3 – 46° 13’ 53”4 — Carta: IGM 1:25.000 – Castelnuovo del Friuli – Posizione: 0° 23’ 25”- 46° 13’ 47”9 – Quota ingresso: m 1133 Svilup­po: m 34 – Profondità: m 69,5 – Pozzi interni: m 39,2 – 1,8 – 3 – 6,7 – 5 – 2,8
Rilievo:  Umberto Mikolic, SAG -21.12.2002
                                                       Umberto MikoIic