NELLE GROTTE DI GUERRA SULL’ERMADA

Pubblicato sul n. 47 di PROGRESSIONE – anno 2002
1) Piccole cavità per il riparo immediato, scavate nella roccia viva; sono di particolare interesse per l’aspetto tecnico della costruzione e per la presenza, ove necessario, di muraglioni di sostegno e riparo presso gli imbocchi.
2) Abbiamo ritenuto opportuno ribattezzarle Karl e Zita (nome dell’imperatore dell’Austria – Ungheria e della sua consorte) dopo aver trovato questi nomi segnati, in corrispondenza della posizione delle grotte, su una carta della zona disegnata dai topografi militari austro-ungarici, carta conservata presso l’Archivio di Stato di Trieste.
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Ai margini dell’altopiano carsico che guarda il mare sta l’Ermada, grande fortezza austriaca “dimenticata” che da 80 anni giace nell’oblio.
Tanti ne hanno parlato, pochi vi hanno lavorato per riportare alla luce trincee, fortini, bunker eguagliando le fatiche dei nostri soldati, anzi dei nostri nonni.
Ora, con molta commozione e forse un po’ di retorica, noi del novello Gruppo Cavità Artificiali (G.C.A., ultimo nato in seno all’Alpina), con l’aiuto appassionato, fisico e morale, di alcuni soci della Commissione Grotte, abbiamo rotto questo lungo silenzio scavando nel fango, rimovendo ramaglie secche, ricostruendo muretti attorno a cavità ostruite da frane e smottamenti, rendendo cioè, almeno in parte, visibile a tutti un patrimonio storico altrimenti sempre più nascosto e dimenticato.
Lungo la linea di sbarramento Ermada-Castagnevizza oltre a centinaia di tane di volpe1, fortini, casematte c’erano pure molte cavità naturali sfruttate come ricoveri. Così fu fatto per due grotte inserite in catasto come Grotta del Pilone, 5020 VG (ora Grotta Karl2, n. 11) e la Grotta della Gavetta, 5441 VG (ora Grotta Zita, n. 12), esplorate dai grottisti della XXX Ottobre nel 1988 e da noi revisionate —anche a seguito dei lavori di sistemazione effettuati — all’inizio di questo secolo. La Grotta Zita si apre con due ingressi; più comodo e sicuro (è stato attrezzato con gradini e un grosso cavo che serve da mancorrente) quello più settentrionale. Dal suo fondo, a Nord, un passaggio artificiale porta alla scaletta che scende nella Grotta Karl; a Sud, superato un abbassamento della volta e oltrepassato il secondo ingresso si perviene ad una grande caverna inclinata, servita nella sua prima parte da una scalinata che costeggia due terrapieni in muratura.
Anche la Grotta Karl presenta due ingressi: il piccolo pozzo comunica, tramite un basso passaggio, sia con il secondo e più comodo ingresso, servito da una scalinata e da una scaletta in ferro, sia con un tratto artificiale; verso SE si scende, lungo una serie di scalinate fiancheggiate da terrapieni, in un’ampia caverna. Dopo quest’ultimo slargo finisce la parte attrezzata della cavità, che si chiude con uno stretto pozzo cieco.
Poco prima della scalinata finale, sulla parete Sud si trova il passaggio che mette in comunicazione con la Grotta Zita, passaggio ora attrezzato con una scaletta in ferro. In ambedue le grotte i lavori di adattamento paiono essere stati abbandonati repentinamente: probabilmente lo sfondamento nel 1917 delle linee italiane a Caporetto ne aveva reso inutile la prosecuzione.
Ma più che leggere la descrizione dei manufatti interni alle grotte è molto più emozionante visitarle direttamente: il visitatore non farà molta fatica a ricostruire la vita dei soldati che ottant’anni fa vi vivevano, lavoravano, combattevano … e morivano.
Finita la guerra, le fatiche e le morti attorno alle cavità continuarono ancora:
prima con i recuperanti di legname, ferro, munizioni da bonificare ecc., poi con i contadini che dissodavano la terra trovandovi non solo migliaia di proiettili inesplosi, ma anche salme di soldati e resti di carogne di cavalli e muli. Tanto che all’inizio del 1919 si leggeva “…è più che necessario che sull’Altopiano si rimuovano e seppelliscano i cadaveri e le carogne d’animali che appestano i luoghi, l’aria e le vene d’acqua”; e contro le morti, mutilazioni e ferimenti continui, squadre apposite percorrevano durante l’estate tutta la zona per la ricerca e la raccolta degli esplosivi ivi disseminati.
Tale la situazione a quel tempo; ora tutto è cambiato, il bosco ha avuto il sopravvento, l’acido scotano distrugge le ultime schegge mentre fissi e contorti i suoi rami emergono dal terreno.
In questo silenzio, unici rumori sono quelli provocati dai nostri piccoli sondaggi, un po’ qua e un po’ la, che giorno dopo giorno si stanno riempiendo di detriti, sotto lo sguardo curioso ed affrettato di qualche raro turista.
Dati catastali
GROTTA KARL, GROTTA DEL PILONE
(3092/5020 VG) – CTR 1:5000 – San Giovanni al Timavo – 110062
Posizione: UTM 2412768 5072040 – Quota ingresso: m 275
Pozzi esterni: m 5 — 6 – Pozzi interni: m 10
Profondità: m 38 – Lunghezza: m 90.
Rilevatori: F. Gherbaz, C. Sgai, F. Vidonis – estate 2002
GROTTA ZITA; GROTTA DELLA GAVETTA
(4482/5441 VG) – CTR 1:5000 -San Giovanni al Timavo – 110062
Posizione: UTM 2412753 5071998 – Quota ingresso: m 272
Pozzo esterno: m 6 – 5,5 – Profondità: m 27 – Lunghezza: m 70.
Rilevatori: F. Gherbaz, C. Sgai, F. Vidonis – estate 2002
Flavio Vidonis
