UNA TARGA PER LE VITTIME DELLA GROTTA DEI MORTI
Pubblicato sul n. 44 di Progressione anno 2001
La Commissione ha sempre cercato di onorare la memoria di chi indipendentemente dalla bandiera sotto cui ha operato ha dedicato la sua vita alla migliore conoscenza del Carso ipogeo. In questo filone possono essere annoverati il restauro del monumento tombale di Anton Hanke (lo speleologo che per un decennio fu l’animatore del gruppo grotte delI’Alpenverein di Trieste) (cimitero di Di-vaccia. novembre 1971), le varie targhe fissate agli imbocchi di grotte del Carso, la tabella posta nella Sala deli’Altare alla Grotta Gigante in ricordo di Giovanni Andrea Perko. Ultima in ordine di tempo la targa, posta ail’imbocco della grotta dei Morti, 15 VG, a ricordo di una tragedia avvenuta poco dopo la metà del XIX secolo.
L’Amministrazione comunale di Trieste, alla disperata ricerca di acqua per la città che cresceva a vista d’occhio, nel febbraio 1862 dava I’avvio ai lavori di ricerca in una grotta, chiamata Foro della Speranza, ubicata non lungi dal valico del Monte Spaccato, poco sopra il rione di San Giovanni e più o meno sulla verticale del sito in cui dovrebbero trovarsi le Porte di Ferro (sbarramento che la credenza popolare ritiene sia stato fatto in tempi lontanissimi per impedire ad un grosso fiume di care l’effetto della mina danneggiare. con le sue piene, orti e campagne). I lavori proseguirono per quattro anni sino a che nell’autunno 1866 quattro lavoranti (protospeleologi del Carso) perivano, uccisi dai gas prodotti da una mina fatta brillare sul fondo dell’abisso, da allora chiamato Grotta dei Morti.
Andrea Fernetich, Luca Kralj, Antonio Kralj persero la vita il 28 ottobre nel tentativo di vericare l’effetto della mina fatta brillare sul fondo. L’otto novembre successivo moriva Mattao Kralj nel vano tentativo di recuperare le salme degli sventurati (fra i quali c’erano il padre e lo zio), mentre due suoi compagni rimanevano gravemente intossicati dai gas ancora presenti. Naturalmente ci fu un palleggio di responsabilità ed alla fine I’amministrazione comunale di allora – come scrisse Mario Galli sul fascicolo del 1975 di Mondo Sotterraneo – paga di aver chiarito la sua estraneità alla disgrazia pensò bene di chiudere I’ingresso della grotta con un macigno. Le famiglie dei quattro operai vennero tacitate con I’assegnazione di una misera pensione. Da quei giorni il Foro della Speranza venne chiamato Abisso dei Morti, suscitando nell’immaginario popolare – come racconterà von Mailly sessant’anni dopo truci leggende di fantasmi.
A distanza di 135 anni da quel tragico evento la Commissione Grotte ‘E. Boegan”, su iniziativa di Luciano Filipas, a ricordo del sacrificio dei quattro protospeleologi ha posto sull’imbocco del pozzo d’accesso alla grotta una semplice targa: i loro quattro nomi e le due date. Commosso. anche se tardivo, omaggio a questi uomini che la memoria collettiva di allora preferì confinare nell’oblio.
Pino Guidi