Pubblicato sul n. 45 di PROGRESSIONE – Anno 2001
Quando entrai a far parte della Commissione Grotte m’imbattei in un articolo di Dario Marini “Nostra sorella aria”, nel quale erano elencate le grotte con evidente uscita d’aria. Da allora, mi sono dedicato a questo aspetto della speleologia. Più che mai oggi ritengo che l’aria sia l’unica vera traccia, o per meglio dire, l’unico linguaggio (anche se ermetico) che una cavità ci offra. I flussi che eventualmente potrebbero guidarci sono però capricciosi, incostanti e per loro natura invisibili.
Il metodo più diffuso per “vedere l’aria” è il fumo, ma di solito alcune controindicazioni lo scoraggiano. Per le grotte a circolazione convettiva (giro d’aria), una soluzione valida è la marcatura con odoranti, dalla quale sono stato ampiamente gratificato. La cosa più ambita, però era ed è la possibilità di regolare ed eventualmente potenziare il flusso a discrezione.
Con un metodo piuttosto grossolano (il fuoco), ci sono riuscito, ma le caratteristiche morfologiche della cavità devono permettere l’estensione delle fiamme a tutta la sezione interessata per avere un’aspirazione senza risucchi laterali. Con questo sistema ho invertito il flusso in altre cavità sospettate di essere in collegamento con quella in esame. Le limitazioni sono tante e comunque non si può operare con persone all’interno, quindi nessuno che possa intercettare le correnti (anche intense) che si sviluppano negli ambienti. La soluzione definitiva è arrivata il giorno in cui Franco Florit ha lanciato l’idea di applicare un ventilatore alla Lazzaro Jerko per condizionare il flusso d’aria, come direzione piuttosto debole e incerta, nella dantesca frana in cui un manipolo d’arditi si apriva la strada verso il Timavo. L’accoglienza di questa proposta fu gelido-ironica, tanto da tacitare il grande ideologo. Fui folgorato dalla pensata e cercai subito uno strumento di grande potenza e piccolo peso. Approdai ad un motore per modellismo che nei dati teorici doveva accelerare I’aria fino a 200 km orari. Per l’applicazione fu fondamentale Augusto Diqual, vero genio della meccanica e dell’elettronica.
Eravamo pronti per la prova alla Martina, ma il rifiuto di avviarsi del “Super Tigre”, mi lasciò steso al suolo. Affidai all’elettricità l’esperimento successivo, che suscitò entusiasmo nei presenti. I piccoli fori che si seguivano come guida nello scavo, divennero ululanti in entrata e a scelta in uscita. Aperta la Martina (grotta con circolazione convettiva, bocca fredda), si cercarono le prosecuzioni risalendo in più punti il meandro alto 20125 metri, esclusivamente seguendo la morfologia ma senza risultati.
L’unico successo in questa cavità è costituito da un esperimento con ventilatore, sincronizzando due cronometri all’ora stabilita lo si accendeva e alla distanza di 500 m, in una galleria di metri 6 x 6, Augusto registrava l’arrivo del flusso all’entrata del ramo Christian, viaggiante alla velocità del suono. In altre parole basta effettuare l’emissione o l’immissione di un mc/s per deprimere o comprimere l’ambiente citato e veicolare l’impulso a velocità Mach 1. Alla grotta “Delle Gallerie”, dopo lungo scavo, siamo entrati in una condotta discendente che in due punti offriva una possibile continuazione morfologica. Gli stessi però non avevano dato, durante più ricognizioni, la traccia d’aria che cercavamo. La cavità in questione è anch’essa soggetta a circolazione convettiva (bocca calda), i picchi massimi si hanno in uscita con temperature fredde e in subordine in entrata con temperature calde. Vista l’incertezza si è ricorsi al ventilatore che in un paio di secondi ha rivelato le prosecuzioni: una delle quali percorsa da un flusso non troppo importante, ma da un rombo potente che ci ha fatto capire che avremmo trovato una strettoia, e così è stato.
Un’ulteriore prova è stata fatta In una cavità nota da tempo per le sue emissioni vaporose, in periodo invernale.
Sino ad ora, le molte visite non avevano dato una sicura indicazione sulla prosecuzione, pur essendo certa la sua esistenza.
Messa sotto torchio con il ventilatore, in pochi secondi ha svelato il segreto, indicando la via.
Sono totalmente entusiasta dello strumento, che oltre a chiarire quasi tutti i dubbi nella fase esplorativa, può se messo all’imboccatura di una cavità inesplorata, definire in modo rapidissimo se la stessa è barica o convettiva e se della prima categoria, l’eventuale volume, se della seconda, evidenzierà eventuali strettoie in base alla riduzione di portata.
Il tutto prevede una sola condizione, e cioè che l’apertura dove si applica il ventilatore, sia ermeticamente chiudibile.
È ovvio che questo non assomiglia ad un manuale d’istruzioni, è piuttosto l’informazione di un’esperienza acquisita.
Giuliano Zanini