Polypodium Cambricum

POLYPODIUM CAMBRICUM SSP. SERRULATUM SUL CARSO TRIESTINO

Polypodium cambricum ssp. serrulatum (Dis. Maria Grazia Polli)

Pubblicato sul n. 41 di PROGRESSIONE – Anno 1999

PREMESSE

L’ordine delle Filicales conta attual­mente, nelle cavità del Carso triestino, 13 specie. Tre di queste, di non sempre fa­cile distinzione, appartengono al genere Polypodium: P. vulgare L, P. interjectum Shivas e P. cambricum L. ssp. serrulatum (Sch. ex Arcang.) Pie. Ser. Polypodium cambricum L. ssp. serru­latum (=P. australe Fée; = P. vulgare var. serratum Willd.; = P. vulgare subsp. ser-ratum [Willd.] Christ.) è, rispetto alle altre due, l’entità più rara nel territorio carsico e si distingue da esse, oltre che per alcu­ni particolari caratteri morfologici, soprat­tutto per la spiccata predilezione denota­ta per gli ambienti cavernicoli decisamente termofili. Colonizza infatti, nella zona “subliminare” (“zona delle Pteridofite”) delle cavità, siti alquanto superficiali, relativa­mente ben soleggiati e con accentuate escursioni sia termiche che di umidità.

CARATTERI MORFOLOGI

Polypodium cambricum ssp. serrula­tum (ted.: Sudlicher Tupfelfarn; ingl.: Sou­thern polypody; slov.: Juzna Sladka kore-ninica), noto con il nome italiano di Polipodio meridionale, è una Polypodiacea perenne erbacea (emicriptofita rosulata). Presenta fronda verde, marcatamen­te deltoide, con pinna apicale molto sviluppata e con margine crenato-seghet-tato. Notevole carattere distintivo è dato dalle pinne terminali che cessano all’im­provviso e da quelle che le precedono, profondamente incise, spesso ramificato-flabellate all’apice. Le fronde possono raggiungere i 50 cm di lunghezza. Il rizo­ma, nella parte sotterranea strisciante ed in quella emergente sulla superficie del terreno, è ricoperto da squame lineari lanceolate, larghe 5-11 mm. I sori, di colore giallo-bruno, sono ellittici ed appaiono di­sposti in due file sulla pagina inferiore dei segmenti. Le spore maturano generalmen­te nella tarda stagione invernale e si libe­rano a primavera. A circa 50 ingrandimenti è possibile individuare, tra gli sporangi, dei filamenti sterili ben sviluppati che si interpongono fra gli elementi fertili, detti parafisi. La specie predilige suoli basici.
A differenza di Polypodium vulgare, tetraploide (2n = 148), e di P.interjectum, esaploide (2n = 222), P. cambricum pre­senta, alla generazione sporofita, il valore 2n = 74 (diploide).
Alcuni botanici (Hess e Landolt) han­no ravvisato una strettissima rassomiglian-za fra P. australe e P. virginianum del Nord-America. Altri invece (Shivas) iden­tificano P. australe con P. serratum.

DISTRIBUZIONE ED ECOLOGIA

L’areale di Polypodium cambricum ssp. serrulatum è essenzialmente costituito dal Bacino del Mediterraneo e dalle Isole Ca­narie. Infatti, dal punto di vista corologico, esso rientra nel tipo eurimediterraneo, centrato sulle coste mediterranee ma che può tuttavia estendersi verso nord e ver­so est (“area della Vite”). In Italia la felce vegeta in tutta la Penisola, ad eccezione dell’Alto Adige, regione in cui non è stata a tuttora segnalata.
Nel Friuli-Venezia Giulia essa è pre­sente soltanto nelle aree carsiche triesti­na ed isontina più precisamente sinora in 5 aree di base, secondo il Progetto Cartografico Europeo (1965) dando luo­go a stazioni relittiche: non riesce a su­perare l’Isonzo, come è già stato messo in evidenza da Livio Poldini (1985). Nel­l’Abisso Bonetti (Grotta a Nord di Jamiano, Percancja jama o Grotta 208 Nord, 393/765 VG), singolare voragine profon­da 49 m ed aprentesi nel Carso sopra il Lago di Doberdò alla quota di 182 m, l’en­tità che colonizza in maniera preponderante le pareti superficiali dell’orrida spac­catura esposte a sud ed in parte quelle rivolte ad ovest sembra raggiungere il limite settentrionale della sua distribuzio­ne regionale. Manca praticamente in tutto il Friuli, regioni prealpina ed alpina com­prese.
Da recenti indagini avviate a scopo speleobotanico sul Carso isontino, la fel­ce è stata confermata per il monte San Michele ed ulteriormente accertata nel Pozzo IV di San Martino (Pozzo della Spelea o Spelonca sotto Baredi, 755 VG), nella Grotta a Due Piani (Grotta ad Est di S. Martino del Carso, 4253 VG) e nell’An­tro di Casali Neri (Grotta dell’Orco, 450 VG). In tutti questi siti essa si presenta in pochi individui, quasi sempre concentrati in stazioni poste su imboccature relativa­mente ben soleggiate.
Sul Carso triestino Polypodium cam-bricum ssp. serrulatum è stato sinora in­dividuato in 13 cavità, rappresentate nella sottostante
Tabella 1

Tab. 1 Distribuzione di Polypodium cambricum ssp. Serrulatum  sul Carso triestino.
VG Cavità Quota (m) Località prossima Presenza
0039 Grotta delle Torri di Slivia 114 Slivia *
0090 Grotta Noè 200 Aurisina-Bristie **
0097 Grotta dei Cacciatori 105 Slivia *
0157 Abisso fra Fernetti e Orle 326 Fernetti *
0162 Grotta Jablenza N. 2 253 Sgonico *
0163 Grotta Jablenza 260 Sgonico **
0185 Fovea Persefone 307 Opicina Campagna *
0226 Pozzo dei Colombi di Duino 051 Duino *
0823 Pozzo di Gabrovizza (Berlova Jama) 224 Gabrovizza *
3900 Pozzo del Ghiro 282 Le Girandole (B. G. Gigante) **
4123 Baratro pr. Castelliere di Slivia 128 Slivia *
4213 Grotta della Civetta 321 Fernetti *
4444 Baratro presso Monrupino 317 Monrupino *

Presenza di Polypodium cambricum ssp. serrulatum:
*= scarsa, limitata a poche stazioni con rari esemplari;

** = buona, relativamente abbondante
Si distinguono tutte per l’evidente le­game con le stazioni della penisola istria­na (situate anche su substrato siliceo acido): ne rappresentano infatti la più lon­tana continuazione settentrionale (Poldini & Toselli, 1982). È stato infatti già confer­mato da questi studiosi come il territorio carsico possa accogliere varie specie a carattere sub-mediterraneo, incapaci però di valicare il limite definito dall’lsonzo. Gli stessi due botanici rilevano ancora che, mentre sul Carso triestino, la colonizza­zione della felce avviene solo su substra­to carbonatico, in Istria la sua natura è indifferente; osservano inoltre come la preferenza verso le rocce calcaree dipen­da dal potere termoriflettente del calcare stesso.
Polypodium cambricum ssp. serrula­tum fu considerato alla fine del 1800, sia dal Pospichal che dal Marchesetti; e più precisamente, quale Polypodium varietà vulgare dal Marchesetti e come P. vulga-re forma serrata Willd.  dal  Pospichal.
Quest’ultimo individuò tale entità in una dolina presso Visignano e a Villanova di Parenzo, nonché sul margine della Grotta “Gambossi” presso Buie e nella Grotta “Glavica”(1759 VG) presso Petrovia. Se­gnalava pure la rara forma triangularis sotto le “Ruinen Wachsenstein”, alla base del Monte Sissol (833 m).
Marchesetti, da parte sua, citava soltan­to Polypodium vulgare (nelle forme comu­ne e rotundatum) affermando di non avere mai osservato, nel distretto triestino, la va­rietà serrata, proprio quella a lacinie seghet-tato-crenate che si trovava a Villanova di Parenzo ed in altre località istriane.
Muzio de’ Tommasini, in un contributo del 1895 (con aggiunte e correzioni del Marchesetti) relativo alle specie che cresce­vano spontaneamente nell’Isola di Lussino, segnalava unicamente la presenza di Polypodium vulgare nelle fessure delle rupi di Versikova al monte San Giovanni e della Grotta di Velajama al Monte d’Ossero, ove fu rinvenuto dal “solerte” prof. Haracic’.
Ulteriori osservazioni su Polypodium serratum si riferiscono al 1911 e risalgo­no al botanico Lujo Adamovic. Questo studioso l’aveva infatti notato su una rupe ombrosa nella baia di Omblau presso Gravosa, associato ad Asplenium adiantum nigrum ed a Ceterach officinarum.
Da sopralluoghi ed indagini effettuate in questi ultimi due decenni a fine spele-ovegetazionale in cavità e, più specifica­tamente, in siti ipogei a carattere pterido-logico presenti sull’altipiano carsico triestino, Polypodium cambricum ssp. serrulatum è stato dunque individuato in 13 cavità. Esse si aprono tutte nel medio e basso distretto carsico nord-occidenta­le, in un tratto dell’altipiano lungo 21 km, compreso fra Fernetti e San Giovanni di Duino, ed a quote racchiuse fra i 51 m (Pozzo dei Colombi di Duino, 226 VG) ed i 326 m (Abisso fra Fernetti e Orle, 157 VG) sul livello del mare. Gli ambienti co­lonizzati sono quasi sempre rappresenta­ti da margini rocciosi termofili di ampie voragini o anche di baratri e di cavità relativamente ben esposte alle radiazioni luminose e calorifiche.
Nella Grotta Noè (90 VG) ad esempio la felce figura copiosa nei primi metri del­l’ampia voragine, in siti illuminati e rivolti ad est e a nord. Nella Grotta delle Torri di Slivia (39 VG) essa occupa pure stazioni rivolte a sud e situate ad una profondità compresa fra i 3 ed i 6 m. Nel Pozzo del Ghiro (3900 VG, presso “Le Girandole” di Borgo Grotta Gigante) l’entità è piuttosto abbondante ed è agevolmente osservabi­le, oltre che sul margine settentrionale, anche sulle roccette esteme alla cavità, a pochi metri dall’imboccatura.
Nella Grotta Jablenza (163 VG) la fel­ce si è insediata, relativamente abbondan­te, sia sul margine che sull’alta parete meridionale dalla quale scende sino all’ingresso dell’apertura interna della cavi­tà. Significativo è il fatto che la contem­poranea presenza, lungo le scoscese balze a gradoni del versante, di Polypo­dium vulgare e di P. cambricum ssp. ser­rulatum, abbia determinato pure una co­spicua popolazione dell’ibrido Polypodium font-queri Rothm. (2n = 111).
Polypodium australe x P. interjectum da inoltre origine all’ibrido P. Shivasiae Rothm., non presente peraltro sull’altipiano carsico ma citato ad esempio per il Gargano.
Sono state pure individuate forme ibri­de in altre cavità carsiche, presenti nella zona delle Risorgive del Timavo e nel territorio di Ceroglie dell’Ermada e di Malchina. Non presentando precisi carat­teri distintivi e risultando di conseguenza di difficile determinazione, non sono state considerate nel presente contributo.
In Slovenia, immediatamente oltre il confine di Stato di 2.a categoria di Prebenico-Osp, la felce è relativamente abbon­dante e ben osservabile lungo il sentiero che sale all’Antro di Ospo (Osapka Jama, 68 VG); qui essa è accompagnata da un contingente floristico d’ambiente termofi­lo, costituito in gran parte da Pistacia te-rebinthus, Osyris alba, Quercus //ex, Teu-crium flavum, Oryzopsis milìacea, Campanula pyramidalis, Laurus nobilis, Phyllirea latifolia e Paliurus spina-christi. A breve distanza si sviluppa peraltro co­piosa Corydalis ochroleuca, Papaveracea estremamente rara sul Carso triestino ri­sultando sinora presente in un’unica sta­zione, individuata una quindicina di anni addietro, situata in una dolina poco ad est di Fernetti.
Nella cartina, pubblicata sulla pagina seguente, è riportata la distribuzione di Polypodium cambricum ssp. serrulatum nelle cavità dell’altipiano carsico triestino.

Polypodium cambricum ssp. serrulatum (foto E. Polli)

USI E PROPRIETÀ

Polypodium cambricum ssp. serrula­tum, al pari degli altri Polipodi, contiene principi attivi, quali tannini, saponine, olio essenziale, mucillagini e zuccheri. Trova però attualmente scarse applicazioni in medicina: è ormai raramente usata in caso di tosse, raucedine, nelle malattie biliari e come blando lassativo.

CONCLUSIONI

Con l’indicazione delle 13 stazioni a carattere cavernicolo, colonizzate da Polypodium cambricum ssp. serrulatum, si è cercato di aggiungere un ulteriore tas­sello sia al quadro della distribuzione della specie sul Carso triestino sia, di riflesso, a quello più vasto delle Filicales nel me­desimo territorio.
Con l’attuale variazione climatica che, nella Regione Friuli-Venezia Giulia, mette in evidenza come il clima tenda verso caratteri più marino-mediterranei e meno continentali (maggior uniformità termica e minore piovosità), è probabile che altre cavità carsiche, in cui attualmente la felce non vi figura, ne vengano progressivamente colonizzate, comportando di conseguenza in esse caratteri topoe microclirnatici via via più termofili, adatte pertanto ad un suo ottirnale insediamento.
                                                                                   Elio Polli

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