Grotta di Su Bentu

SU BENTU ALTRE ZONE DI ITALIA

Il Ramo dei Laghi (Foto U. Tognolli)

Pubblicato sul n. 31 di PROGRESSIONE – Anno 1994
Sardegna: mare, spiagge. sole; ma anche valli selvagge, grotte, forre profonde. Su Palu, Sa Oche, Su Bentu; nomi quasi da sogno per uno speleologo che opera in una zona dove le grotte sono quasi sempre verticali e fredde; qui le grotte sono invece orizzontali e calde.
Il primo assaggio l’ho avuto durante I’esercitazione nazionale del Soccorso Speleologico ‘Su Palu 91″. Allora mi sembrò strano immergermi nell’acqua del passaggio basso e non avere freddo; la mia mente si illuminò: ma allora non sempre in grotta è necessario soffrire il freddo! Tale concetto si rafforzò nella stessa estate durante I’esplorazione del complesso del Rio Sao Vicente in Brasile dove I’acqua ha una temperatura prossima ai 30 gradi.
La Sardegna, con le sue grotte, è rimasta pertanto la meta di un sicuro ritorno. Ecco perché ho aderito immediatamente alla proposta, fatta in primavera da Romana, di una “gita speleo-balneare” nell’isola per la fine di giugno. Meta speleologica principale la valle di Lanaitto ed il complesso di Su Bentu-Sa Oche. Come sempre accade in ambito CGEB, a pochi giorni dalla partenza i partecipanti sicuri siamo solo quattro (rispetto le decine di aderenti della prima ora); qualcuno aveva preparato chili di carte topografiche, fotocopie di articoli, riviste e rilievi; altri non sapevano neanche dove si andava.
All’ultimo momento si aggregano altri tre e così siamo in sette su due automobili stracolme e una “mitica” moto BMW. La sera prima della partenza. febbrile preparazione dei materiali (“ma cossa, gavemo un solo canoto?”), e contatto telefonico con il gruppo speleologico di Nuoro.
Finalmente sabato mattina si parte e dopo un viaggio tranquillo e monotono (a parte lo sbaglio di appuntamenti nell’autogrill sull’autostrada), sbarchiamo il mattino seguente a Olbia. Dopo alcuni giorni dedicati al mare, al turismo ed alle riparazioni meccaniche (si, perché la ‘mitica” e indistruttibile moto BMW pensa bene di distruggere il suo alternatore su una stradina tra Alghero e Capo Caccia), arriviamo una sera a Nuoro. Qui siamo accolti, e cortesemente ospitati nella loro Sede, dagli amici del Gruppo Speleologico Nuorese. Ci vengono date indicazioni su come raggiungere Su Bentu e sul percorso interno; una visita al magazzino del Gruppo ci fa riflettere: “ma perchè i ga tanti canotti e cussi poche corde? Mah, staremo a veder.
Valle di Lanaitto: aspra, selvaggia, solitaria, roccia bianca, arbusti. pastori e greggi, resti di antiche civiltà, grotte imponenti, forre; un concentrato di Sardegna. La risaliamo lungo una stradina sterrata sino al rifugio Sa Oche nei pressi del quale sistemiamo il campo. Breve ricerca e troviamo I’ingresso: Su Bentu, quasi 20 chilometri di gallerie, saloni, canyon, laghi, acqua cristallina, concrezioni.

A causa del caldo intenso spostiamo al tardo pomeriggio la salita alla voragine di Tiscali e preferiamo visitare subito la risorgiva di Sa Oche; è questa una galleria, ben presto allagata, che convoglia – in caso di piena – all’esterno l’acqua della soprastante grotta di Su Bentu, dalla quale è separata da un sifone. Ci cimentiamo nei primi passaggi con il canotto e scopriamo che non è per niente facile da manovrare; inoltre, vedendo il blu profondo dei laghi, non si è per niente tranquilli all’idea di stare su una bolla d’aria sospesa su tali liquidi abissi.
Dopo la visita alla voragine di Tiscali, alla sera al campo facciamo conoscenza ed amicizia con una famiglia di speleologi di Grottaferrata, anche loro in vacanza da quelle parti. Essendo loro già stati all’interno di Su Bentu, ci danno dei consigli sul percorso ma poi, alla fine, decidono di entrare con noi e di fare assieme una parte della visita per poi aspettarci all’esterno. È nostra intenzione, infatti, percorrere al ritorno il ramo dei laghi.
Sveglia all’alba, colazione e poi si entra. Superato il primo vento ed il saltino di 8 metri, si cammina velocemente in gallerie e sale imponenti; dopo il secondo vento ed altre sale e gallerie fossili coperte di sabbia,. si arriva alla profonda spaccatura del canyon che porta al ramo attivo, il ramo dei laghi. Poiché al ritorno sarà questa la nostra via, Aldo e Marco scendono per attrezzare la via per il ritorno. Poi tutti assieme proseguiamo lungo la Traversata Alta, una via attrezzata con cavi di acciaio e realizzata dagli speleologi di Nuoro, che sfruttando cenge e sale sospese anche a 50-60 metri sopra le acque, permette di proseguire spediti ed in sicurezza in ambienti grandiosi e spesso su passaggi molto esposti. Il concrezionamento è imponente; il clima caldo permette di fermarsi senza avere alcun brivido di freddo; la morfologia e le dimensioni della forra denunciano l’enorme quantità d’acqua che vi passava e che l’ha scavata. Proseguiamo scattando qualche foto, superiamo la grande curva e con un breve saltino scendiamo al livello dei laghi.
Qui lasciamo il canotto, che ci servirà per la discesa, e siamo subito al bivio: il ramo principale prosegue con lunghi laghi – da noi non superabili per mancanza di natanti adatti – sino ai grandiosi ambienti di Sahara e di Grandissime Frane; noi invece. con una breve risalita, raggiungiamo i rami della Diramazione Nuova.
E siamo subito nell’immensa sala Piredda; il fascio delle lampade elettriche si perde nell’immensità; i potenti lampi a bulbo per le foto riescono appena a dare un’idea delle dimensioni. Oltre il Quarto vento altre gallerie e sale immense si susseguono; si perde il senso delle dimensioni; non saprei dire se sono alte 20 o 50 metri. Un pozzo dichiarato di 40 metri si rivela in effetti un salto di pochi metri preceduto e seguito da un lungo scivolo dopodichè raggiungiamo le gallerie del Deserto dei Gobbi. Il pavimento e le pareti ricoperte da un viscido strato di limo rende evidente che, in periodi di piena, tali gallerie (anche di metri 30 x 30), vengono completamente invase dalle acque. Un lungo lago mette fine al nostro avanzamento.
Rapido dietro-front, sosta per un breve ristoro, e poi via verso il ramo dei laghi e l’uscita. Sotto al salto che conduce alla Traversata Alta salutiamo gli amici di Grottaferrata (“mi raccomando, se domattina per le 6-7 non siamo fuori, venite a cercarci, non si sa mai che buchiamo!”, e ci tuffiamo, con il nostro canotto, a superare gli innumerevoli laghi di questo ramo.
Alcuni vengono superati con aeree traversate in tirolese grazie all’abilità arrampicatoria di Aldo e Marco; in quelli lunghi e con più acqua i vari Caronte traghettano i viandanti ed il materiale. Poco oltre la metà del percorso di ritorno si e sfiorata la tragedia. La libellula Jumbo sale delicatamente sul canotto manovrato da Magnesio quando un’ondata di “tsunami” capovolge l’imbarcazione (forse non è andata proprio così …). I due finiscono a mollo e vengono ripescati; per fortuna la temperatura è tale che permette di strizzare gli abiti e di rimetterli senza patire neanche un po’ di freddo. (eh, le grotte della Sardegna!).
Si prosegue lentamente nei vari trasbordi; “ma quanto manca? Non avremo superato il punto di risalita?” Il tarlo del dubbio comincia a farsi strada ed i soliti due intrepidi Aldo e Marco vanno in avanscoperta. Ritornano (“ma perché uno non xe restado alla risalita senza tornar indrio? … orpo, non ghe gavemo pensador’) gioiosi, confermando che mancavano solo tre laghi ed eravamo alla risalita. Fatto. Un’alba radiosa (sono le 6) e gli amici all’esterno che stavano già in apprensione ci accolgono. Un the bollente seguito da una gigantesca pastasciutta; poi si tenta di dormire ma il caldo soffocante ci stana e nel primo pomeriggio, dopo una visita alla sorgente vauclusiana di Su Gologone. dalla quale escono le acque di Su Bentu-Sa Oche, lasciamo la valle di Lanaitto per le spiagge di Cala Gonone.
Per me vale una promessa: voglio tornarci per stare più tempo, vedere più grotte e scendere qualche forra. Hanno partecipato: Diadora Bussani, Aldo Fedel (Magnesio), Silvia Lugnani, Romana Melis, Marco Petri, Umberto Tognolli (Jumbo) e Eliana Semerani.
                                                                                   Umberto Tognolli 

Via nuova dopo il Quarto Vento, prima del P 40 (Foto U. Tognolli)