GROTTA LUKSA POZZO A N DI PROSECCO (844 VG)
Pubblicato sul n. 32 di PROGRESSIONE – Anno 1995
PREMESSE
Una zona con numerose cavità, qualcuna delle quali anche di rilevante importanza come ad esempio la Grotta del Cibic (1 VG), I’Abisso Martel (144 VG), il Pozzo sul Colle Pauliano (3 VG) con I’adiacente Grotta dei Paranco (5335 VG), la Grotta Marcella (840 VG) e la vicina soffiante (1145 VG) – e quella situata a nord di Prosecco e che è intersecata dalla strada provinciale che collega questa località con I’omonimo scalo ferroviario e quindi con Rupinpiccolo. Tali cavità presentano spesso una morfologia baratroide o di ampio pozzo, anche discretamente profondo; si determinano perciò quasi sempre in esse delle particolari situazioni topo- e microclimatiche da cui ne conseguono interessanti caratteristiche vegetazionali. Una di queste cavità, nella quale gli aspetti climatici risultano accentuati ed in cui la vegetazione appare di riflesso pregevole, oltre che varia e rigogliosa, è la grotta Luksa (844 VG). Nel caratteristico pozzo baratmide che essa evidenzia, oltre alle specie vegetazionali tipiche di tali ambienti, se ne possono individuare altre, poco diffuse sull’altipiano quali Phyllitis scolopendrium ed Actaea spicata.
LA GROTTA LUKSA (382/844 VG.)
II pittoresco pozzo, di forma visibilmente allungata, si apre al centro di una dolina dai versanti notevolmente dirupati. L’imboccatura, larga 9 metri a NW, si restringe ad angolo acuto nella direzione opposta. Le pareti, che appaiono quasi dappertutto perfettamente verticali, solo a SW si elevano con una certa pendenza, lasciando posto a due marcati e stretti ripiani. Alla base della parete WSW si apre un pertugio appena praticabile il quale, con direzione S, immette in una piccola sala parallela. Da quest’ultima si elevano due camini: mentre uno di essi possiede I’imboccatura ostruita, I’altro denota una struttura alquanto complessa.
La cavità, pur non molto profonda (18 m), presenta un aspetto veramente imponente; ed è soprattutto nel vano, originatosi alla base dei due pozzi, che essa evidenzia fenomeni di erosione verosimilmente prodotti da un’accentuata percolazione idrica. Struttura e caratteristiche analoghe alla Luksa si possono osservare pure nel vicino “Pzzo presso Prosecco” (1475 VG. Luksa II°) situato 40 m ad est e nel Pozzo presso Prosecco” (845 VG, Fessura Vessa o di Viperschlund), aprentesi pure nelle loro vicinanze.
Si comportano altresì in modo simile alcuni baratri del ‘Campo delle Vipere”, autentico ambito di elevato interesse morfologico, situato 500 m circa a SE della Luksa: ad esempio il “Pozzo II’ presso Prosecco” (3922 VG) ed il “Pozzo VI” presso Prosecco” (3926 VG); tutte cavità che, un tempo sicuramente più profonde, hanno tratto la loro origine da una sene di fratture con orientamento NNW.
Un primo rilievo della Grotta Luksa risale al 30.9.1923 e fu eseguito da R. Battelini. Una revisione più recente (15.9.1968) è quella effettuata da D. Marini e C. Cocevar. Le coordinate geografiche del pozzo. riferite alla Tav. I.G.M. 1:25000, F° N.40 A. II S.O. “Poggioreale del Carso”, Ed.4-1962, sono le seguenti: Lat. 45°42’44 N, long. 13°44’45,4″ E Gr. (l°17’37” E M.M), quota d’ingresso 244 m. La profondità massima è di 18 m, quella del pozzo d’accesso 9/14,40 m e la lunghezza complessiva e di 42 m.

LA VEGETAZIONE NEL POZZO IN RAPPORTO ALLA SITUAZIONE CLIMATICA
Già nell’impervia e scoscesa zona circostante la cavità, e così pure sui suoi margini, si rendono ben evidenti – soprattutto nei periodi primaverile ed estivo – le numerose specie vegetazionali che di norma compongono la tipica boscaglia carnica illirica. Fra le più usuali e significative, nello strato arboreo-arbustivo risultano qui ben diffuse Ostfya carpinifolia, Fraxinus ornus, Queffius pubescens, Acer campestre, Acer monspessulanum, Cornus mas, Crataegus monogyna, Lonicera etrusca e, nelle vicine zone ad aspra pietraia, Cotinus coggygria.
Nello strato erbaceo si sviluppano invece Sesleria autumnalis, Carex digitata, Asparagus acutifolius, Moehringia muscosa, Vincetoxicum hirundinaria, Euphorbia amygdaloides, Melilfis melissophyllom, Rosa canina, Paeonia officinalis, . Pdygonatum odoratum e Cyclamen purpurascens.
Quasi tutte queste specie scompaiono completamente, ed in modo piuttosto rapido, gia nei primi metri del pozzo: infatti, a causa delle repentine variazioni topo- e microclimatiche, esse vengono sostituite da altre che meglio si adattano in tali siti. Nei frequenti sopralluoghi alla Luksa, effettuati in quest’ultimo decennio con relativa continuità, sono state indagate le sue particolari condizioni climatiche. II sito in cui essa si apre appartiene alla 5′ zona climatica della Provincia di Trieste: il clima risulta temperato ed il carattere marino-mediterraneo tende al continentale subalpino via via che ci si allontana dal sollevamento marginale procedendo verso i rilievi montuosi più interni.
La differenza fra i valori della temperatura rilevati sui margini (q. 244 m) e quelli accertati sul fondo (q. 226 m) della Luksa e risultata sempre notevole. Tale differenza si aggira in media sugli 8°C e ciò equivale ad un gradiente medio di 0,44°C m, indubbiamente superiore a quello che si registra in altri baratri, pozzi e voragini dell’altopiano carsico triestino. Tale gradiente (conseguenza diretta della rilevante escursione termica nel pozzo) appare ancor più marcato tra I’alto margine ovest ed i due esigui ripiani immediatamente sottostanti. Qui, abbassandosi di appena 3 o 4 m, gia si ravvisa sulla pelle un’aria più fredda: si tratta di un evidente soglia topoclimatica. Ed e proprio sul più basso dei due ripiani che si individuano alcune specie con caratteristiche d’ambiente decisamente più fresco e notevolmente umido. Tra queste, relativamente abbondante e presente con circa una dozzina di esemplari, risulta la Ranunculacea Actaea spicata. Quì essa generalmente fiorisce nelI’ultima decade di maggio ed e completamente in fruitto a metà giugno. Actaea spicata e un’elegante entità euroasiatica che vive nei boschi submesofili e che normalmente si rinviene nelI’Alto Carso, come ad esempio sul M. Nanos e nelle selve di Tarnova e Piro, ove è componente dell’Abieti-Fagetum dinaricum. Sul Carso triestino Actaea spicata e stata individuata soltanto in pochissime stazioni: nel “Pozzo presso Villa Opicina” (156 VG, Pozzo del Frate), nella vasta dolina a sud di Borgo Grotta Gigante, nelle immediate vicinanze dell’Abisso presso Opicina Campagaa (185 VG. Fovea Persefone o J.v Klobucniku) ed in qualche modesto baratro e dolina di crollo nella zona di Fernetti.
E’ presente pure nella zona del M. Cocusso, ma in territorio Sloveno (pendici settentrionali del M. Castellaro). Se I’escursione termica nella cavità e notevole in primavera ed in estate, non lo e da meno negli altri periodi dell’anno. Nella stagione invernale, in seguito ad intense nevicate sull’altipiano carsico, la neve può permanere a lungo sul fondo del pozzo: essa vi è>rimasta, ad esempio, per tutto il febbraio e per la prima decade di marzo nel 1987, determinandone una situazione climatica rigida.

Riprendendo a considerare la cavità dal punto di vista vegetazionale, è soprattutto sui due ripiani situati a sud-ovest che si insediano le specie del Carpineto delle doline (Asam-Carpinetum betulli): abbondanti vi figurano infatti Galanthus nivalis, Primula vulgaris, Corydalis cava, lsopyrum thalictroides, dentaria enneaphyllos, Assarum europaeum-caucasicum, Lathyrus vernus, Polygonatum multiflorum, Mercurialis ovata, Lamiastrum montanum ed addirittura rigoglioso Cyclamen purpurascens. A queste specie si aggiunge, limitatamente ad ovest, Actaea spicata, di cui giàa si e detto sopra.
In questa fascia vegetazionale è presente, sporadicamente a sud, carpinus betulus, mentre una sola stazione di Tilia cordata si evidenzia a nord. Comune appare per contro Hedera helix, sia al suolo sia pendente con lunghi e coreografici festoni. Negli anfratti e nelle nicchie del pozzo si può facilmente identificare I’abbondante Asplenium trichomanes, mentre nelle zone adiacenti la cavità, soprattutto a NW ove esiste una soleggiata e discreta pietraia, si notano sui massi sia Asplenium Ruta-muraria che Ceterach officinatum.
Sulla levigata parete settentrionale del pozzo, a 4-5 m dal margine superiore, allignano in modo ottimale e rigoglioso alcuni nuclei di Phyllitis scolopendrium. Della specie sono state qui misurate alcune fronde lunghe complessivamente 58-60 cm. Phyllitis scolopendriom, la caratteristica Lingua di cervo, e un’aggraziata Aspleniacea che colonizza le pareti di diversi pozzi, baratri e voragini del Carso triestino. Anche in questa cavità la specie occupa la tipica fascia delle Pteridofite, prediligendo il sito più ombroso e fresco. Frammisti a Phyllitis scolopendrium si sviluppano alcuni giovani arbusti di Sambucus nigra, presente peraltro in alcune altre zone del pozzo. Ancora si protendono nel vuoto i rami di alcuni esemplari di Euonymus verrucosa.
Sempre nella fascia a Pteridofite, ma a quota leggermente più elevata rispetto a quella occupata da Phyllitis sclopendriom, e presente anche Polypodium interjectum, le cui fronde sono maggiormente localizzate a sud ed in minor misura a NW ed a N. Polypodium inteqectum trova la sua massima diffusione nell’area mediterranea e centro-europea mentre manca nella fascia alpina. Negli anfratti che il pozzo presenta superiormente nella sua parte meridionale si possono individuare rare e poco evidenti stazioni di Ruscus aculeatus. Procedendo verso il fondo della cavità si nota come le pareti si spoglino progressivamente di vegetazione.
Con l’aumento dell’umidità e con la graduale diminuzione dell’intensità luminosa si dividono allora le aree a Muschi, fra i quali comune e Thamnium alopecurum, seguito da Plagiochila asplenioides f cavernatum e da Fissidens cristatus. Sempre più diffuse qui risultano le chiazze di Cianoficee, a loro agio in tale ambiente. Anche sui massi, caoticamente sparsi sul fondo del pozzo, si possono notare alcuni generi di Muschi, tra i quali ancora abbondante è Thamnium alopecurum, frammisto ad alcune specie del genere Mnium.
Sia dal punto di vista vegetazionale che da quello morfologico vale la pena di effettuare una visita al pozzo. Dopo averne esaminate le singole caratteristiche esterne, si può in breve scendere in esso, con I’aiuto di una scala o di una corda: lo scescenario diviene allora ancor più pittoresco e severo. lmpregnati dal caratteristico odore che il baratro emana, nelle mutate condizioni ambientali e climatiche ci si rende pure progressivamente conto dei senso di solitudine che il sito, al di fuori di ogni attività umana, infonde.
Elio Polli