TEPUY 93: LA STORIA
Pubblicato sul n. 30 di PROGRESSIONE – Anno 1993
Introduzione
La spedizione italo-venezuelana TEPUY 93 si è svolta dal 6 febbraio al 12 marzo 1993 ed ha operato sulla montagna Auyantepuy, nello stato di Bolivar, in Venezuela meridionale. Come altri progetti ideati ed organizzati dall’Associazione Geografica La Venta, la ricerca è partita da obiettivi speleologici per poi allargare il proprio campo di azione in senso più “geografico”: il che, nel caso dei tepuy, vuol dire fondamentalmente cartografia e topografia di dettaglio, prospezioni aeree e comprensione generale dei territori.
La caratteristica più significativa della missione e stata determinata dalle rocce di cui sono costituiti questi antichi massicci, cioè la quarzo-arenite o più volgarmente quarzite. Rocce dure e tremendamente antiche, che oltre a modellare un mondo di straordinaria bellezza proponevano anche una sorta di sfida sulla possibilità o meno di ospitare delle grotte, cioè se in esse potesse svilupparsi il fenomeno “carsico”.
In realtà precedenti ricerche venezuelane avevano già dato alcune indicazioni in questo senso, dimostrando che alla base delle grandi fratture tipiche dei tepuy possono esistere collettori sotterranei anche di un certo sviluppo: ma non era affatto chiara l’entità che poteva assumere il fenomeno ipogeo, cioè lo sviluppo, la complessità e le forme che i reticoli potevano raggiungere. Insomma non era ancora stato celebrato, a mio avviso, il battesimo della speleologià in quarzite come sorella con pari dignità di quella in calcare.
Il risultato più significativo di TEPUY 93 è stato proprio questo: aver dimostrato che esistono fenomeni sotterranei complessi, estesi, a più livelli, dove le prospettive esplorative sono entusiasmanti e d’altro canto è richiesta una capacità speleologica di ottimo livello.
L’esempio più clamoroso è la scoperta e l’esplorazione del Sistema Auyantepuy Noroeste (Rio Pintado): il primo caso di vero e proprio inghiottitoio carsico, di sistema a più ingressi con lunghi tratti orizzontali, livelli fossili, meandri e gallerie. Una grotta che non ha nulla da invidiare alle sorelle calcaree, e che per le quarziti risulta essere la maggiore del mondo sia come profondità (370 metri) che lunghezza (oltre 2.500 metri).
Da quanto osservato attraverso le prospezioni aeree riteniamo che possano esistere sistemi molto più estesi e probabilmente anche più profondi dell’Auyantepuy Noroeste. Con un pizzico di presunzione, credo quindi di poter dire che TEPUY 93 ha aperto ufficialmente a livello internazionale il capitolo delle esplorazioni speleologiche nelle quarziti: e non solo per aver trovato grandi grotte o delineato esplorazioni future, ma anche per aver messo a punto la logistica, le tecniche e i metodi adatti a questo tipo di speleologia.
Infine una considerazione sulla complessità della spedizione: probabilmente ci troviamo di fronte, ma non è esattamente un vanto, alla più complessa missione mai organizzata da italiani all’estero, e anche a livello internazionale esistono poche spedizioni confrontabili. Non è un vanto perché l’impegno organizzativo ha rischiato, per alcuni, di diventare preponderante: col pericolo di sovrastare le emozioni, le suggestioni, le riflessioni che suscita il muoversi e l’esplorare in questi luoghi, e che in fondo costituiscono l’essenza della nostra attività di ricerca.
Una esperienza comunque preziosa che consentirà di aggiustare il tiro in futuro.
GLI ANTECEDENTI
La motivazione di questa ricerca nelle quarziti venezuelane nasce nella edizione 1989 della manifestazione Phantaspeleo, quando Franco Urbani (Presidente della Sociedad Venezolana de Espeleologià) mostra le stupefacenti immagini dei tepuy e dell’abisso chiamato Sima Aonda, illustrando le ricerche svolte sino ad allora. Nello stesso 1989 scrivo una prima volta a Caracas per programmare una spedizione, ma la risposta rimanda la possibilità a qualche anno dopo perché colleghi francesi e spagnoli hanno già preannunciato due spedizioni (che non verranno poi realizzate), e la stagione adatta è unicamente il periodo febbraio-marzo, cioè due mesi I’anno.
Alla fine del 1991 una nuova domanda riceve una risposta affermativa: i primi mesi del 1993 possiamo andare, con la condizione che la priorità di scelta della zona spetti agli speleo baschi, che hanno già collaborato in passato con i venezuelani. Costoro sono decisi ad andare sul Chimanta Tepuy, un massiccio a SE del più noto Auyantepuy e completamente sconosciuto dal punto di vista speleologico.
Anche noi siamo interessati, almeno in parte, allo stesso obiettivo e così vengono individuate diverse zone esplorative sulla stessa enorme montagna. I problemi economici, legati soprattutto al costo dell’indispensabile elicottero, sono però sempre più evidenti e ci obbligano a preparare una alternativa esplorativa sulI’Auyantepuy, il cui raggiungimento comporta molte meno ore di volo.
Decidiamo di effettuare una ricognizione in luglio per valutare direttamente i problemi.
LA PREPARAZIONE
Nel mese di luglio 1992 la ricognizione ci consente effettivamente di capire molte cose, dimostrando tra l’altro che anche sull’Auyantepuy gli obiettivi speleologici non mancano: sono conosciute, e non particolarmente bene, solo la zona della Sima Aonda e una profonda frattura subito a N (la Sima Auyantepuy Norte). Lo stesso Sistema Aonda presenta molti punti interrogativi. In agosto una piccola ma decisa spedizione italiana (CAI Milano, Castellanza, Laveno e Cividale del Friuli) atterra sulla piattaforma superiore della zona Aonda, anch’essa inesplorata, e scopre un sistema sotterraneo di notevole interesse che si estende per 1.700 metri: non si tratta dei collettori profondi (comunque non accessibili nei periodi piovosi), ma dimostra comunque che la zona presenta grandi potenzialità.
Anche i costi, purtroppo, si confermano altissimi e decidiamo di aumentare il numero dei partecipanti per dividere tra più persone la spesa elicottero. Nonostante questo, il costo si mantiene notevole: teoricamente quasi sei milioni a testa, che riusciamo a ridurre a tre grazie all’intevento di alcuni sponsor e alla realizzazione di un documentario per Canale 5.
A novembre torno da solo a Caracas per definire gli ultimi accordi e smuovere, assieme al disponibilissimo Prof. Franco Urbani, la lenta burocrazia locale nel rilasciare i permessi necessari. Il Venezuela, infatti, è uno di quei paesi dove non è possibile andare per grotte senza i permessi governativi e quindi in totale accordo con la speleologià locale.
La regione dei tepuy, poi, fa parte del Parque Nacional Canaima e l’accesso a queste montagne è praticamente impossibile se non attraverso convenzioni di ricerca scientifica e con numero limitato di persone. Alcuni preferiscono l’alternativa del “contrabbando”, ma questo non è il nostro caso. Ad eccezione di Franco Urbani, il vero promotore della spedizione mista, i rapporti con i colleghi venezuelani sono buoni, ma non eccezionali: loro hanno avuto nel passato esperienze negative con esploratori stranieri, e nutrono in generale una certa diffidenza che si manifesta in un appoggio più concreto agli speleologi spagnoli (uniti anche da un idioma comune).
I più esperti di loro, quindi, decidono di unirsi a questi ultimi. L’analisi finale dei costi, sempre loro, ci porta a ridimensionare il programma rinunciando alla presenza di una nostra squadra sul Cimanta Tepuy: tutti andremo sull’Auyantepuy, divisi in tre gruppi da sette-otto persone a causa delle limitazioni nel numero imposte dal Parco per problemi di impatto ambientale.
Questa scelta tecnica si rivelerà quanto mai fortunata e vincente. Alcuni dettagli finali non riusciamo a definirli di persona a causa di un golpe militare che sabato 28 novembre 1992 mi sorprende a Caracas, bloccandomi alcuni giorni fra bombardamenti aerei e scontri a fuoco nelle strade: esperienza indimenticabile. I suddetti dettagli ci portano in seguito ad alcune incomprensioni, soprattutto sui costi e la logistica dei voli, tanto che poche settimane prima della partenza prevista ci muoviamo ancora in una situazione di incertezza e tensione.
Alla fine comunque decidiamo di tagliare corto e andare a risolvere sul posto i problemi, dando il via a TEPUY 93.
LA SPEDIZIONE
Una pre-spedizione anticipa di una settimana il grosso dei partecipanti (17 persone) spianando definitivamente la strada, ma non senza difficoltà (per la scarsa collaborazione dei nostri anfitrioni, Urbani escluso). Ad ogni modo tre giovani speleo venezuelani, bravi e simpatici, si uniscono al nostro gruppo e il 14 febbraio un vecchio “pullman” caricato all’inverosimile trasporta tutti da Caracas a Ciudad Bolivar.
Il giorno successivo si organizza un incontro con alcuni esponenti del soccorso aereo locale, dove mostriamo l’attrezzatura e qualche tecnica, mentre i medici hanno modo di scambiarsi opinioni con i colleghi venezuelani. È interessante notare come il numero di incidenti aerei nella regione dei tepuy si aggiri, secondo i dati forniti dallo stesso Grupo de Rescate Aereo, sui 50 I’anno: dato impressionante, che si spiega con il grande utilizzo di piccoli velivoli ed elicotteri da parte di commercianti, minatori e coloni in un territorio senza vie di comunicazione terrestri.
Altrettanto incredibile è il fatto che una buona parte degli incidenti presenta dei sopravvissuti: evidentemente i piloti hanno sviluppato una certa “capacità nel precipitare”. Queste considerazioni non ci consolano comunque molto nel momento in cui affittiamo, per necessità di trasporto, un vecchio DC-3. Il giorno 16, nel corso della mattinata, tutti arriviamo in qualche modo a Canaima: una sorta di villaggio turistico sito sulle sponde di una bellissima laguna, raggiungibile solo via aerea e base ideale per accedere all’Auyantepuy, il cui settore settentrionale dista circa 30′ di elicottero.
I turisti vi arrivano, a caro prezzo, per andare a vedere il mitico Salto Angel (la cascata più alta del mondo, che sfiora i 1.000 metri), ubicato una trentina di chilometri a SE delle zone dove intendiamo piazzare i tre campi base. La squadra logistica inizia a preparare i materiali per i gruppi, dividendo equamente pannelli solari, trapani, corde, alimenti liofilizzati, tendoni e quant’altro necessario a delle spedizioni pesanti che devono arrangiarsi per una ventina di giorni sulla sommità di un tepuy. Nel frattempo viene effettuata una lunga ricognizione con l’elicottero (un Bell da 4 posti guidato da Raul Arias, pilota simpatico e di grande abilità) e decise le zone dei tre campi base. La prima, che diventerà il Campo 1 (CI), e posta un paio di chilometri a NE della piattaforma Aonda ed e caratterizzata da una gigantesca sima (il nome locale delle fratture e dei pozzi) chiaramente inesplorata. Il Campo 2 (C2) viene individuato più lontano, una decina di chilometri a E, dalla parte opposta di un’ampia vallata.
Li avvistiamo qualcosa di speciale e atterriamo per verificare se stiamo sognando, ma è proprio vero: uno spettacolare inghiottitoio riceve le acque rosse di un bel torrente, come fossimo su un altopiano carsico. Decidiamo da ultimo la zona esatta del campo sulla vasta piattaforma Aonda (CA), anche in funzione della prevista discesa nella grande Sima Aonda e del documentario cinematografico che intendiamo realizzare. In due giorni, e una quindicina d’ore di elicottero, piazziamo esploratori e due tonnellate di materiali sull’Auyantepuy.

FINALMENTE CI SIAMO

Le grotte
Il giorno 18 febbraio i primi chiodi entrano nella quarzite, a volte con difficoltà ed altre con irrisoria, troppa facilità. è il caso della Sima Aonda 2 (O’ Corpuscolo), una grande frattura a pochi metri dalle tende del CA che richiederà molte punte per la sua esplorazione: un’unica verticale di 285 metri conduce ad un collettore orizzontale le cui acque confluiscono nella Sima Aonda, con uno sviluppo totale di oltre 700 metri e una profondità di 325. La prima settimana nel CA viene impiegata dunque per I’esplorazione di questa grotta nonché della Sima Este 4 (-210 metri), nell’attrezzamento delle calate nella Sima Aonda (due linee, di cui una con una libera assoluta di 330 metri) e nella topografia dell’intera piattaforma.
Quest’ultimo lavoro, reso a volte problematico dalla fitta boscaglia e complicato dalla intricata rete di fratture grandi e piccole, è stato in compenso facilitato dall’utilizzo dei posizionatori satellitari GPS e si dimostrato indispensabile: il rilevamento precedente, infatti, era solamente approssimato.
Le note dolenti arrivano dalle comunicazioni: riusciamo a parlare tra i nostri campi, ed è già molto, ma i tentativi di raggiungere la base installata a Canaima (per emergenza) non riescono a causa della mancanza di un ponte radio. Essendo i tre campi irraggiungibili a piedi, l’isolamento è totale. Del resto, se cosi non fosse, Conan Doyle non avrebbe ambientato fra queste montagne, nel 1912. il suo ‘Mondo Perduto”.
Nello stesso periodo al C2 si attacca con decisione I’inghiottitoio (Sumidero del Rio Pintado), anche se in seguito le violente piene consiglieranno l’entrata attraverso il secondo ingresso, costituito dalla imponente Sima del Dedo de Dios (P 180). La grotta si rivela complessa, tecnica, profonda e rischiosa in caso di pioggia, tanto che impegnerà tutto il periodo a disposizione anche se il fondo viene raggiunto (-355 metri) già alla fine della prima settimana.
Al C1 lo stesso avviene con la Sima Auyantepuy Norte 2 (Sima Churun), una bellissima voragine di 230 metri sul cui fondo, in frana, l’esplorazione viene abbandonata a causa dell’acqua: l’impressione è pero che con condizioni migliori si possa andare avanti, e forse scendere molto.
Il 26 febbraio è giorno di visite: arrivano infatti al CA Franco Urbani e Paolo Forti, accompagnati da qualche bottiglia di rhum, e un ragazzo venezuelano viene a sostituire i tre che ci lasciano. La presenza dell’elicottero ci consente anche di smontare il C1 e dividerne i componenti andando a rafforzare gli altri due gruppi. L’indomani i professori salgono nuovamente sull’elicottero, visibilmente soddisfatti dell’ambiente, della cucina (i liofilizzati funzionano bene) e dei risultati che stanno maturando. Il periodo successivo è caratterizzato da piogge abbondanti che condizionano pesantemente le attività: ci si rende conto che purtroppo siamo arrivati giusto nell’ultima fase di un periodo secco, e adesso l’acqua si prende la sua rivincita.
Nonostante questa sia la stagione più propizia, in realtà qui piove quasi sempre: bisogna quindi poter contare anche sulla fortuna. Al C2 le condizioni meteorologiche rallentano l’attività, ma non la fermano: alla fine il lavoro viene completato ed anzi un ultimo colpo di mano consente di trovare ed esplorare il terzo ingresso del Sistema Auyantepuy Noroeste.
Vengono inoltre effettuate numerose ricognizioni esterne con rilevamento e soprattutto delle ottime riprese in 16 mm all’interno della grotta: le prime gallerie con quarzo rosa e concrezioni di opale documentate nel mondo.
Anche in zona Aonda la documentazione procede bene, ma le emozioni più intense le proviamo all’interno della grande voragine quando una violenta pioggià manda in piena tutto I’Auyantepuy. La grotta-sorgente che stiamo esplorando (Ali Primera) sputa fuori un colorito gruppo di speleoturisti camuffato da troupe cinematografica, ma trattiene due dei tre speleologi che I’hanno appena percorsa per circa un chilometro: ci vorranno 14 ore di attesa, e un leggero calo della piena, a convincerli che è meglio uscire piuttosto che attendere un anno.
Nel frattempo all’esterno le pareti dell’abisso si trasformano in cascate da 300 e passa metri, e una lunga indimenticabile nottata viene impiegata nel risalirle (vedi racconto “Notte in Aonda”). Per fortuna le temperature rimangono sempre accettabili (min 7-8 “C. max 30°, e in grotta una media di 14-16”), e questa è I’unica nota lieta di una speleologià difficile e impegnativa.
Gli ultimi giorni sono impiegati nel disarmo parziale della Sima Aonda (i traversi ad Ali Primera non vengono più raggiunti), nei test di fisiologià medica sulla verticale della Sima Este 4 e soprattutto nell’esplorazione di un nuovo abisso scoperto casualmente a causa della eccezionale colonna di vapore che, un mattino, ce lo ha rivelato in lontananza: Fummifere Acque o Sima Aonda 3. Si tratta di un unico pozzo di 290 metri e dall’armo piùttosto complesso (400 metri di corda), il cui fondo è costituito da una frana dove esistono possibilità di prosecuzione. Anche in questa verticale, come nella Sima Aonda 2 (O’ Corpuscolo), i frazionamenti interni hanno posto il problema delI’inafidabilità degli Spit Fix su pareti spesso inconsistenti: la soluzione potrà venire da grossi “stop” o chiodi a grande espansione.
Un paio di intense giornate con I’elicottero consentono infine di smontare e trasportare a Canaima campi base, esploratori e rifiuti, oltre ad un lungo volo premio sul Salto Angel.
A Caracas ci riuniamo con gli speleo venezuelani e presentiamo i risultati, instaurando finalmente un buon rapporto con tutti: insomma la stima e la fiducia ce le siamo conquistate sul campo, non a parole. Queste nuove amicizie ed il lavoro svolto sono poi il viatico più importante per le future esplorazioni che speriamo di realizzare sui tepuy.
CONSIDERAZIONI
Dicevamo prima della complessità di TEPUY 93. Provate a immaginare il montaggio di tre campi base completamente autonomi, con sette-dieci persone l’uno, raggiungibili solo in elicottero, e che devono assolutamente comunicare via radio. Considerate che devono essere attrezzati per possibili piogge continue, ma hanno anche bisogno di energia da pannelli solari e generatori. Che hanno necessità di un magazzino poderoso (oltre 2.000 metri di corde in tutto), di viveri adeguati, carburante, apparecchiature geologiche, mediche, topografiche. Aggiungete che dopo dieci giorni deve avvenire un rimescolamento di gente e materiali, che alcuni tornano a Caracas e altri li sostituiscono, che bisogna pur preparare una buona cena e dell’alcool per Paolo Forti e Franco Urbani in rapida visita, che ogni giorno si discute per radio il da farsi, che il pilota dell’elicottero viene i giorni che dice lui, e se il tempo lo permette.
Se proprio volete, condite il tutto con un documentario di 30′ da fare per Canale 5, e un operatore da gestire fra macroriprese e calate nella Sima Aonda con pesantissime e costosissime apparecchiature. Ecco, questa è una spedizione complessa. Perché tanta attrezzatura, si chiederà qualcuno.
La scelta di una spedizione pesante era obbligata: lassù una equipe leggera non conclude nulla, né resiste molto a lungo. Non è un caso se i venezuelani sono sempre rimasti al massimo una settimana di seguito sui tepuy, mentre noi venti giorni. Esplorare su queste montagne vuol dire avere molto materiale tecnico (con trapani), un buon campo base, comunicazioni radio, generatori di energia. roba medica. E in più c’era l’attrezzatura per un film in 16 millimetri, quella per le analisi geologiche e per le prove di fisiologia sportiva.
Mi preme sottolineare. per inciso. che tra le attrezzature avevamo in dotazione delle sottotute speleo in microfibra, forniteci dalla Calamai, che hanno avuto un successo sconvolgente: e quando la sperimentazione riesce, specialmente sulla propria pelle (in senso stretto), la cosa fa particolarmente piacere.
Una impostazione obbligata, dicevamo, che non significa necessariamente la migliore in assoluto: dipende dal tipo di spedizione, di territorio, di problemi speleologici che si vanno ad affrontare, di obiettivi che ci si pone. Per quanto ci riguarda, e indipendentemente da come lo faremo, certamente torneremo in qualche modo nel magico mondo dei tepuy.
RINGRAZIAMENTI
TEPUY 93 è stata organizzata dalla Associazione Geografica La Venta con il patrocinio del Ministero per l’università e la Ricerca Scientifica, dell’Union International de Spéléologie, della Società Speleologica Italiana e del Club Alpino Italiano. La spedizione non sarebbe stata realmente possibile senza il contributo tecnico ed economico di numerose ditte e associazioni, che qui desideriamo ringraziare: Alitalia, Avensa, Calamai Tessuti Tecnologici, Longoni Sport, Prora Liofilizzati, Salewa, Kong, Edelrid, Società Belgardalyamaha, Forniture Industriali Padova, Bineco, Sportmarket, Lumaca, Ryobi-Ferritalia, Hanna Instruments, Helios Technology, Remco-Italia Cardioline, Akern, S. T. Tour, Tipografia Turra Padova, Commissione Grotte “Eugenio Boegan”, Canaima Tours, INPARQUES.
In particolare desideriamo ringraziare la Commissione Grotte “Eugenio Boegan”, della Società Alpina delle Giulie, Sezione di Trieste del Club Alpino Italiano, che con estrema disponibilità ha reso possibile questa pubblicazione, e quindi la divulgazione nel mondo delle nostre ricerche, facendosi carico degli oneri redazionali e tipografici, e Paolo Pezzolato (Fox) per il gran lavoro di coordinamento.
Tullio Bernabei
Alla spedizione TEPUY 93 hanno partecipato:
Giovanni Badino (Gruppo Speleologico Piemontese – CAI UGET) Tullio Bernabei (Associazione Speleologi Romani e Gruppo Speleologico del Matese) Andrea Bonucci (Associazione Speleologi Romani) Giuseppe Casagrande (Gruppo Grotte Treviso) Francesco Dal Cin (Gruppo Grotte Treviso) Antonio (Tono) De Vivo (Gruppo Grotte Treviso) Sandro Irsara (Gruppo Grotte Treviso) Marco Mecchia (Speleo Club Roma) Simone Re (Speleo Club Roma) Mario Pappacoda (Centro Speleologico Cagliaritano) Paolo Pezzolato (Commissione Grotte “Eugenio Boegan” – Trieste) Leonardo Piccini (Gruppo Pipistrelli Fiesole) Giovanni Polletti (Speleo Club Roma) Elisabetta Preziosi (Gruppo Pipistrelli Terni) Paris Scipioni (Gruppo Pipistrelli Terni) Valerio Tuveri (Centro Speleologico Cagliaritano) Ugo Vacca.
E dal Venezuela:
Leonel Nallanier (Totò), Pedro Jugo, Bernardo Urbani, Oscar Alvarez, Franco Urbani (Sociedad Venezolana de Espeleologià)