TAINAI KUGURI: RINASCITA A NUOVA VITA

Pubblicato sul n. 25 di PROGRESSIONE – Anno 1991
In risalita. A pochi metri dalla superficie. L’aria cambia odore e nuova luce e temperatura ci rassicurano. Ecco, proprio nel momento di uscire, nasce quella sensazione particolare. Quasi di rinnovamento. Di “rinascita a nuova vita”. Nei giorni che seguono, specie dopo un’esplorazione lunga e faticosa, il corpo riacquista ciò di cui abbisogna e la mente dimentica i momenti brutti e difficili. Resta solo il ricordo degli attimi e delle emozioni vissute.
Avevo letto che nel Giappone meridionale esiste un’isola di nome Shikoku. Su di essa si snoda un pellegrinaggio buddista della setta esoterica Shingon. L’itinerario religioso collega con un lungo perimetro circolare ottantotto templi che, nella tradizione locale, rappresentano le illusioni e le passioni umane. Il percorso fu tracciato la prima volta da un monaco di nome Kobo Daishi. Il monaco suggerì questo itinerario come il metodo ideale per conoscere e disciplinare il proprio corpo, la mente e il cuore. Ho deciso di percorrere questo pellegrinaggio. L’itinerario per gli Hohenro San, così vengono chiamati i pellegrini, ha inizio nel villaggio di Bandoh. Al tempio numero 1, quello dedicato a Ryozenzi, sembra di essere nel Giappone degli Shogun: la tradizione vuole che i pellegrini indossino semplici abiti di colore bianco, usino un ampio cappello per proteggersi dal sole e dalla pioggia e portino un robusto bastone. Ma quello che più conta è un libro dalle pagine bianche. Sulla sua carta verrà stampigliata, a ogni tappa, una serie di sigilli rossi, mentre esperti calligrafi provvederanno con abili tocchi di inchiostro di china nero a impreziosire i fogli con raffinati ideogrammi. Sarà questa la testimonianza tangibile del pellegrinaggio effettuato. L’itinerario attraversa luoghi contrastanti quanto mai: è la sintesi della complessa anima giapponese sempre in precario equilibrio fra presente e passato.

Certo è che alla sua conclusione, quando il cerchio è completo, ben altri sembrano essere i confini fra realtà ed illusione. Questa prima esperienza mi aveva affascinato e così avevo deciso di ritornare nel Paese del Sol Levante. Prima di partire per questa seconda e nuova pratica, avevo trovato un libriccino in inglese dove si descriveva minuziosamente, usando la nostra grafia unita a quella in ideogrammi, un altro itinerario religioso nella regione di Chicibu, a soli centocinquanta chilometri da Tokio.
Questo pellegrinaggio, trentaquattro templi soltanto, da coprirsi in una settimana di cammino, quindi molto più breve di quello di Shikoku, sembrava particolarmente interessante. Dedicato soprattutto ai riti della fertilità, si sviluppava in un’area collinare, in parte fortemente industrializzata. Non stò ora a descrivere tutte le vicende di questa nuova esperienza.
Certo: un tempo i pellegrini dovevano combattere contro una natura ostile, gli animali feroci, i briganti in agguato. Ma anche ora i nuovi pellegrini hanno di che combattere: la noia dei lunghi tratti di strada asfaltata, la difficoltà a trovare le stesse indicazioni di un tempo, il fastidio del traffico. Posso confermare però che dopo una settimana di solitario cammino, arrivando al trentaquattresimo ed ultimo tempio, il mio corpo e la mia mente avevano riacquistato una buona armonia. Lì, in quel luogo di nome Suisen Ji, il pellegrino abbandona il suo bastone e il suo cappello. Resta solamente con gli abiti che ha usato durante la strada, sporchi di polvere e bagnati di sudore. Così vestito si avvicina alla base di una muschiosa parete rocciosa che si alza precipite alle spalle del tempio. Ai piedi c’è una piccola cavità da cui esce dell’acqua. Qui il viandante lascia abiti puliti e asciutti e si denuda dei panni sporchi che indossa. Entra, quasi strisciando, nel buio della risorgiva.
Si procede a tastoni, consci della propria fragile nudità, respirando l’aria oscura della grande madre terra. Percorsi pochi metri, un raggio di luce che filtra da un’apertura superiore invita a salire. Dall’alto, da quel foro illuminato, scende una cascatella che si polverizza in mille cristalli lucenti. Il pellegrino si arrampica nel camino, bagnato dall’acqua, purificato da essa. Raggiunge l’uscita, Esce dal ventre della terra. Questo rito si chiama Tainai Kuguri. Tradotto letteralmente significa: “rinascita a nuova vita”. Questa è l’istituzionalizzazione religiosa di un’esperienza spontanea che tutti noi abbiamo provato. Proprio quella della “rinascita a nuova vita”. E’ fascinoso scoprire nella gran cultura del mondo d’oriente, che uno spazio, uno spazio sacro, è riservato ai pellegrini delle tenebre.

Questa esperienza rappresenta simbolicamente l’abbandono di tutte le brutture, gli sforzi, le fatiche, i travagli già passati per guardare al futuro della vita con una mente pulita, equilibrata e serena.
Thomas Merton scriveva nella sua raccolta titolata «Mistici e Maestri Zen»: «Il pellegrinaggio nella sua rappresentazione geografica simboleggia un viaggio interiore». Viene spontaneo chiedersi quale sia il tipo di viaggio interiore cercato da un pellegrino delle tenebre. Forse la risposta più vicina al vero è quella prospettata da René Guenon nel suo «Simboli della scienza sacra». Premette Guenon: «La caverna iniziatica è illuminata internamente, sicché l’oscurità regna al contrario al di fuori di essa, essendo naturalmente il mondo profano assimilato alle tenebre esterne, ed essendo la “seconda nascita” al tempo stesso una “illuminazione”».
E continua Guenon illustrando il suo pensiero: «La seconda nascita, cioè propriamente quella che si può chiamare la rigenerazione psichica, si opera nel campo delle possibilità invece, effettuandosi direttamente nell’ordine spirituale e non più psichico, è l’accesso alla sfera delle possibilità sopra individuali». Che il nostro piacere di essere pellegrini delle tenebre sia in parte legato a questa straordinaria possibilità che ci viene offerta di vivere “rinascite” successive?. Non lo escluderei totalmente.
Che questo piacere rappresentato dall’entrata e soprattutto dall’uscita da una cavità si trasformi in droga psichica? Lo confermerei. Il rischio? Come tutti i rischi da droga. Cioè quello di un uso improprio. Concludo citando a conferma il Merson: «La storia illustrava la triste fatalità che accompagna il pellegrinaggio esterno non integrato da quello spirituale interno. Un vagabondaggio sconfinato, senza ragione e senza che si soddisfi la minima esigenza interiore. Un pellegrinaggio simile non reca alcuna benedizione, ma anzi è maledetto dall’alienazione».
Roberto Ive
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
RAVERI MASSIMO – Itinerari nel Sarco – L’esperienza religiosa giapponese – Libreria Editrice Cafoscarina – Venezia 1984. READER 1AN – Religion in conternporary Japan – Macmillan Press Ltd. – London 1991.
MARAZZI ANTONIO – Mi Rai – In Giappone il futuro ha un cuore antico – Sansoni Editore – Firenze 1990.
MARAZZI ANTONIO – La volpe di Inari e lo spirito giapponese – Biblioteca Universale Sansoni – Firenze 1990.
SUMIKO ENBUTSU- Chicibu -Japan’s hidden treasure – Charles and Tuttle Company – Tokio 1990.
MERTON THOMAS – Mistici e Maestri Zen – Garzanti – Milano 1991.
GUENON RENE – Simboli della scienza sacra – Adelphi – Milano 1990.