SPAGNA – SIMA G.E.S.M. DE NOTALADES

Pubblicato sul n. 25 di PROGRESSIONE – Anno 1991
I “veci” ci hanno insegnato che la miglior maniera per affrontare una “punta” impegnativa è quella di riposarsi. Noi fedeli ai saggi consigli, abbiamo fatto l’opposto.
Dopo le non certo rosee prospettive e le scoraggianti incertezze della partenza finalmente ci troviamo in Spagna nella città di Ronda, a quasi 2800 km da casa e dalla nostra amata sede.
In noi regna ora la confusione e non sappiamo proprio dove sbattere le nostre calde “testoline” mentre qualcuno pigola triste: “e deso?”.
Questa domanda fu la scintilla che ci illuminò, iniziammo così tutte le operazioni preliminari assieme all’avvicinamento alla “Sierra de las Nieves” e al suo colosso.
Purtroppo, a causa di alcuni problemi burocratici, dovemmo rimandare di tre giorni la nostra partenza e di conseguenza fummo “costretti” a bivaccare in un motel con relativa “piscina” da dove si ammirava una vista “paurosa” della Sierra.
Nei nostri incubi notturni vedevamo la situazione sfuggirci di mano mentre noi cadevamo in un baratro infinito ovvero il pozzo della tragedia.
Alla fine arrivarono i permessi e partimmo alle 3 di mattina dopo aver gozzovigliato per tutta la notte in discoteche e locali di dubbia moralità; il prezzo della “notolada” fu caro ed il conto non tardò ad arrivare.
Liberammo dei nostri polverosi materiali il garage dell’albergo per andare all’appuntamento con il guardiaparco sulla Sierra; purtroppo lui non c’era ma in compenso trovammo 15 veterinari italiani sullo stampo “Amaro Montenegro” che dopo interminabili discussioni accettarono di accompagnarci con i loro fuoristrada fino alla fine della pista a circa mezz’ora di cammino dall’abisso.
Giungemmo all’entrata rendendoci conto di quanto profondo fosse il nostro “Pozzo della Tragedia” mentre alle nostre spalle 9 sacchi ghignavano divertiti ben sapendo che noi dovevamo portarli fino al fondo a -1077 m e poi di nuovo fuori; il tutto in 70 ore per non allertare lo speleo soccorso locale.
Ne impiegheremo una sessantina complessivamente, ma procediamo con ordine:
Entrammo il 29/6/91 alle tre pomeridiane rendendoci conto solo allora di che portata sarebbero stati i nostri sforzi; l’antipasto arriva subito sotto forma di “Gatera Puta” e “puta” proprio lo è! Avanti per trovarci sopra il P 115 molto grande che ci conduce a -180, ora la grotta comincia a prendere forma facendoci intuire che sarà lunga, molto lunga… continuiamo in un grande meandro percorso da un rivolo d’acqua che si seguirà fino al fendo. Trascorrono un paio d’ore e giungiamo al 1° campo a -295: noi continuiamo, P 60 poi P 40 armati da Marco in modo “signorile” completamente in “libera”.
Da notare che usavamo solo corde da 8 mm e come dice un vecchio amico: “Ocio muli che l’9 perdona, l’8 no”, e ciò indubbiamente rendeva ancora migliori i nostri armi.
In 15 ore giungemmo al 2° campo a -515; la “notolada” si fa sentire per cui dobbiamo concederci una “mezz’oretta” e un buon tè.
Ci risvegliammo abbastanza “vispi” per procedere in una zona “interessante” ovvero grossi pozzi (40, 28 e 32) che ci porteranno sulla sommità del “Paco de la Torre”, un P 158 che toccava a me armare: quando mi affacciai fui percorso da un brivido misto a meraviglia data la bellezza di questo pozzo stupendo.
Alla sua base eravamo a -805 ora ci toccava un meandro non molto comodo che ci condusse nella “Sala delle Meraviglie” a – 900, che a nostro avviso non lo era tanto, qui lasciammo i nostri viveri per continuare più veloci verso il fondo; P 20 poi P 60 per entrare nel “Meandro Tolox” stupendamente concrezionato e con una targa indicante – 1000 metri di profondità sita a metà del suo percorso! Ancora 60 metri da scendere e poi il fondo dove ci abbracciammo pazzi di gioia. Finalmente il nostro sogno, nato davanti un bicchiere, si era tramutato in realtà.
Regnava in quel momento un silenzio impenetrabile e i nostri sguardi dicevano già tutto se eravamo giunti fin quaggiù coronando questa “impresa” (ebbene sì, per una volta tralasciamo la falsa modestia cara a qualcuno…) lo dovevamo alla nostra amicizia e alla voglia di stare assieme e niente più.
Erano passate “appena” 27 ore da quando eravamo entrati e non vedevamo l’ora di giungere a -900 per scatenare le nostre mascelle voraci sui cibi là depositati all’andata, per poi accasciarci satolli e dormire tre ore.
Non ci rimaneva che il disarmo e la risalita alternandoci nei compiti per alla fine contare nuovamente 9 sacchi.
Eravamo nuovamente fuori, distrutti ma soddisfatti alle 3 di mattina del 2/7/91; dopo 60 ore di lotta un’abbraccio fraterno era d’obbligo mentre la luna ci illuminava rendendo irreale e bellissimo il paesaggio circostante.
Dormimmo fino all’alba per poi ritornare all’auto con le mani e i piedi gonfi da far paura anche se la felicità riusciva a lenire i nostri dolori.
Non ci resta che ringraziare chi ci aiutò con i suoi preziosi consigli e spernacchiare gli stupidi “corvi” che ci diedero perdenti già in partenza e gli invidiosi che avevano paura di perdere un po’ di notorietà.
Meditate gente, meditate.
Partecipanti: per la CGEB
Bellodi Marco (Dodo alias Jimenez) Ritossa Gabriele (Puntina alias Lupin) per il CAT
Palmieri Massimiliano (Maci alias Ghernon) (Ma dov’era Zaza?)
PS.: per fortuna il “Pozzo della Tragedia” non ci ha inghiottiti, quindi alla prossima!
Gabriele Ritossa
