ANTRO DI BAGNOLI 105 VG – Un’immersione particolare
Pubblicato sul n. 23 di PROGRESSIONE – Anno 1990
Non è un bel sifone, anzi è proprio brutto: l’ingresso fa schifo, l’acqua a volte é stagnante, ma comunque ci torno sempre. Non so perchè, c’è qualcosa che mi attrae, al punto che…
«Seven testa rossa» bis/ Ferrari, in retro sino a 5 metri dall’acqua. Scendo, apro il baule, gonfio il gav, mi ci siedo sopra, i piedi sul paraurti, e accendo una sigaretta…
Di nuovo qui e, come sempre, solo. Tanto li sotto sei comunque solo. Volgo lo sguardo in direzione del «dog» – ormai li da due anni -. Avrà fatto buona guardia? Allora oggi… ah si. avanti con un ancoraggio.
Dunque: bombole cariche, luci anche, la sagola è giù, i piombi anche… OK, mi preparo. Azzero gli strumenti e giù: visibilità un metro; passo la prima strettoia, riprendo la sagola, saluto il «dog,,, controllo gli elastici sugli ancoraggi, arrivo sopra il pozzo. 70 metri dall’ingresso, 10 di profondità: tappa obbligatoria. Appendo i piombi al chiodo e controllo gli strumenti; ormai conosco a memoria profondità e tempi, infatti l’orologio segna tre minuti, il profondimetro —10, ed il computer me lo conferma.
Bene, si prosegue. Un’altra strettoia a —16 e sono nel largo; scendo il pozzo arrivando a —28, giro a sinistra e a -31 entro in galleria che percorro sino a -39 ove faccio un’altra sosta di controllo. Tutto OK, svolgisagola in mano e avanti: la galleria qui è larga due metri ed alta cinque. Visibilità 50 cm. Non è che si veda poi tanto; mi tengo sulla destra, sotto volta, e accendo la seconda luce, non tanto per vedere di più (impossibile) quanto per aumentare la luminosità attorno a me e allontanare un senso di solitudine che mi opprime. Cerco un posto ove fissare la sagola, non lo trovo e proseguo ancora un po’: la galleria chiude a – 47, 145 metri dall’ingresso, ancoraggio su di una lama.
Controllo degli strumenti; giro d’orizzonte: niente; scendo. Ho la vaga sensazione di un umidore freddo nel corpo, mah! -48, la sensazione si fa sempre più forte e distinta. -49: un dubbio. Si sarà aperta la lampo della tuta? No, il parapicchio di chiusura è li, al suo posto. Mah! -50, tocco il fondo, visibilità due metri, giro d’orizzonte, bussola, movimento brusco e la sensazione di un umido si trasforma in certezza di bagnato: che si sia bucata la tuta? Controllo senza trovar buchi. Mah! Risalgo.
-47, fisso lo svolgi sagola e controllo meglio: gonfio la stagna e all’improvviso la lampo esplode, l’aria ne fuoriesce lasciando il posto all’acqua. Bagnato fradicio. Pesantissimo risalgo con il gav, sono sempre più gonfio d’acqua, faccio fatica notevole a muovermi e penso: taglio la tuta, no, mi metto sottosopra e faccio uscire l’acqua, nemmeno, perderei troppo tempo. Intanto arrivo a -10. Tappa obbligatoria, riordino le idee, mi rilasso un attimo e controllo gli strumenti…
Ho un freddo boia, è meglio uscire. Lentamente, a fatica, percorro i 70 metri che mi separano dall’esterno. Passo il «dog» e lo saluto, supero l’ultima strettoia ed emergo. Mi tolgo l’attrezzatura, mi asciugo e mi siedo nel baule del «seven», i piedi sul paraurti, a godermi una sigaretta. Guardando nella direzione del “dog” penso: è andata bene, non è stata l’ultima immersione. Buona guardia, «dog».
Metto in moto e vado al bar del paese, saluto la ragazza al banco ordinando un caffè ed un gettone: ciao, tutto bene…
Spartaco Savio