CUEVA DEL DIABLO – COAPANGO (CHILPANCINGO)
Pubblicato sul n. 16 di PROGRESSIONE – Anno 1986
L’inghiottitoio di Coapango, noto presso i locali come Cueva del Diablo, si apre sul fondo della valle chiusa sottostante all’omonimo pueblito, ad una quota di circa 2080 m s.l.m. e raccoglie l’acqua del torrente che solca la valle stessa. Presenta due ingressi dei quali il più agevole, quello inferiore a livello del torrente, è costituito da una bocca ampia e pittoresca (m 11 x 6) con enormi stalattiti pendenti dal soffitto.
Subito oltre si entra in una vasta caverna (larghezza 20- 25 m, altezza 30); massi ciclopici cospargono il pavimento mentre sul lato destro un piano fortemente inclinato sale verso l’ingresso alto. Seguendo il corso del torrente, dopo circa 70 m si incontra una strozzatura (3,50 m di larghezza x 10 di altezza) in cui si incanala il corso d’acqua e, passando sotto due ponti naturali che riducono notevolmente l’altezza della volta, si entra in una seconda caverna, di dimensioni inferiori alla prima, ma sempre molto rilevanti (circa 30 x 20).
Il suolo è occupato da una frana colossale (uno dei massi più grandi misura 11 m di lunghezza, 8 di spessore e oltre 15 di altezza) per cui bisogna continuamente cercare il passaggio più agevole per plotsuli Risalendo la frana si giunge, in prossimità della volta della caverna, in un ambiente da cui partono due gallerie: la prima, molto ben concrezionata e lunga una quarantina di metri, chiude in una saletta dal fondo piatto e fangoso; la seconda, dopo circa 27 m, sbuca sulla volta della forra che rappresenta la continuazione della cavità. Per raggiungere quest’ultima, conviene invece scendere tra i massi della frana cercando il passaggio migliore.
La forra, pressoché rettilinea con direzione ESE – ONO, ha una sezione costante di m 10 x 10; il fondo è fangoso ed inciso anche per 1 m di profondità dal corso d’acqua. Dopo oltre 50 m si arriva in un ultimo, vasto ambiente (26 m di larghezza): il centro è occupato da massi enormi e, a causa .di un rialzo fangoso, il torrente si sdoppia in due corsi distinti. Il primo e più importante continua in una galleria simile alla precedente ancora per ca. 50 m fino a giungere ad un passaggio basso e stretto ove, come al solito, fango e tronchi incastrati pongono fine all’esplorazione. Il secondo si infila in una fessura e, tramite un passaggio più alto, è possibile seguirlo per alcuni metri fino ad un’occlusione di legname situata in tutta prossimità della precedente (collegamento fatto a voce). Al momento dell’esplorazione (6 aprile 1986) il torrente portava acqua fino alla fine della prima caverna. Nella seconda, a causa della frana, non era possibile seguirlo, ma ricompariva da un arrivo laterale della forra finale e proseguiva completamente asciutto fino al fondo della cavità.
Mauro Stocchi