DIMMI CON CHE CORDA VAI E…
Pubblicato sul n. 2 di PROGRESSIONE – Anno 1978
I risultati delle prove di resistenza delle corde, effettuate sul Marguareis in occasione del I Incontro Nazionale sulle Tecniche di Recupero in Sola Corda (14-20.8.78) si stanno pubblicando un po’ dappertutto, però, proprio perchè si è auspicata la loro massima diffusione, non riteniamo superfluo tornare sull’argomento anche in questa occasione. E ciò, nonostante tali risultati siano probabilmente già filtrati anche all’estero (perlomeno nella vicina Francia), unicamente per chiarire meglio le idee di quei gruppi o singoli che ne fossero al corrente solo per sentito dire.
In breve, dopo le prime esperienze di recupero del ferito mediante il «metodo del contrappeso», ci si era chiesto quale sarebbe stato il comportamento della campata di fune superiore se, in un non certo impossibile caso, avesse ceduto il frazionamento (spit vite o placchetta) ove si trova agganciata la carrucola che sostiene ferito e soccorritore.
Visto che di tempo ce n’era, si è attrezzata una paretina per le prove desiderate, ricostruendo esattamente le situazioni di impiego reale. La catena di resistenza sottoposta agli strappi era composta infatti da: roccia – spit – bullone – piastrina in accaio – maillon – moschettone – corda (nodo «asola con frizione»).
Dopo i primi, improvvisati tests, vista la facilità allucinante con cui certe funi si strappavano, si è ritenuto doveroso sospendere il tutto per approntare una serie di tests che rispondessero (in rapporto ai mezzi ed il posto a disposizione, beninteso) al massimo di attendibilità in fatto di regolarità ed omogeneità ottenibili. L’ansa di corda libera al frazionamento critico era stata calcolata nella lunghezza mediamente usata per concedere un comodo passaggio di frazionamento col metodo «gibbs» integrale, cioè la più sfavorevole ipotizzabile. Il peso, che doveva rappresentare ferito e soccorritore, era di circa 125 kg, e veniva fatto cadere mediante taglio di cordino.
Allo scopo di fugare ogni dubbio, precisiamo che tutte le funi provate erano di tipo statico, per speleologia. Se guardiamo anche solo di sfuggita la tabella allegata, che è poi il risultato dei tests, notiamo subito che metà delle corde provate non hanno tenuto nemmeno il primo strappo: una cosa impressionante, anche perchè le altre non hanno certo fatto gran che di meglio, in quanto tutte sono partite al secondo strappo.
Solo la EDELRID SUPERSTATIC ha rincuorato chi (col batticuore, si può ben dirlo) assisteva ai tests, d’altronde la EDELRID, sostenendo con disinvoltura ben sette strappi (ne avrebbe tenuti ancora parecchi se non avessimo deciso, aumentando la caduta di un metro ancora, di romperla ad ogni costo), non ha fatto altro che riconfermare la sua altissima ed incontrastata qualità.
Per contro, non si può rimanere perplessi in merito alla corda TSA-Marbach della Interalp, il cui tanto sbandierato «effetto differenziato» (cui peraltro ci credevo anch’io) non esiste affatto. Ovvero, esisterà forse in laboratorio, ma non certo nelle reali condizioni d’impiego. Non parliamo poi della corda BEAL, un vero disastro, peggio che peggio.
A questo punto, si può ben capire perchè, alla luce delle prove eseguite, il CNSASS abbia deciso di adottare ufficialmente le corde EDELRID, in quanto le uniche (almeno per il momento) ad offrire un largo margine di affidabilità e sicurezza. E non c’è da meravigliarsi nemmeno se, nella stessa occasione il CNSASS ha caldamente auspicato che anche i gruppi speleologici, per la loro normale attività esplorativa, cerchino, nel limite delle loro possibilità, di adottarla almeno sino a quando non se ne troverà una migliore, in quanto la sua superiorità in fatto di sicurezza è schiacciante, e vale bene, come tutte le cose di qualità, qualche lira in più.
Difatti, se per un lato possiamo consolarci pensando che una corda sicura esiste, non possiamo non allarmarci al pensiero che la maggior parte delle corde attualmente in uso presso i vari gruppi non è certo costituita dalle EDELRID, anzi. Perciò dobbiamo allarmarci, perchè la vita dello speleologo è ormai, oggi tanto più di ieri, sempre più frequentemente affidata ad un unico, esile filo chiamato corda, cui, a maggior ragione proprio perché unico, si dovrebbe richiedere il massimo della resistenza e della sicurezza esigibili. Invece, assistiamo impotenti alla continua messa in commercio di funi che si rompono con una facilità a dir poco agghiacciante ma che, costando magari cento lire al metro in meno, vengono per ciò adottate e correntemente usate, resistendo il vecchio concetto che «nelle cose di marca è il nome che viene fatto pagare».
Effettivamente, anche ad un attento esame esterno le funi provate sul Marguareis sembravano tanto eguali che, per esser certi di non sbagliare, si è dovuto marchiarne parecchie con giri di nastro adesivo. Ma i risultati dimostrano senza tema di smentite che eguali non erano che di aspetto.
E qui scusatemi, ma mi preme ricollegarmi a quanto ebbi a sostenere in merito alla pericolosità insita nelle nuove tecniche, sin dal primo affacciarsi delle stesse, quando i propugnatori italiani misero bene in chiaro che le corde dinamiche erano pericolosissime (io le definirei inadatte, piuttosto) se usate in tali tecniche, per le quali l’ideale era rappresentato dalle corde statiche-industriali!
In tali frangenti (30 Conv. Naz. CNSASS, Cuneo 1973) non esitai ad oppormi apertamente a quella che non poteva non costituire una regressione tecnica. In proposito, scrissi pure alcune note (Tecniche moderne e sicurezza – Atti 1° Conv. Speleol. Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1975; Nota antinfortunistica – ciclostilato in appendice al listino Speleomarket, Trieste 1975).
Ora, invece, dopo i desolanti risultati delle prove sul Marguareis (cui, peraltro, parecchi di coloro che non vi hanno assistito non sono ancora disposti a credere), ecco che le mie antiche (ma mai sopite) obiezioni tornano di attualità.
Trascorsi cinque anni, ecco che finalmente ci si sta rendendo conto di aver per tanto tempo dibattuto sulla problematica secondaria delle tecniche moderne, cioè sugli attrezzi di risalita e discesa, anzichè affrontare prima (o perlomeno insieme) il «nodo» inerente le prestazioni e la sicurezza da chiedere alle funi da adottare per la pratica di tali tecniche.
Ora si assiste a tutto un proliferare di sperimentazioni, studi ed ipotesi sulle corde. Anche in Italia l’interesse è ormai generale. Che ne sappia io, in più parti si sta lavorando in merito: per esempio. Ersetti (C.S. 1.F., Udine) sta conducendo una serie di prove atte a stabilire una classificazione dei nodi in base alla loro influenza sul carico di rottura delle funi; Vanin (G.G.M., Milano) studia una nuova metodologia di collaudo a strappo (nonchè l’attrezzatura per porla in pratica) al fine di poter classificare le corde in base a svariate caratteristiche.
Tutto questo agitarsi è sintomo di maturità, di una presa di coscienza largamente espressa proprio perchè «sentita». E’ una prova in più della serietà con cui ogni tecnicismo viene considerato e diffuso nell’ambito speleologico.
I tests del Marguareis sono stati dunque il classico «sasso nello stagno», necessario per smuovere le acque.
Qualcuno potrà anche dire di non volerci credere, ma certo non di non sapere; per cui, negli incidenti futuri, dovrà accollarsi le proprie responsabilità.
Mario Gherbaz
ALCUNE NOTE SULL’ARTICOLO DI MARIO GHERBAZ:
Leggendo l’articolo di Mario, pubblicato su questo numero, mi è sembrato di riscontrare, secondo il mio modestissimo e forse trascurabile punto di vista di speleologo che vive sottoterra le sue esperienze in fatto di materiali e di tecniche, alcune «deformazioni» (non riesco a trovare un sostantivo più felice) interpretative riguardo le prove eseguite sul Marguareis, alle quali del resto non ho purtroppo potuto assistere (essendo sprovvisto della quota di partecipazione).
Secondo Mario, che per palesi ragioni continua a battere il chiodo (vedi il titolo dell’articolo … ), la più importante delle dimostrazioni di quel riuscitissimo incontro è stata quella della «indiscussa e incontrastata qualità delle corde EDELRID, per cui sono state adottate dal «CNSASS», chi non le usa mette in pericolo la sua vita .. ,
D’accordo! Ma ben più importante, sempre secondo il mio modestissimo punto di vista, è stata la finalmente palese dimostrazione che a determinare la rottura delle corde altro non è che l’ormai famoso «FC» (fattore di caduta), che dipende dalla lunghezza dell’ansa di corda lasciata in fase di armo per permettere l’«agevole passaggio del frazionamento». A parte il fatto che, con il metodo «gibbs», non è assolutamente necessario, come moltissimi continuano erroneamente a credere, che l’ansa di corda sia maggiore di qualsiasi altro metodo di risalita: abbiamo infatti «passato» centinaia (non due) di spezzamenti con il segmento di corda superiore teso, senza nessuno sforzo fisico o mentale e senza maggiore dispendio di tempo.
Se durante quelle prove l’ansa di corda fosse stata eliminata (FC = O) nessuna corda si sarebbe rotta (per definizione).
Quindi il nocciolo della questione, dal punto di vista di chi va in grotta esclusivamente per divertirsi ovviamente, non è «Usate EDELRID se no morirete!» ma: «Usate pure che corda volete; purchè eliminiate il più possibile l’ormai indiscutibile fattore di caduta!».
Pro Delphinae: «Tirate sempre i frazionamenti»,
Sergio Serra
PROVE DI CARICO di Mario Gherbaz
Marca o fabbricante o venditore, età stato di usura (**) | Diam. (a) mm | Lunghezza iniziale a vuoto (cm) | Lunghezza iniziale con carico (cm) | Lunghezza dopo ogni strappo con carico appeso e punto di rottura | lungh. dopo rott. (cm) | note | ||
SALCA nuova | 10 | 400 | 443 | 493 | R. n. sup | 413 | ||
MARBACH – TSA nuova | 10 .5 | 400 | 448 | 468 | R (1) n inf. | 411 | (1) due schiocchi simultanei. | |
LECCHI nuova | 10 | 400 | 458 | 490 | R. n. sup | 427 | ||
MAMMUT 3 anni, ma non usata | 10 | 400 | 435 | 475 | R. n. sup | 428 | ||
SALTA 8 anni, media usura | 10 | 400 | 473 | R. n. sup | 413 | |||
FUSSEN 4-5 anni, molto usata | 10 | 400 | 468 | 527(1) | R (2) n. sup | 421 | (1) Parziale R guaina al n.sup. (2) R trefoli in successione | |
SCAGLIARINI 2 anni, usatissima | 10 | 400 | 438 | R n. inf | 412 | |||
REPETTO 4 anni, molto usata | 10.5 | 400 | 458 | R n. inf | 415 | |||
EDELRID nuova | 10 | 400 | 433 | 458 | 460 | R Nodo sup. | 420 | (1) R spit di ancoraggio |
EVEREST 4 anni, media usura | 10 | 400 | 476 | R n. inf | 433 | |||
BEAL nuova | 10 | 400 | 416 | R n. inf | 418 | nodi barcaiolo sui moschett. | ||
JOANNY 1 anno, poco usata | 10 | 395 | 438 | 481 | R.n. sup | 395 | nodi barcaiolo sui moschett. | |
SALCA nuovo tipo nuova | 10 | 395 | 423 | R n. inf | 405 | |||
La SENNE 1 anno, poco usata | 10 | 400 | 484 | R(1) sup. inf | 432 | (1) R di entrambi i nodi |