GRAN BELLE GROTTE QUELLE DELLA SARDEGNA!

Pubblicato sul n. 37 di PROGRESSIONE – ANNO 1997
Nell’ultima settimana di agosto, reduci dal fresco campo in Palacelar, ci ritroviamo nuovamente insieme in quel di Codula di Luna, ameno luogo della Sardegna centro-orientale. Una tortuosissima strada scende tra imponenti cime calcaree dall’altipiano di Urzulei, portandoci al campo: un grosso spiazzo riparato dagli alberi in prossimità della Codula distante dal mare circa 8 chilometri.

Il nostro accampamento verrà visitato quotidianamente dai maiali e ci troveremo costretti a nascondere sempre tutto, commestibile o no. La partecipazione è ancora una volta numerosa e varia. Il nostro obiettivo principale è il superamento di almeno un sifone in “Su Spina”. Appena allestito il campo ci prepariamo per entrare in una delle più note grotte sarde, grotte famose per la vastità e la bellezza degli ambienti. Già dai primi metri stentiamo a credere di essere in Sardegna: un noioso pozzo a pochi metri dall’ingresso, stretto e spigoloso, ci dà già qualche fastidio con quei sacchi. Subito dopo inizia il famoso “Meandro degli Stivali”, che rende “Su Spina” la più dura grotta della Sardegna. Ci infiliamo in dodici e sembra quasi di non riuscire a venire mai fuori. Sono 500 i metri percorsi a stretto contatto con le ruvide pareti di questa “gran bella grotta”. Il ramo che ci porta al sifone è comodo e finalmente grande: attraversiamo un lago con una tirolese, risaliamo gallerie franose, scivolose concrezioni e qualche pozzo fino allo spettacolare sifone, precedentemente esplorato dai sardi e dai fiorentini. L’immersione dei nostri due amici viene effettuata il giorno dopo. Gli infiniti preparativi precedono purtroppo un’immersione di breve durata a causa di problemi tecnici accorsi ad uno dei nostri amici. Pazienza, sarà per un’altra volta. Nel frattempo una piccola squadra è andata ad arrampicare in un’enorme sala (esplorata dai Francesi qualche anno prima): su una parete c’è un grosso buco nero che fa pensare al imbocco di una galleria, ma la roccia è marcia e a tratti le pareti sono strapiombanti. Sembra impossibile da raggiungere con i mezzi ed il tempo a disposizione attualmente.Un altra squadra è andata a fare foto con 4 flash, vista l’ampiezza di certi ambienti, nel tratto che porta al sifone. Un’altra squadra ancora, a dire il vero, è andata a godersi l’azzurrissimo mare sardo. Nei giorni seguenti riusciamo anche a vedere una vera grotta sarda: “Su Palu” un sistema che si estende per svariati chilometri, che si apre nelle immediate vicinanze del campo. Tanto per non illudere nessuno anche “Su Palu” ci dà il benvenuto. A pochi metri dall’ingresso c’è una strettoia , neanche troppo stretta ma allagata per metà. Fortunatamente la temperatura dell’acqua , come quella esterna, è accettabile in queste grotte. Cerchiamo di salvare i vestiti dall’acqua levandoceli ma non serve a molto, il passaggio aereo della condotta è molto esiguo. Non avvertiamo comunque il disagio di tanta umidità e proseguiamo, sempre in ambienti grandi, verso il “White Nile”, una lunga forra con mezzo metro di acqua sul fondo. Questo ramo ci porta sul bordo di un lago vastissimo, a pochi metri dal quale ha fine il nostro giro, precisamente in “EI Alamein”, un vero e proprio campo di calcio di sabbia. A conclusione del campo viene visitata la “Grotta di Corbeddu” nella valle del Lanaitto, un itinerario turistico attraverso resti di civiltà umana preistorica realizzato da studiosi olandesi. Anche se i risultati di questo campo non sono stati rilevanti, ancora soddisfatti del Palacelar, anche gli speleo più stoici si sono goduti questa piccola “vacanza” sarda. Licoris Toncinich
Hanno partecipato:
Gianni Guidotti, Niccolò Salvadori, Filippo Capellaro, Francesca Lotti – G.S.F.; Luca Tanfoglio, Cristiana Tanfoglio – G.G.B.; Giulio Abba te, Valentina Seghezzi – U.S.B.; Gianni della Valle – U.S.A.L.; Massimiliano Palmieri – C.G.E.B. e, della S.A.G. Ezio Gorella e Licoris Toncinich.
