ARVA 3 O VIA AUGUSTA
pubblicato su ” PROGRESSIONE N 54 ” anno 2007

Durante la stesura del rilievo della Grotta Impossibile avevamo già notato che alcuni punti dei rami più lontani dall’ingresso si avvicinavano di molto alla superficie. Decidemmo quindi di verificarne, con l’utilizzo dei dispositivi ARVA, la reale posizione e la distanza dal piano campagna nella speranza di trovare qualche riferimento in superficie. Trasposto quindi il rilievo sulla carta topografica della zona, individuammo i due punti che chiamammo ARVA 1 ed ARVA 2. Tra l’altro notammo una discreta differenza tra la posizione topografica e quella rilevata con l’ARVA sulla prima posizione. Questa differenza consigliò il controllo delle poligonali principali ed in particolare quella del Meandro al Corchia, dove una probabile deviazione della bussola aveva introdotto un errore di una trentina di metri.
Il punto individuato come ARVA 1 cadeva ad una decina di metri da uno sprofondamento o baratrino sul cui fianco avevano già cominciato a scavare un paio di speleologi indipendenti. In corrispondenza del punto individuato, un affioramento di calcite prometteva qualche risultato. La vicinanza alla strada permise l’uso del generatore e del demolitore ed un filo d’aria individuato quasi subito ci spronò nello scavo. L’entusiasmo però si spense presto. La temperatura del filo d’aria (era gennaio) era troppo bassa e l’ipotesi di finire nel baratrino prese subito corpo. Ipotesi che divenne presto realtà. In ogni modo, con un dislivello di 8 m e 17 m di sviluppo, la grotta aperta fu inserita in catasto con il N° 6365 VG.
La speranza di aprire un ingresso alto non fu abbandonata e furono effettuati alcuni tentativi di scavo da sotto allargando e risalendo ulteriormente il camino in corrispondenza dell’ARVA 1. Lavoro non semplice e di non facile esecuzione data la distanza dall’ingresso della grotta.
Le esplorazioni comunque continuavano. Con l’ausilio di potenti lampade fu individuata un’altra finestra di notevoli dimensioni sul lato nord della grande caverna. Il Giannetti arrampicatore non domandava di meglio per fare un’altro exploit e con un’arrampicata di una trentina di metri raggiungeva un portale di 10 x 10 con una galleria in salita. La galleria sbucava in una caverna di notevoli dimensioni con svariati camini che furono oggetto di ulteriori arrampicate. Uno in particolare, sbucava in una cavernetta di un paio di metri e da cui si alzavano altri tre caminetti impraticabili. La poligonale topografica, subito riportata sul rilievo generale, bucava di alcuni metri la superficie, cosa fuori della realtà. La poligonale rifatta all’uscita successiva dava risultati più realistici e comunque estremamente interessanti: -6,5 m dalla superficie. Un’analisi critica della prima poligonale, con il probabile errore di lettura sul clinometro (scala del percento al posto dei gradi), confermò i dati della seconda.
Anche se questi dati erano stimolanti, non c’era tempo per ulteriori indagini. La scadenza dell’uscita di Progressione 52 cui volevamo allegare il rilievo della Grotta Impossibile per la parte esplorata fino a quella data, assorbì tutte le risorse. Bisognava completare alcuni settori di cui esistevano solo le poligonali ma non fu possibile fare tutto. Alla fine decidemmo di pubblicare, comunque, tutto il materiale raccolto fino a quel momento. Di alcuni settori furono quindi riportate solo le poligonali.
Pubblicato con successo il rilievo complessivo che non fu possibile completare, potemmo dedicarci ad individuare quello che potrebbe essere il futuro ingresso alla Grotta Impossibile.

Piove. Siamo a metà novembre 2006 e, muniti di ombrello e stivali di gomma, ci troviamo sulla piana di Basovizza a poca distanza dalla Coronella e dalla Fai da Te (5609 VG). Il rilievo trasposto sulla carta topografica indica il punto in prossimità di due tratturi dove pazientemente aspettiamo. Siamo in quattro: Spartaco, Ciano, Franco ed il sottoscritto in attesa che Giannetti, munito di ARVA, raggiunga la cavernetta in cima al camino del settore 10. Il collegamento radio, già sperimentato in occasione delle prove precedenti, funziona perfettamente ed il contatto avviene senza problemi. Gli ARVA sono accesi e si comincia. Non occorre andare molto lontano. A circa cinque metri di distanza rileviamo il punto di massimo segnale: il display digitale segna 18 metri. Spartaco, esperto di soccorso con gli ARVA, sentenzia che normalmente l’indicazione in aria è da dividere per due e che, essendo la misura fatta attraverso la roccia, ancora per due. Come risultato sarebbero 4,5 metri da scavare: una sciocchezza se confrontata con le campagne di scavo degli ultimi anni. E’ doveroso un brindisi e sotto la pioggia stappiamo la bottiglia di Prosecco portata per l’occasione.
Si comincia. Il punto, ormai battezzato ARVA 3, si trova in corrispondenza di un ammasso di pietrame che spostiamo sperando in un inizio naturale coperto dallo spietramento dei campi. Non è così, ma qualche fessura tra le pietre permette di iniziare lo scavo utilizzando il solito demolitore alimentato dal generatore elettrico.
Dopo quasi un mese raggiungiamo la profondità di 2.4 metri ed è opportuno verificare nuovamente con l’ARVA a che punto siamo. Il risultato è deludente. L’indicazione varia da 13 a 15 metri secondo la posizione nella cavernetta sottostante ed i conti non tornano con i metri già scavati. Non avendo esperienze precedenti diventa importante calibrare il metodo di rilevazione. Sospendiamo lo scavo e ci spostiamo alla grotta del monte Gurca (249 VG) per provare il sistema su spessori di roccia noti. Armati di strumentazione topografica con Nico, Ciano e Giuliano passiamo la mattinata a misurare spessori ed a leggere indicazioni. La prova non è affidabile al 100% perché il sistema non è lineare, ma nell’insieme riusciamo a capire qualcosa. Il fattore di riduzione sulla lettura varia da 1,6 a 1,8, quindi dobbiamo rassegnarci a scavare almeno una decina di metri.
Nonostante la doccia fredda riprendiamo lo scavo. La squadra è composta dai soliti irriducibili e da numerosi occasionali che si alternano a dare una mano. Le settimane passano ed il mucchio di pietre diventa sempre più evidente. Noleggiamo un motocarro che con tre viaggi elimina le tracce del mucchio.
Alla fine di gennaio 2007 la quota raggiunta è –4,3 m e ci si mette anche la neve a dar fastidio.
Effettuiamo un’altra prova con l’ARVA che dà 11 m spostati lateralmente a 20°. Per comodità montiamo una prima scala fissa in ferro e spostiamo di circa 1 metro la direzione di scavo. Il tempo è piovoso ed una mattina troviamo il fondo dello scavo con un centinaio di litri d’acqua a riprova della compattezza della roccia. Acqua che ritroviamo anche all’uscita successiva. Con una punta lunga Ciano fa dei sondaggi alla fine della giornata e la roccia risulta sempre compatta, ma all’uscita successiva non troviamo più tracce d’acqua, anzi, una tanica da 20 litri vuotata sul fondo è assorbita velocemente. Evidentemente c’è qualche fessura. Infatti, con i sondaggi periodici fatti con la punta lunga, viene intercettata anche un’intercapedine di 5 cm. La settimana dopo Ciano porta una tanica di colorante blu che è scaricata sul fondo e da questo assorbita.
Siamo ormai in marzo ed a quota –6,5 m. L’attrezzatura da scavo è sollecitata oltre misura e teniamo sempre pronto un secondo demolitore di riserva. Effettuiamo un’altra prova con l’ARVA. Toffy, che raggiunge la cavernetta sottostante, trova anche il colorante blu lungo una colata all’ingresso della stessa. L’indicatore ARVA dà 8 metri e si continua a scavare. L’aria ristagna e la polvere alzata dai demolitori dà parecchio fastidio. Per un periodo ventiliamo il fondo con un tubo corrugato attaccato ad un vecchio aspirapolvere, poi sostituito con un ventilatore centrifugo montato da Giuliano sui tubi dei carotaggi della galleria autostradale abbandonati in giro. Il sistema è efficace e si lavora molto meglio.
A metà marzo, dopo aver seguito le fessure sporche di colorante blu, le perdiamo. Preferiamo scavare in verticale anche se la roccia è molto compatta e raggiungiamo –7,5 m. Si continua. Troviamo nuovamente acqua sul fondo. Lo sondiamo in più direzioni con la punta da un metro ma è tutto chiuso. In questo periodo è la pioggia a darci fastidio, ma alla fine di marzo la quota è –8,6 m.

La prima settimana di aprile, raggiunti i –9,5 m, facciamo un ulteriore controllo ARVA. Stavolta utilizziamo anche dei geofoni appoggiati sul fondo e collegati in differenziale. I colpi di mazzetta battuti sul soffitto ed il segnale ARVA confermano che siamo sopra il punto 3 del rilievo della cavernetta ed a circa 2 metri di distanza.
Una settimana dopo, improvvisamente, si apre un pertugio al lato sinistro (Ovest) dello scavo. Dietro c’è una nicchia in cui si riesce ad entrare. Dentro, tra blocchi di pietra ed argilla, ritroviamo il colorante. La nicchia è il primo segno di grotta naturale, ma non c’è nessuna traccia d’aria. A questo punto però spostiamo la direzione di scavo seguendo questo spazio naturale.
Le uscite continuano allargando la nicchia e trovando anche un cunicoletto in salita che non porta a niente. La nicchia è vuotata completamente da argilla e crostoni, ma il fondo è chiuso da roccia compatta. Stavolta però i fori di sondaggio (cinque in cerchio) trovano il vuoto dopo 70 cm. Non ci sono tracce d’aria ma siamo più fiduciosi anche se una lenza con un piombino calati da Giuliano si fermano pochi cm dopo il vuoto. (Verificheremo dopo che il piombino si appoggiava sopra la punta di una stalagmite posta sotto il buco da lui scelto).
Nico, che nel frattempo ha continuato a fare prove con l’ARVA su altre grotte, vuole vedere come procede lo scavo. Scende quindi senza casco e con un semplice berretto in testa. Neanche a farlo apposta, una pietra, per fortuna non molto grossa, si stacca dal bordo e lo centra in pieno. Molto sangue ma fortunatamente tutto finisce lì.
L’uscita successiva ci trova ad infilare un filo di ferro in uno dei buchi. Questo scende per tutti i suoi 4 metri senza trovare ostacoli e cominciamo a sentire tracce d’aria. Non ci resta che sfondare quello che ormai è l’ultimo diaframma che ci separa dalla Grotta Impossibile.
Il 22 aprile, attraverso un primo pertugio, riusciamo a vedere l’attacco della corda usata per la risalita e quattro giorni dopo allarghiamo l’ultimo passaggio a –11,5 m ed entriamo nella cavernetta raggiunta dal basso da Giannetti tanti mesi prima, aprendo così quella che Ciano battezza la Via Augusta alla Grotta Impossibile. Questa permetterà di continuare visite ed esplorazioni anche quando, tra qualche mese, la Grande Viabilità entrerà in esercizio precludendo l’utilizzo dell’accesso alla grotta attraverso la Canna Venezia della Galleria Carso.
Augusto DIQUAL
Hanno partecipato alla campagna di scavo, in ordine alfabetico: Franco BESENGHI (27), Libero BOSCHINI (18), Galliano BRESSAN (4), Lucio COMELLO (6), Gianluca DE PRETIS (4), Augusto DIQUAL (39), Fabio FERESIN (9), Luciano FILIPAS (43), Franco FLORIT (10), Maurizio GLAVINA (1), Pino GUIDI (9), Elio PADOVAN (1), Paolo TOFFANIN (8), Fabio TOFFANIN (1), Spartaco SAVIO (5), Gianni SCRIGNA (1), Giovanni SPINELLA (8), Louis TORELLI (1), Edvino VATTA (1), Giuliano ZANINI (39), Nico ZUFFI (10). Va ricordato inoltre Gianni CERGOL (Giannetti) che, pur non avendo partecipato agli scavi, con le sue arrampicate ha dato l’avvio a tutto questo.