DAL VOSTRO CORRISPONDENTE ALL’ESTERO NELLE GROTTE DEL CAUCASO
Pubblicato sul n. 19 di PROGRESSIONE – Anno 1988
Nei giorni dal 5 al 12 ottobre 1987, a Tbilisi in Georgia ed ai piedi del Caucaso, si è tenuto un «Simposio sui problemi del Carso di Alta Montagna». Occasione per prendere contatto con un nuovo mondo speleologico, ben diverso dal nostro. Territori immensi da esplorare, problemi particolari di utilizzo del Carso (acque, mineralizzazioni, ecc.) visti e studiati da poche persone che in alcuni campi sono ben innanzi a noi (idrogeologia applicata e sfruttamento delle risorse, ad esempio), in altri sono appena ai primi passi o agli inizi. Basti pensare che accanto a relazioni sulla definizione dei bacini carsico-idrologici mediante più traccianti e radioisotopi, vi è stata la presentazione, in «prima assoluta» e con scenografia, del metodo di discesa/salita su corda singola con discensore, croll e maniglia! Il che non toglie che con altri metodi e con altro animo, i sovietici siano in grado di effettuare ricerche speleologiche superando pozzi di centinaia di metri, sifoni ubicati ad oltre -1.000, con campi interni di alcune settimane.
Le difficoltà linguistiche e qualche carenza tecnico-logistica, non hanno impedito proficui contatti, scambio di esperienze. Le escursioni (tre giorni su sei!) ci hanno portato in grotte ed aree veramente interessanti. Per voi (anche) ho visto la Grotta di Tskhaltubo (nella regione di Kutaisi), la Grotta di New Afon e quella di Kalichoma (nella regione di Zugaidi).
La Grotta di Tskhaltubo è una articolata galleria, dall’andamento sinuoso, che funge da collettore, in parte abbandonato per livelli freatici più bassi, ed inghiottitoio di acque torrentizio-fluviali provenienti da un esiguo bacino. Dall’ingresso (aperto in una dolina di crollo che interseca la galleria) alla risorgiva (che dà con un sifone mezzo alluvionato in un corso d’acqua) la cavità è lunga 2.900 metri, quasi interamente percorribili anche se non sempre agevolmente. Si apre in calcari massicci e ben stratificati del Barremiano, appena inclinati verso SW.Condizionata da stratificazione e fratturazione (due sono i sistemi preferenziali: E-W e NNE-SSW) in un’area tettonicamente attiva ancor oggi, presenta vaste sale, ricchi concrezionamenti, brusche variazioni di morfologia e direzione per faglie trasversali, meandri con corso d’acqua su sabbie scure, mineralizzazioni interessanti, morfologie parietali e di volta indici di evoluzione probabile in condizioni di iper-carsismo. Non per nulla, a pochi chilometri, sorgenti termali ricche in cloro, solfati, carbonati fanno la felicità turistica dell’area.
L’idea laggiù è di rendere turistico, con interventi epigei ed ipogei megagalattici, il sistema.
La Grotta di New Afon è una complessa, articolata, vasta ed interessantissima grotta turistica, visitata annualmente da centinaia di migliaia di visitatori (più di 9.000.000 sino ad oggi). Scoperta nel 1961, turisticizzata il 4.7.75, si apre in calcari compatti, potentemente stratificati per 300 metri, ed è sviluppata per alcune migliaia di metri con volumi di centinaia di migliaia di metri cubi. (I sovietici usano preferibilmente dare le dimensioni delle cavità in volumetrie piuttosto che in dimensioni areali, per cui talvolta è difficile risalire alle dimensioni esatte; questa grotta ufficialmente ha 3.285 m, per 1,5 milioni di MC). Vi si accede e vi si esce tramite metropolitana: i turisti percorrono poi su sentieri, ponti, viadotti, scale, tutta una serie di sale anche molto vaste, separate da articolati depositi di crollo, da tratti di gallerie, da potenti depositi calcitìci.
I turisti normali (sovietici e dei paesi dell’Est in vacanza-premio) sostano numerose volte presso postazioni, da cui con giochi di luce, musiche e discorsi, vengono glorificate le concrezioni più belle del mondo, i laghi ipogei più vasti e profondi del mondo, le sale più ampie del mondo, i crolli più potenti del mondo. I turisti speciali (speleologi di varie parti del mondo) ammirano laghi ipogei, articolate e magnifiche concrezioni, morfologie parietali e di volta particolarmente significative, vani ampi e ben illuminati (sapientemente, forse è meglio dire, anche se migliorabili). La scienza locale vuole il complesso generato per semplici movimenti di abbassamento della falda freatica, tuttavia è stata opinione concorde degli occidentali (Conner, Cucchi, Ford, Forti, Gèze, Trimmel) che nell’evoluzione ci sia lo «zampone» di fenomeni iper-carsici legati alla presenza di intervalli gassosi nella serie carbonatica oltre che a venute termali. D’altronde anche questa cavità è ubicata in area sismicamente attiva, per cui movimenti tettonici e provenienze di sostanze «estranee» altamente carsificanti sono sicuri. Data la vicinanza della grotta con Sukhumi, una delle più famose località turistiche della Georgia (e dell’Unione Sovietica), ubicata sul Mar Nero, non è improbabile la visita della cavità da parte di qualcuno di noi, ed è una visita che raccomando in caso di presenza nella regione.
Di corsa, con passo veloce e superficiale (anche perchè la meta del giorno era un affioramento di… impronte di dinosauri a spasso nel Cretacico) la compagnia ha visitato la grotta di Kalichona. Si tratta di circa un chilometro di galleria suborizzontale (turistica, ma illuminata come se fosse un cunicolo che porta alla stanza della tortura) ad andamento submeandreggiante, che si sviluppa in calcari più o meno arenacei. La galleria è alta in media una trentina di metri e larga da 10 a 30, sul fondo è presente talvolta un esiguo ruscello; le morfologie sulle pareti e sulla volta sono di tipo misto carsico-erosivo, con forme di eroso-corrosione (mi perdonino i puristi!) talvolta stupefacenti. Purtroppo illuminazione (io avevo la mia supertorcia a ricarica, molto gradita ai congressisti) e ignoranza dei «locali» hanno fatto sì che questo gioiello sia stato brutalizzato. Molto bella (anche se percorsa di gran carriera) anche la forra che caratterizza l’area e che, percorsa da un sentierino a strapiombo, offre splendide vedute panoramico-morfologiche in un’area in cui i movimenti tettonici recenti sono sempre evidenti ed evidenziati da morfotipi classici.
Franco Cucchi