INDICE GENERALE VOLUME XXII – 1983
Trieste 1983
01 – COSTANTINO DORIA: cenni intorno alle ricerche sulla continuità delle acque del carso, eseguite coll’impiego della fluorescina nel giugno 1891.
Nel mese decorso l’inclito Municipio della città di Trieste affidava alla nostra Società il compito di rendere nuovamente praticabile la discesa alla caverna di Trebiciano, per la circostanza delle ricerche sulla continuità delle acque del Carso e sul preteso nesso fra l’acqua del Recca e quella delle polie di Aurisina. La nostra direzione accettò volonterosa l’incarico, desiderando di partecipare, anche mediante tale opera, alle indagini scientifiche intorno all’idrografia sotterranea della nostra regione – scopo non ultimo a cui tende la Società – e delegò all’uopo una Commissione speciale nelle persone dei signori Giuseppe Jancich, ing. Lodovico Ieroniti, ing. Carlo Martinolli, Vittorio Polli, Edoardo Taucer e del relatore. Questa si mise tosto all’opera e la condusse a termine in dodici giorni, tempo straordinariamente breve, ove si consideri le difficoltà ed i pericoli che a tale lavoro vanno congiunti. Nel riattare la discesa lungo i cunicoli verticali che conducono a 258.80 metri sotto il livello del suolo, ed ormai resa impraticabile per i guasti dell’umidità,’) si seguì il sistema dei pianerottoli e delle scale di legno usato nella precedente nostra esplorazione del 1884 ed esposto nel volume degli «Atti e memorie» puBblicato nel 1886.
02 – EMILIO MORPURGO: La grotta di Trebiciano
Relazione letta a Gorizia in occasione del V Convegno alpino. Onorevoli Consoci!
La solerte Direzione della Società Alpina delle Giulie volle conferirmi il compito di estendere una relazione sui lavori intrapresi nella caverna di Trebiciano dal Comitato per l’esplorazione sotterranea. Sebbene conscio dell’insufficienza delle mie forze per descrivere e far conoscere una delle più fantastiche meraviglie dell’altipiano tergestino, pure, fidando nel promessomi appoggio altrui, e lusingato dal desiderio di concorrere col modesto mio lavoro alla illustrazione del Carso sotterraneo — scopo non ultimo a cui mira la Società — accettai l’incarico e mi accinsi all’opera. Mi è grato di premettere che l’appoggio su cui fidava non mi venne meno, che fui validamente aiutato dall’onorevole sig. Geiringer, presidente della Società, e dall’esimio consocio signor Antonio Valle — aggiunto al Civico museo — a questi signori devo i dati che riflettono l’idrologia, la geologia, la botanica e la zoologia della caverna. Giace questa caverna sull’altipiano del Carso a mezz’ora di cammino dal villaggio di Trebiciano e a destra della strada che da questo paese conduce ad Orleg, in una piccola depressione ombreggiata da quercie, frassini e carpini.
03 – EUGENIO BOEGAN: Le Sorgenti d’aurisina
Trieste, il cui territorio abbraccia uno sviluppo di 93.8 chilometri quadrati, è scarsamente provvista di acque correnti. Al di fuori di deboli fili d’acqua, non tutti perenni, dei quali alcuni sgorgano lungo la costa marina, altri sui fianchi dei colli arenacei che si appoggiano al ciglione de’ Vena, non si annoverano entro il perimetro del nostro territorio che solamente tre corsi d’acqua di qualche entità. E precisamente quello che defluisce dall’Acquedotto Teresiano di S. Giovanni in Guardiella; il grosso fiume sotterraneo della grotta di Trebiciano; e le polle d’Aurisina, che scaturiscono a mare, sotto S. Croce.
03 – EUGENIO BOEGAN: Le sorgenti d’Aurisina – acque nel territorio di Trieste
Trieste, il cui territorio abbraccia uno sviluppo di 93.8 chilometri quadrati, è scarsamente provvista di acque correnti. Al dinfuori di deboli fili d’acqua, non tutti perenni, dei quali alcuni sgorgano lungo la costa marina, altri sui fianchi dei colli arenacei che si appoggiano al ciglione de’ Vena, non si annoverano entro il perimetro del nostro territorio che solamente tre corsi d’acqua di qualche entità. E precisamente quello che defluisce dall’Acquedotto Teresiano di S. Giovanni in Guar-diella; il grosso fiume sotterraneo della grotta di Trebiciano; e le polle d’Aurisina, che scaturiscono a mare, sotto S. Croce.
04 – LUIGI FISCHIETTI: L’acrocoro di Ternova le caverne glaciali
Le spelonche di Paradana e Prevallo, nel bosco di Ternova, e quelle della selva del Piro, sono vere ghiacciaie naturali e perpetue, in cui l’acqua gelando, assume una leggera tinta d’azzurro o di verde. Le volte sembrano baldacchini di garza trasparente a festoni e falde, solcati da graziosi paramenti d’argento. Così, poeticamente, Giuseppe Caprin, che scrisse le sue «Alpi Giulie», in parte, sulla fede di descrizioni di terzi, poiché egli stesso non era alpinista.
05 – EUGENIO BOEGAN: Cenno storico sulla scoperta e sulle investigazioni fatte nella grotta di Trebiciano
In fondo all’ultimo seno dell’Adriatico, dove la pianura friulana va ad adagiarsi sui contrafforti occidentali delle Alpi Giulie, si eleva una catena di colli in direzione dal NO al S-E che forma dapprima la cornice orientale della pianura, indi lambita dal mare va gradatamente aumentando in elevazione, e raggiunti i 397 metri al monte di Opicina si allontana dal mare proseguendo verso il centro della penisola istriana, sempre più elevandosi, fino a raggiungere altezze tra i 700 e gli 800 metri. Questa catena forma l’orlo occidentale dell’altipiano della Carsia, consistente per la maggior parte in rocce calcari, con una media elevazione di metri 370 nella parte prossima a Trieste. Su questo altipiano sorgono poi delle catene di monti con altezze anche d’oltre 600 metri sul livello del mare e nella parte meridionale l’altitudine si sviluppa fino a oltre 1000 metri.
06 – GUIDO TIMEUS: nei misteri del mondo sotterraneo
Resultati delle ricerche idrologiche sul Timavo. 1895 – 1914, 1918 – 1927. II fenomeno carsico si presenta nella Venezia Giulia in quasi tutte le forme tipiche; qui, mercé la continua pressione cui è soggetta la terra, e con la potente azione meccanico-chimica dell’acqua, vengono incisi i calcari cretacei, e la superficie si trasforma incessantemente, mentre, in profondità, le acque esercitano un’altra imponente opera di distruzione e creazione. La lenta attività degli atomi scava continuamente nuove gallerie, disloca e fa scivolare gli strati, e si formano originali costruzioni fantastiche che mente umana non avrebbe potuto concepire e le cui mirabili linee si fondono con quelle delle smaglianti tinte delle rocce e dei cristalli. E nelle tenebre una ricca flora forma vari giardini, e la svariata fauna, che fa sorprendere per il mirabile adattamento, svolge il suo eterno ciclo vitale. Ma in quel mondo delle tenebre è l’acqua che regna sovrana. Mentre nella regione carsica quasi mancano o sono scarse o temporanee le acque superficiali, sotterra si sviluppa una caratteristica idrografia che si svolge talvolta in modo molto complesso. È frequente il caso, di acque provenienti da terreni non carsici che penetrino poi in zone carsiche, in queste vengano assorbite e, dopo un cammino sotterraneo, scaturiscano all’esterno in forma delle cosiddette «risorgenze».
07 – ITALO GARIBOLDI – EUGENIO BOEGAN – ANDREA PERCO: Rilievi ed esperimenti con sostanze chimiche e coloranti sulla Piuca e Rio dei Gamberi
Riunito il meraviglioso sistema sotterraneo delle Grotte vecchie di Postumia con quelle della Grotta Nera e dell’Abisso della Piuca, rimane ora fra i problemi di maggiore importanza quello di congiungere queste grotte col Cavernone di Planina. È questo un obbiettivo non solo suggerito ma anche vivamente caldeggiato e auspicato dal compianto L. V. Bertarelli, specificato dal col. Gariboldi in un suo proprio programma dei lavori steso addì 9 aprile 1926, e approvato pure in massima all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione. Necessita pertanto un programma ben chiaro e preciso, non solo per ciò che riguarda spese e tempo, ma anche per poter avvicinarsi, in quanto possibile, in massimo grado al fenomeno speleologico e ridurre al minimo le gallerie artificiali. Con questo obbiettivo, non escluso quello di intensificare gli studi scientifici del meraviglioso sistema idrico sotterraneo di Postumia, il Consiglio di Amministrazione delle RR. Grotte Demaniali di Postumia, nel marzo 1928, ha nominato una commissione presieduta dal col. comm. Italo Gariboldi e composta dal cav. Eugenio Boegan e dal cav. Andrea Perco, direttore delle Grotte stesse, coll’incarico di svolgere un programma di lavori scientifici, per conoscere, con dati precisi, sia dal lato idrologico, sia da quello speleologico, l’interessante zona di Postumia.
08 – MASSIMO SELLA: Estese migrazioni dell’anguilla in acque sotterranee
Il dott. Ernesto Sella di Biella, che qui ringraziamo per la sua cortesia, volle inviarci l’interessante lettera scrittagli dal cugino prof. Massimo Sella. Siamo lieti pertanto di farla precedere, quale introduzione, alla presente comunicazione dell’illustre Direttore dell’Istituto di Biologia Marina di Rovigno d’Istria. Con una cesta d’anguille nella Grotta di Trebiciano – Rovigno d’Istria, 20 ottobre 1927. Dal nostro vecchio Piemonte, che ogni tanto richiama a sé i propri figli, eccoci dunque ritornati a Rovigno fra gli esseri muti che abitano sotto il livello del mare, nostri prigionieri all’Acquario, e bene accolti anche dagli amici di sopra forniti di favella o di coda scodinzolante. «lo ne ripartivo quasi subito per Trieste e Duino, per mandare ad effetto l’esperimento con le anguille. Passai tre giorni in deliziosa solitudine alle foci del Timavo, a predisporre ogni cosa. Solitudine interrotta solo da qualche dialogo con i guardiani e con i pescatori del Lisert. «I tuoi occhi rivedono certamente questo luogo, poiché nessuno che l’abbia mirato lo dimentica. Presso la prima foce stanno i ruderi della chiesa abbattuta dalle granate italiane che prepararono la strada per Trieste e due scheletri di alberi montan la guardia. In punto elevato, sopra una grande lastra di pietra rivolta verso la tragica pianura di Monfalcone, si legge: “Rispettate il campo della morte e della gloria”; parole che non si scordano facilmente. In lontananza sta la massa ferrigna e fumosa del cantiere.
09 – EUGENIO BOEGAN: Sullo sviluppo delle ricerche speleologiche nella Venezia Giulia
(Relazione presentata all’XI Congresso Geografico Italiano, Napoli 1930). Le più antiche notizie sulle caverne e sui corsi d’acqua sotterranei della Carsia Giulia sono contenute nelle opere degli scrittori dell’antichità classica, in ispecie geografi e storici. Dopo un lungo periodo di stasi, l’interesse per lo studio delle cavità sotterranee della nostra regione si ridestò nel secolo XVII. Da quest’epoca sino al 1840, quando hanno inizio le esplorazioni del Lindner, si può segnalare una lunga serie di lavori, alcuni contenenti semplici descrizioni, altri relazioni di esplorazioni e di indagini eseguite nelle nostre grotte sempre ad iniziativa di singoli. Tra le opere di questo periodo si possono segnalare le pubblicazioni del P. Kircher, del Berini, del Valvasor, dello Hacquet, del Fortis, del Filiasi, dell’Agapito, e tra le esplorazioni quelle del Loewengreif, del Tominz, dello Svetina e di A. Schmidl.
10 – ANTONIO IVIANI: Lo «sfagneto» della grotta del principe Ugo
Nel pittoresco complesso di grotte e voragini conosciuto col nome di «Grotta del Principe Ugo», la parte più attraente forse, è data dall’Abisso-voragine del «Piccolo Arco Naturale». Si tratta di una voragine a pareti verticali alte più di 50 metri, risultata dal crollo d’una volta a cupola della quale è rimasto conservato ancora un solido arco di roccia, a forma di ponte, gettato fra due margini dell’abisso, per una ampiezza di 30 metri. Nel fondo vi scorre il Rio dei Gamberi, il misterioso fiume che si suppone proveniente dal Lago di Circonio e che dopo un percorso sotterraneo di parecchi chilometri ricompare qui, presso San Canziano del Rach, alla luce del sole dando origine ad una breve ma interessantissima valle, e si ricaccia nuovamente nelle viscere della terra attraverso un enorme portale, il «Grande Arco Naturale», che da accesso alla Grotta del Tessitore. Quivi sparisce senza lasciare traccia alcuna, e per ritrovarlo è necessario risalire il Cavernone di Planina, dove unisce le sue acque a quelle della Piuca, proveniente dalla Grotta di Postumia, e insieme a questa sorte dallo speco immenso col nome di Uncia.
11 – FRANCESCO VERCELLI: ll regime termico nelle grotte di San Canziano
Per iniziativa della Commissione Grotte della Società Alpina delle Giulie, Sezione di Trieste del Club Alpino Italiano, furono intraprese alcune serie di misure nelle Grotte di S. Canziano, per rilevare il regime termico nelle grandiosi voragini esterne e in alcuni punti delle cavità interne. Le Voragini e le Grotte di S. Canziano hanno estensione e dimensioni così colossali da offrire un campo troppo vasto e difficile per una esplorazione termica completa. Le ricerche intraprese ebbero lo scopo non di esaurire, ma di iniziare lo studio, coi mezzi modesti avuti a disposizione. Talune indagini, come quelle sulla temperatura delle rocce, furono ristrette a poche misure; altre, che pure sarebbero state un utile complemento delle misure termiche, come le determinazioni dell’umidità assoluta e relativa e delle temperature delle acque, non vennero ancora compiute.
12 – EMMANUELE SOLER: I lavori geo-fisici eseguiti nel 1931-32 dall’Istituto di geodesia della R.Università di Padova nella regione carsica
L’Istituto di Geodesia della R. Università di Padova ha battuto sin dal 1923 la regione carsica con determinazioni gravimetriche e geodetico-astronomiche. Nel 1923, allo scopo di completare la rete gravimetrica eseguita da operatori austriaci, e di investigare la attendibilità di certe formule adoperate nella riduzione delle misure gravimetriche al geoide, furono fatte colla Mensola bipendolare Mioni delle determinazioni di gravita ad Opicina, Erpelle, Pirano e Trebiciano in grotta e fuori grotta, e negli stessi punti determinate le latitudini astronomiche. Nel 1926 determinazioni di gravita furono eseguite a S. Canziano (dentro e fuori grotta), a Bisterza ed a Fiume, e contemporaneamente delle misure di latitudine astronomiche. Di tutte queste operazioni esistono relazioni compilate da chi presenta questa Comunicazione e dal prof. Boaga, assistente all’Istituto di Geodesia di Padova, e pubblicate nei Rendiconti della Reale Accademia Nazionale dei Lincei e negli Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. La speciale conformazione della regione carsica dava adito alla possibilità di risultati interessanti, eseguendo in opportune zone quelle determinazioni che sono adesso denominate: le prospezioni del sottosuolo.
13 – RAFFAELLO BATTAGLIA: L’età dei più antichi depositi di riempimento delle caverne
Per poter stabilire con sufficiente sicurezza la posizione dei depositi di riempimento delle caverne nella serie stratigrafica del Quaternario, è necessario anzitutto precisare i limiti e la durata del Neozoico e in particolare quelli della sua fase più antica: il Pleistocene. Le basi per la divisione cronologica del Pleistocene sono fornite principalmente dallo studio dei terreni fluvio-glaciali e marini, cioè da quelle formazioni collegate direttamente con i più imponenti e caratteristici fenomeni geologici manifestatisi nel Neozoico, vale a dire le espansioni glaciali, i movimenti eustatici del livello marino e i concomitanti cicli di erosione e di riempimento delle valli. Le opinioni dei geologi non sono concordi però intorno al numero delle glaciazioni pleistoceniche — i cosidetti «periodi glaciali» —, divisi come ognuno sa da «periodi interglaciali» a clima caldo. Comunque sia è la teoria quadriglaciale del Penck quella che accoglie oggi il maggior numero di adesioni. Va notata la concordanza, veramente significativa come dice l’Osborn, esistente tra il numero delle glaciazioni stabilito dal Penck, quello delle terrazze fluviali di alcune ormai classiche valli dell’Europa occidentale (Somme, Garonne, Tamigi) e — secondo le ricerche del Depéret — quello delle spiagge emerse mediterraneo-atlantiche. Si aggiunga inoltre, che anche nell’America settentrionale furono riconosciute le tracce di quattro glaciazioni quaternarie, le quali sono probabilmente contemporanee a quelle europee.
14 – FEDERICO MORTON: Monografia fitogeografica delle voragini delle grotte del Timavo presso San Canziano
Accettando un invito della Sezione di Trieste del Club Alpino Italiano — Società Alpina delle Giulie — mi trattenni nella seconda metà del maggio 1934 a San Canziano, per intraprendere un’accurata ricerca intorno alle interessantissime condizioni fitogeografiche delle due voragini della Grotta. Io fui ricevuto con la maggiore cortesia. Particolarmente era il cav. E. Boegan, che dimostrava il più grande interesse ai miei studi. Io ringrazio qui nel miglior modo possibile lui e la Sezione di quanto hanno fatto per me. Infine ricordo anche con piacere il Capoguida Cerque-nich, che mi accompagnò infaticabile e prendendo interesse.
15 – ANTONIO MARUSSI: Ipotesi sullo sviluppo del carsismo (Osservazioni sul Carso Triestino e sull’Istria)
E noto come fra le zone carsiche europee, le più caratteristiche si trovino in corrispondenza di antiche superfici spianate dall’erosione fluviale. Su tali superfici le acque fluviali poterono continuare a scorrere anche nella prima fase del ciclo successivo, in virtù dell’ancora notevole altezza della falda idrica sotterranea, pressoché stazionaria, rispetto alla superficie esterna. Possiamo anche ammettere che le correnti fluviali in parola scorressero, almeno in parte, non sulla roccia nuda, ma sopra una coltre alluvionale ricoprente la superficie di spianamento. Se, trovandosi un corso d’acqua in questo stadio, si verifica un abbassamento del livello dinamica delle acque di fondo rispetto alla superficie topografica, si inizierà il ciclo carsico. Tale abbassamento può essere dovuto vuoi ad un sollevamento della regione in seguito all’azione di forze endogene od inarcamenti del suolo, vuoi al crearsi di nuove vie di deflusso alle acque di fondo, ad es. per distruzione di mantelli impermeabili operata dall’abrasione marina (es. distruzione della fascia eocenica in corrispondenza di Duino, presso Trieste) o dall’azione fluviale (es. distruzione della copertura eocenica in corrispondenza del margine della Selva di Ternova e di Piro, ad opera del Vipacco) o da quella delle acque di fondo stesse che cercano di aprirsi uno sbocco verso livelli inferiori; vuoi più semplicemente ancora per il drenaggio più rapido delle acque di fondo stesse causato dalla vascolarizzazione incipiente dovuta al loro moto. Si inizia allora un’infiltrazione sempre più attiva delle acque superficiali, attraverso il manto alluvionale ed attraverso i calcari; e questo segna l’avvento del periodo carsico.
16 – SILVIO POLLI: Sulle misure di meteorologia ipogea
Riassunto: La variazione annua degli elementi climatici esterni è circa 50 volte maggiore di quella dei corrispondenti elementi interni. Ne consegue che gli strumenti adoperati nelle misure ipogee dovrebbero essere circa 50 volte più sensibili di quelli adoperati alla superficie, oppure che gli accorgimenti all’interno dovrebbero essere 50 volte maggiori di quelli esterni. Non essendo opportuno aumentare la sensibilità degli strumenti oltre un certo valore è indispensabile allora usare tutte le attenzioni possibili nell’effettuare le misure. Ciò premesso si precisano gli strumenti e gli artifici da usarsi nelle determinazioni della temperatura e umidità dell’aria, mettendo in rilievo la necessità di adoperare termometri ad aspirazione e schermati contro le radiazioni. Si considerano inoltre le misure delle corrériti d’aria, della pressione atmosferica e della temperatura dell’acqua e della roccia.
17 – SILVIO POLLI: La grotta Gigante del carso di Trieste quale cavità barometrica
Riassunto: La grotta è un tipico esempio di una unica e vasta cavità sotterranea. Ha una capacità di 1/2 milione di m3. E in comunicazione con l’esterno mediante due aperture superiori parallele aventi una sezione minima di 8 m2. La cavità si trova perciò nelle migliori condizioni per agire quale enorme e sensibilissima cavità barometrica a temperatura costante. Il fenomeno è messo in marcata evidenza dal flusso d’aria nella apertura. Esso segue ogni variazione di pressione esterna operando selettivamente sulle oscillazioni barometriche. Infatti il flusso normale è ritmicamente alternato secondo le microoscillazioni barometriche esterne. L’aria entra ed esce ad intervalli che vanno dai 20 ai 100 sec. Questa oscillazione si sovrappone al flusso costante, meno vistoso, dovuto alle lente oscillazioni della pressione atmosferica. Applicando la legge di Boyle-Mariotte alle pressioni misurate si trovano valori delle velocità del flusso d’aria in concordanza con quelle misurate.
18 – CARLO FINOCCHIARO: Morfologia di meandri nella grotta I di La Val
II complesso sotterraneo denominato Grotte di La Val, situato nella parte nord-orientale dell’elissoide cretaceo del Ciaorlec nel Friuli, è diviso in due parti da uno o più sifoni che un esperimento con materie coloranti ha provato in comunicazione. I due differenti ingressi si trovano a pochi metri di distanza, all’estremità settentrionale di una valletta chiusa, con direzione ONO. L’ingresso della Grotta I è in continuazione del fondo della valletta. I primi 11 metri sono costituiti da un’alta trincea che si addentra nella parete calcarea, fino ad una svolta dove il canale si interna dando origine alla cavità vera e propria, costituita da un corridoio lungo m. 119 interamente percorso da un esiguo torrentello che ha origine da un piccolo bacino d’acqua a 16 metri dall’ingresso.
19 – SILVIO POLLI: Stazione di meteorologia ipogea nella grotta «C. Doria» (n. 3875 V.G.)
Si mette in evidenza la necessità di usare una grotta esclusivamente quale stazione sperimentale di meteorologia ipogea. I seguenti elementi climatici sono misurati periodicamente in dieci stazioni interne: temperatura dell’aria, dell’acqua, della roccia, umidità relativa ed assoluta, evaporazione, stillicidio, correnti d’aria, accrescimento dei cristalli calcarei. Sono previste misure geofisiche e biologiche. Si indicano gli strumenti ed i procedimenti di misura adoperati.
20 – FABIO FORTI: Proposta di una scala di carsificabilità epigea nelle carbonatiti calcaree del carso Triestino
L’opportunità di una «Scala di carsificabilità» per le rocce carbonatiche calcaree del Carso Triestino è venuta dalle molteplici osservazioni dirette di campagna in seguito alle quali è stato accertato che le diverse morfologie carsiche dipendono dalle condizioni geolitologiche. Vi sono cioè tipologie carsiche proprie di carbonatiti poco carsificabili e tipologie sempre più evolute e diffuse, fino a quelle proprie di carbonatiti carsificabili in massimo grado.
21 – FABIO FORTI: Modelli di dissoluzione carsica
Nell’ambito delle ricerche sul carsismo, vengono spesso trascurate o messe in scarso rilievo le caratteristiche geolitologiche e strutturali delle rocce nelle quali il fenomeno avviene. Tali caratteristiche sono invece di fondamentale importanza per l’impostazione e la evoluzione del processo carsico; in seguito allo studio della fenomenologia carsica rapportata alle condizioni litologiche, stratigrafiche e tettoniche è stato possibile determinare una «scala di carsificabilità» (Forti F. 1972), per i fenomeni carsici superficiali del Carso Triestino, ivi comprese le «piccole forme di erosione», nel significato di BÒGLI A. (1960). È stato accertato che nella dissoluzione delle rocce carbonatiche esiste un «modello» abbastanza costante per ciascuna condizione geolitologica e strutturale; pertanto per spiegare la fenomenologia carsica, non è sufficiente considerare i soli fattori chimici, ma questi devono essere considerati nel contesto della dinamica determinata dalla situazione geologica strutturale. Il lavoro è parte delle ricerche carsiche che l’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di.Trieste sta conducendo nella Regione Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Ringrazio il prof. Giulio Antonio Venzo, Direttore dell’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Trieste, per i preziosi consigli e la lettura critica del manoscritto ed il dott. Furio Ulcigrai, professore incaricato di geologia stratigrafica presso la Facoltà di Scienze mat., fis. e nat. dell’Università di Trieste per i consigli in sede di stesura del lavoro.
