CENTO ANNI DI UNA COMMISSIONE
Pubblicato su PROGRESSIONE 100 – Anno 1983
Il 23 marzo 1883 si riunì a Trieste il I Congresso Generale della «Società degli Alpinisti Triestini», dal 1886 «Società Alpina delle Giulie», dal 1922 sezione di Trieste del Club Alpino Italiano. Già nella prima seduta del Direttivo della Società tenuta il 4 maggio 1883 fu deciso l’acquisto di materiale per l’esplorazione delle grotte; nel suo primo Statuto si legge infatti: «Scopo della Società è la visita, lo studio e l’illustrazione delle montagne in generale, delle nostre in particolare, nonchè l’esplorazione delle caverne e delle grotte del Carso».
L’attività della Commissione fu per una decina d’anni condizionata dalle ricerche che il Comune di Trieste, studiosi italiani e stranieri, in particolare austriaci, conducevano da tempo sul Corso per trovare attraverso le grotte quella via che li portasse al sotterraneo Timavo che, giudicato vicinissimo a Trieste, avrebbe potuto risolvere il problema ormai urgente dell’approvvigionamento idrico della città.
Tentativi inutili cui si dedicarono anche il Club Touristi Triestini e la speciale Sezione del «Deutsche und osterreichische Alpenverein» che puntò tutte le sue risorse sull’esplorazione delle Grotte di San Canziano. Ma se infine venne a mancare la spinta all’esplorazione dei grandi fenomeni sotterranei lungo il presunto corso sotterraneo del Timavo, la conoscenza di tante grotte sul Corso Triestino aumentò l’interesse per il fenomeno per se stesso, per i rinvenimenti preistorici, per le scoperte biologiche, per la sua insospettata diffusione. Eugenio Boegan, entrato nel 1894 a 19 anni nella Commissione Grotte, riassunse in sè e la tradizione della ricerca idrologica sul Timavo, e la nuova tendenza esplorativa della speleologia triestina. Senza trascurare i suoi prediletti studi idrologici, si dedicò al rilevamento delle cavità del Carso ed alla sistematica raccolta dei dati sulle grotte. Alla vigilia della prima guerra mondiale, Presidente della Commissione Grotte dal 1904, il suo catasto conteneva i dati di 450 grotte.
La fine della guerra mondiale trovò Trieste in una situazione politica mutata e la Commissione Grotte senza più concorrenti, pronta e decisa a raccoglierne l’eredità. Delle numerose grotte turistiche dedicò tutti gli sforzi alle grandiose Grotte del Timavo a San Canziano; si erano spalancate, nel frattempo, tutte le aree carsiche, dal Tricorno a Fiume fino a Pola.
Il Boegan trovò due collaboratori di eccezione: l’allora colonnello Italo Gariboldi, a capo della delegazione italiana per la delimitazione del confine tra l’Italia ed il neo costituito Regno di Jugoslavia, e Luigi Vittorio Bertarelli, Presidente del Touring Club Italiano. Garibaldi mise a disposizione i mezzi di trasporto militari, Bertarelli il suo entusiasmo ed il suo incitamento. Non c’era domenica in cui il «camion dell’Alpina» non si dirigesse a Sud verso l’Istria, ad Est verso la Valsecca di Castelnuovo, non si inerpicasse sulla Selva di Tarnova, sulla Selva di Piro, sull’altipiano della Baisnizza, non si aggirasse nella verde conca di Postumia.
Il desiderio della grande impresa, il record del mondo in una cavità naturale, detenuto fin dal 1841 dai 329 metri della Grotta di Trebiciano, diventò un’ossessione ed il Bertarelli finanziò una spedizione della Commissione Grotte al Bus de la Lum, sull’altipiano del Cansiglio, dove la sonda di Marson si era fermata a 450 metri. Fu una delusione: gli esploratori trovarono il fondo a 225 metri.
Sorgeva intanto a Trieste l’Associazione XXX Ottobre con speleologi non meno validi alla ricerca del primato. L’una cercò di sottrarre all’altra l’abisso di Rospo nell’Istria, finchè la Commissione dell’Alpina toccò nel 1925 i 450 metri di profondità. L’antico record era largamente superato, anche se recenti controlli lo abbassi a 382 metri. Ma la spedizione ebbe un tragico finale: due operai del posto persero la vita per una ondata di piena improvvisa ed imprevista che li trascinò nel primo pozzo di 130 metri. I sei esploratori sorpresi all’interno dell’abisso si salvarono dopo 50 ore. La corsa al primato si assopì a Trieste alla notizia che i veronesi avevano raggiunto alla Spluga della Preta i 637 metri, ma la fama di cui godeva la squadra di esploratori della Commissione Grotte è duratura, ed essa allargò il suo campo di attività sul Consiglio con una serie di campagne che portarono al rilevamento di una cinquantina di cavità oltre al ben noto Bus de la Lum e nel salernitano con due spedizioni, richieste dall’Ente per il Turismo di Salerno, che porteranno all’esplorazione ed al rilievo delle Grotte di Pertosa e di Castelcivita, nelle cui sale rimangono i nomi degli esploratori dell’Alpina.
La tragedia di Rospo che aveva commosso l’Italia, la pubblicazione del «Duemila Grotte» del Bertarelli-Boegan, la costituzione a Postumia dell’Istituto Italiano di Speleologia – Preside Michele Gortani – che diffuse, sotto la direzione del Boegan, le «Grotte d’Italia» destarono un interesse particolare per le esplorazioni sotterranee. Sul modello della Commissione Grotte sorsero in Italia téa il 1926 ed il 1933 molti gruppi speleologici, gran parte nelle sezioni del C.A.I. Sugli «Atti» del I Congresso Speleologico Nazionale svoltosi a Trieste con l’organizzazione del C.A.I., sono elencati 58 gruppi grotte di cui 30 del C.A.I. (e di cui 20 ancora in attività, mentre gli altri sono quasi tutti scomparsi).
Il Congresso Nazionale del 1933, con relazioni dei maggiori studiosi di speleologia, con una mostra di altissimo interesse culturale, rappresentò uno dei riconoscimenti più alti raggiunti dalla Commissione anche in campo internazionale. Essa potè mostrare con orgoglio gli imponenti lavori ormai conclusi per la ualorizzazione turistica delle Grotte del Timauo a San Canziano, un catasto delle Grotte della Venezia Giulia che raccoglieva documenti di 3071 cavità contro le 1261 rilevate in tutte le altre regioni italiane.
Ma con il Congresso, e con i lavori per la sistemazione delle Grotte del Timavo, si esaurì nella Commissione Grotte anche la carica d’entusiasmo della generazione del dopoguerra. La nuova generazione, mettendo in opera materiali d’esplorazione più moderni, elaborò nuove idee che non le sarà dato di attuare se non molto più tardi ed in condizioni politiche ben differenti, ma continuò incessante l’opera di ricerca e di rilievo di nuove cavità aprendo all’indagine anche il versante meridionale del Canin. Ne11940 la Venezia Giulia conterà 3873 grotte. Ma il Boegan non è più l’animatore delle –esplorazioni, ora rinchiuso nel suo studio ad elaborare i dati nuovi, a concludere la sua grande opera di idrologo, Il Timavo che uscirà nel 1939, poco prima della sua morte, a 64 anni di età. Dopo un anno di attesa non infeconda, fu nominato Presidente della Commissione Grotte Raffaello Battaglia, direttore dell’Istituto di Paleontologia dell’Università di Padova. Ma ormai la guerra travolge tutto e la fine lascia a Trieste ferite profonde ed un Corso ridotto a pochi chilometri quadrati.
I superstiti della Commissione si raccolsero nella vecchia sede di via Milano nel 1948, decisero di dare il nome di Eugenio Boegan al gruppo e di riprendere l’attività. Perdute le Grotte del Timavo a San Canziano, rimaste al di là del nuovo confine, dedicarono tutte le energie alla valorizzazione della Grotta Gigante, un tempo cenerentola ed ora unica rimasta del grande patrimonio della Società, e stretti da un confine che passa ad un paio di chilometri dal ciglione carsica, cercano nuove aree di ricerca. Si ritorna sul Cansiglio senza grandi successi, si è di nuovo chiamati a Pertosa e Castelcivita, dove i «vecchi» non avevano lasciato gran spazio a nuove scoperte. Ma si trovò anche un’area carsica nei primi contrafforti delle Prealpi Comiche, già segnalata dal Feruglio, dal Pretner e dal Meeraus, ma praticamente inesplorata nei suoi fenomeni sotterranei che si rivelano di eccezionale interesse morfologico ed idrologico. Fra le tante si esplorano le Grotte di La Val, profonde 250 metri con oltre un chilometro e mezzo di splendide gallerie, la Fossa del Noglar, poco profonda ma che si sviluppa per oltre due chilometri di gallerie in massima parte costituite da bassi cunicoli che bisogna percorrere carponi. Sono le prime esperienze in grotte percorse da torrenti sotterranei e per poco non si ripete la tragedia di Rospo.
Nel settembre 1954 la Commissione Grotte, insieme all’Adriatica di Scienze Naturali ed al Gruppo Triestino Speleologi, convoca a Trieste – ancora sotto Amministrazione Anglo-Americana – il IV Congresso Nazionale di Speleologia. I congressisti visitano la Grotta Gigante che, senza possibilità di sostanziali contributi dalle Autorità, funziona come può. Ma intanto la Grotta è diventata una vera stazione di meteorologia ipogea, e i dati dei primi tre annidi ricerche erano stati portati al Congresso Internazionale di Speleologia di Parigi. Le sistematiche misurazioni continueranno nella Grotta Gigante sino al 1955.
La Commissione andò in Sardegna ad esplorare Sa Tumba e Nudorra e Sa Tumba e Nurai, da secoli avvolte in un alone di mistero e trova la comunicazione tra la voragine di Ispinigoli ed il sottostante fiume di S. Giovanni su Anzu.
Andò in Puglia ed esplorò, fra l’altro, la Grava di Faravalla, profonda 256 metri, al/ora la più profonda dell’Italia meridionale. Il capo spedizione Medeot risente il richiamo di Sciacca, esplorata nel 1942, e si trasferì con la squadra in Sicilia. Il limite raggiunto nel 1942 fu superato di slancio e nelle gallerie a 40° C che si diramano dall’ultimo piccolo pozzo si presentò uno spettacolo straordinario: una deposizione rituale di grandi vasi preistorici, probabilmente di un eneolitico finale. Fu l’inizio di una serie di spedizioni nelle Stufe vaporose di San Calogero, sette in tutto, che porteranno alla scoperta di altre deposizioni rituali nel labirinto delle gallerie che si internano nel Monte Kronio, all’esplorazione di un pozzo interno di oltre 100 metri dove la temperatura a 38° C per poco non sarà fatale allo speleologo che aveva osato affrontare l’avventura.
L’esperienza di misurazioni meteorologiche alla Grotta Gigante consigliò di allargare le ricerche e nel 1958 la Grotta «Costantino Doria» venne attrezzata, sotto la direzione del prof. Silvio Polli, a completa stazione di meteorologia ipogea.
Le regolari misurazioni dureranno vent’anni e porteranno ad una serie di dati che per l’esattezza e la continuità dei rilevamenti non ha uguale. All’impossibilità dei necessari raffronti con l’ambiente esterno la Commissione provvede con l’installazione di una capanna meteorologica, la sola completa esistente sul Carso.
La spedizione in Sardegna, più delle precedenti in Puglia ed in Sicilia, aveva rivelato alla Commissione il divario dei mezzi tecnici e della pratica esplorativa fra alcune regioni italiane. Propose allora al Consiglio Centrale del C.A.1 dei corsi di speleologia nazionali: nasce nel 1958 la Scuola Nazionale di Speleologia del C.A.I., affidata al Comitato Scientifico Centrale. La Commissione Grotte si assunse l’incarico dell’organizzazione dei primi sette corsi, poi dei primi due corsi per Istruttori Nazionali di Speleologia, manda i suoi istruttori nazionali a dirigere corsi nel Friuli e nel Veneto.
Il grande lavoro che si stava facendo anche in campo scientifico rischiava di rimanere nei cassetti o di essere disperso fra varie riviste. Nel 1961 si cominciano a pubblicare gli «Atti e Memorie» della Commissione Grotte «Eugenio Boegan», oggi giunti al loro XXI volume, che insieme alle «Grotte d’Italia» del rinato Istituto Italiano di Speleologia sono in Italia le uniche riviste scientifiche di speleologia. Seguirà poco dopo l’annuale «Bollettino» della Stazione Meteorologica di Borgo Grotta Gigante, ed infine «Progressione», rivista semestrale delle esplorazioni della Commissione.
Nel 1961 la Commissione Grotte riscoprì la zona carsica dell’Alburno, la cui zona centrale venne studiata nelle sue caratteristiche geologiche, morfologiche, paleoidro-grafiche, nei suoi vasti e profondi fenomeni sotterranei. In 14 spedizioni furono esplorate e rilevate oltre 150 cavità naturali, tra cui la Grava dei Gatti di 402 metri di profondità, la Grava di Melicupolo di 259 metri, la Grava delle Ossa di 280 metri, la Grava del Fumo di 380 metri, la Grava di Frà Gentile di 244 metri, l’Inghiottitoio III dei Piani di Santa Maria di 422 metri. Sarà considerato un modello di ricerca speleologica per aver studiato l’area come un complesso carsico in cui nessuna grotta, per quanto piccola, era stata trascurata.
Nel 1963 iniziarono le esplorazioni sul Monte Canin, al confine iugoslavo, che presenta una vasta zona di calcari alla quota media di 2.000 metri, gran parte dell’anno innevata, per un dislivello di oltre 1.000 metri, e che fino a qualche anno fa bisognava risalire a piedi da Sella Nevea.
All’Abisso Boegan, il primo esplorato delle grandi cavità del Canin, si raggiunsero nel 1967 i 624 metri di profondità, al Gortani nel gennaio 1970 i 920 metri rilevando gallerie per oltre otto chilometri. Era il primato italiano di profondità, da lungo tempo atteso. Ma gli esploratori, che dopo 10 giorni risalgono in superficie, hanno pochi momenti per gioire: tre loro amici, usciti dall’abisso il giorno prima, mancano all’appello. I loro corpi coperti dalla valanga saranno dissepolti dal sole di giugno. Le esplorazioni non si fermeranno (la Commissione ha esplorato finora oltre 500 cavità sul Canin) ed ai maggiori abissi della zona sono stati dati i nomi degli speleologi scomparsi: l’Abisso Marino Vianello, profondo 585 metri (1978); l’Abisso Enrico Davanzo, profondo 782 metri (1982); l’Abisso Paolo Picciola, profondo 469 metri (1974).
Quando la zona ad Ovest del Canin sembrò esaurita, si passò alla zona ad Est, verso Cima Mogenza dove si esplorarono due abissi di 420 e 305 metri, sul Pouiz dove venne esplorato un abisso di 720 metri, Sul Col delle Erbe, a qualche centinaio di metri dall’imboccatura del Gortani la Commissione Grotte, a ricordo dei suoi tre speleologi scomparsi costruì un bivacco speleologico che eviterà altre sciagure invernali.
Tra il 1977 ed il 1979 la Commissione si recò quattro volte in Calabria, nella zona di Cassano allo Jonio dove esplorò e rilevò una ventina di cavità, quasi tutte a sviluppo orizzontale, ma di grandissimo interesse preistorico, subito segnalato e quasi immediatamente studiato a cura della locale Soprintendenza. Sempre in quegli anni la Commissione organizzò due ricognizioni esplorative in Iran che permisero di rilevare e descrivere una trentina di cavità di notevole interesse soprattutto sotto il profilo del folklore delle grotte.
La sensibilità con cui a Trieste si seguono le esplorazioni e gli studi speleologici, di cui la Commissione è considerata – e non a torto – l’antesignana, trovò rispondenza nella Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia che in data I settembre 1966 emanò la cosiddetta «legge speleologica». In essa, oltre a contribuire finanziariamente alle necessità dei numerosi Gruppi, si istituì il Catasto Regionale delle Grotte che venne affidato – con una speciale Convenzione – alla Commissione Grotte della Società Alpina delle Giulie. Altre Regioni italiane seguiranno l’esempio.
+ Carlo Finocchiaro