GIUSEPPE (JOSEF, JOZEF) EGGENHOFFNER
Figlio di un mastro de’ pozzi della civica amministrazione, si era appassionato alle ricerche idrauliche ed all’esplorazione delle grotte. Nei primi anni dell’Ottocento attrezzò turisticamente la parte superiore della Grotta di Padriciano (12 VG) dove nel 1808 ebbe un incidente per fortuna senza gravi conseguenze. Poco tempo dopo ebbe l’idea di fabbricare modelli di grotte da montare su carrozzoni per esporle a Vienna ed a Graz.
Alla fine delle guerre napoleoniche aprì a Trieste una locanda che divenne il ritrovo dei naturalisti austriaci e tedeschi, ai quali faceva da guida. Ebbe anche interesse alle realizzazioni tecniche ed inventò alcuni meccanismi (campana per lavori subacquei, macchina tritatrice).
Fu suo allievo ed aiutante lo SVETINA, poi civico fontaniere e collaboratore del LINDNER.
Tratto dal testo di Egizio Faraone
Agli albori del turismo speleologico triestino:la Grotta Vileniza di Corgnale (Vilenica Jama – Lokev), Simposio Internazionale sulla Protostoria della Speleologia, Città di Castello, sett. 1991: 41-50
[…] David Heinrich Hoppe e Friedrich Hornschuch, che vennero a Trieste nel febbraio 1816 con un leggendario viaggio a piedi dalla Baviera durato tre settimane. Qui giunti, presero alloggio nella locanda “Hundsberg” al Boschetto, dove fecero base per circa tre mesi per le loro ricerche botaniche ed entomologiche. Ebbero così modo di far buona conoscenza con il proprietario, Giuseppe Eggenhoffner, un eccentrico personaggio che in città si era guadagnato il nome di “Re delle grotte” per le sue imprese degli anni giovanili. Guidati da lui stesso, i due studiosi visitarono la grotta di Padriciano il 5 marzo 1816, per proseguire in giornata a Nacla e visitare il giorno dopo le voragini di S. Canziano. In una lunga nota del loro diario, essi riportarono interessanti notizie sulla figura di Giuseppe Eggenhoffner e sulla grotta in questione, pagine che furono poi ripubblicate, sintetizzate e tradotte in italiano, sulla rivista “Il Tourista – Organo del Club Touristi Triestini” nel 1899 (n. 8, pagg. 60-62). Per non perdere qualche dettaglio della storia, tanto vale rileggerla integralmente:
“Scoperta per pura combinazione, a suo dire, la Grotta di Padrich, (Giuseppe Eggenhoffner) se ne innamorò talmente da voler renderla accessibile e vi spese parecchie centinaia di fiorini. Non contento di avere eseguito un lavoro che permetteva lo spingersi senza pericolo per oltre 50 metri nella grotta e di averla fornita di parecchie panche a comodo dei visitatori, volle spingere le sue ricerche fino al fondo e fece allargare con le mine la stretta apertura che non permetteva l’inoltrarsi. Calatosi con una corda nel sottoposto abisso scoperse un recesso roccioso aperto soltanto da una parte. Affacciatosi all’apertura vide in fondo all’abisso, al lume della lampada, un “grande lago” ed udì il rumore dell’acqua scorrente. Dopo aver notato “esattamente” il tutto, non potendo procedere, si decise al ritorno. Toccava quasi l’orlo del pozzo allorquando sentì mancarsi ogni punto d’appoggio e sdrucciolò fino al fondo. La corda bagnata non si lasciava stringere solidamente nel pugno. Tre volte tentò la salita dopo aver riposato, ma sempre invano. I suoi uomini esterrefatti erano impotenti a prestargli aiuto e dovettero risolversi ad andarne in cerca, tanto più che i lumi stavano per mancare ed essendo poco pratici della grotta, correvano il rischio di non trovarne l’uscita. L’eco non permise ad Eggenhoffner di capire la comunicazione fattagli del loro progetto e si vide ben presto solo, pieno di tristi pensieri, in attesa di sicura morte. Da principio occupò il tempo nell’incidere il suo epitaffio sulla roccia; scrisse il suo nome, cognome, e la data aggiungendovi delle teste di morto. Mancò a lui pure la luce;non gli rimase che il rimpianto di non essersi fornito di lumi e di viveri. La sua situazione divenne quindi spaventevole; vi si adattò decidendo di strisciare all’orlo dell’abisso quando le forze lo abbandonassero e di addormentarsi nella speranza di precipitare in fondo, affrettando la morte. Dopo sei ore di angoscia, a mezzanotte passata, udì avvicinarsi delle voci e scorse dei lumi; erano i suoi uomini che ritornavano muniti di scale di corda pel salvataggio. Quando fu salvo era tanto stremato di forze da non essere capace di portare senza aiuto alla bocca il bicchiere di vino versatogli.
Giuseppe Marinitsch, lo speleologo triestino dell’Alpenverein che è stato il principale artefice dell’esplorazione del fiume sotterraneo di S. Canziano, trovò effettivamente nella grotta, a fine Ottocento, l’iscrizione “Josef Eggenhoffner, 21 Juni 1808”, che potrebbe risalire alla giornata della brutta avventura. Alcune altre firme risalivano agli anni 1806-1807, fatte forse da visitatori accompagnati da lui stesso “e pregati di scrivere i loro nomi, ciocchè forse modestamente egli non voleva fare per sé, essendo il proprietario”. […] Ma non soltanto come “oste-botanico” Giuseppe Eggenhoffner era diventato un personaggio nella Trieste dei suoi tempi, né per le sole prodezza speleologiche (egli si vantava tra l’altro di aver attraversato a nuoto le grotte di S. Canziano). Uomo di ingegno vivace, si era dedicato allo studio di diverse realizzazioni tecnologiche. Aveva inventato una campana da palombaro per lavori subacquei e una macchina per la triturazione del sommaco, usata per la concia delle pelli; soprattutto però si era specializzato in problemi di idraulica, istruito in questo campo dal padre, Enrico Eggenhoffner, che per anni era stato il “mastro de’ pozzi” alle dipendenze del comune di Trieste.
Nel 1815 il triestino Josef Eggenhoffner raggiunse a nuoto la valle Maggiore [Grande Voragine, nelle Grotte di San Canziano], contribuendo così alla conoscenza e popolarizzazione delle entrate. [tratto da Naravni Spomenik, Skocjanske Jame, Koper 1998, traduzione su Internet]
Ulteriori notizie su Giuseppe Eggenhoffner si possono trovare in:
Galli M., 1991: La Grotta di Padriciano, Simposio Internazionale sulla Protostoria della Speleologia, Città di Castello, sett. 1991: 105-111
Hofmann-Montanus H., Petritsch E. F., 1952: Die Welt ohne Licht, Verlag Habbel, Regensburg
Hoppe H., Hornschuch F., 1818: Tagebuch einer Reise nach den Kusten des adriatischen Meers, Regensburg 1818
Kert L., Giornale del tempo, ms conservato nell’Archivio Diplomatico del Comune di Trieste, sub 1/2-B 30
KRAS – Zgodovina jamarskega turizma (https://www.razvojkrasa.si/si/turizem/96/article.html)
Lindemayr F., Mensch und Hohle, Historisches uber Hohlen fur die Zeit zwischen 1800 und 1849
https://www.lochstein.de/hrp/hist/histab1800.htm
N., 1899: Della Grotta di Padric, Il Tourista, 6 (8): 60-62
Primorski slovenski biografski leksikon, Goriska Mohorjeva druzba, Gorica , vol. 3: 489
Savnik R., 1968: Matej Tominc in Jakob Svetina. Prispevek k zgodovini raziskovanja Skocianskih jam, Nase Jame, 9 (1967): 66-67