Antonio Hanke

 

Antonio HANKE – (Brosdorf  – Slesia) 21.12.1840 – Trieste 3 .12.1891)

Testo di Mario Galli pubblicato su Alpi Giulie 66,Trieste 1971
Nell’ottantesimo anniversario della scomparsa, Antonio Hanke è stato ricordato dalla nostra Commissione Grotte con una semplice cerimonia nel cimitero di San Canziano. E’ stato il deferente ossequio dovuto a chi ha conquistato alla speleologia triestina, forse più di ogni altro, quell’aura di prestigio che fino ad oggi con onore è stata mantenuta.
Antonio Hanke nacque a Brosdorf, in Slesia, il 21 dicembre 1840; dopo una rapida carriera, diresse dal 2 giugno 1880 l’I.R. Ufficio di garanzia di Trieste ed il 23 aprile 1889 venne promosso al rango di “consigliere montanistico”. Per singolare coincidenza ebbe la stessa carica ricoperta quarant’anni prima da Antonio Federico Lindner e nelle esplorazioni sotterranee pregiudicò come lui la salute e la vita. Lindner, scopritore dell’abisso di Trebiciano,è il più celebre dei precursori; Hanke il più grande dei padri della moderna speleologia triestina. Come tale essa nacque infatti non con le pur leggendarie imprese dei tempi primi, tanto diverse nei criteri e negli intenti, ma con la sua costituzione in organici sodalizi dove riunire e coordinare iniziative ed energie. E grazie ad Antonio Hanke essa può vantare l’esordio più illustre: l’esplorazione della grotta di San Canziano, il più arduo e seducente problema del Carso sempre in precedenza affrontato invano.
Con gli inadeguati mezzi del tempo occorsero sedici spedizioni, nel corso di sette anni, per raggiungere il 5 settembre 1890 le sponde del “lago morto”, al termine dell’enorme galleria del Timavo sotterraneo. Dal fondo delle voragini il fiume era stato seguito per quasi due chilometri ed una profondità di cento metri, superando venticinque cascate spesso fra pareti a picco sulle acque vorticose. Fino a quella data inoltre,altre trentotto uscite erano state effettuate per preparativi, per la minuziosa perlustrazione delle cavità laterali e per la costruzione dell’arditissimo sentiero alto. Vera “via ferrata” sotterranea, che consentiva di percorrere le pareti della galleria a sufficiente altezza per sottrarsi al pericolo delle improvvise piene. Antonio Hanke era stato l’animatore di quell’esplorazione che Martel definì la più difficile e pericolosa mai fino ad allora compiuta; in essa gli furono compagni Giuseppe Marinitsch e Federico Mueller, che in lui riconoscevano”il maestro e capo incontestato, l’amico valente ed oculato, il lavoratore infaticabile, primo nell’avanzarsi, ultimo nel retrocedere”. Curò personalmente il “libro delle grotte” della Sezione Litorale dell’Alpenverein, ricco di annotazioni, di schizzi e di relazioni, che purtroppo è andato perduto; a stampa egli non lasciò una parola, soltanto i precisi rilievi. Dagli scritti degli altri sappiamo della sua accortezza e coraggio, del suo grande amore per il Carso, cui dedicò sempre tutto il tempo libero, della sua benevolenza verso ipoveri villici, dei quali fu amico e benefattore. Tra essi inoltre egli scelse quelle ardimentose sue “guide” che gli furono collaboratori validi ed affezionati.
Nel 1885 discese nei due pozzi carsici presso le fonti del Timavo (226 e 227 VG) nei quali “ritrovò l’acqua senza poterla seguire a causa delle volte troppo basse e delle fessure troppo strette”. Ma l’impresa che merita particolare ricordo, e che per lui fu l’ultima e fatale, è l’esplorazione dell’abisso dei Serpenti. Questo nome sinistro era stato attribuito dalla fantasia popolare ad una profondissima voragine presso Divaccia, argomento di oscure leggende, situata sul probabile corso sotterraneo del Timavo. Talvolta nell’orrida ampia imboccatura aleggiava una densa nebbia salita dal profondo, ciò che lasciava fondamentalmente sperare di raggiungere là sotto il fiume; ma le difficoltà da affrontare erano per quei tempi grandissime: lo scandagli odi 150 metri non aveva toccato il fondo. Nel settembre 1889 con l’aiuto di alcuni lavoranti, Antonio Hanke iniziò i preparativi per l’esplorazione, in diversi giorni di lavoro vennero scesi i primi cento metri dell’abisso, fissando tra le anfrattuosità delle pareti scale di legno e lunghe “biscaline”.  Raggiunto un aereo ballatoio da dove la discesa continuava nel vuoto, con pericoloso lavoro vi venne sistemato un rudimentale verricello. Quando però tutto era predisposto, Hanke fu richiamato ai propri impegni e dovette rinunciare alla discesa in attesa di un nuovo periodo di licenza. Mise in libertà gli operai fino al suo ritorno, ma questi non seppero resistere alla curiosità e vollero continuare da soli; in tanti anni di lavoro nella grotta di San Canziano avevano acquistato una grande dimestichezza col mondo sotterraneo, di cui sentivano anch’essi l’attrattiva ed il fascino e, in quella particolare occasione, erano spronati dall’ambizione di compiere un’impresa del più grande prestigio, sfatando le fole dei propri compaesani. Primo a tentare la discesa fu Gregorio Siberna, appeso alla corda seduto su di un piolo di legno, al quale era legato; dopo 60 metriperò, dove il pozzo sbocca in una cupola immensa, la corda attorcigliandosi cominciò a girare vorticosamente ed egli roteando sospeso nel vuoto, impaurito e sconvolto, suonò il segnale di recupero. Alcuni giorni dopo, il 16 settembre, egli ripeté il tentativo giovandosi di un’altra corda cui era assicurata la pesante zavorra di un sacco di pietre per impedire la paurosa oscillazione. Venne calato per 106 metri, finché toccò il fondo in una enorme caverna, seguito da Reschauner e da Rebech; i tre esplorarono una lunghissima ed ampia galleria, dando poi dell’impresa resoconti fantasiosi e stupefacenti. Per quanto però fosse stato trovato un intero ceppo d’albero e grande quantità di legname fluitato, il Timavo non era stato raggiunto.
Nel 1890 tutto l’impegno degli speleologi venne assorbito dalle grotte di San Canziano, dove dalla diciottesima cascata venne raggiunta la venticinquesima ed il “lago morto”, per un percorso di circa 1300 metri. Si dedicarono nuovamente alle voragini circostanti nella primavera 1891, e nel giugno Antonio Hanke organizzò una nuova spedizione all’abisso dei Serpenti per dissipare ogni dubbio con un’esplorazione accurata e completa. I preparativi durarono due settimane; installato il verricello a cento metri di profondità, il 28 giugno con il concorso di otto lavoranti venne effettuata la discesa. L’esplorazione durò quattordici ore. Insieme a Gregorio Siberna e Valentino Reschauer egli visitò la grandiosa caverna poi denominata “sala del Recca”, dal suolo sconvolto dalle saltuarie irruzioni dell’acqua rigurgitante (ed infatti incontrò un lago in fondo ad essa, dove quattro anni dopo Marinitsch proseguì per 40 metri di cunicoli) e si spinse per quasi 900 metri nella lunga galleria orientale, evidente alveo abbandonato dal fiume, arrestandosi davanti ad un lago. L’impresa ebbe ampia risonanza per l’alone di leggenda di cui era circondata la grotta, ma a causa di essa l’ardimentoso avrebbe dovuto soccombere, vittima della sua stessa incontenibile passione. Provato già dagli strapazzi sopportati a San Canziano, sofferente di cuore, benché caldamente sconsigliato dagli amici si sottopose infatti febbricitante alle fatiche ed ai disagi di quelle ultime discese; non si sarebbe più ripreso e minato dalla pleurite si spense alcuni mesi dopo, a 51 anni, il 3 dicembre 1891.
Familiari ed amici vollero fosse tumulato nel piccolo cimitero di San Canziano, dove sale il sordo fragore del fiume che scompare nel Carso.
* * *
[…]
In onore di Antonio Hanke la Sezione Litorale dell’Alpenverein, su proposta di Guglielmo Urbas, pose nella Caverna Schmidl il 13 maggio1892 una lapide commemorativa. Dopo la redenzione venne sostituita con un’altra, letterale traduzione del testo tedesco:

ALLA MEMORIA DELL’INTREPIDA ED ESPERTA GUIDA NELL’ESPLORAZIONE DI QUESTE CAVERNE CONSIGLIERE MINERARIO ANTONIO HANKE NATO A BROSDORF IN SLESIA IL 21 DIC. 1840 MORTO A TRIESTE IL 3 DIC. 1891 DEDICA QUESTA TARGA D’ONORE LA SEZIONE LITORALE DELLA SOCIETA’ ALPINA GERMANICA E AUSTRIACA.

Rinnovata per cura della Sezione di Trieste del Centro Alpinistico Italiano

Ulteriori notizie su Antonio Hanke si possono trovare in:
– – , 1891: Personal Nachrichten . K. K Bergrath Anton Hanke, Mitt. Des D.O.A.V., 21: 305
– – , 1974: Primorski Slovenski Biografski Leksikon, Goriska Mohorjeva Druzba, vol. I: 527, Gorica
Finocchiaro C., 1972: Onoranze ad Anton Hanke, Rass. Spel. It., 24 (1): 93-94
Galli M., 1999: Timavo. Esplorazioni e studi, Suppl. n. 23 di Atti e Memorie CGEB, Trieste 1999, pp. 198
Galli M., 2000: La ricerca del Timavo sotterraneo, Museo Civico di St. Nat., Trieste 2000, pp. 174
Gherlizza F., 1991: Anton Hanke nel centenario della morte, Rassegna della F.S.T., n. u. 1991: 5-6
Guidi P., 1995: Cenni sull’attività dei Gruppi Grotte a Trieste dal 1874 al 1900 Atti e Memorie CGEB, 32: 85-127
Habe F., 1979: Der Anteil der Slowenien In der Hohlenfoschung bis zum Jahre 1910, Akten des Symposium zur Geschichte Hohlenforschung, Wien 1979, Wien 1984: 32-35
Kranjc A., 1992: Ob stoletnici smrti Antona Hankeja (1840-1891), Nase Jame, 34: 177-179
Pazze P. A., 1893: Chronik der Sektion Kustenland des Deutschen und Oesterreichischen Alpenverein, Trieste 1893: 140-144
Shaw T. R., 1992: History of cave science, Sidney Speleological Society, pp. 338