Luca Kralj. Protospeleologo dell’Ottocento
Contadino del villaggio di Trebic (oggi Trebiciano, il sloveno Trebce), frazione carsica del comune di Trieste, Luca Kralj appartenne a quella schiera di Grottenarbeiter (lavoratori delle grotte) che nell’Ottocento e nei primi anni del secolo seguente ebbero un ruolo importante nelle ricerche speleologiche sul Carso Classico. E’ nato il 3 ottobre 1819, a vent’anni partecipò alle esplorazioni di Lindner a San Canziano, e probabilmente anche ai vari lavori eseguiti senza risultato sul Carso, tra cui gli scavi di assaggio sul fondo della Grotta Gigante. Sempre con il Lindner prese parte ai lavori che portarono alla scoperta del Timavo sul fondo dell’abisso di Trebiciano; “giovanotto villico di incredibile ardire” ebbe un ruolo di protagonista nel successo di quell’impresa e fu il primo infatti a raggiungere l’acqua sotterranea il 6 aprile 1841. Probabilmente nel decennio successivo fu ingaggiato nelle ricerche effettuate dall’ispettore dei pompieri Giuseppe Sigon in diverse grotte del Carso, nel tentativo di raggiungere più a monte il fiume sotterraneo, ma di questi lavori non è rimasta alcuna traccia scritta. Si saper certo che nell’estate 1852 partecipò all’esplorazione della Grotta di San Canziano organizzata da Adolf Schmidl, nella quale venne raggiunta la sesta cascata. Dopo tre giorni di lavoro per superarla una piena improvvisa del fiume – che travolse attrezzi e le tre imbarcazioni – costrinse i lavoranti ad una fuga disperata nella quale riuscirono a stento a salvarsi.
Negli anni 1862-1864 partecipò ai lavori nel Foro della Speranza, cavità verticale sita ai margini del Carso, in prossimità del rione di San Giovanni proprio alle porte di Trieste. I lavori erano stati indetti dal Comune di Trieste alla ricerca di una via al Timavo più vicina alla città e si concludono il 28 ottobre 1866 quando a quota -254 viene fatta brillare una potente mina per forzare la fessura terminale. Luca Kralj, suo fratello Antonio Kralj e Andrea Fernetich vi scesero per verificarne l’effetto; giunti a circa 170 metri di profondità rimasero soffocati dalle esalazioni di gas; due settimane dopo vi perse la vita Matteo Kralj, sceso assieme ad altri quattro compagni per cercar di recuperare le salme dei primi tre sventurati. I loro resti furono trovati trent’anni dopo dai grottisti del Gruppo Hades, i primi ad essere scesi nella Grotta dei Morti – così veniva orami chiamata – dopo la disgrazia.
Noto nella pubblicistica italiana e tedesca, e nei documenti conservati negli archivi comunali di Trieste, con il patronimico “Kral” o “Krall”, secondo le regole grammaticali slovene il suo cognome è scritto “Kralj” (la j è muta e non viene pronunciata) come riscontrato anche nel Register Defunctorum Parochiae Opchinae da ricerche effettuate da Luciano Filipas negli archivi della chiesa parrocchiale di Opicina, ove risulta che “Lucas Kralj in caverna suffocatus periit laborando” il 28.10.1866. Tali regole grammaticali vennero codificate a metà Ottocento, infatti nel registro dei battesimi della stessa parrocchia risulta “Lucas Krajl”.
Mario Galli
