Una stagione a Gropada, ed un ospite inatteso ma gradito…..
pubblicato su ” PROGRESSIONE N 51 ” anno 2004
Già contea di Levantin Barbarossa (forse qualcuno lo conosce come Dario Marini..), per noi il Carso di Gropada è il luogo più misterioso e tetro della zona dell’altipiano triestino. Ma è un tetro positivo e sicuro che caratterizza ad esempio i rifugi di poche persone, che lo capiscono e comprendono e trovano armonia e stabilità. Le nebbie frequenti, gli affioramenti calcarei a dolmen e le doline profonde, la temperatura esterna sempre rigida rispetto ad altre zone del Carso ed il fatto che sia tutto sommato un luogo ancora desolato, creano quelle condizioni naturali che possono essere apprezzate appunto da pochi. E sappiamo che camminando, sotto, vasti spazi e verticali segnano, chissà, forse misticamente, la strada da seguire, le vie da battere per le ricerche di nuove cavità. Denso di racconti, anche tragici, il Carso qui insegna storia: zona di retroguardie austriache nella I° guerra mondiale, poi battuto dai grottisti negli anni ’20, soprattutto dalla forte squadra di Prez, Comici e la ganga della XXX Ottobre che in circostanze oscure qui ci lasciò anche un morto, Vittorio Lazzara perito in modo mai del tutto chiarito: e poi ancora i misteri dell’Abisso III° di Gropada, cavità promettente e profonda mai più ritrovata, gli scavi degli anni ’50 per tentare di individuarla nuovamente, tutti vani, le sedute spiritiche, il grande vecchio Prez che tornava sui luoghi della giovinezza forse per prendere ancora tutti per il culo o per ricordare in silenzio i segreti che poi si è portato via per sempre. Abissi profondi , verticali di centinaia di metri, solitudine. Federico si era messo in testa questa idea, folle e logica allo stesso tempo, ritrovare l’abisso scomparso con impegno, testardaggine e dedizione. Anche qui mancò la fortuna, non il valore. Ma forse proprio Lazzara o Prez ci hanno poi guidato a trovare un altro abisso nuovo di zecca, chiamato per promulgare la tradizione della zona “Abisso IV° di Gropada”. E magari i vecchi grottisti defunti, per compensarci, ce lo hanno fatto trovare tutto sommato abbordabile in fase di scavo per esser reso agibile, non sicuramente però agile da individuare. Abbiamo passato un paio di mesi al suo interno, rovistando in frane, strettoie, scendendo pozzi e armando traversi e ancora risalite, erosioni e concrezioni, anche fango, merda, me sappiamo che qui sul nostro altipiano è così. Siamo scesi abbastanza e ci siamo mossi anche su proiezione orizzontale, l’abisso ha concesso quello che voleva e poi ha chiuso i sentieri profondi. Tutte le vie logiche, le prosecuzioni a vista e le vie dell’aria sono state seguite e in alcuni casi forzate, dubito che si poteva arrivare a qualcosa di più. L’aria in profondità non ha più indicato vie certe, correva, s’intrecciava e galleggiava nei rami della grotta come delle sciarpe che si annodano tra loro, confondendoci e lasciandoci soli con le nostre idee, campate in aria, nel vero senso del significato etimologico delle parole. Ed una domenica pomeriggio siamo usciti con le corde e la ferraglia, decretando la parola fine sul tutto. Ma tutti noi eravamo comunque appagati, sapendo che altre storie erano da iniziare a Gropada e magari altri fuochi d’accendere, gli stessi dove una sera, sono sicuro, dietro a noi a spiarci sorridendo e ghignando c’era proprio Cesare Prez: mi sono alzato e sono andato nell’incerto della notte e della nebbia a invitarlo e farlo sedere tra noi, tra complici a bere un doppio come ai bei tempi, ma si era già nascosto da qualche parte il vecchio bucaniere, geloso dei suoi segreti sul III° di Gropada sapendo che glieli avremmo chiesti. Ma io vi dico che c’era, ed era contento di noi.
Riccardo Corazzi
