El Pampero

 

EL PAMPA VICENDE DI RUM ED ESPLORAZIONI

Pubblicato sul n. 48 di PROGRESSIONE – Anno 2003

Quante sere e notti passate in casera a mangiare e sbevazzare, dopo giornate di fatica e fame e freddo in grotte ostiche, attorno al fuoco scoppiettante di legno larice, buono e profumato, che illumina e riscalda: e parlare di noi, degli amici, della vita e del suo andazzo, delirando sulle grotte che ci stanno attorno e sotto i piedi, sparando cazzate chiaramente, magari trascinati (appena un po’, appena un po’…) dalle “fiasche” di rhum venezuelano “El Pampero” (questo è un annuncio pubblicitario…) dolce e intenso, oleoso e ambrato e profumato di barrique dove a lungo indugia.
Che in modalità copiosa, lui, il rhum, tenne a battesimo questi rilassanti (per lo spirito) e divertenti giorni.
È Agosto 2002 quando i soliti (Gino e Cristo) salgono in avanguardia per una settimana di campo a Casere Goriuda, io arriverò il giorno dopo. Per Cristo (no, non è un esclamazione…), è la prima volta che mette piede nella zona carsica del Canin, anzi, è proprio la prima volta che vede quelle zone, che siano carsiche o no: quindi non conosce nulla, non sa niente di niente di zone battute, di abissi, di collegamenti e cose di questo genere.  Ecco, l’animo puro del non saper nulla e quindi essere senza preconcetti: avete mai pensato che il culo del principiante sta in questo? Nell’affrontare, libero da idee e suggerimenti altrui, situazioni o fatti che gli altri che gli stanno attorno hanno già sentenziato che saranno di un certo tipo.  E ovviamente fregarsene dei “consigli” degli altri.
PERCHÉ SCRIVO QUESTO?
Il giorno successivo, i due tentano uno scavo alla Grotta delle Biciclette ma dopo qualche minuto perdono la punta del trapano ed escono: è presto, già che ci siamo, dice Gino, diamo un’occhiata in giro se troviamo qualcosa. Gira e rigira risultati zero, Cristo si stufa, SI SIEDE IN UN POSTO A CASO nell’enorme canale-anfiteatro dove si apre le Biciclette, accende una cicca e fuma, aspettando Gino che completi il suo discorso personale con i tafani e le ortiche. Benché non abbia mai trovato una grotta in vita sua, non sappia quale indizi seguire, e nonostante sia rovinato dalla salita del giorno prima, Cristo riesce a rendersi conto che ci deve essere un motivo metafisico per il quale il fumo della sigaretta non sale come sappiamo tutti, ma gli si infila tra le gambe e sparisce in una fessuretta sotto le chiappe.
Richiamato Gino, spostano a mani nude dei sassi e dopo venti minuti si può scendere una piccola china con pietrisco che dà su un saltino; inutile dire quante volte eravamo già passati davanti a quella piccola banconata di calcare con la sua bella fessurina … ”n’è niente!” si concordava
tra di noi, speleo esperti e vissuti… Il giorno dopo entriamo io, Cristo e Animal, e abbiamo subito fortuna; bigoletto d’ingresso, saltino, altra condottina, laminatoio con passaggio in parete, occhio nero che s’affaccia e dice “se scendete, qui ci sono 30 metri di pozzo”.
Martellando il passaggio, passiamo e scendiamo il salto, bello, ampio, aereo, panciuto: alla base, è l’Animale a giustificare il suo soprannome con degli ululati di eccitazione, dovuti ad un forrone che compie due curve secche e s’apre a volo d’angelo su di un altro pozzo-cascata bello cilindrico, puro stile Canin … roba rara a queste quote!
Sceso anche questo, dagli di mandrino brevissimo, altro salto di pochi metri e un bel meandro comodo con marmitte d’acqua sul fondo … comodo per pocochiaramente! La nuova grotta si concede anche troppo e si ricorda di essere “una del Canin”, dove ci sono sì grandi emozioni e soddisfazioni ma solo dopo aver dimostrato che ci sappiamo fare. Infatti, un meandro non terribile ma neanche pischello ci porta a spasso per diversi metri finché arriviamo in un restringimento a vista d’occhio non transitabile e scatta l’incazzo: davanti è strettissimo, sotto chiude senza appello … già fregati?  Per essere il primo giro però, siamo più che appagati. Ovviamente alla sera Cristo, che è in penitenza alcolica impostagli dalla Motorizzazione civile, decide di bagnare copiosamente con tutti la bella scoperta fatta, e saranno bottiglie di rhum a rotolare vuote sul pavimento della malga, scherzetto che più avanti gli costerà la patente di guida … ma per un gagliardo motivo almeno!

 

Uscita in notturna. (Foto R. Corazzi)

Sembra impossibile che tutto finisca già in una punta, fintanto che Animal estrae dal cappello una traversata-pendolo sul primo pozzo, becca una finestrella e s’apre ai nostri piedi un’altra via che scende: questo è il ramo secondario che si diparte da –20, ingannatore anche lui, che ricopre di fango e colpi chi lo percorre.

In esplorazione sul P 25. (Foto R. Corazzi)

Dopo un ampio pozzo di 11 metri, ed una caverna spaziosa, attaccano una cinquantina di metri di meandro stretto e fangoso, qualche condotta e un ultimo pozzo di cinque metri che termina come un qualsiasi cessetto di grotta del Carso, cavernetta infima tappata di fango e pietre e un cunicoletto che se ne va via … il tutto sessanta metri sotto l’ingresso.  Veh, servono i magri, abbiamo capito!  Reclutati Animal che è sottile e Vibro che è la metà di lui, vengono gentilmente invitati a fare da cavie-esploratori nel meandro finale, vedere se và … ma come?
“Se passè bon, se ve incastrè rangieve, vol dir che non se passava!” Facile e intuitivo, no? I ganzi ovviamente passano e dopo una strettoia per virtuosi percorrono una ventina di metri di meandro dove almeno si può stare in piedi sino ad affacciarsi su un pietrone panoramico di metri 2×2 che butta su una gola spalancata, 50 metri di pozzo bello vergine da scendere.
Passa qualche mese, e io e Gino armati di corde e “subioti” entriamo, facciamo capire almeno in parte alla strettoia che non ci avrà, diamo in pasto alla roccia vorace i “subioti” che abbiamo portato per lei e nudi e crudi passiamo anche noi sino al pozzo: stupendo cilindro con un masso-sommergibile incastrato e metà, giusto giusto per appoggiare i piedi e cambiare sullo spezzamento, ancora una libera a piombo e siamo in una bella caverna con ometto! Gloria e onore, siamo in DP!!! Passata la prima botta d’euforia, quella che non ti fa ragionare (come quando ti metti con una donna…), mi sembra di ricordare qualcosa: è nel preciso momento che mi ritrovo disteso in una condottina accanto alla caverna che il ricordo mi risale come un frustata e non è un bel ricordare … quella è la zona pazzescamente battuta d’aria gelida dove due anni prima, entrando dall’Inversa, ci eravamo trovati distesi in terra (altezza del soffitto 80 centimetri…) ad aspettare chi scendeva il pozzo appena scoperto, quattro ore di reumi, deliri e anchilosamenti vari. È detta, sono sicuro! Siamo in Inversa.
Dunque come accade da diversi anniin questo zone, altro collegamento, sembra la fine dei giochi. “El Pampero” invece, farà da via preferenziale per riprendere anche le esplorazioni in “Inversa”, abbandonate due anni prima in un meandro strettissimo. Ora “El Pampa” porta agilmente sul meandro impestato di “Inversa”, forse troppo frettolosamente dato come impraticabile: infatti, una squadra GTS passa dal Pampero e caparbiamente sgomita e strappa il meandro impestato per un’eterna via lunga 200 metri, scende un bel pozzo-caverna e si ritrova in Giunzione Pampero-Inversa
“Rotule Spezzate”: altro tassello e altre tante storie, il sistema Inversa-Pampero entra nella grande famiglia di Rotule Spezzate.  Fine dei giochi.

 

Giunzione Papero-Inversa (autoscatto). (Foto R. Corazzi)
Esplorazione del P.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANCORA QUALCOSA

Partenza del P. 25 (Foto R.Corazzi)

Una cosa che ho sempre trovato molto pallosa da leggere negli articoli di speleologia è la descrizione della cavità, utile solamente per eventuali ripetizioni, altrimenti mediocre sistema per dare più corpo all’articolo. Quindi per “El Pampero” niente descrizione su Progressione, chi lo desidera trova la relazione annessa alla scheda catastale. Detto questo, incazzatevi pure, ancora due righe sul Pampero. È stato una bella esplorazione che tutto sommato non ha portato via tante uscite, ci si è un po’ persi, giustamente, nell’esplorazione del ramo a –20, che sembrava offrire maggiori possibilità di prosecuzione. Il meandro sottostante del Pampero invece, una volta forzato, ha indicato la via giusta da seguire. Il collegamento era quasi scontato, noi speravamo con il Dobra Picka, ma affinché questo avvenisse lo sviluppo del meandro finale doveva essere almeno il doppio di quanto è in realtà. Come avete letto, siamo planati in Inversa, altro antico sistema freatico esplorato alcuni anni prima e ostico nello suo sviluppo planimetrico.  Il Pampero a qualcosa è servito, anche dal punto di vista esplorativo e geografico: oltre ad essere il secondo ingresso più alto del sistema Rotule Spezzate (l’ingresso alto in assoluto è l’Abisso Gordio) con cui è stato connesso, la sua scoperta ha dato nuovo impulso alle esplorazioni di Inversa, che si erano fermate due anni prima in un meandro veramente molto stretto e di lungo sviluppo.
Entrando dal Pampero, gli speleo del GTS hanno trovato i nuovi stimoli per affrontare il meandro (che sono sicuro non avrebbe mai più visto tentativi di forzamento entrando da Inversa), superarlo e con un bel pozzo da 50 metri atterrare nel ramo inferiore terminale di Rotule Spezzate.  Piace pensare che grazie alla scoperta del Pampero, sia stato possibile ampliare ulteriormente le conoscenze della zona e congiungere al sistema principale di Rotule Spezzate altre due belle cavità.
Ora la scommessa, e il prossimo passo, è collegare tutto il Sistema di Rotule Spezzate al Sistema Bus d’Ajar-Complesso del Col delle Erbe: dateci un po’ di tempo, siamo lì…                                                                  Riccardo Corazzi

Hanno giocato all’Abisso “El Pampero”

Federico “Gino” Deponte – CGEB
Riccardo “Riki” Corazzi – CGEB
Alessandro “Vibro” Zorn – CGEB
Cristiano “Cristo” Marocchi – SAG
Andrea “The Animal” Sbisà