DIARIO PUNTUALE DI UN ESPERIENZA
Pubblicato sul n. 37 di PROGRESSIONE – anno 1997
Mi è stato chiesto di accompagnare la pubblicazione di questa nuova scoperta speleologica con le impressioni di viaggio vissute durante la sua esplorazione. Proprio a me perché neofita 4Oenne della speleologia di alta montagna, finalmente dopo 25 anni sono riuscito a realizzare un’avventura sognata fin dai tempi della gioventù.
Sulla destra della statale che rincorre il fiume Fella nel suo percorso tra Carnia e Tarvisio, all’altezza di Chiusaforte si apre la vai Raccolana che dopo alcuni chilometri termina sotto al massiccio del CANIN. Maestosa formazione calcarea-dolomitica tuttora sede del più importante carsismo d’Europa e perciò meta privilegiata dei gruppi speleologici del Friuli Venezia Giulia. Era proprio la, che una tersa mattinata primaverile, ero diretto assieme agli amici del gruppo grotte in quegli abissi di alta montagna che i ricordi giovanili portano ancora alla memoria esplorazioni condotte con l’ausilio di sole scale e corde di sicurezza. Oggi nel bagagliaio della “station-wagon , ma una volta si chiamava familiare, c’erano invece pochi e leggeri sacchi sufficienti però ad una esplorazione ricognitiva del DURNIKTHOR. Man mano che il CANIN si avvicinava I’interloquire dei partecipanti diventava sempre più mirato all’esplorazione, si aprivano grandi speranze forse solo illusioni sul prosieguo dell’abisso solo in parte esplorato. Un comodo impianto a fune ci attendeva all’arrivo a Sella Nevea per portarci comodamente in quota fino al rifugio Gilberti. I soliti gitanti della domenica guardavano con curiosità ed una punta, forse, di invidia i nostri zaini esagerati e sovraccarichi dei sacchi di esplorazione; mi sentivo bene e sarà stata la splendida giornata, la voglia di fare o la mia “forma fisica” ma quel giorno avrei sopportato qualsiasi fatica. Giunti in quota, dopo aver seguito per breve tratto la traccia del sentiero CAI 636a, abbandonammo la via battuta per avvicinarci all’ingresso dell’abisso in quel di Livinalung. Molte volte ero stato in montagna ma mai avevo osato abbandonare le tracce battute; l’esperienza e la disinvoltura dei compagni rendeva invece il tutto così naturale. Il rito della vestizione, eseguito a 1660 m certo è una altra cosa; mentre nell’abituale Carso Triestino tali azioni diventano routinarie e senza emozioni, quassù hanno il sapore dell’esplorazione quella vera. Gli ampi spazi poi che si aprivano davanti a noi e la giornata tersa ti facevano toccare quasi con mano il lontano JOF di MONTASIO, il più vicino JOF FUART o il sovrastante monte POVIZ dando al tutto un significato diverso alla discesa in cavità. Infilarsi nel comodo pozzo d’ingresso era stato come violare quell’imponente montagna. Scesi i primi pozzi, già esplorati in precedenza, ci siamo fermati su di un terrazzo dove iniziò e finì la mia esplorazione ma anche le aspettative del gruppo sul prosieguo della cavità che fino a quel punto aveva dato grandi speranze. La tecnologia, dopo 25 anni, in breve ebbe il sopravvento sulla natura e grazie a comodi e sicuri FIX infissi con l’ausilio di un potente trapano a batteria venne attrezzato un traverso in artificiale. Lì f inirono le speranze di grandi esplorazioni custodite dentro ognuno di noi: “la finestra che si apriva in quel camino si ricongiungeva con il pozzo sottostante già visitato” !. Durante la risalita, buon ultimo, disarmavo i pozzi e uscito all’esterno mai fu più gradito il caldo tepore del sole che asciugava la mia tuta ormai fradicia di sudore e di acqua di percolazione che nell’abisso avvolgeva con sottile strato ogni parete ed anfratto. Per facile sentiero la discesa a valle fu veloce e giunti alla familiare, lo sguardo volse a monte: ero stato finalmente in CANIN.
Paolo Toffanin
Dati catastali
ABISSO DURNIKTHOR (LV 1), 6014 / 3433 FR
CTR 1:5000 Sella Nevea; pos. 130 28’ 57” 9-
460 22’ 41” 4; quota ingr. m 1757; Iung. m 39;
prof. m 77, pozzo est. m 39, i. m 14 – 22. Ril.
Fabi, Hrvatin, 14.5.1997.