GROTTA DELLA FORNACE (731/3913 VG)

Pubblicato sul n. 37 di PROGRESSIONE – anno 1997
GENERALITÀ
L’aspro territorio collinare che si estende a nord-est di Aurisina presenta numerose cavità che si contraddistinguono per i molteplici e caratteristici aspetti geomorfologici, archeologici, preistorici, bellici e foiklorici. Fra queste, particolare interesse rivestono la Grotta Lesa (Lesa Pecina, 237 VG), la Grotta Caterina (Katra Jama, 239 VG), la Grotta Gialla (932 VG), la Grotta Moser (1096 VG), la Grotta delle Radici (256 VG) e la Grotta dell’Edera (5143 VG). Un’altra significativa cavità, presente in questa riposta piaga, raramente frequentata per la sua non facile individuazione e che risulta interessante sotto l’aspetto vegetazionale-speleobotanico, è la Grotta della Fornace (3913 VG). Con il suo ampio ingresso (8 x 4 m), essa si apre sul versante meridionale di un susseguirsi di rilievi e di alture abbastanza uniformi, di quota pressoché analoga, aggirantesi sui 250 m. È in posizione impervia, seppur panoramica, circondata da affioramenti calcarei, minutamente incisi. Quasi continui sono infatti i campi solcati e le tormentate “grize”, emarginate forme geomorfiche mascherate dalla sempre più rigogliosa boscaglia a schietto carattere illirico. Il pittoresco baratro della cavità – dal contorno irregolare e che si può agevolmente scendere mediante scala o corda per 7 m sino all’apice di un marcato cono detritico presenta dunque un’interessante vegetazione a carattere speleobotanico, che può venire considerata ed apprezzata soprattutto per la varietà di specie che vi si sviluppano. La Grotta della Fornace (731/3913 VG) è situata 135 m a sud della quota 240,4 m (Carta C.T.R. 1:5000, elemento 110013 “San Pelagio”, Ediz. 1992) ed a una trentina di metri a nord dalla linea elettrica, a circa metà distanza tra due successivi pili. Ad Aurisina la cavità era da tempo conosciuta come “Grotta degli Austriaci”, pur non presentando tracce di adattamenti bellici, come si può invece agevolmente notare, ad esempio, nella non distante -800 m a NNW – Lesa Pecina 237 VG). Nota localmente anche come dama Jepavkna, la cavità negli anni 70 era regolarmente frequentata dalla scuola Nazionale di Speleologia per le attività pratiche di esercitazione. NeI 1963, durante un sopralluogo per la revisione del rilievo della grotta, nella parte terminale del ramo ovest venne individuata e forzata una strettoia che lo ostruiva. AI di là di questa si sviluppava una successione di vaste caverne, ricche di concrezioni. La cavità assunse pertanto maggior importanza ed interesse sia per la sua considerevole lunghezza, che la pone attualmente fra le più estese dell’altipiano carsico triestino (465 m), sia per le sue caratteristiche di un’antico alveo sotterraneo, in alcuni punti ancora ben evidenti. Poco dopo la scoperta delle nuove diramazioni, molte fra le più significative e vistose concrezioni calcitiche scomparvero o furono irrimediabilmente danneggiate. Nell’ambito di uno studio sugli inghiottitoi fossili del Solco di Aurisina, la grotta nel 1952 fu indagata da Walter Maucci, cui si riferisce un primo grafico con i relativi dati catastali. Ne seguì uno più rigoroso, effettuato nel corso del biennio 1963-1964, da Tullio Piemontese della 5. A. G. Un’ulteriore revisione della cavità, a cura di Natale “Bosco” Bone e di Glauco Savi, pure della 5. A .G. e datata 18 aprile 1980, comportò la scoperta di una nuova diramazione nella parte terminale del ramo vecchio. Un diligente lavoro di disostruzione in una frana d’argilla, poi abbandonato per varie difficoltà di prosecuzione, consentì comunque di rendere più lunga la grotta. Le coordinate geografiche della cavità, riferite alla Tav. I. G. M. 1 25000, F0 N. 40 A III N. E. “Duino”, Ed. 6. a, 1962, sono le seguenti: Lat. 45° 45’ 53” N, long. 1° 14’ 45’ E M. M., quota d’ingresso 212 m. La profondità massima è di 61 m, quella del pozzo d’accesso di 7 m e quelle dei pozzi interni di 10, 10, 12, 5, 4 e 3 m. La lunghezza dei rami laterali è di 15 m, quella complessiva di 465 m.
LA VEGETAZIONE CIRCOSTANTE
La cavità si apre sul versante meridionale di un accidentato rilievo, in alcuni punti alquanto impervio per le copiose emersioni rocciose, non di rado fossilifere, che costellano il suolo e che geologicamente appartengono al Turoniano medio (Radiolitico principale). Soltanto in pochissimi, tratti è pertanto ancora presente la landa, un tempo molto più estesa e pressoché dominante. Occasionalmente si può dunque ancora individuare qualche residuo tratto dell’antico Crisopogoneto. La boscaglia carsica, con i suoi tipici costituenti quali il Carpino nero (Ostrya carpinifolia), l’Orniello (Fraxinus ornus), il Ciliegio canino (Prunus mahaleb) ed in minor misura la Roverella (Quercus pubescens), tende progressivamente ed in modo rapido a ricoprire i residui lembi prativi circostanti. Anche lo Scotano (Cotinus coggygria), nella fascia basso-arbustiva, contribuisce notevolmente in quest’opera di copertura. Numerose sono pure le specie a carattere termofilo, quali il Terebinto (Pistacia terebinthus), la Flammola (Clematis flammula) e la Marruca (Paliurus spina-christi), che s’incontrano abbastanza spesso in questo ambiente. Fra le altre essenze d’aspetto arbusti-vo si possono riconoscere il Corniolo (Cornus mas), l’Acero trilobo o di Montpellier (Acer monspessulanum) e la Coronilla (Coronhlla emeroides ssp. emerus). Fra le specie che si sviluppano nello strato erbaceo, relativamente comuni figurano la Sesleria argentina (Sesleria autumnalis), il Forasacco di corte barbe (Bromus erectus), il Vilucchiello (Convolvulus cantabrica), il Garofano tergestino (Dianthus tergestinus), il Trifoglino (Dorycnium herbaceum), la Stregonella (Stachys recta), il Caglio bianco (Galium lucidum), la SaIvastrella minore (San guisorba minor), la Salvia dei prati (Salvia pratensis), il Calcatreppolo ametistino (Eryngium amethystinum), l’Asparago selvatico (Asparagus acutifolius), l’Eutorbia cipressina (Euphorbia cyparissias), la Centaurea montagnola (Centaurea triumfettii), il Vincetossico (Vincetoxicum hirundinaria) ed il Sigillo di Salomone (Polygonatum odoratum). Abbastanza frequente appare, nelle fessure delle rocce circostanti la cavità, la piccola felce Ruta di muro (Asplenium ruta-murana ssp. ruta-murania). Dalle poderose emersioni spesso si sviluppa, nella piena stagione estiva, l’imponente Campanula piramidale (Campanula pyramidalis) che contribuisce ad accentuare l’aspetto termofilo del sito. Nei pressi della Grotta si staglia un Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) di ben 2,72 m di circonferenza, misurata ad 1,30 m dal suolo.
ASPETTI CLIMATICI E SPELEOVEGETAZIONALI NELLA CAVITÀ
Particolarmente interessante risulta, sia dal punto di vista climatico che da quello vegetazionale-speleobotanico, l’ampio pozzo d’accesso alla cavità. Dal contorno irregolare (8 x 4 m) e relativamente poco profondo (7 metri), esso rappresenta tuttavia un ambiente in cui il fenomeno dell’inversione termica appare considerevole ed accentuato. A ciò contribuiscono evidentemente le due chine detritiche: quella, più breve ad est, che prosegue in una galleria a fessura alta e stretta in ripida discesa, e quella più sviluppata ad ovest che, continuando pure in galleria, convoglia notevoli masse d’aria fredda nelle sue varie diramazioni. L’ambiente in cui si apre la grotta appartiene alla 4.a delle sei zone climatiche in cui è stata suddivisa la Provincia di Trieste. In esso il clima è temperato, de-notando marcati influssi marittimo-mediterranei; è relativamente ben soleggiato e ben protetto dalla bora dai rilievi sovrastanti. Può considerarsi incluso in quello più ampio che comprende la sottostante vasta depressione in cui si aprono numerose cavità, tra cui la Grotta Moser (1096 VG), la Grotta delle Radici (256 VG) e la poderosa Grotta Noè (90 VG), voragine estremamente interessante pure dal punto di vista topoclimatico e vegetazionale, influssi botanici continentali ma anche termotilì-mediterranei. Nella Grotta della Fornace la differenza fra la temperatura esterna e quella interna, durante tutto l’anno, risulta alquanto sensibile. A titolo indicativo si riportano, nella sottostante tabellina, i valori termici rilevati sull’orlo meridionale esterno (212 m), all’apice del cono detritico (205 m) ed al fondo del baratro (china detritica ovest sotto la volta della galleria, 197 m), nel corso di alcuni sopralluoghi effettuati alla cavità:
Data | Ora legale | T° esterna | T° apice cono detritico | T° fondo baratro |
Base pozzo | Base pozzo | |||
Orlo sud | (-7 m) | (-15 m) | ||
30/7/1986 | 15.30 | 26,2 °C | 13,8 °C | 11,8°C |
18/7/1991 | 17.00 | 25,2 °C | 11,3°C | 10,3°C |
27/6/1997 | 09.10 | 20,6°C | 11,0°C | 8,5°C |
La situazione topoclimatica-vegetazionale varia repentinamente appena si scendono i primi pioli della scaletta metallica: il sensibile aumento dell’umidità e la rapida diminuzione della temperatura agevolano, sul terrazzino che si sporge qualche metro sotto il margine sud del baratro, la presenza e lo sviluppo della Lingua di cervo (Phyllitis scolopendrium), dell’ Edera (Hedera helix), dell’Erba mora (Lamiastrum montanum) e della Parietaria (Parietaria ]udaica = P. ramiflora). Fra i vari Muschi qui presenti, relativamente ben diffusa appare Neckera crispa. La breve discesa immette sulla sommità del cono che divide le due chine detritiche di direzione diametralmente opposta, est ed ovest. Lo sguardo indagatore dello speleobotanico individua subito al suolo altre 3 stazioni di Phyllitis scolopendrium, di cui una molto vigorosa con 6 rigogliose fronde, di notevole lunghezza (70-80 cm). Esse crescono a stretto contatto con un discreto esemplare di Sambuco (Sambucus nigra), alto 1,80 m e non distanti da altre plantule di quest’ultima specie. Ed è proprio in questo sito che si sviluppano alcune fronde della Felce maschio (Dryopteris filix-mas), specie alquanto rara sul Carso triestino e della quale è stato recentemente effettuato un primo censimento relativo alla sua distribuzione nelle cavità carsiche (Progressione N. 36, 1997). Oltre alle usuali specie arboree che di norma sono presenti nella zona “liminare” dei pozzi carsici (Quercus pubescens, Ostrya carpinifolia e Fraxinus ornus), qui se ne evidenziano un paio d’altre, meritevoli di essere segnalate: un esemplare di Farinaccio (Sorbus aria) sviluppantesi parzialmente nel baratro dal quale emerge distinguendosi per le foglie dalla lamina inferiore bianco-setosa, un paio di Ciavardelli (Sorbus torminalis) ed uno di Fusaria rugosa (Euonymus verrucosa), essenza poco diffusa sull’altipiano carsico e che predilige ambienti freschi ed umidi di doline asimmetriche baratroidi. L’ampia nicchia, le cornici ed i numerosi anfratti, che accompagnano ad est la breve china detritica, evidenziano la presenza di altre forme, per lo più giovanili, di Lingue di cervo, circondate da un quasi continuativo tappeto di Edera frammi sta a Muschi vari (Fissidens cr/sta tus, Thamnium a/o pecurum, Pia giochi/a aspienioides f. cavernarum, Anomodon viticu/osus, Mnium sp). Raggruppamenti di Vetriola minore (Parietaria judaica) colonizzano le zone meno luminose o in forte penombra del baratro. Frequente appare in essa l’Erba rugginina (Aspienium trichomanes), spesso in individui nastriformi. Prima di effettuare i primi passi lungo il pendio occidentale della cavità, è opportuno volgere lo sguardo indagatore in alto, sulle pareti pressoché verticali che incombono sul visitatore. Si possono così osservare lunghi festoni pendenti di Edera e, limitatamente all’alto margine nordovest del baratro, una rigogliosa e densa popolazione del termofilo Pungitopo (Ruscus acuieatus), con cauli alti dagli 80 cm sino al metro. Il Pungitopo è anche presente, seppur in minor misura, su alcune alte cornici della parete meridionale. Scarsa risulta peraltro nella cavità la presenza di Polipodio sottile (Poiypodium interjectum): lo si può individuare in pochi esemplari soltanto sulla parete settentrionale, sotto la compatta stazione di Pungitopo. Muovendo ora i primi passi in discesa lungo la china detritica più lunga, quella con direzione ovest, si possono facilmente individuare al suolo altre 2 stazioni della Lingua cervina, dotate rispettivamente di 3 e di 4 brillanti fronde. I massi incoerenti, soprattutto quelli di maggiori dimensioni, che si incontrano a discesa inoltrata, ospitano quasi sempre un’abbondante popolazione di Thamnium alopecurum, il muschio più tipico di questi ambienti e che non dirado qui risulta frammisto ad un altro muschio, l’elegante Fissidens cristatus. Via via che ci si avvicina alla volta della galleria, l’ambiente si rarefà dal punto di vista vegetazionale. Sempre più scarso sulle pareti risulta Asplenium trichomanes, mentre più consistente appare la colonizzazione da parte delle Alghe verdi (Cloroficee) e di quelle Azzurre (Cianoficee). Alla zona “suboscura” subentra quella “oscura” con la presenza di Funghi (muffe), Batteri e Virus, soprattutto ove esistono sostanze organiche in decomposizione.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Dall’esame della vegetazione presente nella cavità, si può dedurre come essa sia alquanto varia e relativamente completa. Vi figura infatti un adeguato contingente di specie, la maggior parte delle quali a carattere cavernicolo. Ciò è in evidente stretta dipendenza con la specifica situazione topoclimatica stabilitasi nel pozzo d’accesso e lungo le due opposte chine detritiche. La singolare posizione topografica della cavità mette inoltre a confronto alcune entità d’ambiente termofilo con altre di clima più rigido ad influsso sub-continentale. Da segnalare nella grotta la progressiva rarefazione di PhyiIitis scoiopendrium, decisamente più abbondante in passato e la progressiva diffusione di Ruscus aculeatus nei siti maggiormente termofili rivolti a sud. Per la particolareggiata distribuzione di Phyllitis scolo pendrium sul Carso triestino si rimanda a Progressione N. 33 (1995). Con il rilievo e l’analisi degli aspetti speleo-vegetazionali della Grotta della Fornace – che rientra nel gruppo delle circa 100 cavità d’interesse botanico presenti sull’altipiano carsico triestino – continua l’attività speleobotanica iniziata alcuni decenni addietro nelle più significative cavità carsiche. Attività avente lo scopo di far conoscere in modo progressivamente più completo ed approfondito un aspetto ancora poco noto di questi straordinari ambienti cavernicoli.
Elio Polli
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