Lazzaro Jerco

 

LAZZARO JERCO – ATTO II

Pubblicato sul n. 17 di PROGRESSIONE – Anno 1987

Timavo, quanti ti hanno decantato, studia­to, analizzato, cercato.

Eppure il mistero del tuo corso ipogeo, dopo cent’anni e più di tentativi di intercetta­mento, è rimasto ancor oggi una semplice ipo­tesi. Per trovarti sono andati dai contadini a cercare notizie, il più delle volte improbabili, su grotte soffianti o borbottanti, si sono avventu­rati in scavi impossibili e anche mortali, hanno gareggiato per essere i primi a vedere «punti caldi» su carte topografiche che evidenziavano anomalie termiche, hanno battuto a tappeto l’intero Carso triestino.
Ebbene, penso di poter dire che, di quanto è stato trovato fino ad oggi, l’invito più promet­tente sia proprio quello scavo fatto dai nostri cinquantenni quando erano ancora giovanotto­ni, nella cosiddetta «dolina soffiante di Lazzaro Jerco», nei pressi del laghetto di Percedol, dove in occasione di due piene eccezionali del Tima­vo la stessa si è riempita d’acqua proveniente dal suo fondo. Un mastodontico lavoro di dis­ostruzione di una pseudocavità (5 metri liberi su 27), incoraggiato dal notevole flusso di aria fuoriuscente ad ogni piena timavica, non portò ai risultati sperati anche poichè, come confer­matomi da un partecipante agli scavi, a quel tempo ogni soluzione doveva venir risolta sol­tanto in verticale.
E fu così che l’entusiasmo, non alimentato. da benchè minimi risultati, andò scemando fin­chè anche gli irriducibili dovettero desistere, abbandonando gli scavi.
lo ho avuto la fortuna di non partecipare a quel cantiere, cosicchè una mia visita a questa dolina e la sensazione che la chiave di volta del pozzo, confermata dall’aria uscente, fosse nella parete in frana a circa 10 metri dall’ingresso, mi ha dato quell’entusiamo che dovevano avere i «veci» al loro primo colpo di piccone. Ho inizia­to così, assieme ad alcuni «reduci», a demolire la frana, agevolato enormemente dal fatto che le pietre possono venir scaricate direttamente nel pozzo sottostante, costato mesi e mesi di sacrifici ai ns. predecessori (ma d’altra parte, così o mai più).
Siamo ancora agli inizi, ma voglio già scri­vere poichè reputo giusto che questa ripresa dei lavori venga resa nota a quanti già vi parteci­parono e – perchè no – serva anche da invito a chi vorrà parteciparvi. Arriveremo «lì», ne sono certo.
                                                                                                         Roberto Prelli