Chillagoe Caves

 

AUSTRALIA – CHILLAGOE CAVES

Paesaggio vicino l’ingresso della Royal Arch Cave (Foto Zuccchi)

Pubblicato sul n. 12 di PROGRESSIONE – Anno 1984
Tempo fa, mentre sostavo lungo l’incante­vole e lussureggiante costa tropicale del nord-est Australia e più precisamente nello Stato del Queensland, ebbi l’occasione di visitare un inte­ressante complesso di grotte turistiche, site a circa trecento chilometri all’interno dalla città di Cairns, ultima grande area civile, prima dei mille chilometri desolati e paludosi che portano all’estremo limite settentrionale del continente australe: Capo York.
Per arrivarci dovetti abbandonare le pigre spiagge di palme da cocco ed addentrarmi in un paesaggio che lentamente si faceva sempre più arido e scarso di vegetazione. Lasciai alle mie spalle Cairns e poco dopo anche l’asfalto. Per­corsi svariati chilometri su strada battuta e coperta dalla tediosa onnipresente polvere rossa, la quale con velocità sorprendente si insinuava negli orifizi della nostra vetusta vet­tura. Fu uno dei tanti «wogs» (così chiamati nella parlata dialettale dagli emigranti italiani), a raccontarmi per la prima volta di queste grotte, poste quasi al limite del grande deserto del nord.
Tali cavità si aprono in un parco nazionale denominato Chillagoe-Mungana. Questo par­co, situato in zona collinare, prende nome da un minuscolo paese, appunto Chillagoe, fon­dato dal pioniere ed esploratore William Ather­ton nel 1888 e divenuto poi famoso per la scoperta di grandi miniere di rame, oro e argento. Successivamente, come nelle vecchie storie del West, con l’esaurimento di tali risor­se, si instaurò un processo di decadimento ed abbandono. Oggi con i suoi cento abitanti quasi tutti allevatori, ed alcune centinaia di aborigeni, tale villaggio è stato rivalutato sia per la grande ricchezza del sottosuolo, sia turisticamente per l’attrattiva di queste grotte conosciute in tutto il Queensland del nord.
Questi sistemi ipogei non più attivi, hanno uno sviluppo prevalentemente orizzontale e si trovano a circa un chilometro dal centro abi­tato, in un paesaggio che potrebbe avere molte affinità con la savana africana. La monotonia di tali enormi distese è però interrotta da nume­rose colline e, nella nostra specifica zona, da incredibili blocchi imponenti di monoliti di Pie­tra, alcuni dei quali sembrano quasi in equilibrio precario .tanto enormi rispetto alla loro base incredibilmente stretta.
Queste colline sono improvvisamente sol­cate da pareti di calcare nero quasi verticale, di altezza variabile tra i trenta e sessanta metri, mentre quasi tutti gli ingressi sono situati alla base.
La formazione geologica di questi sistemi carsici, risale all’incirca a quattrocento milioni di anni fa, ed è costituita in prevalenza da cal­care e corallo. Infatti il mare, che in diverse ere geologiche qui formava una paleo barriera corallina, lentamente si ritirò, lasciando posto all’azione violenta degli agenti atmosferici che iniziarono l’opera di erosione.
Queste grotte si presentano in una conse­quenzialità di comode gallerie intercalate da vari saloni, alcuni dei quali sono illuminati debolmente dalla infiltrazione di raggi luminosi che si insinuano attraverso l’alto da evidenti spaccature della volta. All’interno si possono osservare stupende colate di calcare dalle sfu­mature incredibili, meravigliose, eccentriche dai delicati colori, fiori di cristallo di rara bel­lezza in un coacervo di imponenti stalattiti e stalagmiti.
Non di rado si notano la presenza di impronte di fossili di corallo, crinoidi, brachio­podi, come a testimonianza della genesi di tali sistemi. Numerose sono le presenze di animali, soprattutto pipistrelli (Midopterus schreiber­sii, Miniopterus australis, Taphozous georgia­nus), insetti, ragni, ed una qualità del serpente boa.
Le stabili condizioni di umidità e tempera tura, la quale si aggira attorno ai 20″ C, hanno permesso la conservazione di numerose ossa di animali anche estinti, come alcune specie di canguri e piccoli marsupiali. Di tutte le grotte, che hanno uno sviluppo variabile dai due ai sei chilometri, solo cinque sono di gran lunga le più famose: The Royal Arch Cave, The Donna Cave, The Ryan Imperial Cave, The Archways, The Pompey Cave.
Le prime sommarie esplorazioni che inizia­rono casualmente ottanta anni fa dai cercatori d’oro, furono poi riprese scientificamente dal locale gruppo speleologico Chillagoe Caving Club, che sfortunatamente non sono riuscito a contattare.
Di certo ho saputo dalla testimonianza di un ranger, che qui le tecniche speleologiche sono ancora impostate sull’uso della scala, ma molti conoscono e praticano la progressione su sola corda. Purtroppo non ho avuto informa­zioni dettagliate sulla loro tecnologia, ma da una foto vista casualmente in un piccolo museo naturale, ho constatato che tali tecniche, forse ancora rudimentali, non dovrebbero distac­carsi molto dalle nostre. Altrove, molti gruppi soprattutto di Sidney, Melbourne e della Ta­smania, hanno iniziato da tempo ad adottare i nostri stessi materiali per sola corda, i quali, in modo particolare in campo alpinistico, proven­gono dall’Italia.
Le grotte di Chillagoe, aperte tutto l’anno, sono state rese turistiche circa vent’anni fa dopo lunghi lavori preparatori e salvaguardate dal National Parks and Wildlife Service. Esse comunque rappresentano in quasi tutto il continente australiano una delle poche testimonianze di fenomeni naturali visibili al pubblico.
                                                                                                        Stefano Zucchi