INCREDULI (ABISSO DEGLI)
Pubblicato sul n. 10 di PROGRESSIONE – Anno 1982
Sabato pieno di sole in Canin, Maurizio ed io, come se fossimo in Costa dei Barbari, ci raccontiamo un po’ di cose sdraiati sui lastroni di calcare.
In lontananza Mauro e Vilio, che vagavano in cerca d’acqua, corrono verso il Bivacco Marussich; chissà cosa gli capita…, tanto noi siamo a rosolarci in costume da bagno e chi ci muove?
Grida & urla: …Buco nuovo… sentiero.., soffia… caverna… Sissì; stupido scherzo per farci alzare, ma noi siamo troppo volpi per caderci! …«moveve»… «vestive»… trombini… luce… Sissì buffoni, tanto non ci crediamo. …birra… una birra se non è vero…
Birra? Ci muoviamo verso il Bivacco per metterci addosso qualcosa e poi giù, con Mauro e Vilio lungo il sentiero che riporta dal Marussich a Sella Canin. Cinque minuti di «duro» cammino in discesa per il suddetto sentiero, 15 metri sopra il quale si apre l’ingresso, basso, di una cavernetta con un ripido nevaio in discesa.
Entriamo: neve, saltini tra massi instabili, meandrino, strettoietta, pietra… tonfi, pozzo. Chi passa? Si tenta di allargare. Chi passa? Indovinare! Mi assicuro con un cordino (c’è chi voleva legarmelo al collo); passo e mi fermo sopra un ripiano per guardarmi attorno: l’ambiente sembra grande, l’elettrica non riesce a profanare tutto quel buio. Ripasso la strettoia con grande piacere di Maurizio che sceso in pantaloncini corti e maglietta, cominciava a sentirsi a disagio con l’alito fresco del buco. Torneremo domani con le corde.
Ulteriormente allargato il passaggio, scende Mauro, fortunato scopritore: 13 metri, fondo, bella saletta scintillante di ghiaccio. Lo raggiungiamo ed entriamo in un vano dove, sotto una lama, si intuisce una prosecuzione. Mi infilo io. Chiude. Esco e si infila Maurizio che comicia a buttar fuori pietre come un forsennato mentre, per scaramanzia, io continuo a dirgli «Stropa, stropa… Xe impossibile che vadi avanti», col cuore che scava assieme a lui.
Aperto! Pozzo! Acqua !.
Vilio nel frattempo, più incredulo che mai, convinto di aver visto la fine della storia, è sublimato verso l’esterno con il sacco di corde.
Quella per scendere il pozzo però l’abbiamo: 18 metri. Scende Maurizio, Mauro, scendo io e nel frattempo Maurizio va a vedere un meandro. Torna: va avanti ma stretto. In realtà comicia bello largo e ci si alza in seguito fino in condotta. Poi si deve scendere, ma decisamente non è per tutte le taglie.
Mi intrufolo sotto lo sguardo schifato di Mauro ed il meandro mi inghiotte. Vado avanti, ma la solitudine non mi piace, per fortuna dopo poco sento soffiare e grattare dietro: è passato anche Maurizio, ma Mauro decisamente «troppo», rimane a studiare come allargare il tutto. Alla fine del meandro si arriva ad un pozzetto di 10 metri ma traversando sopra una lama c’è un saltino e poi del nero dove tiro un sasso. Altro pozzo, saran 20 metri…, un altro sasso però ci mette più tempo prima di sbattere.
Corde non ce ne sono e poi c’è fretta di tornare a Trieste in tempo per la finale dei Mondiali di calcio.
Usciamo e sempre sotto un sole «da Costa dei Barbari», ci cuciniamo fino a Sella Nevea; poi in macchina fino a casa di Maurizio, persino Italia-Germania passa (per mia fortuna) in secondo piano: c’è il nostro nuovo giocattolo freddo, stretto, bagnato, che soffia e promette.
…Val Resia, butta in Val Resia… L’acqua del ghiacciaio del Canin… Però la dolomia… Sì, ma se gli strati… Ma che strano l’ingresso… Meno mille! Meno mille!
Poi l’Italia quella sera vincerà il «Mundial» per finire bene la giornata.
La stessa giornata che lo sapremo l’indomani, vede morire sott’acqua, in «Costa dei Barbari», Paolo Fonda.
Partecipanti: Mauro Stacchi, Vilio Kemperle, Maurizio Glavina e Susanna Martinuzzi
ABISSO DEGLI INCREDULI (RELAZIONE TECNICA)
L’ampio ingresso della caverna con cui inizia la cavità (caso raro per le grotte del Canin) si trova 20 metri a monte della tabella con l’indicazione «Bivacco Marussich ore 0.10» situata sul sentiero che collega il bivacco stesso al Rifugio Gilberti. Dal sentiero non è visibile e forse per questo motivo solo quest’anno ne è stata iniziata l’esplorazione, nonostante la zona sia molto frequentata da speleologi — e non — da almeno 20 anni.
Qualche parola prima della relazione tecnica vera e propria.
La grotta è costituita da meandri spesso stretti e «scorbutici» intervallati da pozzi sempre molto vasti ma anche, purtroppo, assai poco profondi 120-30 metri in media). Quindi molta fatica, ore e ore sotto terra per guadagnare si e no 50 dei 1000 e più metri promessi dall’alta quota dell’ingresso (oltre 2000 metri s. I. m.).
L’esplorazione può ritenersi ormai conclusa, anche se in effetti vi è uno stretto e umido meandrino (punto 1 del rilievo) che immette in un pozzo di circa 10 m non sceso.
Per assurdo, la via più logica è stata percorsa per ultima.
Il pozzo Zlatorog o Della Piena (punto 21 è la naturale prosecuzione della serie di pozzi che lo precedono ma l’imboccatura relativamente stretta e la notevole quantità di acqua, lo rendono intransitabile in caso di piena (due di noi lo hanno constatato di persona…). Ecco perché dopo la prima, sfortunata punta in questa direzione, si è cercato di aggirare l’ostacolo attraverso dei rami fossili. E stata così individuata una finestra (punto 3), 7 m più in alto dell’inizio del pozzo Zlatorog, che immetteva in una cavernetta asciutta… Proseguendo le esplorazioni in questa direzione, sono stati scoperti nuovi rami che apparentemente nulla avevano a che fare col Ramo dell’Acqua. Districato l’ingarbugliatissimo nodo di pozzi, gallerie e meandri intercomunicanti (più volte siamo arrivati nello stesso posto per vie diverse, vedi rilievo), alla fine due sole erano le alternative: il Ramo Marbac e quello dell’Obelisco. Il primo, vera delizia per tute e trombini, stoppa in modo claustrofobico a —339 e verrà descritto in seguito. Il secondo lo fa molto prima, ma è veramente interessante perchè è un esempio di spartiacque interno (Galleria del Vento del Gortani formato mignon): si risale un rivoletto per poi finire in cima ad un pozzo in cui precipita una cascatella. Anche qui però stop dopo soli 30 m circa.
Solo con l’ultima esplorazione (novembre ’82), viste le ottime condizioni atmosferiche, si è ritornati nel Ramo dell’Acqua. Sotto il Pozzo Zlatorog uno stretto meandrino immette in un P30 alla base del quale vi è un cunicolo sifonante! Una finestra a pochi metri dal fondo, immette per l’ennesima volta nel Ramo Marbac…
Nella relazione che segue è descritta solo la via più «comoda» per arrivare al fondo attuale, alla fine del Ramo Marbac.
Destra e sinistra si intendono al solito rispetto alla progressione; abbreviazioni: P pozzo, A attacco, F frazionamento, S spit, CN chiodo normale, PN ponte naturale, DS destra, SN sinistra.
Si scende la china detritica della caverna iniziale; le pareti si restringono a meandro e, oltrepassata una strettoia (allargata artificialmente), si è subito sul primo pozzo:
- P13: Al CN + 1 S evidente; l° F: 1 S dopo circa 8 m, 1 m a DS, quindi al fondo.
Prendere il saltino di destra che porta in una saletta 2 m più bassa della base del pozzo. Sotto una grande lama comincia nella frana il P successivo (aperto artificialmente):
- P18: A sulla lama; 1° F: 3-4 m spostato in fuori rispetto ad un terrazzo, su PN, quindi al fondo. (Attenzione alle pietre in bilico!). Seguire il meandro, all’inizio largo, scendendo due saltini. Quando si restringe, alzarsi progressivamente fino alla condotta e alla fine strisciare su massi incastrati. Calarsi poi in verticale per 3 m (molto stretto, ancora Mazza & Punta) fino al fondo e risalire appena possibile nuovamente in condotta.
Subito dopo c’è un P9 che non va sceso ma attraversato sul lato DS sfruttando una lama. Oltre scendere un saltino di 2 m che dà sul P16: A 1 S e rimando su PN; 1° F: cordino su spuntone dopo 2m e 2m a DS, quindi al fondo. Segue subito una serie di pozzi:
- P14 – P6 – P9 (corda unica): A 2 CN a DS; 1° F: 1 S dopo 4 m; in libera fino ad un terrazzo, poi 11° F: 1 nut tra un enorme masso e la parete; III’: 1 CN dopo 6 m, 2 m oltre un terrazzo, sulla parete SN; 9 m in libera al fondo.
Scendere un saltino di 2 m ed alzarsi su cenge sulla SN fin sopra il
- P18: A 1 S evidente + 1 PN; l° F: 1 S 3 m in basso e 4-5 m avanti nel meandro, su parete DS; resto in libera al fondo. Acqua abbondante.
Risalire per 7 m la marcia parete DS (utile una corda) fino a 2 CN da cui ci si cala nella caverna sottostante (asciutta), per 3 m. Segue
- P8: A 1 CN a DS (meglio collegarsi alla corda del saltino precedente); I° F: fettuccia su lama 4 m in fuori a SN; il resto in libera.
Risalire la galleria fino al P18: A su grande PN sopra l’orlo; in libera fino al fondo,
Scendere in arrampicata 3 m in un meandrino e seguirlo fino al
- P8: A 1 CN arretrato a DS; l° F: 1 S molto avanti nel meandro, a SN.
Dal fondo parte il meandro Marbac: seguirne il fondo superando in arrampicata due saltini di un paio di metri (utile una corda sul secondo con attacco su 1 CN). Dopo una saletta continuare nel meandro facendo attenzione al sottostente
- P32: A 1 S evidente + 1 PN su parete opposta; I° F: 1 S su parete DS, dopo 3 m; rimanente tratto in libera al fondo.
Segue un meandro abbastanza comodo che si segue in alto; alla fine avanzare penosamente in condotta e calarsi oltre una lama incastrata sopra il
- P13: A 2 S evidenti su pareti opposte; in libera al fondo.
Seguire la stretta fenditura successiva ove si incanala tutta l’acqua, fino al P17. Questo pozzo ed il successivo di 8 m non vengono più seguiti per l’estrema pericolosità in caso di piena. Traversare sopra il P17: corda fissata a 2 CN e, oltre, ad 1 PN. Innalzarsi 2 m sopra il PN e infilarsi in una bassa condotta fossile che si segue strisciando fino ad una svolta a SN. Poco oltre, sulla DS si apre un buchetto che dà su un saltino di 5 m (utile una corda con A su 1 PN a DS). Segue subito un
- P21: A 1 PN arretrato; I° F: 1 CN su parete DS dopo 3 m; 11° F: 1 CN su parete SN –dopo 3 m; II° F:1 CN su parete SN dopo 12 m ; resto a fondo. Si è sopra il P30: A 1 CN + 1 fettuccia su PN; 1° F: 1 S evidente dopo 2 m; il resto in libera fino al fondo. Incunearsi tra i massi alla base del pozzo e avanzare in fessura oltrepassando un P6 che si beve tutta l’acqua (utile corda fissata a 2 CN e 1 nut). Proseguire nel meandro fossile più o meno alla stessa altezza. Dopo una ventina di metri abbassarsi per 13 m ad uno slargo fino al fondo (corda utile con A su 1 CN). Da una saletta partono due meandri: non seguire quello di DS (abbiamo appurato con gioia che riporta nel meandro precedente) ma percorrere la stretta condotta del meandro di SN, fino ad un salto di 3m in roccia marcia. É necessario uno spezzone di corda con A arretrato su PN. Continuare nel meandro, nuovamente percorso da un copioso torrentello superando in arrampicata vari saltini. Si giunge così al P9: A 2S e rimando su 1 PN; I° F: 2 m sotto e 5 in avanti nel meandro sopra al pozzo, 2 CN su parete DS. Dopo 9 m, pendolo di 5 m verso DS; fissare la corda con un nut dietro una lama su parete DS e seguire per 3 m delle cenge in salitafino ad 1 S, A del P20 I° F 1 5 dopo 2 m; rimanente tratto in libera fino ad un terrazzino sulla parete opposta; da qui
- P20: A 1 S e discesa fino al fondo rasen‑ tando un enorme ripiano a metà. (Su questi tre pozzi, meglio usare corda unica).
In uno slargo, calarsi nel meandrino successivo che accoglie oltre allo speleologo anche tutta l’acqua del pozzo con grande soddisfazione per entrambi. Il tutto per 3 m; proseguire per altri 5 m e dopo una curva a SN si ha il
- P5: A 1 Se 1 CN come rimando 2 m prima. Dal ripiano segue subito il
- P30: A 1 S alto in fuori (collegamento con la corda del P precedente); resto al fondo, costituito da un restringimento delle pareti del pozzo. Rimane ancora un
- P5: A 1 PN, pozzetto che è diretta continuazione del precedente; segue quindi un meandrino che dopo una ventina di metri scarsi diventa impraticabile.
(Nota: si ringrazia vivamente Angelo Zagolin per la cortese collaborazione telefonica!).
Mauro Stocchi