Fontanon di Goriuda

 

VIA D’ACQUA NEL CUORE DEL CANIN

PUBBLICATO SU ” ALPI GIULIE ANNO 66 – 1971 “

La squadra subacquea della C.G.E.B. ha concluso il 7 febbraio 1971 un altro ciclo di esplorazioni al Fontanon di Goriuda raggiungendo un brillantissimo, forse conclusivo, risultato.
Le esplorazioni di questa risorgiva, la più importante della Val Raccolana, e una delle più importanti dell’intero massiccio del Canin, erano state iniziate dalla Commissione Grotte nel 1959 ed erano state intensificate con il profilarsi dell’importanza dell’imponente fenomeno speleologico del sovrastante altipiano.
Nel 1963 iniziavano, nel sifone che sbarra la strada dopo 180 metri di galleria, le
prime indagini subacquee ad opera di due validi speleosub, Adalberto Kozel ed il compianto Marino Vianello; questi primi tentativi, ostacolati dalle difficili condizioni ambientali e dalla inadeguatezza dei materiali, si conclusero nel giugno 1967 quando Adalberto Kozel, da solo, riusciva a superare l’intera galleria sommersa di 125 metri; neanche un mese dopo lo stesso Kozel con altri due compagni, G. Borean e G. Baldo, esplorava la piccola cavità a pelo libero oltre il sifone.
Successivamente l’attenzione dei subacquei si spostò ad altre interessanti
risorgive, e nel «Fontanon di Goriuda» furono effettuati solamente alcuni tentativi, ostacolati a volte dalle avverse condizioni meteorologiche; il tentativo
di proseguire nell’esplorazione fu comunque ostacolato, ed i subacquei dovettero arrestarsi nella cavernetta dopo il I sifone, poiché l’ingresso del sifone successivo si presentava difficoltoso e stretto.

Il 18 ottobre del 1970

Giorgio Priolo, Giorgio Borean e Mauro Sironich, della,Commissione Grotte, insieme allo amico Gianni Mangiagli, istruttore sub della F.I.P.S., superarono nuovamente il primo sifone, e Borean e Mangiagli riuscirono ad inviduare l’ingresso del II sifone ed a percorrerlo per una trentina di metri quando, alla profondità di 15 metri, dovettero interrompere l’esplorazione a causa della poca aria rimasta nelle bombole.

FOTO DI GRUPPO DEL 18 OTTOBRE 1970

25 ottobre 1970

Il tentativo riuscì la domenica successiva :
Sironich e F. Venchi, individuata una via più agevole, percorseroil sifone profondo in qualche punto 20 metri, e dopo una settantina di metri riemersero in un lago sul fondo di una vasta caverna. Un rapido esame permetteva di notare un proseguimento della cavità all’altezza della volta ad una quindicina di metri da terra, ma non avendo a disposizione mezzi adeguati per superare l’imprevista arrampicata, i due spelosub furono costretti e desistere.

PER LA PRIMA VOLTA OLTRE IL SECONDO SIFONE SOTTO L’ARRAMPICATA CHE PORTERA AL TERZO SIFONE

8 novembre 1970

L’8 novembre Borean, Priolo, Sironich, Venchi e Mangiagli, muniti dimateriali da arrampicata e scalette, superarono nuovamente il I ed il IIsifone e lasciate le attrezzature sub si trasformarono in rocciatori. Dopocirca due ore di duro lavoro, poiché era stato necessario piantare solamentechiodi a pressione, riuscirono ad avere ragione della parete, alta18 metri. Alla vista degli esploratori si presentava ora una galleria in salitalarga in qualche punto 4 – 5 metri, abbastanza agevole. La galleria proseguiva per circa una sessantina di metri, dopo di che una fessura dacui scaturivano le limpide acque di Goriuda precludeva nuovamente ilpassaggio. Il freddo, dopo circa sei ore di permanenza, si faceva sentiree dopo una rapida ricognizione nel terzo lago sifone eseguito da Venchi con la sola maschera, gli esploratori si accinsero al ritorno: prima di lasciare la galleria per ridiscendere fu notata, a circa 10 metri da terra, una piccola finestra ma il tentativo di raggiungerla fu rimandato.
Periodi di piena e cause di «forza maggiore» ritardarono una ulteriore
esplorazione, e così si dovette attendere il 6 febbraio 1971.

INIZIO DEL PRIMO SIFONE CI SI PREPARA ALL’IMMERSIONE

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FONTANON DI GORIUDA – Sezione longitudinale
L’ingresso del Fonianon di Goriuda si trova ad una mezzora di cammino dalla rotabile che porta a Sella Nevea, ma il sentiero che vi conduce è molto scosceso e in alcuni punti le t r a c c e si perdono nella boscaglia; la squadra d’appoggio, il cui compito è di coadiuvare i subacquei soprattutto nella fase di trasporto dei pesanti materiali per l’eplorazione (respiratori, zavorre, ecc.), trovaqui le prime difficoltà.
        Dopo i preparativi all’esterno della grotta, percorso un tratto di galleria, si  calano nel primo lago, lungo alcune decine di metri, i battelli pneumatici per il trasbordo dei numerosi colli: il lago è in alcuni punti profondo parecchi metri e l’improvvisalo «Caronte » deve badare a non rovesciare il battello con bruschi movimenti per non perdere i sacchi sott’acqua e finire egli stesso nel gelido elemento. Una lunga galleria in salita porta ora al lago-sifone dal quale partiranno gli speleosub. Il percorso non è però dei più agevoli: passaggi bassi, in cui si è costretti a camminare chinati, sono un continuo pericolo per le delicate rubinetterie delle bombole; tratti in arrampicata obbligano a passarsi l’un l’altro i materiali rallentando così il procedere della squadra.
       A partire dal lago-sifone la parte di protagonista passa ai sommozzatori. Bardati di numerosi vestimenti e di attrezzature ingombranti, richieste dall’esplorazione al contempo speleologica e subacquea, essi portano con sè i materiali atrettamente necessari per proseguire oltre l’esplorazione: cibo con un fornellino, b a t t e r i e di riserva, elmetti con impianto di illuminazione ad acetilene, appa r e c c h i a t u r e fotografiche e da rilevamento topografico, un telefono, ma soprattutto una corda, una scaletta e altro materiale daroccia, grazie al quale potranno superare il tratto di parete v e r t i c a l e che conduce all’ultimo sifone.
       Il trasporto di materiali sott’acqua costituisce un grosso problema ed è spesso fonte di incovenienli e rilardi sulla «tabella di marcia» per due motivi essenzialmente, il peso e l’ingombro dei colli. Ma se quest’ultimo è sentito specialmente in gallerie molto s t r e t t e — e non è il caso dei primi due sifoni del «Fontanon» — il peso dei materiali, al ritorno spesso diverso che all’andata, è sempre determinante, rendendo pressoché impossibile al subacqueo il calcolo della zavorra per ottenere un equilibrato assetto d’immersione.
Nelle ultime spedizioni si è fatto ricorso a borse di rete di naylon dalle maglie abbastanza fitte (l’uso di sacchi è sconsigliabile perchè l’acqua in essi contenuta aumenta di molto il peso trasportato) e a contenitori di plastica «quasi» stagni per i materiali delicati. Uno dei componenti la squadra è incaricato del trasporto della pesante bobina di filo per la linea telefonica, che egli stende accuratamente lungo il percorso.
       La riemersione dal laghetto d’uscita non è molto semplice: una pareiina, non difficile perchè ricca di appigli, obbliga tuttavia a togliere le pinne e ad indossare altre calzature restando in acqua. Una sosta, prima di affrontare il secondo sifone, permette di ritemprare il fisico con qualcosa di caldo e di riordinare i materiali e le idee. Ci si preoccupa soprattutto di allacciare il telefono e provare la linea e si costituisce una specie di campo base, punto di partenza per le successive esplorazioni, al quale si lasciano i materiali assolutamente indispensabili. Alquanto disagevole è l’ingresso nel secondo lago-sifone, cui conduce una fessura ripida e incassala, dopo la quale però la galleria ridiventa molto ampia. All’uscita una dolce spiaggella ghiaiosa fa ricordare più amene località balneari.
         Ora l’ultima fatica che attende i sub è il superamento di un’alta parete verticale; la si «attacca» fra l’assordante scroscio dell’acqua che prorompe tra i massi di una frana laterale e la si arma con una scaletta per facilitarne la salita agli altri. Alla soddisfazione per l’impresa compiuta si unisce un’invincibile smania di proseguire; a lunghi passi si percorre la vasta galleria in salita, grandi massi accatastati uno sull’altro solio i quali scorre l’acqua. La si incontra di nuovo, l’acqua, e dopo un po’ la si vede sgorgare da uno stretto lago-sifone, il terzo: una fessura impraticabile preclude, per ora, ogni possibilità di continuazione

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6 FEBBRAIO 1971

Nel bellissimo scenario della Val Raccolana innevata, con la cascata del Goriuda
ghiacciata, la diligente squadra d’appoggio aveva approntato una accogliente
tenda-campobase, ed aveva trasportato i materiali e le attrezzature dei subacquei fino all’ingresso del I sifone. Alle ore 19 di sabato i sommozzatori
Borean, Sironich e Venchi della Commissione e gli istruttori sub Mangiagli e Siili s’immersero per continuare l’esplorazione. Raggiunta la caverna dopo aver superato il II sifone, gli speleo-sub si apprestarono a salire i 18 metri, attrezzati questa volta con una scaletta; vennero trasportate le bombole e le apparecchiature per consentire ad un uomo di effettuare una puntata nel III sifone.
Nel frattempo un altro uomo cercava di raggiungere la «finestra» sotto un violento stillicidio. Un accurato esame del sifone non dava buoni risultati:
si trattavi di un meandro allagato e molto stretto e non si riusciva a passare nemmeno togliendosi le bombole dalla schiena. Purtroppo, anche la finestra risultò essere impraticabile causa una frana. Per gli esploratori, dopo aver esaminato ogni via  di logica prosecuzione, non rimase che la via del ritorno. Il freddo e la stanchezza si facevano sentire e gli esploratori non desideravano altro che potersi cambiare con dei panni caldi e asciutti; ciò comunque non fece trascurare la realizzazione di una accurata documentazione fotografica.
Emergendo per l’ultima volta dalle fredde acque del «Goriuda» vennero accolti dalla squadra d’appoggio, alcuni componenti della quale avevano pernottato all’ingresso del I sifone: era l’alba e fuori lo stupendo scenario del Montasio imbiancato sovrastava la valle.
Fabio Venchi

ALL’INGRESSO CON LA NEVE  

L’IMBOCCO DEL I SIFONE: UN SOMMOZZATORE SI APPRESTA A PERCORRERE LA LUNGA VIA SOMMERSA  (foto Gianni Mangiagli)

Fontanon di Goriuda
la foto è stata scattata presso il laghetto d’uscita del secondo sifone; qui inizia la bellacaverna dalla quale, con una arrampicata d’una ventina di metri, si raggiunge la lungagalleria in salita che conduce al terzo sifone.
Il subacqueo, che si riposa dopo aver superato il sifone lungo una sessantina di metri,sta letteralmente “fumando”, talchè si potrebbe pensare che egli stia soffrendo il caldo.Il fenomeno è per sua sfortuna ben diverso e facilmente spiegabile, se si pensa alla rigida temperatura dell’ambiente (circa 1,5″ C sopra lo zero): il velo d’acqua esistente fra la muta e il corpo, riscaldatosi nel contatto con quest’ultimo, evapora e a contatto con l’aria fredda condensa, producendo una cortina di vapore. Tutto ciò causa un continuo raffreddamento del corpo del subacqueo, he può essere arginato solo disponendo di un abbigliamento impeccabile ed idoneo all’ambiente, e svolgendo un’incessante attività fisica, anche se solo fine a sè stessa, per tenere in movimento i muscoli.
Si ringraziano il Prof. Ferraro e la Technisub per la collaborazione e l’aiuto prestati.
(Foto G. Mangiagli)