CLAUDIO SGAI (1938-2020) – Vent’anni nelle trincee dell’Ermada

Negli ultimi diciotto mesi la pandemia Covid19 ha condizionato a tal punto la nostra vita da finire per stravolgere affetti e amicizie. Le quarantene forzate – impossibilità di trovarsi, di frequentare circoli, di vedere parenti e amici, di spostarsi fuori dal territorio comunale – hanno inciso notevolmente sui rapporti umani. A tal punto che sono venuto a sapere, accidentalmente, della morte di un amico di vecchia data avvenuta nell’autunno scorso. Mi riferisco a Claudio Sgai, attivo membro del Gruppo Cavità Artificiali della Società Alpina delle Giulie e socio della Commissione Grotte “E. Boegan”, amico con cui ci si incontrava sia in Carso che in sede. Nato a Trieste il 27 novembre 1938, nel 1958 si era diplomato ragioniere presso l’Istituto Tecnico Commerciale Gian Rinaldo Carli ed aveva successivamente trovato impiego presso l’Autorità Portuale dove, divenuto esperto in informatica, raggiungeva una posizione di rilievo al suo Centro Elaborazione Dati. Nel frattempo si sposava con Stella Muljevic; dalla felice unione nascevano due figlie: nel 1971 Paola e Daniela nel 1978. Attivo e propositivo, sino al pensionamento – avvenuto nei primi anni ’90 – aveva prestato il suo tempo e la sua attività anche presso il Circolo Ricreativo Aziendale Lavoratori dell’Autorità Portuale. Amante della montagna – ogni anno con la famiglia vi saliva per trascorrervi le vacanze – una volta pensionato ebbe modo di dedicarvi molto più tempo. Nel 1998 aderiva con entusiasmo all’idea lanciata da Flavio Vidonis di dedicare il tempo libero al ripristino e alla valorizzazione delle opere di guerra del Monte Ermada. Entrato nel Club Alpino Italiano, con Vidonis e alcuni altri amici – primi Franco Gherbaz, Roberto Barocchi, Franco Besenghi – nel 1998 partecipava alla costituzione, nel seno della Società Alpina delle Giulie, del Gruppo Cavità Artificiali. Qualche anno dopo entrava a far parte pure della Commissione Grotte “Eugenio Boegan”. Il programma del G.C.A. era piuttosto ambizioso, prevedendo la ricerca, il posizionamento, il rilevamento e l’identificazione delle opere belliche. Un tanto ai fini della realizzazione di un archivio informatico (parte quest’ultima in cui Claudio avrebbe avuto ruolo preponderante); il loro collegamento, con un itinerario da definire; la realizzazione di una carta topografica riportante le opere belliche e gli altri elementi notevoli del territorio ed infine (ma in realtà uno dei primi lavori da fare) la disostruzione ed il recupero delle opere belliche di maggior interesse storico, degradate dal tempo e dall’incuria dell’uomo. I lavori si erano concentrati sul monte Cocco, un particolare settore del monte Ermada, il possente e inespugnato baluardo dell’esercito austroungarico in difesa della città di Trieste. Un fortilizio costituito da una serie di camminamenti, trincee, bocche di lupo, gallerie e caverne sia naturali che artificiali, che le truppe italiane non erano riuscite a espugnare. In mesi di solerte e continuo lavoro – tutti i sabati, ma spesso anche negli altri giorni infrasettimanali (in ispecie il mercoledì) – il Gruppo aveva riportato alla luce centinaia di metri di trincee, camminamenti, bocche di lupo, ripari. E Claudio in quest’opera era uno dei più assidui: la sua costante presenza era una garanzia per il corretto prosieguo delle operazioni: la sua versatilità nelle funzioni – dall’apprestare paranchi alla distruzione di massi, dall’organizzare il recupero dei secchi all’impostare gli scavi – faceva sì che qualunque fosse il numero dei soci presenti il lavoro non avrebbe subìto intoppi. E così, settimana dopo settimana, sul monte Ermada si realizzava, anche grazie alla costante presenza di Claudio, quello che può essere considerato un articolato museo all’aperto sui due primi anni della Grande Guerra (come era stata definita il secolo scorso la guerra che dal 1914 al 1918 insanguinò l’Europa e distrusse quattro imperi). Un museo costituito da centinaia di metri di camminamenti, da ripari in cavità allora scavate all’uopo, dall’adattamento di due caverne naturali, le grotte Karl e Zita (rispettivamente 3092/5020 VG e 4482/5441 VG del Catasto Grotte), ora collegate con la sistemazione di una scaletta metallica. La fattiva attività di Claudio sul territorio non si era limitata, però, al Carso triestino. Per molti anni, assieme ad alcuni membri del G.C.A., il mese di agosto saliva sul Pal Piccolo partecipando alle settimane di riadattamento delle opere di guerra scavate su quella montagna organizzate dal Dolomiten Freunde. Settimane che vedevano la presenza di volontari provenienti da varie parti dell’Europa: il tedesco si intrecciava con l’italiano, con l’ungherese, con il russo, il polacco. Ma non solo con gli attrezzi di scavo era abile Claudio Sgai: fra le tante manifestazioni cui ha partecipato, anche come relatore, si possono ricordare la Tavola Rotonda “Dall’Erma all’Ermada, il presente per salvare il passato”, svoltasi nel settembre 2012 ed in cui ha illustrato i lavori fatti sull’Ermada, la presentazione, aprile 2014, del nuovo pannello dedicato alla postazione di artiglieria MARINELLE III e nell’ottobre 2015 la partecipazione, in rappresentanza ufficiale del G.C.A., alla presentazione del Progetto Medeazza nell’ambito della mostra “Isonzo, le dodici battaglie”.

I risultati dell’impegno del Gruppo Cavità Artificiali, nel cui ambito Claudio ha operato per un ventennio, sono stati fermati nel tempo, oltre che con il museo a cielo aperto ora presente sul fianco dell’Ermada, pure con una serie di pubblicazioni che portano anche la sua firma. La chiusura totale di ogni spostamento dei primi mesi del 2020 ha portato ad un interruzione forzata di incontri e collegamenti. E così quasi nessuno aveva saputo che in quel periodo Claudio si era ammalato e che il sei di settembre la malattia lo aveva stroncato, privandolo alla famiglia ed agli amici. Che non hanno potuto neppure accompagnarlo nell’ultimo, ferale, viaggio. Dopo Flavio Vidonis, Franco Gherbaz, Edi Brandi, anche Claudio Sgai se ne è andato. Se ne è andato ma non è stato dimenticato. Claudio, e come lui gli amici che lo hanno preceduto, è presente nelle opere che hanno lasciato sul monte Ermada. E nel cuore degli amici che li ricordano con nostalgia e tristezza. Pino Guidi
Scritti di Claudio Sgai:
- 2003 (con F. Vidonis, E. Brandi, F. Gherbaz) – Un percorso fra le opere di guerra del Monte Cocco (Monte Ermada), Alpi Giulie, 97/1: 53-61
- 2003 (con F. Gherbaz e F. Vidonis) – Valorizzazione delle opere di guerra del Monte Ermada.Settore del Monte Cocco, Suppl. n. 25 di Atti e Memorie della Comm. Grotte “E. Boegan”, Trieste 2002, pp. 64
- 2007 (con E. Brandi, F. Gherbaz, F. Misigoi, A. Sabelli, E. Vatta, P. Guidi) – Grotte di guerra censite dalla SAG. Primo elenco, Alpi Giulie, 1010/1: 21-36
- 2008 (con E. Brandi) – Gruppo Cavità Artificiali, Alpi Giulie 102/2: 77-79
- 2011 – L’ultimo saluto a un amico, Progressione 57 (1-2): 199
- 2018 – Edi Brandi (1937-2018), Alpi Giulie, 112/1: 65-66