VOLUME LI – 2022

Edito il 51° Volume di Atti e Memorie della Commissione Grotte “E. Boegan: quattro articoli di natura scientifica, 8 autori, 103 pagine, molte illustrazioni.

01 – L’interesse scientifico delle grotte turistiche in Italia

 Circa un quinto del territorio italiano è caratterizzato dalla presenza di rocce so-lubili, costituite soprattutto da calcari e dolomie, ma anche da marmi e rocce evaporitiche (gessi). Attualmente sono conosciute più di 50.000 grotte naturali, un numero in co-stante aumento grazie alle esplorazioni speleologiche. Meno dell’1% di queste grotte sono attrezzate per le visite, e soltanto una sessantina possono essere definite vere e proprie grotte turistiche. In queste ultime è necessario pagare un biglietto d’ingresso, le visite avvengono solo accompagnati da una guida, e il percorso sotterraneo è attrezzato con sentieri, passerelle e impianti di illuminazione. Per la maggior parte delle persone queste grotte rappresentano il primo contatto con il mondo sotterraneo e, di conseguenza, con la speleologia. Anche se, da un lato, i lavori di turisticizzazione possono essere molto invasivi e consistenti, e la presenza di molti visitatori, così come anche degli impianti di illu-minazione, introducono un certo grado di perturbazione all’ambiente sotterraneo, dall’altro, queste grotte sono protette da danneggiamenti accidentali e vandalismi dovuti a visite occasionali. Gli stessi operatori turistici delle grotte, inoltre, hanno tutto l’interesse a salvaguardare il bene che gestiscono e le guide che vi operano seguono corsi di formazione specifici organizzati dall’Associazione Grotte Turistiche Italiane con la Società Speleologica Italiana dal 2014. Le grotte turistiche italiane mostrano una grande geodiversità, biodiversità, e, spesso, hanno notevole interesse storico e/o archeologico. Molte di queste sono state sede di importanti ricerche scientifiche, e spesso sono monito-rate in continuo per verificarne le condizioni ambientali.

02 – Le terre rare (ree – rare earth elements) nelle bauxiti carsiche dei Balcani e della Grecia

Le terre rare comprendono 15 elementi, cosiddetti lantanidi, ai quali sono aggiunti scandio21(SC) ed ittrio39(Y) per le similari caratteristiche chimiche. Quello che interessa nella problematica delle REE è il fatto che questi elementi costituiscono un supporto essenziale alla “Green Economy”. Gli studi pionieristici di Maksimovič e Pantó (1980, 1985, 1987) e Maximovic et al. (1993) hanno consentito di accertare che nei depositi di bauxiti carsiche che sono state sottoposte ad intenso weathering per un lungo periodo di tempo, alcune delle terre rare – (REE) trasportate da altri siti, attraverso una successione di mobilizzazione, rima-neggiamento e ridistribuzione, hanno subito un arrichimento in corrispondenza del fondo dei depositi al contatto con la barriera geochimica rappresentata dai calcari. Le successive esplorazioni geologiche e le risultanze degli studi e delle analisi chi-miche, geochimiche e mineralogiche hanno accertato che le bauxiti carsiche (karst bauxi-tes), e soprattutto i fanghi residui di lavorazione del processo Bayer (red mud), rappre-sentano quindi una potenziale risorsa di terre rare. Nell’area europea sud-orientale (Paesi balcanici e Grecia) sono in fase di esplora-zione molti depositi di bauxiti carsiche alcuni dei quali potrebbero essere considerati di interesse economico per lo sfruttamento delle REE. Da allora i depositi di bauxiti carsiche sono investigati come una nuova, possibile risorsa per supportare i fabbisogni conseguenti al fabbisogno di questi materiali. Attual-mente le pubblicazioni scientifiche sono moltissime e andrebbero diversificate per aree e per tematiche di ricerca. Viene qui proposta una selezione bibliografica di articoli che riguardano princi-palmente il settore sud-orientale europeo comprendente la regione balcanica e la Grecia. Nell’elenco bibliografico sono inseriti anche comunicazioni ed articoli compren-denti studi generali e ricerche specialistiche condotte in aree diverse, oltre che pubblica-zioni di rilevo internazionale e ritenute utili per ampliare la conoscenza del fenomeno. La finalità è diffondere i dati disponibili e fornire agli speleologi un panorama di quelle che sono le attuali conoscenze, le ricerche in corso e le risultanze scientifiche di questo nuovo settore di ricerca.

03 – Seasonal characteristics of atmospheric thermal tides in “Costantino Doria” cave  (n. 3875 v.g.)

Dal 25 aprile 2019 all’8 maggio 2021 all’interno della grotta “Costantino Doria”, situata sul carso triestino, sono state raccolte mediante uno strumento digitale programmabile serie temporali di temperatura dell’aria e di pressione atmosferica. L’analisi dei dati ha evidenziato la presenza di due stagioni principali all’interno della cavità: una stagione fredda (approssimativamente da metà novembre a metà aprile), caratterizzata da intensi scambi termici e d’aria con l’ambiente esterno, e una stagione calda (approssimativamente da metà aprile a metà novembre), in cui tali scambi sono alquanto ridotti. Durante la stagione fredda, la temperatura dell’aria della grotta Doria è dominata dal consueto ciclo diurno di riscaldamento/raffreddamento; nella stagione calda, invece, gli scambi termici e di massa molto ridotti con l’ambiente esterno consentono di osservare in modo estremamente chiaro le oscillazioni del segnale di temperatura dovute alla compressione/espansione dell’atmosfera della grotta, causate a loro volta dalle maree atmosferiche termiche nonché dagli scambi termici con le pareti della cavità. Relativamente alla stagione calda, viene anche analizzato il ritardo di fase tra il segnale della temperatura dell’aria e quello della pressione atmosferica della grotta, confrontandolo con gli altri valori disponibili in letteratura.

04  – Carso Triestino: i rapporti fra speleologia e archeologia dall’800 al presente

Il retroterra di Trieste è costituito in massima parte da formazioni calcaree che ospitano un’ampia serie di fenomeni carsici, ad esempio grotte, ripari sotto roccia, campi solcati, pozzi: il Carso Classico. Alcuni di questi fenomeni – le grotte e i ripari sotto roc-cia – vedono accomunati nelle indagini due principali categorie di ricercatori: gli speleo-logi e gli archeologi, che hanno sviluppato mondi tendenzialmente separati. Tuttavia, l’esame dei rapporti fra questi due mondi, ambedue sviluppatisi a Trieste a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, ha permesso di evidenziare come in realtà le “barriere” siano state più permeabili di quanto si pensasse: questo grazie fondamentalmente alla presenza e all’intervento di singole personalità dotate di carisma e di ampie vedute, pro-venienti sia dalla speleologia che dall’archeologia soprattutto preistorica. Si potrebbero citare molti nomi, noti però prevalentemente all’interno degli ambienti specialistici, ma due sono sicuramente conosciuti anche al di fuori di questi: Carlo Marchesetti per l’ar-cheologia ed Eugenio Boegan per la speleologia.
I collegamenti fra i due settori di ricerca hanno avuto aspetti diversi nel susseguir-si degli anni, difformità legate sia agli sviluppi degli aspetti teorico-metodologici e tecnici propri delle due discipline, sia ai mutamenti del clima storico, sociale ed economico del territorio in esame. Nel ricostruirne la storia a chi scrive è sembrato possibile individua-re una serie di cesure connesse alla combinazione di questi diversi elementi.