
Pubblicato su Progressione 66
Se a Sella Nevea ci fermiamo in prossimità della vecchia stazione di arrivo della funivia, (ora in disuso), e osserviamo la parete sotto il Forato, non possiamo non vedere dei grandi “occhi”. Ce ne sono almeno tre, uno è già stato raggiunto in passato, (si trova sulla cima del Forato, parete Nord – leggi progressione 54 per maggiori informozioni) e altri due rimanevano inesplorati. Personalmente, non ho mai letto o sentito nessuna notizia o recensione di qualcuno che ci sia passato.
A Luglio, il giorno dopo la conclusione della manifestazione NOF (Nevee Outdoor Festival 2019), assieme a Spartaco e aiutati via radio dal basso da Cristina, siamo saliti in parete per verificare se potevano essere interessanti. Inizialmente volevo raggiungere gli ingressi arrampicando dal basso il pilastro, ma dopo un confronto con Spartaco mi sono convinto che conveniva salire da dietro il rif. Gilberti e attraversare il pendio per i ghiaioni e attraversare per esposte e immaginarie cenge. Alla fine nonostante la roccia scadente, (ghiaie ripide /paretine friabili), e la forte esposizione, (indispensabile assenza di vertigini e passo sicuro!), si è rivelata la scelta migliore. Facilitati da una serie di traversi e “agili roccette”, raggiungiamo in poco tempo (un’ora e mezza ), il punto di calata grazie alla guida via radio, sarebbe stato impossibile altrimenti da individuare. Con noi abbiamo portato poco materiale da progressione, soltanto 5 chiodi da roccia, una corda lunga sessanta metri ed un paio di anelli in fettuccia. Fatto l’armo di partenza, scendiamo lungo un canale che presto si trasforma in frattura verticale e ci porta esattamente al centro, dell’occhio basso.
Entriamo! Non si tratta di una semplice nicchia, bensì di un relitto di galleria in dolomia molto grande che sfocia in parete a circa 1900m di quota. L’entrata è alta circa dieci metri per altrettanti di larghezza (da lontano non sembrava così grande). Dopo i primi venti metri pianeggianti con direzione Sud, (sulle pareti sono visibili segni di evorsioni), la galleria prosegue inclinata in marcata salita dal fondo ricoperto di grossi detriti di pietre. Già all’ingresso, (praticamente ancora appesi in corda),si percepisce il forte flusso d’aria in uscita che proviene da un stretto passaggio tra i massi, situato alla sinistra salendo. Un’eventuale lavoro di disostruzione non sembra particolarmente complicato, tanto che mentre spostiamo qualche pietra il flusso d’aria aumenta (buon segno!). Lo sviluppo totale della galleria lo stimo di una trentina di metri, per un dislivello positivo di dieci. Non abbiamo rilevato perchè non avevamo con noi la strumentazione adatta.
Per ritornare alla base della parete, può essere conveniente attrezzare la discesa in corda doppia fino alla sottostante conca Prevala, in modo da evitare di percorrere tutto il sistema di cenge e paretine franose. Probabilmente è sufficiente una calata di cento metri per arrivare al suolo. Noi, una volta usciti abbiamo risalito e disarmato la linea che avevamo attrezzato in parete e ci siamo sposatati verso “l’occhio superiore”. Anche in questo secondo caso si tratta di una galleria con direzione Sud dalla quale esce un deciso flusso d’aria. La galleria in salita, dalla volta alta circa tre metri, termina dopo una venti metri, che si percorrono su un ghiaione di pietre instabili. Alla fine della china, c’è una piccola camera laterale sulla destra, (tre per due e alta un metro e mezzo), nella quale si sente la corrente d’aria filtrare dalle pietre a pavimento. Questo risulta più complicato come lavoro e di dubbia possibilità. Forse è in relazione con un pozzo nevaio che si trova più sopra. Sinceramente non ci dedicherei troppo tempo.
Vicino a questo ingresso, lateralmente e poco più in alto, in prossimità di una cengia erbosa, c’è l’ultimo “occhio” ma questo è soltanto una rientranza, nulla di più. Salendo il pendio, ancora più in alto, verso il forato, si incontra un pozzo che chiude su neve e che potrebbe trattarsi dell’ingresso a monte, dell’occhio centrale. Tutta la zona soprastante è caratterizzata da zone di assorbimenti vicini a strutture fratturate. Potrebbe risultare interessante, per conoscere meglio la zona, ovviamente “ il dentro della montagna”, una minuziosa ricerca esterna e magari lavorare per disostruire la frana all’interno della cavità più bassa, con la speranza di poter entrare nella zona di calcari sotto le pareti del Forato e sperare di arrivare dentro il mitico versante Sud… ma probabilmente sto sognando troppo!
Hanno partecipato all’uscita: Spartaco Savio, Gianni Cergol, e Cristina Michieli
Gianni Cergol