Adriano Ragno

ADRIANO RAGNO (1948 – 2018)

Anche Adriano Ragno ci ha lasciati, in questo pessimo inizio del 2018. Non ci sia­mo conosciuti molto in grotta. Era arrivato in Commissione in anni di mia assenza, così quando ho ripreso a fare attività lo ho sco­perto, novità effervescente e centrale, nel gruppo. Saranno stati i primi anni novanta. Ricordo qualche discesa in qualche grotta in Slovenia, dove trovammo tracce della se­conda guerra mondiale, una spedizione sfor­tunata a causa di una grossa piena al Berger, ove lo costrinsi a sorbirsi per tutto il viaggio una cassetta degli Inti Illimani e Comandan­te Che Guevara, che non mi perdonò, e una bella discesa natalizia all’abisso Carlo Zulla, che divenne un ricordo importante per lui e Serena. Così diventammo amici, però l’amicizia si consolidò fra il 2005 e il 2011, quando lavorammo insieme in un lavoro im­pegnativo, nuovo, nel quale si mise in gioco e dove dimostrò di avere veramente le palle, per serietà, disponibilità e professionalità.  Si dice che è nelle difficoltà che si diventa amici, che si vedono i veri amici. Fra le varie difficoltà che la vita ci pone davanti il lavoro è una delle più grandi, spesso superiore, psicologicamente, alla grotta o alla parete più difficile. Ecco, penso che è in quegli anni che siamo diventati veramente amici, perché su di lui potevo contare e viceversa. E la sua amicizia, la sua persona mi manca. Aveva un carattere scanzonato, profondamente trie­stino. Ironico e autoironico, arguto, spiritoso, istrionico, sapeva sempre prendere in giro e prendersi in giro con leggerezza, con una ri­sata di cuore, solo raramente con una punta di malizia, perlopiù motivata. Ragno, perché Adriano non lo chiamava nessuno, in grotta era forte, massiccio pur non essendo alto, deciso, con una grande passione, un grande entusiasmo, lo stes­so che aveva per la vita, per le donne, per il cibo, per il vino e per il tabacco. È stato quest’ultimo che un po’ l’ha tradito, insie­me al suo carattere, che gli ha impedito di frenare quando sarebbe stato il momento. Ma era impostato sulla modalità “a manet­ta”, modalità che la difficile operazione che gli aveva portato via una parte di polmone e l’incidente con l’adorata Harley, che gli ave­va fatto quasi perdere un piede, non erano riuscite a disattivare. Caro amico, se c’è un’altra parte non sei solo, la nostra squadra è fortissima anche lì, con Lazy, con Glavu, con Birillo, con Marietto, con Dede, con Carlo, che ti avranno accolto con gioia. Se non c’è, grazie per le battute che ci hai regalato e che hanno reso sempre gioioso stare in tua compagnia. Ciao Ragno!

Toni Klingendrath