Il terzo ripostiglio monetale da Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina)
Riguardo la cosiddetta “Grotta delle Monete” di Hrpelje (Erpelle) o “Jama Novcev”, l’unica notizia in lingua italiana reperibile nel web è un breve articolo, scritto da Franco Tauceri, presente nel sito www.carsosegreto.it, nel quale viene riportato e riassunto ciò che è scritto su questo argomento nel libro Duemila grotte di L. V. Bertarelli ed E. Boegan.
L’articolo racconta che, nell’ottobre del 1921, all’interno della grotta successivamente accatastata con il numero 557, fu trovato un tesoro, composto da alcune pentole che conservavano al loro interno oltre cinquemila monete, perlopiù d’argento e poche d’oro.
Dallo studio della documentazione archivistica conservata in Soprintendenza emerge che le monete erano circa 10 d’oro e più di 5000 d’argento.
L’articolo poi aggiunge che il tesoro risaliva probabilmente agli inizi del 1400, perché comprendeva monete d’oro dei dogi Lorenzo Celsi, Marco Corner, Andrea Contarini e Antonio Venier. Le monete d’argento erano invece grossi, soldini e piccoli della Repubblica di Venezia, denari dei Patriarcati d’Aquileia, della zecca padovana dei Carraresi e di Luigi I d’Angiò, re d’Ungheria, e risalivano a tempi che vanno dalla seconda metà del secolo XIV agli inizi del XV.
L’annuncio del ritrovamento fu dato da Piero Sticotti, direttore all’epoca del Civico Museo di Storia ed Arte di Trieste, presso il quale le monete furono portate.
La grotta si trovava a sud-est di Hrpelje (Erpelle), ai margini di una dolina.
Nonostante queste interessanti informazioni, è doveroso far presente che le uniche pubblicazioni ufficiali in merito, databili all’epoca del rinvenimento, si trovano in Alpi Giulie e in Duemila grotte, testi che riportano le informazioni posteriormente riportate nell’articolo di Franco Tauceri. La scoperta ebbe anche un accenno su Il Piccolo della Sera e su qualche altro giornale locale.
Tuttavia, come detto, manca una divulgazione scientifica della scoperta e, anche se era intenzione di Piero Sticotti pubblicare un articolo in merito sulla Rivista Italiana di Numismatica, ciò non avvenne mai.
Infatti, proprio per questa serie di ragioni, la scoperta risulta essere paradossalmente più conosciuta in ambito speleologico, data la generale conoscenza degli speleologi del libro Duemila grotte, che in ambito numismatico e archeologico.
Tuttavia in ambito archeologico le notizie più cospicue sono in lingua slovena: 1. l’articolo di Matej Zupančič sulla rivista TABULA, basato principalmente sullo studio del materiale archivistico conservato in Soprintendenza, 2. il libro Kronika Hrpelj dello storico locale Vladimir Grželj, 3. l’accenno alla scoperta nell’articolo Denarni obtok na območju Republike Slovenije v obdobju srenjega in novega veka: denarni obtok od l. 800 do danes: doktorska disertacija di Andrej Šemrov.
Nel web è inoltre presente un pdf, sempre in sloveno: Naravoslovno zgodovinska učna pot Hrpelje, basato sugli studi di Vladimir Grželj in Kronika Hrpelj, che racconta sostanzialmente ciò che è scritto sulle targhe turistiche illustrate (esclusivamente in lingua slovena), collocate sul percorso storico-naturalistico che attraversa il paese di Hrpelje (Erpelle) e passa per il bosco a sud del paese, nella frazione di Boršt.
Dallo studio del materiale archivistico conservato in Soprintendenza emerge anche il nome del presunto scopritore e qualche informazione sulla sua genealogia: Giovanni Kolerič, un deviatore ferroviario presso la stazione di Hrpelje-Kozina (Erpelle- Cosina), domiciliato presso Hrpelje (Erpelle) e nato a Roiano (rione di Trieste) il 3 aprile 1900, figlio di Stefano Kolerič e Maria Presson. Null’altro.
Da questa scoperta inoltre sorgono altri e numerosi dubbi, come ad esempio: 1. non vi è corrispondenza fra il luogo di rinvenimento delle monete di una fonte e dell’altra e non è sicuro che il rinvenimento sia effettivamente stato in una grotta, 2. essendo poche e lacunose riguardanti Giovanni Kolerič, non vi è certezza che sia proprio lui lo scopritore del ripostiglio, 3. non vi è certezza nemmeno sul numero di monete, dato che i pezzi sembrano essere andati perduti (non sono conservati né in Soprintendenza né presso il Civico Museo di Storia ed Arte di Trieste).
Fortunatamente però esistono un rilievo della presunta cavità, realizzato nel 1922 da Giuseppe Furlani, membro della Commissione Grotte all’epoca della scoperta, ed una sola moneta (un denaro d’argento del patriarca d’Aquileia Marquardo) , conservata da un abitante di Hrpelje (Erpelle), di cui non viene fatto il nome per motivi di privacy.

È da tenere in considerazione, poi, il fatto che Antonio Morassi, allora Ispettore dell’Ufficio Belle Arti, andò a perlustrare, assieme ad alcuni speleologi della Società Alpina delle Giulie nel 1922, la presunta “Grotta delle Monete”, presso la quale veniva dichiarato di essere stato fatto il ritrovamento, ma non vi trovò alcuna moneta. Dichiarò poi che probabilmente lo scopritore aveva ripulito la grotta da tutto il materiale numismatico. Questo dato potrebbe avvalorare la teoria per cui l’effettiva scoperta non sia avvenuta in questa cavità sotterranea, proprio perché la grotta perlustrata era priva di monete.

C’è poi da aggiungere che questo non è il primo ripostiglio rinvenuto ad Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina), ma il terzo. Gli altri due, il primo e il secondo ripostiglio, furono rivenuti in precedenza, rispettivamente nel 1886 e nel 1898. Entrambi contenevano monete del XIII sec., precisamente denari del patriarca di Aquileia Bertoldo, denari triestini di Ulrico de’ Portis e, solo il primo, anche grossi veneziani.
Per quanto riguarda il sotterramento del terzo tesoretto è possibile, dallo studio delle fonti, provare a ricostruire sua storia:
Nel 1426, Trieste, anche dopo la dedizione all’Austria, rimase sostanzialmente autonoma nelle sue decisioni, ed iniziarono più che non mai gli scontri con Venezia, che non tollerava un concorrente commerciale nell’Adriatico come il porto di Trieste. Infatti, i Triestini iniziarono a far convogliare verso la loro città il traffico della Carniola, che prima si dirigeva preferibilmente verso i porti Istriani.
Da ciò si può presupporre, quindi, che in quegli anni la via commerciale passante per Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina) fosse particolarmente trafficata da nuove carovane. Infatti, in quel periodo la situazione potrebbe essere cambiata rispetto al passato, proprio perché man mano i “mussolati” ( Le carovane d’asini dirette a Zaule che scendevano a valle passando per Pesek (Pese), paese attualmente vicino al confine italo-sloveno e ad Hrpelje-Kozina, trasportando granaglie e minerali, per scambiarli poi con vino e sale prodotti a Zaule.) potrebbero essere stati sostituiti da commercianti che trasportavano grandi risorse commerciali, diretti appunto dai porti istriani verso Trieste.
Perciò, la situazione potrebbe essere stata questa: da una parte v’era la strada passante per la Muggia veneziana, la quale si collegava ai porti dell’Istria occidentale, dall’altra la strada passante per Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina) che collegava molte città della Carniola, Trieste e l’entroterra friulano all’Istria orientale.
Presupponendo l’esistenza di questo passaggio di carovane nel territorio interessato, mi sembra opportuno a questo punto formulare delle ipotesi sull’interramento del terzo ripostiglio: 1. qualche commerciante di passaggio nascose il tesoretto nel territorio carsico di Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina) per paura di qualche assalto alla sua carovana, ma lo fece con l’intento di recuperarlo poi successivamente. 2. gli abitanti di Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina), riconoscendo il valore della loro favorevole posizione geografica sulla via dei traffici, organizzarono un assalto ad una carovana di passaggio, la depredarono e nascosero il tesoro. Tra le due ipotesi, sembra più accettabile la seconda, in quanto supportata da più fattori.
Da una parte c’è il fatto che, essendo stato rinvenuto il tesoretto in un luogo difficilmente raggiungibile e memorizzabile (quello che ora è pieno bosco, all’epoca era landa carsica), è più probabile che coloro che l’avessero nascosto fossero delle persone con forti conoscenze della zona, quindi degli abitanti locali, piuttosto che un carovaniere di passaggio, il quale difficilmente si sarebbe potuto ricordare in futuro del luogo in cui aveva nascosto le monete. Dall’altra, sempre a sostegno della seconda ipotesi, c’è la leggenda riguardante il monte Mišja šoga (ora Hrpeljska gora), che racconta del ladro Dobrilla, il “Robin Hood” locale che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Forse, se questo personaggio fosse realmente esistito, egli sarebbe potuto essere a capo e l’organizzatore di una banda di assaltatori di carovane, che forse avrebbero operato nei territori di Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina) proprio in quel periodo. C’è poi, a favore della seconda ipotesi, l’interpretazione della leggenda su Dobrilla fornita da Grželj nel suo libro: egli parla di un’antichissima tradizione legata al paese di Hrpelje (Erpelle) che avrebbe visto i suoi abitanti essere esperti assaltatori di carovane nel corso dei secoli. Secondo i racconti popolari, i più furbi fra loro, infatti, sarebbero stati incaricati di appostarsi sul monte Mišja šoga, dove avrebbero atteso il passaggio di una carovana, prevalentemente quelle di contrabbando, dato che passavano spesso per la Carniola perché potevano pagare i dazi con il sale. A quel punto, individuata la carovana di passaggio da assaltare, avrebbero atteso il momento giusto per sferrare il loro attacco.
Nel corso del XVII sec., inoltre, quando i De Leo (famosi commercianti di sale, interessati a quei luoghi perché zona di passaggio della Via del Sale) divennero padroni di molte città della Carniola, fra cui Hrpelje (Erpelle), iniziarono ad assoldare questi assaltatori di carovane come “cacciatori”, proprio per fermare i contrabbandieri di passaggio. Nacquero così i cosiddetti “ublajtarji” di Hrpelje (Erpelle), gli assaltatori di carovane dei contrabbandieri. Nacque anche, con la leggenda su Dobrilla, il detto popolare: “Misja soga, dove c’è il castello bianco, è lí che regna Dobrilla il ladro.”
Dato che con Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina) si parla anche di un piccolo nucleo abitativo medievale, con un’economia prevalentemente basata sull’agricoltura, e non di una realtà urbana ben consolidata, sembra difficile che i locali abbiano potuto accumulare con la vendita di raccolti una quantità così ingente di monete d’oro e d’argento come quella presente nel terzo ripostiglio.
Sarà mai possibile risolvere del tutto questo mistero o ritrovare le monete?
Federico Cammarota