Shpella Zeze

Shpella Zeze, è uno storia di ventiquattro anni….

Pubblicato sul n. 64 di PROGRESSIONE

Si osserva il livello dell’acqua al I sifone
(foto R. Corazzi)

Mi ronzano in mente delle parole di Giovanni, non ricordo dove le avevo lette, in una delle sue ultime lezioni a futura memoria degli speleologi, per tentare di farli diventare presentabili e non degli straccioni. Più o meno il concetto era: le spedizioni all’estero funzionano e generano risultati solo se sono reiterate nel tempo, se c’è socialità e condivisione con il territorio dove ci si pone da “uomo bianco con i danari”. Tutte le altro sono gite più o meno avventurose ma aride di conoscenza. Se ci poniamo oggi, nel 2017, a guardare indietro al 1994, quando la cavità “Shpella Bira e Zeze” (Grotta Nera) fu scoperta dal nostro gruppo, possiamo essere soddisfatti nel nostro lavoro: un lavoro progettuale, plasmato da vari soci e in diverse annualità.

Proviamo a riassumerlo.

1994: seconda spedizione delle CGEB in Albania, base a Curraj Eperm e scoperta di diverse cavità quali “Shpella Perr e Boshit”, “Shpella Lumit”, “Kakverrit”, “Shpella Dreles” e su tutte, “Shpella Zeze”. Ottimi contatti con la popolazione, ma incognite logistiche e azioni violente fuori dalle montagne. “Zeze” viene esplorata e topografata per i primi 800 m.

1995-2005: interruzione delle spedizioni per la gravissima situazione sociale dell’Albania, crollo del sistema bancario con relativa rivoluzione (Anarchia albanese 1997), successivamente guerra del Kosovo (1996-2000).

2006: ritorno in zona dopo 12 anni, rifacimento topografia di Shpella Zeze, riposizionamento sul territorio.

2008: prospezione in zona dei monti Kakise e Boshit

2009: si rientra in grande stile, in collaborazione con la speleologia slovena. Shpella Zeze viene forzata in un passaggio stretto e si scoprono 1,5 km di nuove gallerie.

2010>2013: quattro spedizioni consecutive portano lo sviluppo di Zeze da 1,5 km a 4,1 km: nel 2010 vengono pure esplorati, in giornata, i tre sifoni interni.

2014: dopo tre giorni di piogge, viene deciso di non proseguire nelle zone remote della cavità, gli sloveni lasciano subito il campo, lavori minori di topografia e fotografia nel primo chilometro di sviluppo.

2015 e 2016: non vengono organizzate le spedizioni per due anni, per motivi d’impegno personali, di studio e lavorativi dei partecipanti sia italiani che sloveni.

Condotta freatica nella galleria “Blizzard” (foto R. Corazzi)

Nel 2017, ecco l’ultima spedizione sempre italo (noi) – slovena (quattro sloveni di quattro gruppi differenti). Non so se è una nostra prerogativa, ma i preparativi, le date e i partecipanti ballano spaventosamente sino a pochi giorni dalla partenza. Alla fine ci siamo, rimangono i più motivati e chi ci crede che “Zeze” non termina sotto un camino verticale di 100 metri proveniente dall’altipiano. Partiamo da Trieste il 19 agosto al mattino presto, la scelta della strada è ormai segnata, si fa la “alta” Fiume-Zagabria-Belgrado-Nis-Kursumljia-Pristina-Pec-Bajram Curri, molto più scorrevole rispetto alla ”Magistrala” di Sud-Est. C’è comunque controesodo, due orette ce le curiamo al casello di Zagabria, altra oretta abbondante al confine Croazia-Serbia, con temperatura esterna a 39° e il nostro mezzo senza aria condizionata. Al confine Serbia-Kosovo altra oretta abbondante con problemi ai documenti causa nostra. Bene o male alle sera siamo a Bajram Curri all’ hotel “Real” da Leon e suo fratello, nostri amici albanesi a supporto logistico. Dormiamo a casa della loro zia, la mattina presto del giorno successivo incontro con la truppa slovena a Lekbibaj e caricamento della logistica sul furgone: come sempre, sembra una spedizione della Royal Geographic degli anni ’50 per la quantità di materiali portati. Carichiamo successivamente i cavalli e ci accorgiamo che, nel solito casino, la tanica di benzina per il generatore è rimasta giù…lo sbadato, molto eroicamente, si mette una mano sul cuore e ritorna giù a prenderla…lo rivedremo al campo di Qerec appena il giorno dopo, quando stavamo partendo per un’azione di “search&rescue”.

 Sotto gli alberi del campo a Qerec quest’anno ci aspetta un personaggio: ha portato una pompa che, cacciata dentro alla risorgiva principale, porta l’acqua più buona del mondo (quella di Zeze) a due passi dalle tende e dal campo, solo che lui la usa per improvvisare un baretto e tenere a freddo bibite varie e un bel boccione di Raki, la migliore mai bevuta. La sera piove. Entriamo in “Zeze” il 21 agosto, apriamo la traccia del sentiero d’accesso e recuperiamo e riordiniamo tutti i materiali degli anni precedenti (tanta roba…) tra ferri, materiali da bivacco e cibo andato a male. Portiamo quanto più roba possibile avanti, sino almeno al I sifone. Riarmiamo qualcosa per strada, ma la cavità avrebbe (ha) bisogno di un riarmo generale con acciaio e corde da 10mm. Alla sera inizia a premere nella valle un veto teso da S che durante la notte strapperà parte del telone principale del campo. 22 agosto tutti in punta remota, si trasportano tutti i materiali per allestire il campo interno, viaggiando con due sacchi a testa, poi si fanno due squadre: una allestirà il campo dormendo e tornando fuori, una esplorerà e topograferà alcuni rami in zona “Happy Birthday” che si ricollegheranno al già conosciuto (accorciando però di 30 minuti la via per l’explo) e senza dormire tornerà all’esterno. Mercoledì di parziale sosta, rileviamo nuovamente le risorgive I e II di Qerec Mulaj e teniamo i rapporti con alcuni fattori agricoli della valle, tra cui lo storico Pali. Discussione “diplomatica” (non da poco…) con il sedicente barista e suo figlio, che vantano delle proprietà terriere ove noi allestiamo il campo, per il momento lo teniamo buono anche grazie alla corposa documentazione cartacea che ci siamo portati dietro, per far capire ai locali che non siamo dei turisti sprovveduti ma oramai dei “cugini” acquisiti della zona. Giovedì 24 agosto parte del gruppo riposa e parte si divide in…due parti: una squadra svalica nella vallata di Curraj Eperm ad aggiornare dei dati catastali in “Shpella Lumit” e “Shpella Dreles” (nelle quali alcuni passaggi sono stati forniti di corda da barca blu a scopi turistici…augurissimi a chi ci si aggrapperà), l’altra micro squadra rientra in “Zeze” a rimappare un bypass di 300 m di sviluppo.

Nottata tranquilla. Il giorno dopo concentriamo “l’attacco” alla cavità, ancora due gruppi, uno in explo remota che uscirà quando noi saremo già sulla via del ritorno in Italia, mentre noi ci occupiamo di effettuare una risalita al salone d’ingresso, che regalerà un bel ramo di 130 m di sviluppo e speleotemi quali pisoliti intonsi e depositi mineralogici di colore rosa su pareti bianchissime. Riorganizziamo tutto il materiale esplorativo e logistico e lo portiamo all’interno sopra una risalita di 25 m. Alla sera a Qerec iniziamo a smantellare il campo e preparare il trasporto per il giorno seguente, faccenda che inaspettatamente porta via diverso tempo. Sabato 26 agosto noi della CGEB partiamo dal campo alle ore 12 circa, con il nostro carico e la squadra di cavalli, nulla da segnalare se non una bella sosta nel villaggio di Betoshe alla casa del capoguida dei cavalli, che offre una stupenda ospitalità irrorata da cibo e caraffe di raki…non sarà mai abbastanza per Prella, simpatica guida di un cavallo, che ben zuppo del liquido cristallino cadrà giù in una siepe nel tentativo contemporaneo di camminare, badare al cavallo e finanche rollarsi una cicca a mano: riemergerà dal bosco battuto come un caco ma con la cicca rollata e accesa. Ultimo strappo con il fuoristrada e arriviamo ancora a Lekbibaj. Veloci a ricambiarci e imballare tutto, c’è da prendere l’ultima luce del giorno per fare il bagno nella splendida insenatura ove il torrente ingrossato “Lumi Mertur” si sdraia nel più grosso fiume “Drin”, anni che volevo farlo…che sensazione di pace e appagamento. E’ Natura, pura. Alla sera dormiamo da Leon, la sveglia è tragica, dobbiamo tornare non da Nord, sempre a causa documenti errati, ma dalla litoranea adriatica, con di mezzo l’ultima coda del rientro biblico dei cittadini balcanici in Europa occidentale. E’ una buona notizia vedere che è ripristinata la via d’acqua Fierze-Koman con un traghetto nuovo e dall’aria rassicurante, che ci risparmia diverse ore di guida sulla pazzesca strada verso Puke. In navigazione, riceviamo i contatti dalla squadra slovena che nel frattempo è uscita dopo 45 ore: sollievo per la notizia in sé ed euforia a sapere che hanno rilevato 900 m nuovi di grotta, che sommati ai nostri, ci fanno urlare e fantasticare al record di grotta più estesa d’Albania. Poi noia, più o meno, qualche coda ancora sui confini, ma dalla Croazia la strada scorre: assistiamo solo ad una gustosissima crisi isterica in autogrill croato da parte di un nostro (sempre quello dei documenti…) perché è “costretto” mangiare panini al volo e non sedersi a cena: è sempre molto istruttivo vedere il comportamento umano distribuito su più giorni e non solo nelle poche ore ove ci si può incontrare in grotta. Ore 04:00 del mattino è di nuovo Trieste, stato di sonnambulismo, casa, materiali da riordinare, lavatrici. In realtà la coda della spedizione si allungherà seguendo a distanza il rientro degli sloveni e organizzando lo scambio dei dati topografici e le immagini. Al termine di questa spedizione, “Shpella Zeze” ha in dote 6398 m di sviluppo spaziale e 5905 m di sviluppo planimetrico, punto più basso è a -62m (quota fondo III sifone esplorato nel 2010) mentre il più alto, ove sono ferme le esplorazioni, è a +163m. Bello considerare che a livello esplorativo, sono aperte tre vie distinte che aspettano solo di essere svelate.

Partecipanti alla spedizione 2017:

  • Riccardo Corazzi – SAG CGEB Trieste
  • Umberto Mikolic – SAG CGEB Trieste
  • Marco Armocida – SAG CGEB Trieste
  • Viki Franchini – GGB C.Allegretti Brescia
  • Marjan Vilhar – Jamarska zveza Slovenije
  • Mitja Mrsek- Jamarska zveza Slovenije
  • Vadnja Vadnal – Jamarska zveza Slovenije
  • Robert Rehar- Jamarska zveza Slovenije

 Riccardo Corazzi