PRESENZA DI PSEUDOFUMARIA ALBA

PRESENZA DI PSEUDOFUMARIA ALBA (= CORYDALIS OCHROLEUCA) SUL TERRITORIO CARSICO TRIESTINO

Pubblicato sul n. 64 di PROGRESSIONE

Contributo alla conoscenza della flora e della vegetazione carsica cavernicola

Pseudofumaria alba – Dis. maria Grazia Marculli-Polli

Premesse

Sotto l’aspetto vegetazionale, il Carso triestino e la zona circostante la città annoverano un’elevata varietà di specie particolarmente significative. Ciò è peraltro in perfetto accordo con la diversità degli ambienti che questo territorio include. Le lande, i prativi, i rilievi collinari e quelli montuosi, le rupi costiere, le spiagge, la macchia mediterranea, le doline, i solcati, le voragini e le depressioni baratroidi sono tutte sedi d’habitat particolari che assemblano una caratteristica gamma di specifiche associazioni vegetazionali. Inoltre, pur scarso d’acque superficiali, il Carso include comunque numerose raccolte, quali stagni artificiali e naturali, cisterne, vasche in roccia più o meno capienti ed abbeveratoi a varia configurazione. Queste molteplici riserve d’acqua consentono l’insediamento, seppur limitato, di una schiera di specie botaniche che prediligono ambienti umidi e palustri. Si può dunque ben dire che l’Altipiano carsico ed il distretto Triestino riassumono in sé un assortito ventaglio di situazioni vegetazionali oltremodo caratteristiche e di pregevole levatura botanica. Inoltre, in base alla variazione climatica in atto, molte specie un tempo comuni nel territorio appaiono ora in evidente fase di regresso o sono, in questi ultimi decenni, addirittura scomparse. Altre, per contro, si sono insediate in vari punti dell’altipiano, trovando situazioni ambientali atte al loro sviluppo e conseguente propagazione. Fra queste alcune hanno varcato il territorio sloveno, negli ultimi decenni, giungendo sul Carso triestino, ad esempio, Polystichum aculetaum (attualmente in vari ipogei dell’altipiano), P. setiferum (Fernetti), Daphne mezereum (Val Rosandra, lungo il torrente), Actaea spicata (Fernetti, Gabrovizza), Moehringia trinervia (Fernetti), Seseli tommasinii (Basovizza-Cocusso) e Cystopteris fragilis (Basovizza, Zolla, Fernetti, Gabrovizza).

Altre specie presenti al di fuori della zona studiata potrebbero insediarvisi in futuro, come ad esempio Aposeris foetida, Anemone trifolia, Hacquetia epipactis, Omphalodes verna ed ancora, fra quest’ultime, due d’estrema valenza botanica: Pedicularis friderici-augusti e Serratula radiata. La prima è presente sulle falde occidentali del M. Videž/Bellavista (663 m), nella zona del Cocusso-Castellaro/Velike Gradišče, a brevissima distanza dal valico di Pesek/Krvavi potok. L’altra è, da molti anni, segnalata oltre il confine di Stato di Pesek e dista dal territorio italiano soltanto poche centinaia di metri. L’affacciarsi, in territorio italiano, consentirebbe addirittura a quest’ultima di ritenersi la prima segnalazione non soltanto per il territorio carsico, ma addirittura per quello nazionale. Riferendosi più specificatamente all’ambiente cavernicolo, mancano nelle cavità e nelle voragini del Carso triestino alcune entità che ben figurano invece in quelle situate poco al di là del confine di Stato Citando quelle maggiormente espressive, si ricordano così Chrysosplenium alternifolium, Cardamine trifolia, Daphne laureola, Lunaria annua, Saxifraga petraea e S. rotundifolia, Veronica urticifolia.

Un’ulteriore specie, colonizzatrice prevalentemente di forre umide e d’ambienti cavernicoli, che è riuscita a raggiungere per la prima volta il territorio italiano, insediandosi sul Carso triestino una ventina d’anni addietro (1987) è Pseudofumaria alba. Essa è tuttora presente in una dolina che costella la plaga di Fernetti, quasi a ridosso del Confine di Stato, ed è oggetto del corrente contributo.

Caratteri morfologici, ecologici e distribuzione di Pseudofumaria alba

Pseudofumaria alba (Mill.) Lidén ssp. alba (= Corydalis ochroleuca[1] Koch) – con basionimo[2] di Fumaria alba e con le denominazioni italiane di Colombina bianco-gialla, Coridali pallida e Coridalide giallo-pallida[3] – è una Papaveracea che predilige le rupi calcaree e gli ambienti di forra umida. E’ un’orofita sud-Europea che s’irradia dalle catene dell’Europa meridionale alla penisola Iberica, alle Alpi, ai Balcani ed in alcuni casi al Caucaso e Anatolia. In Italia la si rinviene dalla fascia submediterranea a quella montana inferiore; corologicamente è un endemismo illirico-appenninico anfiadriatico (cioè presente sulle due sponde dell’Adriatico) che si sviluppa di norma sulle Alpi Apuane, sull’Appennino Lucchese e Pistoiese, scendendo sui Monti Sibillini, nel Lazio, negli Abruzzi, nel Matese ed in Basilicata. E’ stata pure segnalata nel Comasco (Erba) e sui Corni di Canzo, gruppo montuoso ubicato nel triangolo lariano. Gli elementi maggiormente distintivi sono le foglie d’un verde glauco, divise e biternate, la corolla biancastra e gialla all’apice, ed i frutti eretti contenenti da 3 ad 11 semi neri, tubercolati e brillanti inclusi in una siliqua oblunga deiscente. Sotto il profilo biologico, si tratta di un’entità emicriptofita scaposa. Il periodo della fioritura avviene fra i mesi di maggio e luglio. Il numero cromosomico 2n = 28, 32.

Esistono alcune altre specie molto simili a Pseudofumaria alba e che si distinguono per minime differenziazioni. Si ricordano così Corydalis lutea (Colombina gialla), endemica insubrica, tipica di muri, di rupi calcaree stillicidiose, presente sulle Alpi Bellunesi, nel Vicentine, in Trentino, nel Bergamasco ed allignantesi pure sulle Grigne, fino all’Ossola. Quest’entità si distingue per la corolla completamente gialla, per i frutti pendenti e per i semi lucidi.[4]

E così ancora l’illirica Corydalis acaulis (= Pseudofumaria alba ssp. acaulis), molto simile alla precedente, ma annuale e con fiori di colore bianco-giallastro e con peduncoli fruttiferi pendenti ad arco e più lunghi della capsula. Quest’ultima colonizza, nella Penisola istriana, antichi muri (chiesa di S. Francesco a Pola/Pula, Pisino/Pazin Castello di Chersano/Kersan) sui quali fiorisce da febbraio a maggio. La si può rinvenire anche nelle isole del Quarnero, come ad esempio ad Ossero in quella di Cherso. L’entità è presente pure in Dalmazia, nelle cenosi che si sviluppano prevalentemente sulle mura delle località (Adamovič, 1911).

Oltre a Pseudofumaria alba, sul Carso triestino risulta peraltro frequente, soprattutto nell’ambiente dolinare, Corydalis cava (= C. bulbosa, Radice cava) ben distinguibile per il bulbo subsferico cavo e che si può agevolmente ravvisare scendendo nelle doline durante il precoce periodo primaverile, quand’è in piena attività l’esplosione floreale in esse contenuta. Esiste anche la più rara Corydalis solida (Fumaria ditaruola), caratterizzata dal bulbo giallastro e pieno. Quest’ultima predilige boschi di latifoglie altitudinali, quali querceti e faggete. E’ presente, ad esempio, nel complesso ipogeo di San Canziano/Skočjanske jame e nelle grandi doline di crollo adiacenti (nella Lisična, ad esempio, fu osservata il 3 aprile 2010). La si può rinvenire, sempre rara, in altri siti, quali ad esempio sul M. Auremiano/Vremščica e ad Odollina.

Pseudofumaria alba (Foto E.Polli)

Distribuzione di Pseudofumaria alba negli ipogei sloveni del Carso Classico

Pseudofumaria alba è ben presente nel territorio sloveno sud-occidentale –  ov’è conosciuta con la denominazione di Bledorumeni petelinček e B. koreničnik – come si può ben notare attenendosi all’Atlante delle specie di N. Jogan (2001). Immediatamente oltre il Confine di Stato (Prebenico-Osp) l’entità è relativamente abbondante ed osservabile lungo il sentiero che sale all’Antro di Ospo (Osapska Jama, 1154 S/68 VG). Qui essa è accompagnata da un contingente floristico d’ambiente prevalentemente termofilo, costituito in gran parte da Campanula pyramidalis, Laurus nobilis, Oryzopsis miliacea, Osyris alba, Paliurus spina-christi, Phyllirea latifolia, Pistacia terebinthus, Quercus ilex e Teucrium flavum. L’entità colonizza altri numerosi siti cavernicoli prossimi ad ipogei nonché vaste doline di crollo ubicate ancora nel territorio sloveno poco distante da quello triestino. Così, ad esempio, la si può individuare, poco oltre la linea confinaria di demarcazione, già nella Conca d’Orlek/Orleška Draga, nella Dolina dei Corvi/Rjsniak di Divaccia/Divača, nella Divaška Jama/Grotta Sottocorona (741 S/111 VG), nell’Abisso dei Serpenti/Kačna Jama (955 S/113 VG), nella Jama v Bukovniku (1382 S/3375-319 VG), nella Petniak (952 S/397 VG), nell’Antro del Monte Chislizza/Perkova Pečina (1361 S/3308 VG), nel non distante complesso di San Canziano/Škocjanske jame, 735 S/112 VG). Più a settentrione è ancora presente, ma sporadicamente od in modo del tutto eccezionale, nel complesso ipogeo di Postumia (Jamški sistem Postoinska jama, 747 S/108 VG), nel Cavernone di Planina/Planinška jama (748 S/106 VG); rarissima ormai alla Vranja Jama (88 S/972 VG) e nella vicina Škededna Jama (222 S/973 VG) e così pure nella zona del Rio dei Gamberi/Rakov Škocjan.

Pseudofumaria alba Foto Elio Polli

La specie figura pure all’esterno di numerose cavità della Valsecca di Castelnuovo/Matarsko Podolje: nella Rodiška Pečina (1125 S/2880 VG), nella Široka jama (964 S/127 VG), nella Caverna Zjati (2708 S/378 VG, nei pressi di Škandanščina), nella Caverna a SW di Castelnuovo (Jabcina, Jabucinar, Pečina Jabucinov Stržen, 941 S/1108 VG), nella Ulica jama (965/1110 VG) e nella Caverna di Poljane (Polina Peč, Babina pečina, 938 S/1105 VG). Spingendosi più a sud, nella Cicceria/Čičarija in Croazia, l’entità colonizza vari ipogei, quali ad esempio la vasta Grotta dell’Inferno/Novačka jama (1636 VG) o la più defilata Klenovica sino al Monte Maggiore/Učkna gora (Poklon). Da qui, lungo le Dinaridi, raggiunge il Montenegro.

Studi e segnalazioni precedenti

Pseudofumaria alba, con la denominazione di Corydalis ochroleuca (Coridali pallida), era già stata considerata in passato dagli autorevoli botanici del tempo. Carlo Marchesetti, ad esempio, nella sua “Flora di Trieste e de’ suoi dintorni” (1896-’97), aveva segnalato la specie nelle fessure delle rocce del Carso a Divaccia, a San Canziano, ad Ospo, sul monte Slaunig/Taiano, ove fioriva da maggio a settembre.

Negli stessi anni (1897-’99) Eduard Pospichal, nel considerare pure la distribuzione della specie nel Litorale Austriaco, citava vari siti in cui essa allignava. Così, la segnalava sui rilievi della Cicceria, a San Stefano nella valle del Quieto, fra Castelvenere e Momiano, presso Monpaderno, a Pisino (sia nel borgo vecchio che presso il castello e nella Foiba). Più rara appariva sul Carso all’ingresso della Grotta di Gabrovizza, a San Canziano, nella Dolina di Divaccia e nella conca di Male Loče. E così l’indicava ancora lungo i precipizi del Čaven nella Selva di Ternova, presso Otelca e Dol, ove si sviluppava in buone condizioni e con buona frequenza.

Successivamente, negli Anni ‘30-40 Friedrich Morton aveva citato la specie, a più riprese, nei suoi meticolosi rilievi e nelle relative raccolte qualificandola, sotto il profilo fitogeografico, quale entità sudeuropea-illirica. Nelle erborizzazioni effettuate nelle voragini delle Grotte del Timavo di San Canziano l’aveva identificata già sulle pareti umide ed ombrose dell’ingresso del fiume, prima che s’immergesse nel mondo sotterraneo. E così la specie era frequente all’ingresso della “Grotta Michelangelo”, lungo il “Sentiero Guido Corsi”, presso le pile del “Ponte Bertarelli”, al “Pozzo Jamca”, nella “Grotta Mahorcic”. Nella successiva zona della “Piccola Voragine” essa ben costituiva la sub-associazione “Corydalis ochroleuca-Parietaria ramiflora-Lamium Wettsteinii”. Procedendo ancora da est ad ovest nel complesso ipogeo, la segnalava lungo il Sentiero “Luigi Pellarini”, verso il fondo della “Piccola Voragine”, al “Pozzo Radonetz”, nella “Grande Voragine”, presso la “Grotta Brucher” e verso la vedetta “Napoleone Cozzi”. Per citare gli ambienti ov’era maggiormente in evidenza, ancora nella “Grotta dei Pittori” e nei pressi della Caverna Preistorica della “Grotta Schmidl”. Nei luoghi in cui fioriva, la specie aggraziava le cupe pareti stillicidiose ed ombrose, offrendo sempre al visitatore una magnifica visione.[5]

Nelle sue instancabili peregrinazioni botaniche, lo Zirnich riporta i copiosissimi rinvenimenti della specie sul Monte Maggiore d’Istria/Ucka gora d’Istria, ove l’erborizzò su chine detritiche (1952). Così la individuò pure nella Selva del Nanos (Podkraj, 1952) e, dato come s’è detto tuttora valido, dinanzi alla Caverna d’Ospo (26.6.1960). Rinvenne pure la rara Corydalis solida nella Conca d’Orlek (1925) e sull’Altipiano della Bainsizza (Rauna, 1940).

Pseudofumaria alba. Foto E.Polli

Presenza di Pseudofumaria alba sul Carso triestino

La presenza di Pseudofumaria alba sul Carso triestino costituisce, allo stato attuale, un evento eccezionale. Essa si sviluppa solamente in un paio di doline quasi attigue (toponimo Koblarija) che costellano la plaga di Fernetti, proprio a ridosso della linea ferroviaria che, a brevissima distanza, entra in territorio sloveno. La scoperta della specie avvenne il giorno 1 Aprile 1987, durante una battuta di zona, volta al censimento delle raccolte d’acqua presenti in quella plaga. Si scese al fondo di una dolina (q. 317,3 m), individuando, sulle rocce emergenti, la cospicua e rigogliosa fioritura della specie. L’avvallamento è ubicato alla base del versante sud-ovest della quota 370,5 m (con stele confinaria “Sessana 1818” a pochi metri dal culmine), al di là del quale, 300 m a nord-est, sprofonda la Conca d’Orlek. Esso dista inoltre 150 m a NNW dal Casello ferroviario ora disabitato. Il sito, appartenente al piano bioclimatico collinare superiore del Carso triestino, rientra nell’Area di Base 103/48 (Tavoletta “Monte dei Pini”). La posizione topografica della stazione di Pseudofumaria alba è la seguente: lat. 45°41’21,1” N; long. 13°49’42,5” E. Con tutta probabilità la specie ha colonizzato il sito provenendo proprio dalla vicinissima Conca di Orlek, ove si sviluppa con buona distribuzione.

Come già fatto notare, l’entità fa parte dell’elemento illirico-appenninico. Sul Carso triestino essa raggiunge i limiti settentrionali del relativo sub-areale (Ospo, Divaccia, Škocjan, Trnovski Gozd). L’associazione cui essa appartiene è il Moehringio-Corydaletum ochroleucae Horvat 62, (cenosi delle “rocce a colombina bianco-gialla”), compagine tipica di rocce calcaree, di grossi blocchi immobili, di solcati e di crinali carsici che s’estende dall’orizzonte dei querco-ostrieti sino alle faggete. Abbastanza diffusa sulle montagne dinariche, essa è ancora frequente nell’Istria montana (Cicceria) per poi progressivamente rarefarsi nell’area carsica. Di norma, ove tale cenosi s’insedia, oltre a Pseudofumaria alba (che vi figura quale specie caratteristica), sono presenti Moehringia muscosa unitamente alle felci Gymnocarpium robertianum ed Asplenium scolopendrium. Nella zona in ombra, i massi e le emersioni calcaree si ricoprono da consistenti formazioni muscose (a prevalenti Hylocomium splendens, Homalothecium sericeum e Neckera crispa). Nelle fenditure non mancano quasi mai Micromeria thymifolia e Asplenium trichomanes; meno frequente per contro è Asplenium ruta-muraria. Nella dolina di Fernetti, l’associazione è priva sia di Asplenium scolopendrium che di Gymnocarpium robertianum. Vi sono presenti, per contro, Cystopteris fragilis (infrequente, allo stato attuale, sull’altipiano carsico ma in progressiva espansione), Campanula pyramidalis, Micromeria thymifolia, Geranium purpureum, conferendo così, all’ambiente, i connotati meno rigidi della faggeta e privilegiando invece quelli più attutiti, suffragati dalla presenza di specie di maggior aridità. La specie colonizza quasi continuativamente il versante orientale della dolina, ricco d’emersioni, sino al margine dell’ampio terrapieno sottostante la linea ferroviaria. La stazione, a vent’anni dalla scoperta, si presenta tuttora alquanto rigogliosa ed espansa (consta di ben oltre il centinaio d’esemplari), irradiandosi verso il fondo dell’avvallamento e colonizzando via via nuove emersioni calcaree.

In tempi successivi, la specie si è propagata, seppur limitatamente, verso nord-ovest, a circa 200 m di distanza, in un’aspra depressione chiamata dagli speleologi triestini “Dolina delle Cloce”. Si tratta di un avvallamento già storicamente famoso in quanto, durante le piene del Timavo, s’allagava sul fondo e, simultaneamente, si sentivano provenire da esso forti rumori, con notevoli e violenti fuoruscite di sbuffi d’aria, come segnalava Adolf Schmidl nel 1851, durante l’esplorazione del bacino Reka-Timavo. Dal 2000 questa dolina è stata presa in esame, proprio per la ricerca del corso sotterraneo del Timavo, dalla Società Adriatica di Speleologia di Trieste. E’ tuttora in atto la disostruzione dell’ipogeo (denominato “Luftloch”, 6442 VG-7477 R) che potrebbe presentare un probabile collegamento con il corso sotterraneo del fiume. La dolina è peraltro importante anche dal punto di vista vegetazionale ospitando, soprattutto sul terrapieno realizzato ad ovest e sulle rocce circostanti, una sempre più cospicua popolazione di Pseudofumaria alba.

Un paio d’anni addietro (1 aprile 2015), nel corso di un’esplorazione sul Carso goriziano di Iamiano, avente lo scopo di rilevare le specie esistenti in quel territorio, è stata scoperta un’ulteriore stazione di Pseudofumaria alba. Questa colonizza, con buona copertura, il fondo ghiaioso di una piccola dolina (q. 18 m) che consiste in una formazione secondaria, reinsediatasi in un ambiente adibito tempo addietro a pastorizia. Precedentemente tale spazio era stato sconvolto, nel suo assetto originario, dalle opere belliche realizzate nel corso del Primo Conflitto Mondiale. La copertura dell’entità appare notevole, soprattutto nelle zone d’accumulo dei detriti calcarei. Alla data della scoperta è stata compilata, a cura del botanico Fabrizio Martini, una scheda di rilevazione, consultabile nel relativo contributo citato nella bibliografia (Martini, 2015). La posizione della dolina, con la stazione di Pseudofumaria alba, è lat. 45°48’56,45” N; long. 13°35’00,81“ E. Essa si trova inoltre a scarsi 200 m a sud dal Pozzo Bariet (360 VG/273 R).[6]

Considerazioni conclusive

La presenza delle due uniche stazioni, nell’ambito regionale, di Pseudofumaria alba sul Carso triestino e su quello isontino, costituisce una circostanza alquanto sorprendente ed inattesa, però non del tutto. Essa è dovuta essenzialmente alle specifiche particolarità climatiche dei due ambienti in cui l’entità si sviluppa e che, con il lento ma ineludibile mutare del clima, hanno consentito il favorevole insediamento nei siti in oggetto. Ciò avvalora il fatto, una volta di più, come il cosmo del Carso Classico,, sia ipogeo che epigeo, sia in grado d’includere uno straordinario compendio di pregevoli entità botaniche, tutte mirabilmente subordinate a rigorose condizioni micro e topoclimatiche ambientali.

Bibliografia di riferimento

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  • Bertarelli L. – V., Boegan E., 1926 – Duemila Grotte – Ed. T. C. I., Milano, 1926.
  • Jogan N., 2001: Gradivo za Atlas flore Slovenije (Materials for the Atlas of Flora of Slovenia) – Miklavž na Dravskem poliju: Center za kartografijo favne in flore.
  • Marchesetti C., 1887: Florula di San Canziano – Appendice all’opuscolo di F. Müller: Führer in die Grotten und Höhlen von Sanct Canzian bei Triest und Notizen über den Lauf der Reka. Triest, 1887.
  • Martini F., 2015: Aggiornamenti alla flora del Friuli Venezia Giulia (Italia Nordorientale) – Nuova Serie, II (41-64) – Gortania 37 (2015): 19-20.
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  • Morton F., 1938: Monografia fitogeografia delle voragini e doline nella regione carsica di Postumia. Parte II – Le Grotte d’Italia, Serie 2.a, 3, 1939 – XVII: 65-81.
  • Morton F., 1939: Monografia fitogeografica delle voragini e doline nella regione carsica di Postumia – Le Grotte d’Italia, 3, Trieste: 3-18.
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  • POSPICHAL E., 1897-1899: Flora des Oesterreichischen Küstenlandes – Leipzig u. Wien: 1: [I] – XLIII + 1 – [576] + carta (1897), 2: 1-528 (1898), 529-946 + tab. I-XXV (1899): 631.
  • Schede Catasto/Archivio Storico della Comm. Grotte “E. Boegan”, Trieste
  • Tutin T. G., Heywood V. H., Burgesn A., Moored D. M., Valemtine D. H., Walters S. M., & Webb D. A., 1964-1993: Flora Europaea – University Press, Cambridge.

Elio Polli

[1] Corydalis deriva dal greco korudallis, diminutivo di korudallé, allodola dalla cresta, per la somiglianza del fiore con il capo di quest’uccello. Il genere consta, nel mondo, oltre 300 specie. Indigene nelle regioni temperate, sono adatta per bordure miste, giardini rocciosi e muri fioriti.

[2] Termine che indica, nella nomenclatura botanica, il sinonimo su cui il nome stesso è basato (il sinonimo che porta il suo nome o epiteto).

[3] La specie, a seconda della nazione in cui presenzia, è denominata Bledorumeni petelinček (Slovenia), Ocriljena e Bijela šupalika (Croazia), Corydale jaune (Francia), Blassgelber, Lerchensporn (Germania).

[4] Questa specie è assente dal Carso triestino, come peraltro da tutta la Regione. Esiste, per la verità, un’unica segnalazione per il territorio carsico (Villa Carsia-Opicina, 10348.2.1, in Poldini, 2009) da intendersi comunque quale avventizia sporadica transfuga da qualche giardino, risultando infatti la specie spesso coltivata per ornamento. Va inoltre menzionata un’antica segnalazione (1881), risalente allo Stefani (“Flora di Pirano”, 1894-1895) per la località di Sezza-Val di Sicciole (1881, Istria). Però, “atterrati i vecchi muri sui quali allignava” scomparve del tutto.

[5] In un contributo relativo allo studio della vegetazione del Lago di Garda (1965), Morton segnalò la presenza di Corydalis lutea a Torbole.

[6] Pseudofumaria alba è presente, rigogliosa, nell’Orto Botanico di Trieste.