LE CONCREZIONI QUARZITICHE DELL’ABISSO ZEPPELIN (ALTOPIANO DEL CANIN – FRIULI VENEZIA GIULIA)
Pubblicato sul n. 62 di PROGRESSIONE
Le continue scoperte speleologiche, anche minori, e gli studi sui sedimenti di grotta hanno migliorato e continuano a migliorare le conoscenze sulle modalità di genesi delle grotte alpine, sull’evoluzione del territorio alpino e sulla paleogeografia delle aree circostanti. I concetti base riguardanti la costruzione dell’attuale struttura alpina in rapporto con lo sviluppo del carsismo d’alta montagna sono stati ben sintetizzati nel 2007 da Audra R et al. In "Cave and Karst Evolution in the Alps and their relation to Paleoclimate and Paleotopography".
Esistono precise relazioni tra morfologia, clima e sedimenti. Questi ultimi danno indirettamente informazioni anche sugli avvenimenti che hanno portato progressivamente all’attuale assetto dell’altopiano del Canin con l’instaurarsi del fenomeno carsico oggi di rinomanza mondiale.
Sistemi di ricerca ed accurate indagini sui sedimenti di questo altopiano già da qualche decennio sono in corso e diversi ricercatori se ne sono occupati.
Le ricerche sono spesso mirate ma non per questo meno valide. Tassello dopo tassello si intravedono alcuni aspetti della situazione geologica che ha predeterminato tutte le condizioni geomorfologiche utili alla formazione della fittissima rete di pozzi, caverne e gallerie (sono conosciuti ormai in Canin alcune centinaia di chilometri di vani sotterranei, anche intercomunicanti).
Paradossalmente dagli anni sessanta alla fine degli anni novanta, salvo qualche meritevole eccezione, è stato colpevolmente trascurato un marker fondamentale: il sedimento (i primi studi disponibili si trovano in Cancian et al. – 1996 e 1998 – con la caratterizzazione mineralogica di fillosilicati sia in superficie che in profondità).
Nei Carsi alpini alcuni sedimenti corrispondono ad attività di glaciazioni molto antiche, così come dimostrato da misure paleomagnetiche.
In altri casi è stata evidenziata la presenza di sedimenti provenienti dall’erosione di antiche formazioni geologiche stratigrafica-mente laterali o sovrastanti, così come da sabbie ed argille derivanti dallo smantellamento di formazioni marnose ed arenacee.
I sedimenti rappresentano comunque il mezzo principale per ricostruire virtualmente l’evoluzione dell’altopiano del Canin, evoluzione che dipende in modo progressivo da tettonica, clima e paleogeografia, e talvolta consentono anche di ricostruire un quadro (approssimativo) degli eventi geodinamici che hanno modificato idrografia e livelli basali.
In breve, i pochi sedimenti reperibili possono essere considerati piccoli stralci di "documenti probatori naturali" utilissimi per l’interpretazione degli accadimenti dall’oro-genesi alpina in poi.
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Durante l’ultima spedizione allo Zeppelin Rocco Romano, speleologo della CGEB, ha raccolto particolari concrezioni sferoidali a circa – 700, in una galleria laterale. L’analisi mineralogica ha rivelato che si tratta di concrezioni ad elevato contenuto di quarzo (circa 60%) e calcite, oltre ad ossidi ed idrossidi e fillosilicati (essenzialmente miche). Si tratta di strutture ben consolidate, ad elevato peso specifico (circa 2,8) e molto resistenti alla percussione e all’usura e ciò spiega la loro presenza (e sopravvivenza) in una cavità ancora idrologicamente attiva. E’ la prima segnalazione di simili strutture in un abisso profondo del Canin, ed a quella profondità. Il campione studiato è stato sottoposto ad analisi mineralogica delle polveri omogeneizzate utilizzando il rifrattometro Siemens (goniometro STOE D500 con radiazione CuKa monocromatizzata dotato di piatto in grafite). L’analisi è stata fatta da Davide Lenaz. (Università degli Studi di Trieste – Dipartimento di Matematica e Scienze della Terra).
Dall’analisi micromorfologica al taglio lucido il campione rivela una granulometria non omogenea in cui si riconoscono granuli di minerali diversi a differente dimensione, anche dell’ordine dei 50 -150 micron con alcuni granuli che raggiungono i 300 micron. Riguardo l’origine di queste strutture è evidente che vanno ricondotte alla demolizione di sovrastanti depositi la cui provenienza è, allo stato delle ricerche e delle precedenti conoscenze, assolutamente incerta. La presenza di predominante quarzo e di calcite (complessivamente circa il 95%) suggerisce l’ipotesi di depositi di flysch riconducibili alle relativamente prossime arenarie cretaciche della formazione del Bacino Giulio o a formazioni sabbiose derivanti dalle demolizione delle arenarie dello stesso flysch anche in considerazione della presenza diffusa di ossidi, idrossidi e fillosilicati e della compatibilità granulometrica.
Recentemente in un articolo sui depositi di riempimento di cavità presso Sella Prevala (Velicogna M., Ponton M., Lenaz d., 2012: Cavity-Filling Deposits in the Sella Prevala Area (Mt. Canin, Julian Alps, NE Italy). Gortania, 33: 51-62) sono descritti i risultati delle analisi di sedimenti semiconsolidati rinvenuti in alcune piccole cavità nell’area di Sella Prevala. Si tratta di depositi ben classati, con prevalenza di carbonato di calcio, caratterizzati da granuli di quarzo, miche, anfiboli, epidoti e tormaline. Gli autori dell’articolo ipotizzano per questi depositi superficiali una origine eolica con una provenienza dalle zone delle Alpi orientali, dove sono presenti affioramenti di scisti verdi. Nel nostro caso le concrezioni dello Zeppelin, se pure ricollegabili per ubicazione geografica a quelle della Sella Prevala, sono totalmente diverse, sia per distribuzione mineralogica che per classe granulometrica.
Si tratta quindi di provenienza e fase di trasporto diversa.
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Le concrezioni quarzitiche dello Zeppelin derivano da prodotti di disfacimento di rocce preesistenti e la loro composizione suggerisce l’ipotesi di una intensa degradazione di formazioni originarie con un notevole frazionamento dei prodotti di disgregazione. Il trasporto dei materiali è stato condizionato da fattori tettonico-geologici che hanno agito nell’area. Considerando l’elevata percentuale di quarzo e calcite con cementazione molto forte si può suggerire l’ipotesi che le concrezioni provengano da un antico riempimento consolidato in un condotto carsico e successivamente demolito.
Per coloro che volessero approfondire l’argomento si consiglia la lettura di alcuni specifici lavori tra i quali cito:
– Audra p., 2000: Le karst alpin du Kanin
(Alpes juliennes, Slovene, Italie). État des connaissances et données récentes sur le founctionnement actuel et l’évolution plio-quaternaire des structure karstiques. Karstologia, 35: 27-38.
– Cancian G., Lenaz d., Scoziero u., 1996:
Prima caratterizzazione mineralogica delle argille di grotta e di superficie del M. Canin (Alpi Giulie). Studi e Ricerche, 3:24-34. Soc. St. Carsici Lindner.
– Cancian G., Benedetti G., Kraus M., 1998:
Fenomeni di solfatizzazione e caolinizzazione nei suoli di due abissi del Monte Canin (Alpi Giulie). Mondo Sotterraneo n.s. XXI, 1-2: 29-42. CSIF Udine.
– Frisch W., Székely b., Kuhlemann J., Dunkl
i., 2000: Geomorphological evolution of the Eastern Alps in response to Miocene tectonics. Zeitschr. für Geomorphologie, F, 44: 103-138.
– Klimchouk A., Ford d.c., Palmer A.N., Drey-
brodt W., 2000: Speleogenesis: Evolution of Karst Aquifers. National Speleological Society, Huntsville: 248 p.
– Velicogna M., Ponton M., Lenaz d., 2012:
Cavity-Filling Deposits in the Sella Prevala Area (Mt. Canin, Julian Alps, NE Italy). Gortania, 33: 51-62.
Un invito va rivolto agli speleologi impegnati nelle operazioni di esplorazione delle cavità del Canin affinchè non venga tralasciato di segnalare la presenza di strutture compatte diverse dalle rocce incassanti e depositi di sabbie ed argille, fotografando in sito il fenomeno quando possibile, e portando in superficie i campioni indispensabili per le analisi.
Enrico Merlak