Aspetti vegetazionali del Baratro a nord di Basovizza

 

BARATRO DELLO “STERPACEVO” (2837 VG/636 R) E DELL’AMBIENTE CIRCOSTANTE (CARSO TRIESTINO)

 

L’imbocco del baratro (foto E. Polli)

 

PREMESSE
Il Carso triestino, oltre a comprendere un elevatissimo numero di cavità, include pure numerose doline di crollo ed alcune impo­nenti depressioni baratroidi. Quest’ultime, pur non possedendo a volte i requisiti per essere speleologicamente catastate, pongo­no comunque in rilievo significativi connotati morfologico-ipogei, atti all’insediamento sia di particolari formazioni vegetazionali che d’entità botaniche inusuali e rare per il terri­torio. Di conseguenza, per lo studioso della flora cavernicola, tali siti rivestono una notevole importanza, a volte maggiore di quella evidenziata da cavità catastate più note e considerate da lunga data. Ed in effetti, a seconda delle specifiche situazioni micro e topoclimatiche di cui godono, unitamente a quelle morfiche, in tali ambiti si possono stabilire e sviluppare alcuni componenti d’u­na flora molto particolare, tipica di ambienti freschi subalpini o continentali.
Si rammentano, quali caratteristici esem­pi di cavità (a volte catastate ma talora prive di un numero, non possedendone i requisiti) poste in contesti di questo tipo, il “Baratro a Nord di Bristie” (“Phyllitis”, 3763 VG/686 R), il “Pozzo del Frate” (156 VG/210 R), l'”Abisso I di Gropada” (46 VG/49 R), il “Ba­ratro degli Orsi” (“Piccola Lepineux”, 4109 VG/1176 R), l'”Antro presso Prosecco” (3921 VG/979 R), la “Caverna a NW di Fernetti” (“Perle Due”, 4203 VG/1264 R), il “Baratro presso San Lorenzo” (5583 VG/4783 R), la “Caverna ad Est di Gabrovizza” 1273 VG/ 369 R), il “Pozzo di Precenico” (2710 VG/564 R), il “Baratro dei Cavalli” (“Risel­ce”), il “Burrone a NW di Trebiciano” (4384 VG/1400 R), la “Kavska” (413 VG/79 R) e la dirupata “Sbourlovca”, sul cui fondo s’apre l’appartata “Grotta della Finestra” (Caverna del “Corvo”, 2435 VG/502 R).
Nel presente contributo vengono conside­rati, in particolar modo, gli aspetti vegetazionali dell’ampia e pittoresca depressione, cata­stata come “Baratro a N di Basovizza”(2837 VG/636 R). Essa rientra nel novero degli ipogei di maggior valenza speleobotanica di tutta la plaga carsica triestina, e ciò anche alla luce di recenti indagini, reintraprese in essa e nell’ambiente circostante a distanza di diversi anni. Sotto l’aspetto climatico, il terri­torio in cui s’apre questa depressione tende a presentare dei connotati già marcatamente continentali-subalpini. La temperatura dell’aria media annua è di poco superiore agli 11°C. La bora, pur smorzata dai rilievi dei monti Cocusso (Kokos, 672 m) e Castellaro (V. Gradisce, 741 m), si fa sentire, con partico­lare violenza, soprattutto nelle zone aperte ai valichi dai quali essa scende; insiste pure essa, ma con ridotta intensità, nei pressi del baratro, protetto dalla compatta pineta del Bosco Comunale Impero.

Mascherata dalla fitta vegetazione, l’am­pia imboccatura dell’imponente “Baratro a N di Basovizza” (o anche Baratro dello “Sterpacevo”, dal nome del fantasioso e leggendario “Gigante Zappatore”), s’apre a poche decine di metri dal margine nord-ovest della “Dolina a Gradoni”, l’enigmatica depressione dalla foggia ellittica a cupola allungata con asse nord-sud, nota anche come “Dolina dei Bogomilli” e dei “Drui-di”. La divide da quest’ultima un elevato e compatto continuativo muro a secco che viene a delimitare l’alquanto fitta ed intricata vegetazione del Bosco Comunale Impero. È possibile calarsi abbastanza agevolmente nel baratro, senza l’ausilio di attrezzatura, lungo il versante meridionale ove numerosi figurano i gradoni, le cenge ed i ripiani muscosi, provvidenziali buoni appigli d’appoggio per la discesa. Al fondo della depressione, costellata da caotico pietrame muscoso di variabile dimensio­ne, da subdoli tappeti fogliosi, d’annose ramaglie marcescenti e da copiosi coni di pino nero, s’infossa nell’angolo nord-est ancora un pozzo di ridotte dimensioni, se­parato da un rudimentale ponte roccioso. Negli Anni ’70, alla base del pozzo stesso fu individuato un malagevole cunicolo scarsamente concrezionato, con le pareti in alcuni punti ricoperte da uno strato di latte di monte. Il cunicolo presenta due strettoie, ampliate artificialmente, ed una frattura che preannuncia un salto di circa 1,5 m. L’entrata del cunicolo sembra avere qualche altro proseguimento, non svelato attualmente in quanto occluso da pietrame.
Il baratro fu inizialmente rilevato da Aldo Bobek e Pino Guidi (Comm. Gr. “E. Boegan”) il 29 ottobre 1963. Mentre la profondità complessiva allora era di 14 m, la larghezza (rilevata sull’asse est-ovest) risultava di 12 m; la quota (margine esterno) di 380 m. Se ci riferisce alla Tav. 1:25000 dell’ I.G.M. “S. Dorligo della Valle”, (F 53° I. N.E., Ed. 4-1959), le coordinate geografiche sono le seguenti: lat. 45°39’04,30″ N; long. 1°24’30,30″ E, quota 376 m.
Se ci si richiama invece all’Elemento 110113 “Padriciano” della Carta Tecnica Numerica Regionale (C.T.N.R., 1992), esse sono: Est GB (X) 2431222; Nord GB (Y) 5056026. Se, infine, ci si attiene alla griglia geografica WGS84, la latitudine è di 45.65189 N e la longitudine di 13.86052 E.
Come ricorda Pino Guidi, nelle sue con­siderazioni e note sul baratro, il rapporto fra la superficie dell’ingresso e quella del fondo risulta sproporzionato nella misura di 2,5:1 (gli assi dell’ingresso sono infatti di 12 x 10 m, mentre quelli del fondo sono di 10 x 4 m). Inoltre, secondo il rilevatore, l’impervia depressione potrebbe costituire soltanto il relitto di una cavità di dimensioni maggiori, occlusasi in seguito a crolli o a franamenti.
Un successivo rilievo del baratro, ese­guito da Abbona, Degrassi e Fonda, perfe­zionò quello precedente aggiungendovi la prosecuzione del pozzo. Di conseguenza, l’attuale lunghezza complessiva della cavità risulta di 32 m, per una profondità globale di 20 m.

ASPETTI VEGETAZIONALI DEL BARATRO

Asplenium scolopendrium-scolopendrium

Dal punto di vista botanico, il bara­tro presenta – soprattutto nel periodo primaverile ed incipiente estivo – una rigogliosa e varia gamma d’entità. Nello strato arboreo-arbustivo delle prime due zone di vegetazione (“liminare” e “subliminare”) s’evidenziano vari esemplari di Pinus nigra/nigra e di Fraxinus ornus/ornus, cui s’associano alcune presenze di Ostrya carpinifolia, Cornus mas, Prunus spinosa/spinosa, Euonymus europaea, E. verrucosa, Sor bus aria, Corylus avellana e Sambucus nigra. Nello strato erbaceo (esternamente, a preponderanti Sesleria autumnalis e Brachypodium rupestre) la ve­getazione è prevalentemente costituita, sia sui gradoni, che sulle pareti, negli anfratti e sulle cenge, da una tipica flora dolinare d’ambito ombroso e relativamente fresco (Asaro-carpinetum betuli) cui s’assembla­no, nell’avanzata stagione estiva-autunnale, alcune ulteriori entità componenti la tipica boscaglia carsica illirica. Si susseguono dunque nell’ambiente, a partire dalla precoce stagione primaverile, Galanthus nivalis, Helleborus odorus v. istriacus, Pri­mula vulgaris/vulgaris, Anemone nemorosa, Corydalis cava/cava, Thalictrella thalictroi-des, abbondante Lamium orvala, Lathyrus vernus/vernus, Cardamine enneaphyllos, Pulmonaria australis, Asarum europaeum/ caucasicum, Mercurialis ovata, Polygona-tum odoratum. Subentrano quindi, nella stagione primaverile avanzata ed estiva, Geraniumm robertianum/robertianum, Moehringia muscosa, Mycelis muralis, La­mium montanum, Cyclamen purpurascens, Allium pulchellum-carinatum, Aristolochia pallida e Melittis melissophyllum/melisso-phyllum.
Diffusa appare quasi dappertutto Hedera helix/helix, spesso esibente lunghi festoni pendenti, accompagnata da alcuni occasionali cespugli di Ruscus aculeatus. Nella sfera pteridofitica, sui margini cir­costanti il baratro si sviluppa discretamente Asplenium ruta-muraria. Man mano che si scende (“Zone subliminare” e “suboscura”), sempre più frequente appare per contro il nastriforme Asplenium trichomanes/trichomanes, in esemplari che però, con il progredire della profondità, si manifestano sempre più stentati. Un paio di stazioni, non molto rigo­gliose, di Polypodium vulgare si mantengono nel tempo alla base del “Belvedere Silvio”, protuberanza calcarea che si protrae quasi a picco nel vuoto qualche metro sotto il margine meridionale della depressione. Ed è proprio da questo punto che è possibile individuare, sulla strapiombante parete di fronte e più in basso, posta a scarsi due metri sopra il pozzo terminale, un’inattesa stazione di Asplenium scolopendrium/scolo-pendrium, autentica preziosità botanica che il baratro custodisce.

 ASPLENIUM SCOLOPENDRIUM/ SCOLOPENDRIUM NEL BARATRO

Al tempo delle prime indagini e rilievi speleobotanici nel baratro, risalenti all’anno 1980, l’entità non figurava tra quelle presenti e così neppure nel corso delle periodiche visite effettuate negli anni successivi. Una recentissima discesa in esso (febbraio 2012) ha invece consentito di individuare, con una certa sorpresa, la stazione di questa Pterido-fita. L’inusuale presenza costituisce un evento del tutto anomalo in quanto Asplenium scolopendrium/scolopendrium ha la tendenza, in questi ultimi decenni, a regredire dalle cavità del Carso triestino. Numerose e continuative osservazioni in tal senso hanno infatti eviden­ziato come da varie cavità dell’altipiano, in cui figurava presente, l’entità si fosse gradualmen­te rarefatta, sino a confinarsi in pochi siti o, in alcuni casi, addirittura a scomparire del tutto. La regressione, notata peraltro anche in altri territori cavernicoli europei, sarebbe causata dalle attuali condizioni climatiche che, anche sul Carso triestino, rilevano andamenti più secchi e meno continentali, con temperature invernali meno rigide e con minor quantità nelle precipitazioni. Si è infatti notata, proprio in quest’ultimo decennio, un’ulteriore rarefa­zione e scomparsa della specie da alcune cavità nelle quali, seppur precariamente, essa riusciva a svilupparsi (Grotta “Ercole”, 6 VG/131 R; “Pozzo ad E di Precenicco”, 4019 VG/885 R; “Pozzo VI presso Prosecco”, 3926 VG, 974 R). In qualcuna, come ad esempio nella Grotta del “Frassino” (2432 VG/500 R), una ridotta stazione continua a perpetuarsi quasi all’apice della china detritica, ma in condizioni estremamente labili.
Soltanto negli ambienti con una partico­lare ed appropriata situazione topo-climatica Asplenium scolopendrium/scolopendrium vegeta rigoglioso ed in maniera alquanto diffusa. Ciò lo si può osservare sull’altipiano carsico triestino, per citare gli esempi più evidenti, sul fondo del “Baratro a Nord di Bristie” (3763 VG/686 R), nella “Grotta del Monte Napoleone” (4286 VG/1048 R), nella “Grotta Noè” (90 VG/23 R), nella “Fovea Maledetta” (822 VG/346 R) e nel “Pozzo presso Gropada” (“Pignatòn”, 273 VG/219 R).

LA STAZIONE DI ASPLENIUM SCOLOPENDRIUM/SCOLOPENDRIUM

La stazione in cui Asplenium scolopendrium/scolopendrium si è insediato nel corso di questi ultimi anni nel baratro si trova al fondo, sulla strapiombante parete settentrio­nale, alla quota di 368 m e ad 1,60 m sopra l’orlo del pozzo terminale. Essa è costituita attualmente da 6 fronde, d’un verde brillante e smeraldino, le cui lunghezze medie s’aggi­rano sui 25-30 cm. La posizione è tale per cui la stazione stessa risente beneficamente, in modo sensibile ma limitatamente ad alcuni periodi dell’anno, del flusso d’aria che esce dal sottostante pozzo (l'”Effetto Spacker” segnalato da D. Marini,). Si trova quindi in una posizione favorevole e strategica per lo sviluppo vegetativo delle sue fronde. Il sito è inoltre a contatto con una continuativa popolazione di briofite, fra cui appare pre­ponderante la massiva presenza di Thamnobryum alopecurum. È ancora qui presente Asplenium trchomanes, ma con fronde di ridotte dimensioni e nella maggioranza dei casi improduttive. Fra le specie superiori, si sviluppano qui (“Zona suboscura”) Lamium orvala, Moehringia muscosa e Geranium robertianum/robertianum. Rammentiamo che quest’ultimo può essere considerato quale esempio tipico d’entità “criptòfila”, e ciò in virtù della sua spiccata predisposizione a svolgere il ciclo vitale in ambienti ipogei molto ombrosi e scarsamente illuminati. Tende peraltro qui a fiorire con sensibile ritardo.
Nella cavità esiste pure un’altra stazione di Asplenium scolopendrium/scolopendrium, individuata anch’essa in tempi piuttosto recenti. Si trova pochi metri ad ovest della precedente, ad un’altezza di poco superiore ai due metri dal livello basale. Consta di 3 fronde, di ridotte dimensioni, ma tutt’ora in discrete condizioni vegetative, e situate in una conca notevolmente allungata e ripara­ta. L’ambiente è qui meno umido e risente, nell’arco della giornata, di una maggior durata da parte delle radiazioni luminose.
Ulteriori periodiche visite al baratro po­tranno, in un prossimo futuro, chiarire ancor meglio sia la situazione vegetazionale che l’evoluzione di Asplenium scolopendrium/ scolopendrium nel baratro.

PARTICOLARITÀ IPOGEE E BOTANICHE DELLA ZONA CIRCOSTANTE IL BARATRO

L’ambiente circostante la depressione baratroide annovera ancora numerose par-ticolarità sotto l’aspetto speleologico: ed infatti in esso s’aprono varie grotte. Quelle di maggior rilevanza sono, partendo a mez­zogiorno del “Baratro dello Sterpacevo” e procedendo in senso orario, l”Abisso “Giu­seppe Müller” (4748 VG/2316 R), la Grotta “Plutone” (23 VG/59 R), l’”Abisso di Basoviz-za” (229 VG/130 R), la Grotta della “Pietraia” (6237 VG/6616 R), il Pozzo di “Sisifo” (6021 VG/5848 R), il “Pozzo presso la Dolina dei Druidi” (4898 VG/2679 R) e la “Grotta a SE della Dolina dei Druidi” (5772 VG/5189 R).
Non mancano in questa zona le raccolte d’acqua di vario tipo, quali ad esempio le capienti vasche in cemento “Pesaro”, e quella retrostante la Grotta Plutone, datata 1972. Fra le particolarità botaniche, va ricordato un notevolissimo esemplare di roverella (Quercus pubescens, 2,33 m di crf), situato nella dolina immediatamente a sud-est di quella a “Gradoni”.
Nella zona circostante la cavità è inoltre possibile individuare alcune costruzioni agro­pastorali (le “casite” o “casette”, localmente “hiske”) , pregne di pura testimonianza sto­rica dei tempi passati. Alcune di esse sono sul posto da lunga data; altre sono state recentemente restaurate a regola d’arte dallo squisito basovizzano Vojko Razem. Meritano una visita soprattutto la “Hiska v Burjovki” (pod Gaja, N. 49) e la “Debeli Skolj” nel Bosco Impero (conclusa nel gennaio 2012) dalle sembianze architettoniche che ricorda­no una caratteristica costruzione mongola.
Fra le particolarità floro-vegetazionali presenti nella zona va doverosamente cita­ta la dolina (quota fondo 369,7 m), situata a nord-ovest del baratro, non distante dal “Sentiero del Cristo”. Essa include una del­le rarissime stazioni della peonia maschia (Paeonia mascula), un’entità che si discosta alquanto dalla consueta peonia che fiorisce nella stagione primaverile nella boscaglia carsica. Si distingue innanzitutto per le foglie ternate e quindi per la corolla vivacissima, d’un colore rosso intenso-violaceo; nella stagione estiva-autunnale la fruttificazione diviene evidente, con i semi vivamente lucenti e brillanti, di un colore blu fulgido.
Fra le altre specie rare nel territorio di Basovizza, diffuse negli ambienti circostanti la depressione baratroide, si ricordano Va­leriana tuberosa, Delphinium fissum/fissum, Digitalis grandiflora, Lactuca quercina/querci­na v. integrifolia, Trifolium stellatum, Sanicula europaea, Adoxa moschatellina, Senecio ovatus/ovatus (= S. fuchsii). Fra le Pteridofite, occasionali ma significative presenze sono dovute a Cystopteris fragilis (Dolina degli Abeti, “Globóka Dolina”), Polystichum acule-atum (Baratro Bosco Igouza) ed a Dryopteris carthusiana (Dolina nel Bosco Igouza, presso Fovèa “Zagànghe”, 118 VG/69 R).

 IL “BOSCO IMPERO”

Il “Bosco Impero” (estensione 12,11 ha) che include il “Baratro a N di Basovizza” -unitamente ai boschi “Stari Kal” (8,0 ha), “Cocusso” (91,33 ha) ed “Igouza” (59,30 ha) – costituisce una delle quattro distinte unità forestali che gravitano attorno alla lo­calità. È una pineta ormai non più giovane (circa una sessantina d’anni d’età), alquanto fitta e chiusa, con molte piante poco vitali e con scarsa penetrazione delle latifoglie, ad eccezione dell’orniello (Fraxinus ornus/ ornus). Prevale, quasi continuativamente, l’associazione intricata di rovi e vitalba (Clematidi-Rubetum) che tende a sopprimere gli arbusti carsici, ostacolandone quindi la ripresa vegetativa. La pineta, che evidenzia alcune inattese depressioni d’aspetto bara­troide, è peraltro assiduamente frequentata dai cinghiali, le cui evidenti testimonianze si possono individuare quasi dappertutto. Vari sentieri, tracce e piste solcano la zona sia in direzione di Basovizza che di Gropada. Qualche carrareccia s’avventura al di là del Confine di Stato con la Slovenia.
L’impianto delle pinete – che sull’altipiano carsico triestino ricopre una superficie la cui area è di circa 1800 ha, pari al 9 % della ve­getazione d’importanza forestale – ha avuto una certa continuità nel tempo a partire dal 1859 ed in particolar modo dal 1865, con un notevole incremento dal 1882, in seguito alla pianificazione promossa dall’allora Commis­sione d’Imboschimento. Un potenziamento venne dapprima ripreso ed accentuato dopo la Prima Guerra Mondiale e poi, con un’azione più diffusa ma meno travagliata, proseguì pure per intervento del Governo Militare Alleato (G.M.A.) dopo il Secondo Conflitto, soprattutto come lotta contro la disoccupazione. Si possono così attualmente ravvisare sull’altipiano pinete di tutte le età, a partire da quelle ormai più che secolari sino a quelle d’impianto relativamente recente.
                                                                                                             Elio POLLI

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Asplenium scolopendrium-scolopendrium