NICOLA ZONZI – Castelcivita 13 maggio 1901 – 15 novembre 1937
Testo tratto dalle notizie biografiche fornite in data 15.03.2011 dal pronipote Oscar Zonzi, appassionato di speleologia e storia locale.
Nicola Zonzi, nato a Castelcivita il 13 maggio 1901 da Emanuele e Emilia Aquaro, compì i primi studi in paese. Nel novembre del 1913, insieme al fratello Pasquale, si recò presso l’Istituto dei Salesiani di Caserta, per continuare i corsi ginnasiali già in parte compiuti sotto le amorevoli cure del prof. Michele Landi di Fisciano. Il 3 novembre 1926, conseguì presso la Regia Università degli Studi di Napoli il diploma di farmacista. In famiglia era soprannominato zi’ Chino dai nipoti Oscar, Wanda e Carlo, per la figura esile e minuta, che evidentemente ben lo aiutava nelle sue acrobazie speleologiche. Nel 1934, era stato a New York, ospite degli zii Beniamino e Pasquale Aquaro, originari di Ottati, il primo medico, l’altro farmacista, per tornare poi in Italia, dopo sei mesi, con uno splendido regalo: una Harley Davidson 1200, donatagli da un italo-americano molto famoso.
Uomo dal carattere gioviale ed allegro, eclettico e versatile, diede slancio e fervore culturale a tutta la comunità castelcivitese, preparando rappresentazioni teatrali ed ospitando compagnie che provenivano da Salerno. Organizzava spesso con gli amici momenti conviviali sia nella sua casa che al Prato fondo rustico, nelle vicinanze del fiume Calore, dove aveva attrezzato il Casino, per momenti ludici e di svago. Nella sua farmacia si incontravano il Sindaco, il Maresciallo dei Carabinieri e gli altri notabili del luogo, per discutere dei problemi e delle necessità della popolazione.
Nella sua epoca, quando esisteva ancora la consapevolezza che un piccolo paese non era altro che una grande famiglia, la sua farmacia, nel cuore storico del paese, non era solo luogo di pozioni confezionate con scrupolosa professionalità, ma una sorta di circolo culturale interessato ai vari problemi del tempo. Si dibatteva di attualità ma si parlava anche del passato, di fatti e personaggi, che avevano lasciato un segno nella comunità castelcivitese. Egli, pertanto, va ricordato nella duplice veste di impeccabile cittadino di una società e di un’era ormai scomparse, che nella veste di speleologo, di esploratore di luoghi affascinanti e misteriosi, animato da una grande passione, dalla voglia di conoscere e far conoscere le bellezze di un mondo sotterraneo, di una Grotta che sentiva “sua”.
Nicola Zonzi, che amava la vita intesa come azione di servizio, seppe interpretare il personaggio votato all’impresa ardua con la semplicità e la tenacia dell’uomo che sfida l’ignoto, consapevole, però, che certi destini meritano il peso del rischio. Ed egli, nato per calpestare suoli vergini di regni sotterranei, si sentì chiamato dal subconscio della sua anima avventurosa a penetrare in quelle tenebre profonde che la fantasia popolare chiamava antro del diavolo. Ed, infatti, con due giovani ardimentosi tentò l’avventura con pochi mezzi ma sorretti da una fede che li rendeva esaltati, penetrando in quegli antri, sotto quelle volte, così piene di leggende paurose, finché un abisso si spalancò davanti ai loro occhi sbarrati.
Consapevole di tanta suprema bellezza volle tenacemente e ferocemente far conoscere a tutti i fiabeschi capolavori della goccia d’acqua che, attraverso i millenni, ha generato cattedrali, fughe di colonne, cascate abbaglianti di perle, iridescenze di diamanti, bagliori di brillanti, giochi fantastici di luci e ombre, scenari paurosi e circonfusi di misteri inenarrabili. Vestito di una tuta pesante, accompagnato da un fascio di funi, armato di piccozza, e con l’aiuto di una lampada a carburo, con questi pochi mezzi a disposizione si avventurava con qualche ardimentoso concittadino alla scoperta di questo meraviglioso complesso ipogeo.
Già a quei tempi, seppe mettere in risalto gli aspetti scientifici della ricerca, conciliandoli con un’opera incessante di pubblicità e valorizzazione, volte ad esaltare le potenzialità turistiche del complesso ipogeo. Il coinvolgimento delle istituzioni, del mondo accademico, del Governo centrale e della Casa Reale fu totale e diede ottimi risultati. Nel 1930 venne istituito il Comitato Pro-Valorizzazione Grotta Norce di Castelcivita, presieduto dal dott. Nicola Zonzi, e contestualmente nasceva a Postiglione un altro gruppo presieduto dal dott. Michele Trotta, che già aveva studiato altre grotte del salernitano, insieme all’amico avv. Nicola Pansa.
Nella sua pur breve esistenza, due sogni aveva questo valente studioso: la valorizzazione delle “Grotte Principe di Piemonte” e la bonifica del fiume Calore. Purtroppo, non riuscì a realizzarne alcuno. Nell’agosto del 1932, il Principe di Piemonte, Umberto II di Savoia, venne in visita a Castelcivita e, in suo onore, le Grotte assunsero in nome di “Grotte Principe di Piemonte”. “Egli si degnò di firmare il registro dei visitatori e il 13 settembre dello stesso anno autorizzava con lettera inviata al dott. Zonzi, dal 1° Aiutante di Campo Gen. di Divisione, A. Clerici, il cambio di denominazione”. Dall’Archivio della famiglia Zonzi risulta che Emilia Aquaro, madre di Nicola, l’8 aprile del 1938 inviava al Duce una lettera: “Duce, due sogni aveva nel cuore il mio figliuolo scomparso: valorizzare pienamente la Grotta Principe di Piemonte e promuovere la bonifica del fiume Calore. La bonifica del fiume, che spesso d’inverno straripa, danneggiando grandemente i campi circostanti, porterebbe molto benessere alla nostra robusta gente rurale; la valorizzazione della Grotta, oltre che un pregio magnifico sarebbe per Castelcivita, fonte di nuovo movimento e nuovo lavoro”. Il 29 dicembre 1939, Emilia Aquaro scriveva alla Principessa Reale, Maria di Piemonte, perché le sue richieste venissero esaudite. Infatti, l’istanza, rivolta al Duce, aveva sortito esito positivo e, per interessamento del Ministro Alfieri, del Prefetto di Salerno e dell’Ente Provinciale per il Turismo, furono sistemati l’ingresso e la strada di accesso.
Le spedizioni esplorative nelle Grotte di Castelcivita si sono succedute dagli anni ‘20 in poi, a cura di alcuni appassionati locali (Luigi Perrotta, Davide Giardini e Nicola Zonzi), della Società Alpina delle Giulie – interessata dal Touring Club Italiano, nella persona del dott. Michele Trotta di Postiglione – ed in seguito fino a giungere ai giorni nostri dai Gruppi C.A.I. di Napoli, Bari, Catania, Foligno, dalle esperienze speleo-subacquee di Luigi Casati e molti altri.
Nell’ottobre del 1926, una prima campagna provvide ad esplorare e rilevare le Grotte di Pertosa e, parzialmente, quelle di Castelcivita. La spedizione, diretta da Mariano Apollonio, non ebbe molto successo. Nel novembre del 1927, Nicola Zonzi, Davide Giardini e Luigi Perrotta riuscirono ad arrivare ad un primo laghetto: “[…] tentammo l’avventura, con pochi mezzi, ma sorretti da una fede che ci rendeva addirittura esaltati, penetrammo in quei recessi, sotto tutte quelle volte, così piene di leggende paurose, finché un abisso si spalancò davanti ai nostri occhi sbarrati. E fu un sogno! Un sogno di visioni successive, di bellezze sempre nuove. E andammo avanti, ebbri, avvinti come in un incanto, presi tutti da un fascino possente […]”. L’entusiasmo, suscitato dalle bellezze esplorate, portò all’allestimento di una seconda e più accurata spedizione, a seguito delle continue sollecitazioni del gruppo di appassionati locali. Particolarmente rilevante fu, tra le altre, la spedizione organizzata nell’aprile del 1930, alla quale parteciparono i maggiori esperti in campo speleologico dell’epoca e della quale relazionò il cav. Eugenio Boegan all’XI Congresso Geografico Italiano, tenutosi a Napoli nel 1930. Nell’occasione, con l’ausilio delle attrezzature fornite dagli speleologi giuliani, col supporto logistico fornito dal Podestà di Castelcivita, avv. Gabriele Poti, e da quello di Controne, sig. Girolamo Conti, e grazie all’ospitalità della famiglia Zonzi fu possibile attraversare il lago sifone, essendo forniti di una barca smontabile, e di addentrarsi alla scoperta di questo mondo meraviglioso e fantastico, a circa 1860 metri dall’ingresso. Come si evince dallo studio della documentazione in possesso della famiglia Zonzi, l’opera di Nicola, come speleologo, fu di primo piano anche rispetto alle esplorazioni dei triestini.
In corrispondenza di ambienti sempre più allagati, la spedizione si arrestò e, solo nell’agosto dello stesso anno, Nicola, con pochi seguaci, superò tale limite, internandosi lungo nuove vie inesplorate, senza tuttavia raggiungere la fine della cavità. Gli anni, che seguirono, videro l’esploratore di Castelcivita impegnato in una frenetica attività finalizzata ad una piena valorizzazione turistica delle Grotte. La sua morte prematura, sopravvenuta il 15 novembre 1937, interruppe i suoi progetti ed ogni ulteriore ricerca esplorativa. Nel 1984, il comune di Castelcivita intitolava il piazzale antistante il complesso speleologico all’illustre concittadino, rendendogli omaggio con una suggestiva cerimonia.
La Commissione Grotte “E. Boegan” dopo le spedizioni del 1926 e del 1930
tornò nelle grotte di Castelcivita e Pertosa nel 1952 e nel 1953. Dal 1960 al 1977 (e quindi ancora nel 1980, 1985 e 1992), facendo base a Sant’Angelo a Fasanella, effettuò una serie di spedizioni sul monte Alburno, esplorando e rilevando oltre un centinaio di cavità, fra cui gli abissi più importanti della zona. Anche in quest’ultima tornata di lavori è stato essenziale il supporto fornito da alcuni appassionati locali: ing. Autuori (Cava dei Tirreni), Nicola Tuccino e, soprattutto, Sabato Landi (Baronissi).