Il discensore Diablo

 

DIABLO, UN’INVENZIONE ITALIANA

Pubblicato sul n. 57 di PROGRESSIONE – Anno 2010

L’idea del DIABLO (acronimo di DIscensore Auto-BLOccante) nacque nell’ottobre 1977 a due speleologi pordenonesi: Costantino Bottoli del Gruppo Speleologico Sacile e Mauro Venier della Commissione Speleologica CAI-Jama di Pordenone. Ecco la breve storia di questa invenzione, raccontata dai protagonisti.
Durante l’esplorazione di una cavità con un pozzo iniziale di una ventina metri, ci capitò di vedere l’amico che scendeva prima di noi, prendere velocità ed arrivare in fondo al pozzo in maniera alquanto violenta, fortunatamente senza gravi conseguenze.
Si trattò senz’altro di un cattivo comportamento; restava però il fatto che la discesa in corda con il normale discensore comportava un certo rischio, perché l’eventuale perdita di controllo da parte dell’operatore (per esempio per un malore o un trauma) avrebbe provocato una discesa a velocità rovinosa. Ciò non accadeva nelle operazioni di risalita, nelle quali l’operatore, eventualmente infortunato, rimaneva invece fermo sui bloccanti.
Taluni speleologi prudenti usavano, in contemporanea al discensore, un attrezzo denominato Shunt, ma, oltre all’immaginabile complicazione introdotta da un secondo attrezzo, lo Shunt non si sbloccava sotto carico, impedendo così di ripartire dopo una sosta.
Bisognava dunque trovare un attrezzo che, non solo bloccasse la discesa in caso di perdita di coscienza dell’operatore, ma permettesse anche di fermarsi, sostare in sicurezza e ripartire quando si voleva.
Partendo dal classico discensore fisso Petzl, si elaborò un primo prototipo di discensore autobloccante (vedi foto n° 1). La concezione era molto semplice: la puleggia inferiore anziché fissa era girevole e l’asse di rotazione era decentrato rispetto al centro della puleggia. Tramite una maniglia la puleggia mobile ruotava, allontanandosi o avvicinandosi alla puleggia superiore fissa. Questo sistema non solo realizzava il bloccaggio, ma, variando la distanza tra le pulegge, consentiva anche una discreta regolazione della velocità di discesa.
Il discensore venne provato in palestra di roccia  e in qualche grotta della nostra provincia, con ottimi risultati. Sembrava di aver trovato l’uovo di Colombo. Si cominciò a valutare la possibilità di mettere in produzione un certo numero di discensori.
La doccia fredda arrivò di lì a poco, quando si andò a collaudare il discensore in una grotta del Carso triestino, precisamente l’Abisso di Gabrovizza. Ci accompagnava l’amico Pino Guidi di Trieste, che con molto coraggio e fiducia in noi, si calò per primo. Il discensore funzionava bene, ma lo sforzo necessario per azionare la maniglia (che aveva un’escursione di oltre 90°) era eccessivo, decisamente inaccettabile. Si capì subito che questo era dovuto al maggior attrito provocato dall’argilla presente in questa grotta, argilla pressoché assente, invece, nelle grotte del Pordenonese in cui si era precedentemente sperimentato.
Inutile dire che la delusione fu grande. Ma già il giorno dopo si ricominciò a studiare una nuova soluzione e la domenica successiva, con un rudimentale prototipo, si sperimentò una nuova idea. Era stata abbandonata la puleggia eccentrica, tornando alla puleggia centrata, sulla quale però c’era un cilindretto di alluminio che effettuava il bloccaggio. Il risultato fu confortante. Il prototipo fu perfezionato, realizzando un cilindretto di acciaio dal particolare disegno, in modo da effettuare un arresto dolce, senza lesionare la corda.
Furono effettuate numerose prove, in grotte di vario tipo, con e senza argilla, con corde di varie marche e diametri da 8 a 11 mm, asciutte e bagnate. Un prototipo venne mandato a Perugia dove il locale gruppo speleologico era all’avanguardia nell’uso delle tecniche in sola corda, allora gli inizi. Il Diablo ottenne un giudizio molto positivo, ma si evidenziò la necessità di poter escludere volontariamente, ove ritenuto utile, il bloccaggio automatico del discensore, in modo da poterlo usare come un normale discensore fisso. Ciò poteva servire in situazioni particolari, per esempio strettoie, in cui serviva avere una mano libera, oppure in discese particolarmente lunghe.
La richiesta venne soddisfatta inserendo sul retro dello strumento una comoda levetta, azionabile con un dito della stessa mano che stringeva la maniglia. Spostandola verso l’alto, essa impediva la rotazione della puleggia mobile e quindi inibiva l’azione bloccante (vedi foto n° 2). Un prototipo così modificato venne presentato poco tempo dopo al XIII Congresso Nazionale di Speleologia organizzato dal Gruppo Speleologico di Perugia nel 1978; fuori programma perché non c’era stato il tempo di presentare una regolare relazione.
L’attrezzo ebbe successo, per cui, al ritorno da Perugia, si riprese l’idea di avviare una piccola produzione. Per prima cosa l’invenzione del Diablo fu depositata all’ufficio brevetti, ottenendo il brevetto n° 176185.
Si procedette poi a verificare la sicurezza dello strumento, con numerose prove pratiche, simulando la peggiore situazione prevista in speleologia, ossia la caduta a fattore 1 (1,5 metri di caduta su 1,5 metri di corda), con una zavorra di 80 kg. Il discensore, posto in posizione di blocco, non dava segni di cedimento, né provocava rilevanti danneggiamenti alla corda, se non dei piccoli segni sulla calza. Il migliore risultato tra tutti gli attrezzi speleologici in commercio, provati in quell’occasione.
A questo punto, grazie alla disponibilità della ditta Rambaldini di Fiume Veneto, specializzata nello stampaggio delle leghe leggere, si iniziò una produzione artigianale di duecento pezzi.
Nel Novembre 1979, in occasione del 4° Convegno Regionale di Speleologia tenuto a Pordenone, venne presentata una relazione su possibili utilizzi del Diablo anche in operazioni di soccorso. Le richieste dell’attrezzo erano tante ed i 200 pezzi andarono bruciati. Ovviamente si voleva costruirne ancora, ma per avviare una produzione di serie, ci voleva un investimento consistente, soprattutto per l’elevato costo degli stampi.
La soluzione arrivò, come spesso accade, da un caso fortuito. Tramite un negoziante di Genova un Diablo arrivò a George Marbach, speleologo francese di fama e costruttore e rivenditore di articoli sportivi. Ci invitò a casa sua, a Pont en Royans, un paesino vicino a Grenoble proponendoci  l’acquisto di trecento Diablo in esclusiva per la Francia, ma ad una condizione: che fossero pronti entro tre mesi. Infatti si sapeva che la ditta Petzl, anch’essa francese e prima al mondo nella costruzione di attrezzi per speleologia e alpinismo, stava a sua volta studiando un discensore autobloccante e vi era dunque la necessità commerciale per Marbach di uscire per primo sul mercato.
La certezza dei trecento pezzi ordinati, con i quali si copriva di fatto la spesa per gli stampi, ci convinse ad avviare una produzione di 1.500 pezzi. Con un certo stress e numerose notti di lavoro, la consegna a Marbach fu effettuata nei tempi stabiliti e ci risulta che in Francia le vendite andarono molto bene.
Anche in Italia il discensore ebbe successo. Per la sua commercializzazione venne creata la ditta di vendita per corrispondenza BO-VE (Bottoli-Venier) ed in breve i discensori vennero tutti venduti. Alcune decine di pezzi andarono anche all’estero, in Belgio, Spagna e Stati Uniti.
Finite le scorte, c’era ancora qualche richiesta e si sarebbe voluto continuare la produzione, anche perché erano state studiate nuove migliorie per l’attrezzo. Ma, dal punto di vista commerciale, non c’erano i numeri. Il mercato italiano era pressoché saturo e, nel frattempo, era uscito il discensore autobloccante della ditta Ptzl, chiamato Stop (vedi foto n°4). Era anodizzato in colore nero ed indubbiamente più rifinito del Diablo, anche se più costoso. Mancava però la levetta di bloccaggio della maniglia, ossia la possibilità di passare istantaneamente da discensore autobloccante a discensore normale e fu per noi motivo di soddisfazione vedere che molti speleologi esperti preferivano il Diablo al più titolato Stop.
L’avventura del Diablo finì così, lasciandoci qualche guadagno, molte soddisfazioni ed un po’ di rimpianto per un’epoca della speleologia di pochi mezzi, ma di grande passione, in cui fiorivano novità ed invenzioni ed in cui una piccola ditta artigianale italiana riuscì a battere sul tempo il leader mondiale del settore.
Costantino Bottoli, Gruppo Spel. Sacile – Mauro Venier, Comm. Speleologica CAI-Jama PN

Foto n° 1 – Primo prototipo di Diablo con puleggia mobile eccentrica.
Foto n° 2 – Prototipo con levetta di esclusione bloccaggio, vista posteriore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto n° 3 – Versione definitiva del Diablo.
Foto n° 4 – Discensore Stop della ditta Petzl, prima versione