I Ragni cavernicoli della Venezia Giulia

 

I RAGNI CAVERNICOLI DELLA VENEZIA GIULIA (ITALIA NORD-ORIENTALE) (ARACHNIDA, ARANEAE)

Pubblicato su Atti e Memorie della Commissione Grotte E.Boegan”Vol. 37 (1999 ) pp. 17-55 Trieste 2000

RIASSUNTO

Vengono esposte le attuali conoscenze sull’araneofauna delle grotte della Venezia Giulia, che costi­tuisce l’estrema propaggine nord-occidentale del Carso dinarico e presenta una superficie di 200 km2, in cui si trovano oltre 2800 cavità naturali.
La fauna cavernicola della regione è molto ricca e ben nota, in quanto è stata oggetto di studi ap­profonditi negli ultimi decenni; al contrario, si sa molto poco sul popolamento araneologìco degli am­bienti di superficie.
Le ricerche biospeleologiche svolte nel decennio 1979-1988 ed un’analisi critica dei dati della bi­bliografia consentono di riportare la presenza di 34 specie di ragni raccolte nelle grotte giuliane; per o-gnuna delle specie rinvenute vengono elencate le località di cattura, le eventuali citazioni della biblio­grafia ed alcune note ecologiche e corologiche. Fra i taxa di maggiore interesse figurano Stalita nocturna Roewer e S. taenaria Schiòdte (Dysderidae), elementi troglobi noti pure della Slovenia sud-occiden­tale, Meta bourneti Simon (Tetragnathidae), specie troglofila segnalata per la prima volta peri ‘Italia set­tentrionale, e Porrhomma microps (Roewer) (Linyphiidae), descritto dì una grotta dell’area in esame e non più raccolto, il cui status tassonomico è da definire; è inoltre riportata la cattura dì una femmina dì una specie del genere Nesticus apparentemente prossima a N. fagei Kratochvil, di cui vengono illustra­ti gli organi genitali.
Facendo riferimento alla classificazione ecologica maggiormente impiegata negli studi biospeleolo­gici, delle 34 specie considerate 11 sono ritenute troglossene, 21 troglofile e 2 troglobie; a proposito dei troglofili viene proposta un’ulteriore suddivisione in eutroglofilì (7 specie), in grado di colonizzare an­che le parti più interne delle grotte, vestibolari (5 specie), facenti parte dell’associazione parietale del­le zone liminoli, e detriticolo-lapidicoli (9 specie), presentì esclusivamente nel detrito al fondo delle par­ti iniziali delle cavità sotterranee.
Viene discussa la fenologia di due specie cavernicole. Nel caso dì Nesticus eremita Simon (specie eu-troglofila) vengono esaminate separatamente le popolazioni viventi presso gli ingressi delle grotte e nel­le partì interne, riconoscendo in entrambi i casi l’esistenza di due massimi di frequenza in primavera-inizio estate e nel tardo autunno; in base a questi dati, Nesticus eremita viene considerato un riprodut­tore bimodale primaverile-autunnale. Per Stalita taenaria Schiòdte (specie troglobia) è stato invece rico­nosciuto un massimo di frequenza all’inizio dell’estate, con una progressiva riduzione degli esemplari a-dulti nei mesi estivi ed autunnali, che prelude ad una loro scomparsa in inverno e primavera; essendo la situazione descritta verosimilmente condizionata da migrazioni stagionali in ambienti sotterranei inaccessibili ali ‘uomo e date le scarse conoscenze sulla biologia della specie, non si ritiene di poter attri­buire con certezza il massimo di frequenza riscontrato al momento riproduttivo.
 L’araneofauna delle grotte della Venezia Giulia viene quindi confrontata con quella di cinque regio­ni carsiche europee che sono state oggetto negli ultimi decenni di studi biospeleologici approfonditi: Scandinavia, Baviera, regione veronese, Alpi Liguri e Montenegro. Nonostante la diversa estensione del­le aree messe a confronto ed il differente numero delle grotte indagate, la quantità delle specie segnala­te non varia in maniera significativa, fatta eccezione per la Scandinavia, dove il valore particolarmente elevato appare condizionato dalle tecniche di campionamento e da penetrazioni stagionali nel sottosuo­lo di elementi troglosseni. Viene messa in evidenza una progressiva diminuzione dei Linyphiidae nelle faune cavernicole procedendo da nord a sud, secondo un rapporto che varia tra i due terzi ed un terzo del totale delle specie, rapporto che rispecchia la composizione delle faune di superficie e appare in­fluenzato dalla presenza di specie troglobie nelle regioni meridionali. Sempre a proposito dei Linyphiidae, la distribuzione dei rappresentanti del genere Troglohyphantes (particolarmente legati agli ambienti ipogei) nelle diverse aree Corsiche dell’Europa meridionale permette di riconoscere, in gene­rale, una spiccata tendenza a colonizzare le grotte delle regioni montuose ed una riduzione del numero delle specie nelle situazioni in cui sono presenti altri ragni troglobi, soprattutto se appartenenti a diver­se famiglie. Infine, per quanto riguarda la distribuzione dei ragni troglobi, questi risultano assenti nelle regioni più settentrionali, che presentano un popolamento recente, posteriore al ritiro dei ghiacciai wiir-miani; elementi specializzati compaiono nelle aree poste al versante meridionale dell ‘arco alpino (una specie per ogni area) e soprattutto nel Carso dinarico, con due specie appartenenti alla stessa famiglia nella Venezia Giulia e ben nove specie, appartenenti a quattro diverse famiglie, nel Montenegro.
SUMMARY
THÈ CAVE SPIDERS OF VENEZIA GIULIA (NORTH-EASTERN ITALY) (ARACHNIDA, ARANEAE)
Venezia Giulia is thè north-western offshoot of thè Binarie karst and houses 2800 caves in an area of200 km2. These caves harbour a rich fauna which is well known due to thè investigations of thè past decades, better than thè epigeic fauna of thè regìon.
In these caves occur at least 34 species of spiders, established in collections ofthefirst author in thè years 1979-1988 and from a criticai investìgation of thè literature. Collecting sites and literature refer-ences are providedfor each species, together with information about habitat, biology and generai dis-tribution. Most important species are: two endemie Dysderidae, Stalita nocturna Roewer, S. taenaria Schiódte; Meta bourneti Simon (Tetragnathidae), which is troglophilous and was found in N-Italyfor thè first time; Porrhomma microps (Roewer) (Linyphiidae), which is a species inquirenda known only from its type locality (which was not re-investigated in thè decade under consideration). A female Nesticus (Nesticìdae) could not be assigned to species.
Thè cave spider fauna of Venezia Giulia comprises 11 trogloxenous and 21 troglophilic species and two troglobites in thè genus Stalita (Dysderidae). Among troglophilic spiders seven are eutroglophilous, existing also in thè interìor ofthe caves, while others are confined to thè entrance region. Five belong to thè parietal association and nine were found among rocks and in detritus ofthe cave floor.
Seasonal activity is given for two species taken in sufficient numbers. In Nesticus eremita Simon, which is eutroglophilous, populatìons both in thè entrance region as in thè interior of thè caves have peaks of abundance in spring-early summer and late autumn, which probably correspond with copulato-ry activity. Thè troglobitic species Stalita taenaria shows one peak only in early summer. Numbers de-crease steadily untìl autumn; there are no captures at ali in winter and spring respectively. Thè pattern is probably due to retreat of Stalita specimens into thè System of rock crevìces inaccessible to biospele-ologists. Therefore no suggestion about thè life cycle of this species can be given here.
Species totals do not differ wìdely as compared with five other cave regions of Europe, which recently were studied, Scandinavia, Bavaria, thè Verona region, Ligurian Alps and Montenegro. Thè high species number recorded in Scandinavia reflects probably both, inward mìgration of trogloxenous species and high intensity of investigations. Among these cave faunas, thè proportion of Linyphiidae decreases from N to S from 2/3 to 1/3 of thè total spider fauna. Percentages correspond both to thè composition offamilies in thè epigeic fauna as to thepresence oftroglobitic species in thè cave regions in thè South. Thè genus Troglohyphantes includes many cave species especially in thè mountains of southern Europe. In regions where further troglobites exist, also from other families, Troglohyphantes species become rare. Troglobitic spiders of course are absent in Europe north to thè Alps due to Pleistocene events. They are present at thè southern macroslope of thè Alps, one species each in Liguria and in thè Verona region, two in Venezia Giulia (genus Stalita,) and at least nine from four families in Montenegro.
ZUSAMMENFASSUNG
DIE HOHLENSPINNEN VON JULISCH-VENETIEN (NORDOST-ITALIEN) (ARACHNI-DA, ARANEAE)
Julisch-Venetien stelli den NW-Auslàufer des Dinarischen Karstes dar und enthdlt aufeiner Fldche von 200 km2 2800 Hòhlen. Die tierische Besiedlung dieser Hòhlen ist reìch und durch die grundlichen Aufsammlungen der letzten Jahrzehnte gut und wesentlìch besser als die epigàìsche Fauna der Region bekannt.
Die Hòhlen-Arachnofauna umfafit nach den Aufsammlungen des ersten Autors in den Jahren 1979-1988 und einer kritischen Berticksichtigung des Schrifttums 34 Spinnen-Arten. Ftir jede Art werden die Fundorte und bìbliographischen Zitate angefilhrt, weiters Angaben zu Habitat, Biologie und Verbreitung. Arten von besonderer Bedeutung sind: die Dysderidae Stalita nocturna Roewer, S. taenaria Schiòdte, beide kleinrdumig-endemisch; Meta bourneti Simon (Tetragnathidae), troglophil, erster Fund in N-Italien; Porrhomma microps (Roewer) (Linyphiidae), eine aus der Region beschriebene species in-quirenda. Eìn Weibchen einer Nesticus-Arf (Nesticidae) konnte nicht zugeordnet werden.
Die Fauna umfafit 11 Trogloxene, 21 Troglophile und die zwei troglobionten Stalita-A/ten. Zu den Troglophilen zà’hlen sieben eutroglophile, auch in den tiefen Hohlenzonen vorhandene und weitere auf den Eingangsbereich beschrdnkte Arten. Fiinf besiedeln die Hòhlenwdnde, neun Genist und das Blockwerk des Hohlenbodens.
Fur zwei in grófieren Fangzahlen angetroffene Arten wird das jahreszeitliche Auftreten dargestellt. Beim eutroglophilen Nesticus eremita Simon weisen sowohl die Populationen der Hohleneingange wie des Innern zwei Abundanzmaxima in Spdtfruhling/Fruhsommer und im Spdtherbst auf, die mòglicher-weise zwei Fortpflanzungsperìoden anzeìgen. Fur die troglobionte Stalita taenaria ergab sich nur ein Maximum im Fruhsommer. Die Fangzahlen nahmen zum Herbst hin stàndig ab; in Winter und Fruhling fehlte die Art vò’llig. Der Fangverlauf wird móglicherweise durch den jahreszeitlichen Ruckzug von Stalita in das fiir den Menschen unzugdngliche Spaltensystem bedingt, eine Aussage tiber den Lebenszyklus ist uns nicht moglich.
Schliefilich wird die Hohlenfauna von Julisch-Venetien mit fiinf rezent bearbeiteten Hòhlengebieten Europas verglichen: Skandinavien, Bayern, Raum Verona, Ligurìsche Alpen und Montenegro. Trotz der Unterschiede in Ausdehnung und Hohlenzahl dieser Gebiete unterscheiden sich die Artenzahlen nicht be-trdchtlich. Die hohe Artenzahl in Skandinavien du’rfte der jahreszeitlichen Eìnwanderung von Trogloxenen und der hohen Intensitàt der Untersuchungen entsprechen. Der Anteil der Linyphiidae sinkt von N nach S von 2/3 auf 1/3 der Spinnenfauna ab. Dies entspricht einerseits der Familienzusammensetzung der epigdi-schen Spìnnenfaunen, andererseits dem Auftreten troglobionter Arten in den sildlichen Hòhlengebieten. Die Gattung Troglohyphantes enthdlt zahlreiche Hóhlenarten besonders in den Gebirgen des siidlichen Europa. Wenn troglobionte Spinnen auch aus anderen Gattungen und Familien vorhanden sind, treten die Troglohyphantes-Arfen zuriick. Nórdlich der Alpen fehlen troglobionte Spinnen aus den bekannten Grunden naturlich gdnzlich. Sie treten erstmals am Sudrand der Alpen auf, je eine Art in Ligurien bzw. im Raum Verona, zwei in Venezia Giulia (Stalita, Dysderidae) und wenigstens neun Arten aus vier Familien in Montenegro.
POVZETEK
JAMSKI PAJKI JULIJSKE KRAJINE (SEVEROVZHODNA ITALIJA) (ARACHNIDA, ARANEAE)
Julijska Krajina predstavlja severozahodni del dinarskega krasa. Na njenem ozemlju, ki meri 200 km2, najdemo 2800 podzemskih jam bogatih s podzemsko favno. Zaradi intenzivnìh raziskav podzemske favne v zadnjih deseletjih, je le-ta bolje poznana kot povrsinska favna regije.
V omenjenih jamah je zabelezenih 34 vrst pajkov bodisi iz zbirke prvega avtorja ali pò kriticnem pre-gledu literature. Za vsako vrsto so navedeni natancno najdisce, literaturni viri ter podatki o habitatu, biologiji in razsirjenosti vrst. Najpomembnejse vrste so: dve endemicni vrsti druzine Dysderidae Stalita noc-turna Roewer, S. taenaria Schiòdte; Meta bourneti Simon (Tetragnathidae), troglofilna vrsta, prvic zabe-lezena v severni Italiji; Porrhomma microps (Roewer) (Linyphiidae), species inquirenda, znana le s tipske-ga nahajalisca, ki ni bilo preiskano v zadnjem desetletju. Samica rodu Nesticus ni bila dolocena do vrste.
Jamska favna pajkov Julijske Krajine obsega 11 trogloksenih, 21 troglofilnih ter 2 troglobiontskì vr­sti (zadnji v rodu Stalita, Dysderidae). Med troglofilnimi vrstami je 7 pravih troglofilnih vrst, ki po-seljujejo tudi notranje delejam, drugepa so omejene le na vhodne dele brezen. Med zadnjimì je pet takih, ki poseljujejo stene, devet pa takih, ki jih najdemo med skalami in detritom na tleh.
Za dve vrsti, ki sta bili najdeni v zadostnem stevilu, je padana sezonska aktivnost. Viska abundanc za evtroglofilno vrsto Nesticus eremita Simon sta pomlad-zgodnje poletje in pozna jesen tako za populacije najdene v jamah kot za Uste najdene v vhodnih delìh jam. Viska sta verjetno povezana z spolno aktivno-stjo pajkov. Troglobìontska vrsta Stalita taenaria kaze le en visek aktivnosti zgodaj poletì. Stevilo osebkov pada do jeseni, medtem ko pozinti in pomladi vrsta sploh ni bila zabelezena. Vzrok je verjetno umik pajkov v skalne razpoke, ki so nedostopne biospeleologom kar onemogoca kakrsnekoli spekulacije o zivljenjskem ciklu tega jamskega pajka.
Stevilo zabelezenih vrst se ne razlikuje mocno s stevili zabelezenimì v Skandinaviji, na Bavarskem, v alcolici Verone, v Ligurskih Alpah in v Crni Gori. V Skandinaviji sta morebitna vzroka za veliko stevilo za­belezenih vrst tako migracija trogloksenih vrst v jame, kot tudi visoka intenziteta raziskovanja. Med o-menjenimi regijami se delez vrst druzine Linyphiidae tako med povrsinskimi kot med jamskimi favnami z-manjsa od severa proti jugu z 2/3 na 1/3. Rod Troglohyphantes (Linyphiidae) je bogat z jamskimi vrstami, predvsem v gorovjih juzne Evrope. V regijah, kjer so prisotni drugi troglobiontski rodovì (tudi iz drugih druzin), je vrst omenjenega rodu manj. Zaradi pleistocenskih poledenitev so troglobiontske vrste odsotne v Evropi severno od Alp. Na juznem delu Alp je pò ena troglobiontska vrsta prisotna v Lìguriji in okolici Verone, dve vrsti rodu Stalita v Julijski Krajini ter najmanj devet vrst iz stirih druzin v Orni Gori.

Premessa

A partire dalla seconda metà degli anni ’60, le grotte della Venezia Giulia sono state og­getto di indagini, estese a tutti i gruppi animali presenti nell’ambiente ipogeo, che hanno por­tato nuovi ed interessanti elementi di conoscenza sulla fauna cavernicola. I dati di maggiore rilievo sono stati recentemente pubblicati, unitamente a quelli derivanti dagli studi effettuati in precedenza, in un lavoro che compendia lo stato delle conoscenze biospeleologiche in que­sto piccolo lembo di Carso dinarico compreso entro i confini politici italiani (Gasparo, 1995).
In questa sede vengono esposti i risultati completi delle raccolte relative ai ragni effettua­te nel decennio 1979-1988, periodo in cui sono state particolarmente approfondite le ricerche sulla fauna terrestre ed in special modo sull’aracnofauna, con uno stretto rapporto di collabo­razione fra gli autori della presente nota.

Cenni sull’area in esame

La regione considerata corrisponde alle aree carsiche delle province di Trieste e Gorizia, comprese fra la Pianura friulana orientale, il Mare Adriatico ed il confine italo-sloveno (fig. 1), e rappresenta la parte sud-occidentale del Carso triestino.
Si tratta di una ristretta fascia orientata secondo NW-SE, lunga poco più di 40 chilometri, costituita da un altopiano bordato da rilievi collinari che raggiungono nella parte sud-orien­tale le quote più elevate, di poco superiori ai 600 metri s.l.m.
Vi affiora una potente serie sedimentaria rappresentata da rocce carbonatiche, in preva­lenza calcaree, del Cretacico inferiore-Eocene medio, a cui seguono, verso l’Adriatico, terre­ni marnoso-arenacei eocenici (flysch), sui quali sorge la città di Trieste.
Il territorio, privo di un reticolo idrografico superficiale, è interessato da importanti de­flussi sotterranei di tipo carsico, comunemente identificati con il percorso ipogeo del Timavo.

Fig. 1 – Carta dell’area in esame. Legenda, a: confine di stato; b: limite di provincia; e: limite di comu­ne; d: terreni non carsificabili; e: rocce carbonatiche. Comuni di, 1: Savogna d’Isonzo; 2: Sagrado; 3: Doberdò del Lago; 4: Monfalcone; 5: Duino-Aurisina; 6: Sgonico; 7: Monrupino; 8: Trieste; 9: San Dorligo della Valle. Sono indicati solo i comuni in cui si aprono le 88 cavità indagate.

Il fiume, oggetto di innumerevoli studi idrologici e speleologici, dopo un percorso subaereo di 55 chilometri in territorio sloveno si inabissa nelle Grotte di San Canziano/Skocjanske jame e le sue acque, mescolate a quelle di provenienza locale, attraversano longitudinalmente il Carso triestino per una quarantina di chilometri, per venire infine alla luce attraverso un im­ponente sistema di sorgenti situato presso San Giovanni di Duino (a SE di Monfalcone).
Data la particolare morfologia della zona, il clima — fatta eccezione per i ripidi pendii oc­cidentali che digradano verso il mare — ha carattere subcontinentale. Il suolo presenta una no­tevole aridità, legata non tanto ad una scarsità di precipitazioni (che mediamente ammontano a circa 1300 mm/anno), quanto all’elevata infiltrazione delle acque meteoriche nelle rocce car-sificate, alla presenza di venti secchi orientali (bora) ed al notevole soleggiamento estivo.
L’associazione vegetale più diffusa è data da una boscaglia costituita da essenze alto-ar-bustive (Ostrya carpini/olia, Fraxinus ornus, Quercus pubescens, Acer monspessulanum, Acer campestre), con strato erbaceo ove domina la graminacea Sesleria autumnalìs. A parti­re dal secolo scorso, estese aree sono state rimboschite con essenze resinose (Pinus nigra).

Le grotte

II fenomeno carsico interessa una superficie complessiva di 200 km2, che corrisponde a-gli affioramenti di rocce carbonatiche mesozoiche e terziarie.
Le cavità sotterranee finora conosciute sono oltre 2800, l’87% delle quali si trova nella provincia di Trieste ed il 13% nella provincia di Gorizia. La densità dei fenomeni carsici i-pogei è pertanto pari a 14 unità per chilometro quadrato, valore notevole in assoluto ed ecce­zionale se riferito ad un intero massiccio, che dev’essere attribuito sia al particolare grado di incarsimento delle rocce calcaree, sia alle intense ricerche che sono state condotte nella re­gione a partire dalla metà del diciannovesimo secolo.
L’andamento prevalente delle grotte è verticale, con successioni di pozzi che spesso rag­giungono profondità rilevanti, soprattutto in relazione all’altitudine modesta del territorio, ma non mancano cavità suborizzontali con lunghi tratti di gallerie.
Fatta eccezione per le zone prossime agli ingressi o poste alla base dei pozzi iniziali, le ri­sorse trofiche sono scarse e nelle parti più profonde sono ridotte al materiale organico tra­sportato da acque di stillicidio.
Le caratteristiche del clima ipogeo sono state studiate in alcune grotte sperimentali. Nei vani interni la temperatura media è di 12°C circa, con un’escursione termica annua di un paio di gradi; l’umidità relativa è sempre molto elevata, con valori medi superiori al 95%.

Lo stato delle conoscenze biospeleologiche ed araneologiche

Le indagini biologiche condotte negli ultimi decenni nella Venezia Giulia, di cui si è fatto cen­no nella premessa, hanno consentito di definire con una buona approssimazione la composizio­ne della fauna cavernicola della regione, che, se comparata con altre aree carsiche italiane, si di­stingue per l’abbondanza delle specie e la varietà dei gruppi animali presenti (Gasparo, 1995).
I taxa eucavernicoli (troglobi ed eutroglofili) sinora riconosciuti sono complessivamente 133, di cui 69 acquatici e 64 terrestri. Limitando l’analisi alla sola fauna terrestre, poco meno dei due terzi delle specie (e sottospecie) esaminate si possono considerare troglobie; si tratta di un numero molto elevato, dovuto alla particolare composizione dello spettro faunistico ed alla forte incidenza di gruppi quali isopodi, palpigradi, pseudoscorpioni e coleotteri, che sono rap­presentati in massima parte da elementi specializzati. I taxa endemici del Carso triestino(1) costituiscono il 20% del totale, valore verosimilmente sovrastimato a causa del maggiore ap­profondimento degli studi biospeleologici nella Venezia Giulia (soprattutto per i gruppi diversi dai coleotteri) rispetto alle più vicine aree carsiche in territorio sloveno e croato.
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(1) Si è fatto riferimento, in questo caso, ad una regione un po’ più ampia di quella considerata nel pre­sente lavoro, che comprende tutto il Carso triestino, rappresentato dai rilievi carbonatici situati a cavallo del confine italo-sloveno, fra il Mare Adriatico e la profonda sinclinale (occupata da rocce marnoso-are-nacee) in cui scorre il Fiume Vipacco/Vipava (D’Ambrosi, 1970: fig. a p. 31).
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Analoghe soddisfacenti considerazioni non si possono purtroppo esprimere a proposito delle conoscenze araneologiche, che sono scarsissime, in particolare per i ragni di superficie, che a tutt’oggi sono stati oggetto di due soli studi specifici, dovuti a di Caporiacco (1949) che cita 59 specie di ragni, di cui 37 per località comprese entro gli attuali confini ammini­strativi della Venezia Giulia, e Hansen (1997) che riporta la presenza di 92 taxa raccolti nei dintorni del Lago di Doberdò, a nord di Monfalcone. Rimangono pertanto valide, a mezzo se­colo di distanza, le affermazioni del di Caporiacco (1949), che ricorda come “dal punto di vista aracnologico però la regione non è tra le meglio studiate; per essere più precisi, è abba­stanza ben studiata la fauna cavernicola, ma non certo altrettanto quella epigea, che anzi, sot­to questo rispetto, la Venezia Giulia è tra le meno note tra le regioni viciniori”.
Anche gli studi sui ragni cavernicoli sono stati tuttavia per molti anni trascurati, a con­fronto di altri gruppi più ricercati dai biospeleologi (e dai collezionisti), quali i coleotteri.
Fino agli anni ’80, infatti, la bibliografia riporta le segnalazioni di una quindicina di specie raccolte in 24 grotte. Alcuni di questi taxa, come verrà discusso più avanti, non sono proba­bilmente presenti nella Venezia Giulia e le relative citazioni derivano da determinazioni dub­bie o errate. E da rilevare, inoltre, che fra i lavori contenenti segnalazioni originali, la metà è data da note, per lo più speleologiche, pubblicate fra il 1890 ed il 1911. In molti di questi casi non risulta che gli esemplari raccolti siano tuttora conservati e generalmente non si conosce il nome di chi ha esaminato il materiale: si tratta pertanto di dati che — in assenza di conferme dovute a catture successive — devono essere considerati con la massima prudenza.
I contributi araneologici riguardanti le grotte giuliane sono scarsi e, fatta eccezione per i lavori di Roewer (1931) e Brignoli (197 le, 1975b), sono limitati alla segnalazione (o alla revisione dello status tassonomico) di una o poche entità (Kulczynski, 1914; di Caporiacco, 1949; Thaler, 1967, 1968; Brignoli, 1975a; Polenec & Thaler, 1980; Pesarini, 1989). Infine, alcuni dei dati presentati in questa sede sono stati anticipati in note biospeleologiche apparse negli anni ’90 (Colombetta, 1996; Dolce et al., 1993; Gasparo, 1993, 1995, 1998).

Metodologie e stazioni di raccolta

Nel corso delle indagini condotte nel decennio considerato (1979-1988) sono stati raccolti ragni determinabili a livello specifico in 88 grotte che, per tipologia e dimensioni, possono es­sere considerate un campione rappresentativo del fenomeno carsico ipogeo dell’intera zona.
La maggior parte delle cavità è stata visitata una sola volta, mentre alcune grotte di più fa­cile accesso o di maggiore importanza sono state oggetto di ricerche approfondite.
I campionamenti, effettuati sempre con raccolte manuali, sono stati di norma eseguiti sia nelle zone prossime agli ingressi, sia nelle parti interne, interessando tutti gli ambienti acces­sibili alla ricerca diretta (pareti, concrezioni calcitiche, depositi detritici del fondo, ecc).
In più casi sono stati trascurati gli esemplari di dimensioni maggiori (es. Tetragnathidae), presenti nelle zone più o meno illuminate vicine agli ingressi. A questo fatto, derivato dalla convinzione (probabilmente almeno in parte errata: si veda l’unico reperto di Meta bourneti Simon) della poca utilità di raccogliere materiale “banale”, si deve la scarsità di segnalazioni di specie in realtà molto diffuse. La massima attenzione è stata invece dedicata alle forme di piccola taglia ed ai Nesticidae.
Le ricerche di campagna sono state curate da F. Gasparo, che ha raccolto la maggior par­te del materiale, con la collaborazione di P. Guidi, C. Lang (Innsbruck), R. Prelli, G. Savi, M. e S. Tommasini, nel quadro delle attività della Commissione Grotte “Eugenio Boegan”. Le escursioni effettuate nel decennio sono complessivamente 204 e coprono tutto l’arco dell’an­no, sia pur con frequenze diverse da mese a mese (fig. 2).

Fig. 2. – Distribuzione mensile delle escursioni biospeleologiche effettuate nel decennio 1979-1988.

Le stazioni di raccolta sono riportate nell’elenco che segue; per ogni grotta sono indicati il numero di catasto della Venezia Giulia (VG), la denominazione, il comune, la quota del­l’ingresso (q.i., in metri s.l.m.), la profondità (p., in metri) e la lunghezza complessiva (1., in metri) dei vani ipogei.

VG 1, Grotta del Cibic, com. Sgonico, q.i. 243, p. 85, 1. 45;
VG 2, Grotta Gigante, com. Sgonico, q.i. 275, p. 119,1. 519;
VG 3, Abisso del Colle Pauliano, com. Sgonico, q.i. 275, p. 94, 1. 42;
VG 6, Grotta di Gabrovizza (Grotta Èrcole), com. Sgonico, q.i. 230, p. 91, 1. 290;
VG 7, Grotta dell’Orso, com. Sgonico, q.i. 224, p. 39, 1. 175;
VG 12, Grotta di Padriciano, com. Trieste, q.i. 368, p. 242, 1. 600;
VG 17, Grotta di Trebiciano, com. Trieste, q.i. 341, p. 329,1. 920;
VG 27, Grotta presso Trebiciano, com. Trieste, q.i. 337, p. 23, 1. 43;
VG 39, Grotta delle Torri di Slivia, com. Duino-Aurisina, q.i. 115, p. 101, 1. 554;
VG 49, Grotta Bac, com. Trieste, q.i. 400, p. 16, 1. 130;
VG 62, Grotta dell’Alce, com. Sgonico, q.i. 210, p. 43, 1. 155;
VG 79, Grotta presso Trebiciano, com. Trieste, q.i. 325, p. 67, 1. 60;
VG 89, Grotta Nemez, com. Duino-Aurisina, q.i. 148, p. 113, 1. 400;
VG 90, Grotta Noè, com. Duino-Aurisina, q.i. 196, p. 123, 1. 566;
VG 91, Grotta Pocala, com. Duino-Aurisina, q.i. 135, p. 33, 1. 137;
VG 105, Antro di Bagnoli, com. San Dorligo della Valle, q.i. 64, p. 46,1. 150;
VG 160, Abisso del Monte San Primo, com. Trieste, q.i. 255, p. 103,1. 120;
VG 224, Grotta dei Pipistrelli, com. Monfalcone, q.i. 53, p. 17, 1. 44;
VG 226, Pozzo presso San Giovanni di Duino, com. Duino-Aurisina, q.i. 50, p. 47,1. 20;
VG 239, Caverna Caterina, com. Duino-Aurisina, q.i. 235, p. 15,1. 80;
VG 241, Grotta presso Aurisina, com. Duino-Aurisina, q.i. 174, p. 24,1. 112;
VG 242, Grotta di Ternovizza, com. Duino-Aurisina, q.i. 275, p. 95,1. 470;
VG 249, Grotta del Monte Gurca, com. Trieste, q.i. 354, p. 21, 1. 282;
VG 257, Grotta Azzurra di Samatorza, com. Duino-Aurisina, q.i. 243, p. 46, 1. 235;
VG 260, Grotta del Pettirosso, com. Duino-Aurisina, q.i. 120, p. 1,1. 19;
VG 273, Pozzo presso Gropada, com. Trieste, q.i. 386, p. 52, 1. 25;
VG 290, Sercetova Jama, com. Trieste, q.i. 310, p. 40, 1. 95;
VG 295, Caverna di San Lorenzo, com. Trieste, q.i. 410, p. 4,1. 13;
VG 390, Grotta presso Orle, com. Trieste, q.i. 328, p. 0, 1. 28;
VG 411, Grotta fra Bivio Aurisina e Sistiana, com. Duino-Aurisina, q.i. 102, p. 5,1. 70;
VG 414, Grotta di Visogliano, com. Duino-Aurisina, q.i. 110, p. 19, 1. 82;
VG 420, Grotta delle Gallerie, com. San Dorligo della Valle, q.i. 340, p. 16, 1. 209;
VG 450, Antro di Casali Neri, com. Savogna d’Isonzo, q.i. 200, p. 14, 1. 55;
VG 521, Caverna presso Monrupino, com. Monrupino, q.i. 324, p. 2, 1. 6;
VG 605, Grotta di San Lorenzo, com. San Dorligo della Valle, q.i. 405, p. 47, 1. 185;
VG 850, Grotta Romana, com. Sgonico, q.i. 260, p. 30, 1. 91;
VG 851, Grotta Verde, com. Sgonico, q.i. 215, p. 19, 1. 67;
VG 1063, Caverna Vergine, com. Monfalcone, q.i. 50, p. 18, 1. 68;
VG 1064, Caverna Generale Ricordi, com. Doberdò del Lago, q.i. 50, p. 31, 1. 120;
VG 1065, Caverna dell’Infcrmeria, com. Doberdò del Lago, q.i. 44, p. 10, 1. 77;
VG 1096, Grotta Moser, com. Duino-Aurisina, q.i. 207, p. 2, 1. 26;
VG 1100, Grotta degli Archi, com. Monrupino, q.i. 320, p. 24,1. 65;
VG 1101, Caverna degli Sterpi, com. Monrupino, q.i. 320, p. 9, 1. 27;
VG 1102, Grotta delle Tre Querce, com. Monrupino, q.i. 309, p. 2, 1. 15;
VG 1490, Grotta Ruchin, com. Duino-Aurisina, q.i. 140, p. 41, 1. 164;
VG 2432, Grotta del Frassino, com. Monrupino, q.i. 324, p. 16, 1. 52;
VG 2433, Caverna dei Ciclami, com. Monrupino, q.i. 324, p. 13, 1. 59;
VG 2434, Grotta Sottomonte, com. Monrupino, q.i. 330, p. 55. 1. 97;
VG 2686, Grotta del Guano, com. San Dorligo della Valle, q.i. 323, p. 9, 1. 110;
VG 2699, Grotta delle Perle, com. Monrupino, q.i. 324, p. 109, 1. 317;
VG 2716, Grotta di Crogle, com. San Dorligo della Valle, q.i. 370, p. 27,1. 182;
VG 2743, Grotta Natale, com. Duino-Aurisina, q.i. 187, p. 79, 1. 162;
VG 2926, Fovea del Grillo, com. Trieste, q.i. 325, p. 7, 1. 4;
VG 3477, Grotta dei Partigiani, com. Trieste, q.i. 373, p. 24,1. 82;
VG 3875, Grotta C. Doria, com. Sgonico, q.i. 275, p. 34,1. Ili;
VG 3901, Abisso C. Debeljak, com. Monrupino, q.i. 317, p. 203, 1. 349;
VG 3913, Grotta della Fornace, com. Duino-Aurisina, q.i. 215, p. 61,1. 450;
VG 3948, Grotta presso la Peschiera del Timavo, com. Duino-Aurisina, q.i. 15, p. 14,1. 4;
VG 3988, Grotta A. F. Lindner, com. Duino-Aurisina, q.i. 180, p. 177, 1. 825;
VG 3999, Caverna presso Aurisina, com. Duino-Aurisina, q.i. 155, p. 10, 1. 85;
VG 4037, Caverna II del Monte Sedlen, com. Duino-Aurisina, q.i. 215, p. 16,1. 46;
VG 4041, Grotta Fulvio, com. Trieste, q.i. 320, p. 20, 1. 85;
VG 4110, Grotta presso il Quadrivio, com. Sgonico, q.i. 233, p. 39, 1. 51;
VG 4112, Grotta presso Sagrado, com. Sagrado, q.i. 25, p. 8, 1. 73;
VG 4116, Grotta presso la Sercetova, com. Trieste, q.i. 311, p. 48, 1. 52;
VG 4203, Caverna a NW di Fernetti, com. Monrupino, q.i. 322, p. 32, 1. 82;
VG 4221, Grotta di Comarie, com. Doberdò del Lago, q.i. 15, p. 9, 1. 12;
VG 4315, Grotta del Bufalo, com. Duino-Aurisina, q.i. 160, p. 10,1. 134;
VG 4362, Caverna presso la Grotta di Trebiciano, com. Trieste, q.i. 350, p. 13, 1. 26;
VG 4429, Grotta A. Germoni, com. Trieste, q.i. 328, p. 112, 1. 236;
VG 4530, Grotta della Tartaruga, com. Sgonico, q.i. 260, p. 8, 1. 38;
VG 4653, Caverna ad E del Casello di Farneti, com. Trieste, q.i. 316, p. 6, 1. 14;
VG 4733, Caverna presso la quota 104, com. Doberdò del Lago, q.i. 70, p. 1,1. 16;
VG 4747, Grotta del Vecchio Cimitero, com. Duino-Aurisina, q.i. 205, p. 20,1. 158;
VG 4749, Grotta a SE di Aurisina Stazione, com. Duino-Aurisina, q.i. 155, p. 39, 1. 18;
VG 5000, Grotta dei Veci, com. Trieste, q.i. 320, p. 34, 1. 48;
VG 5081, Grotta a NNE di Basovizza, com. Trieste, q.i. 391, p. 3, 1. 11;
VG 5090, Grotta fra Fernetti ed il Monte Franco, com. Trieste, q.i. 325, p. 9,1. 13;
VG 5100, Grotta nella Caserma Monte Cimone, com. Trieste, q.i. 375, p. 38,1. 82;
VG 5115, Grotta ad E di Aurisina, com. Duino-Aurisina, q.i. 142, p. 64, 1. 76;
VG 5136, Pozzo presso la Dolina Rossoni, com. Monrupino, q.i. 324, p. 26,1. 4;
VG 5141, Pozzetto presso l’Abisso Sigon, com. Sgonico, q.i. 228, p. 5,1. 4;
VG 5145, Abisso ad E di Aurisina, com. Duino-Aurisina, q.i. 145, p. 87, 1. 18;
VG 5184, Grotta delle Ti
bie, com. Trieste, q.i. 312, p. 61,1. 45;
VG 5230, Risorgiva della Salamandra, com. San Dorligo della Valle, q.i. 110, p. 0, 1. 19;
VG 5232, Grotta V nella Dolina Generosa, com. Duino-Aurisina, q.i. 154, p. 9,1. 12;
VG 5347, Pozzo delle Dieci, com. Sgonico, q.i. 246, p. 12, 1. 4;
VG 5348, Pozzo delle Dodici, com. Sgonico, q.i. 251, p. 15, 1. 3.

Elenco delle specie
Vengono considerati i reperti originali delle singole grotte, indicate per brevità con il so­lo numero di catasto. I dati relativi alle catture di individui immaturi sono stati di norma o-messi, fatta eccezione per pochi taxa (appartenenti ai generi Stalita, Meta e Metellina), che in base alla morfologia generale o alle conoscenze acquisite nel corso delle indagini risul­tano riconoscibili anche negli stadi giovanili. Tutto il materiale (complessivamente 745 e-semplari) è stato determinato da K. Thaler ed è depositato nelle collezioni del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, fatta eccezione per alcuni esemplari conservati nelle collezioni Gasparo e Thaler.
Allo scopo di fornire un quadro il più possibile completo delle conoscenze, sono inoltre riportate tutte le segnalazioni della bibliografia che riguardano le cavità carsiche della zona in esame. Le grotte vengono in questo caso indicate con il nome usato originariamente, più la denominazione attuale ed il numero di catasto; in caso di cavità non identificabili con certez­za con alcuna delle grotte inserite nel catasto speleologico, questi ultimi dati sono sostituiti dalla dicitura “non id.”.
Di ogni specie vengono illustrate la geonemia e l’ecologia, sulla base delle osservazioni effettuate nel corso dell’indagine o dei dati della letteratura, con alcune considerazioni criti­che, che interessano in particolare le specie citate in vecchie note biospeleologiche, la cui pre­senza nelle grotte della Venezia Giulia non è stata confermata dalle recenti ricerche.

Fam. AMAUROBIIDAE

Amaurobius ferox (Walckenaer, 1830) Materiale esaminato. VG 100: 10.IV.1980, 1 ♂ – Specie limitatamente troglofila (detriticolo-lapidicola), diffusa in ambienti sia naturali, sia degradati da attività antropiche, più volte segnalata di grotte, con distribuzione originaria­mente centro(?)-mediterranea; importata nell’Europa centrale e settentrionale, dove presenta costumi sinantropi (tipico   abitatore   di   cantine),   è   stata   introdotta   dall’uomo   anche nell’America settentrionale (Thaler, 1990: 247). ‘unico esemplare raccolto è stato rinvenuto in una galleria discendente, prossima all’in­gresso di una grotta situata in un’area urbanizzata.

Fam. DYSDERIDAE

Dasumia canestrinii (L.Koch, 1876) Materiale esaminato. VG 3901: .XII.1984, 1 ♀
Specie troglossena, diffusa nell’Italia nord-orientale, Austria meridionale, Slovenia e Croazia occidentale, già segnalata per la Venezia Giulia da Brignoli (1979a: 18) e Hansen (1997: tab. 1).
L’unico individuo è stato rinvenuto alla base del pozzo iniziale di uno dei più profondi a-bissi del Carso triestino, nel detrito calcareo frammisto a materiale vegetale marcescente.
Stalita notturna Roewer, 1931
Stalita notturna: Gasparo, 1995: 26 (Abisso del Monte San Primo, VG 160; Grotta Natale, VG 2743; Grotta della Fornace, VG 3913; Grotta A. Germoni, VG 4429).
Materiale esaminato. VG 160: 1.XII.1985, 1 ♀ VG 2743: 18.XI.1984, 1 ♂ VG 3913: 15.VIII.1988, 1 ♂ 1 ♀. VG 4429: 11.VI. 1988, 1 ♂
Specie troglobia, cieca, caratteristica per le minute dimensioni (si tratta di una delle più piccole Stalita conosciute), non segnalata per la fauna italiana da Pesarini (1995: 5); è nota anche di due grotte della regione di Postumia/Postojna, in territorio sloveno, la Caverna di Orecca/Zegnana jama, S. 960 (località tipica), e le Grotte di Postumia/Postojnska jama, S. 734 (Deeleman-Reinhold, 1971: 100; Gasparo, 1996: fig. 1).
Vive nelle parti interne delle grotte, fra i sassi del fondo e sulle concrezioni calcitiche.
Stalita taenaria Schiodte, 1848
Stalita taenaria: Marchesetti, 1890: 159, nota 1 (Caverna di Gabrovizza = Grotta dell’Orso, VG 7).
Stalita taenaria: Perko, 1897a: 38 (Grotta Gigante, VG 2).
Stalita taenaria: Perko, 1897c: 57 (Grotta Noè, VG 90).
Stalita taenaria: Perko, 1905: 252 (Riesengrotte = Grotta Gigante, VG 2).
Stalita taenaria: Perko, 1906a: 157 (Riesengrotte, VG 2).
Stalita taenaria: Perko, 1906b: 18 (Riesengrotte, VG 2).
Stalita taenaria: Perko, 1908: 723 (Riesengrotte, VG 2).
Stalita sp.: Kratochvil, 1970: 25 (Pecina kod Sv. Kriza (St.Croce) in Istrien, non id.).
Stalita sp.: Brignoli 1971c: 123 (Grotta dell’Orso, VG 7).
Stalita taenaria: Brignoli, 1972: 12 (Grotta Gigante, VG 2; Grotta dell’Orso, VG 7; Grotta Noè, VG 90 – “reperti dubbi, da controllare”).
Stalita sp.: Brignoli, 1972: 12 (Grotta dell’Orso, VG 7).
Stalita taenaria: Brignoli, 1975a: 174 (Grotta Gigante, VG 2; Grotta dell’Orso, VG 7; Grotta Noè, VG 90). Stalita taenaria: Stoch & Dolce, 1984: 42 (Grotta Gigante, VG 2; Grotta dell’Orso, VG 7; Grotta Noè, VG 90 – “dato dubbio”).
Stalita taenaria: Brignoli, 1985: 51 (Grotta Noè, VG 90). Stalita taenaria: Dolce et al., 1993: 28 (Grotta Bac, VG 49). Stalita taenaria: Colombetta, 1996: 32 (Grotta delle Torri di Slivia, VG 39). Stalita taenaria: Gasparo, 1998: 47 (Grotta Gigante, VG 2).
Materiale esaminato. VG 2: 26.VIII.1979, 1 ♂ 3 ♀♀ 2 juv.; 1.IX.1979, 4 juv.; 24.X.1981, 1 ♀ 1 juv.; 20.VII.1985, 2 ♀♀; 3.VII.1988, 4 juv. VG 3: 25.XI.1984, 1 ♀. VG 7: 9.XI.1980, 2 juv.; 29.111.1987, 1 ♀; 30.VIII.1988, 1 ♂. VG 17: 3.VI.1979, 1♀; 1.XI.1981, 1 juv. VG 39: 25.IX.1987, 1♀ 1 juv. VG 49: 27.XII.1981, 2 juv.; 8 XII.1987, 2 ♀♀. VG 249: 8.XI.1987, 3 juv.; 26.VI.1988, 2 ♂♂ 3 ♀♀. VG 257: 19.IV 1987, 1 juv. VG 290: 7.VII. 1985, 1 juv. VG 411: 28.VIII.1988, 1 ♀. VG 450: 27.XI.1988, 1 ♀ 3 juv. VG 1096: 24.VII. 1988, 1 juv. VG 1100: 2.VIII.1982, 1 ♀ 1 juv. VG 1490: 25.VI.1988, 5 ♀♀. VG 2433: 12.VII.1981, 1♂. VG 2699: 11.VI.1983, 1 ♀. VG 2743: 18.XI.1984, 3 ♀♀. VG 3875: 7.VI.1980, 2 ♀♀ 1 juv.; 3.VIII. 1982, 1 ♂ VG 4041: 1.XI. 1987, 1 ♀ 1 juv. VG 4203: 25.IX. 1988, 1 ♂ 2 ♀♀ 2 juv. VG 4315: 16.X.1988, 1 ♀ 2 juv. VG4429: 11.6.1988, 1 ♂. VG 4530: 2.1.1988, 1 ♀. VG 5115: 24.XI.1985, 1 juv.
La presenza nella Venezia Giulia di questo ragno troglobio di dimensioni medio-grandi, noto di parecchie grotte della Slovenia sud-occidentale (di Caporiacco, 1937: 36; Fage, 1931: 138; Kratochvi’l, 1934: 176, 1970: 16), è stata confermata da Brignoli (1975a: 174) sulla base di un reperto della Grotta Noè. Pochi anni prima, KRATOCHVfL (1970: 21) aveva ri­portato alcuni reperti di Stalita dei dintorni di Trieste (Sv. Kriz = Santa Croce e Gemeinden Dolina = San Dorligo della Valle) riferendo, in particolare, di aver esaminato nel 1931 una femmina adulta (prossima a S. taenaria) della Pecina kod Sv. Kriza, da lui ubicata per errore in Istria; in realtà si tratta di una grotta situata presso S.Croce di Trieste (si veda pure Strouhal, 1939: 118, “Grotte bei S.Croce bei Triest”, loc. 578 della collezione “Biospeolo-gica balcanica”, catture effettate nella stessa data!), non identificabile sulla base degli scarsi dati a disposizione.
Tutti gli individui sono stati rinvenuti in zone umide e oscure, anche abbastanza prossime a-gli ingressi ma caratterizzate da stabilità termica. In due grotte giuliane (VG 2743 e VG 4429), e nelle Grotte di Postumia/Postojnska jama in Slovenia, convive con la piccola S. nocturna.

Fam. SCYTODIDAE

Scytodes thoracica (Latreille, 1802)
Scytodes thoracica: Gasparo, 1993: 19 (Grotta delle Gallerie, VG 420).
Materiale esaminato. VG 420: 3.XI.1982, 1 ♀.
Banale specie troglossena, ampiamente diffusa nella regione mediterranea, dove è stata segnalata sporadicamente per grotte calde e secche (Brignoli, 1976a: 148, 1979b: 230); è presente, come elemento sinantropo, anche nell’Europa centrale e settentrionale e, probabil­mente, in altri paesi extra-europei (Brignoli, 1969: 128). Nella zona in esame è citata per Trieste città (di Caporiacco, 1949: 141), dove si rinviene frequentemente all’interno di abi­tazioni, ed è stata raccolta in lettiera di latifoglie nella fascia prossima alla costa adriatica (da­to inedito).
L’unico esemplare è stato trovato in una grotta piuttosto asciutta che si apre su un versante soleggiato, sul fondo detritico in zona di penombra.

Fam. PHOLCIDAE

Pholcus phalangioides (Fuesslin, 1775)
Pholcusphalangioides: Gasparo, 1995: 26 (Antro di Bagnoli, VG 105; Caverna dell’Infermeria, VG 1065).
Materiale esaminato. VG 105: 1.IX.1988, 1 ♀. VG 1065: 13.XII.1981, 2 ♂♂ 1 ♀.
Specie sinantropa, cosmopolita, considerata troglofila in quanto particolarmente comune in cavità naturali del bacino del Mediterraneo (Brignoli, 1971a: 88, 1972: 19, 1978: 486, 1979b: 231, 1985: 52). Secondo Brignoli (1971a: 92), proprio la sua frequenza nelle grotte della regione mediterranea e dell’Europa temperata potrebbe far ritenere che la specie sia o-riginaria di quest’area e sia stata importata dall’uomo nelle altre parti del mondo.
I pochi individui rinvenuti nelle grotte della Venezia Giulia sono stati raccolti su tela alle pareti, in luoghi poco illuminati, sia umidi, sia secchi, non molto distanti dagli ingressi. La scarsità di reperti e le località di raccolta fanno sospettare che la specie sia stata introdotta nel­le grotte in tempi recenti: le due stazioni sono state infatti attrezzate ed utilizzate come rifu­gio durante entrambi i conflitti mondiali. L’ipotesi sembra corroborata dal fatto che l’unica segnalazione per il vicino Friuli, dovuta alla Gozo (1908: 126) e confermata da catture recenti (Gasparo, 1997: 20), riguarda la Grotta di San Giovanni d’Antro (valle del fiume Natisone, presso Pulfero), cavità frequentata in maniera continuativa dall’uomo negli ultimi secoli, che ospita una chiesa ed opere murarie tardo-medioevali.

Fam. MYSMENIDAE

Mysmenella jobi (Kraus, 1967)
Materiale esaminato. VG 290: 14.VII. 1985, 1 ♀.
Elemento troglosseno, legato al suolo, appartenente ad un genere (e ad una famiglia) che conta il maggior numero di rappresentanti nella fascia tropicale. Questa rara specie è segna­lata per poche località dell’Europa centrale e mediterranea, dalla Francia alla Romania, e dell’Estremo Oriente (Giappone e Corea: l’attribuzione specifica di questi reperti dovrebbe essere verificata); in Italia è nota di Bolzano, dei Colli Euganei, dei dintorni di Roma e, for­se, di Calabria (Brignoli, 1970b: 1406, fig. 15; Thaler & Noflatscher, 1989: 174, carta 2).
L’unico esemplare è stato rinvenuto a pochi metri dall’ingresso di una grotta situata al fon­do di una dolina, in zona umida ed illuminata, fra i sassi del pavimento.

Fam. TETRAGNATHIDAE

Meta bourneti Simon, 1922
Meta bourneti: Gasparo, 1995: 27 (Grotta delle Tibie, VG 5184).
Materiale esaminato. VG 5184: 23.1.1982. 1 ♀.
Specie troglofila (vestibolare), di grande taglia, abbastanza comune nelle grotte dell’Europa meridionale (compresa l’Italia peninsulare e le isole), dell’Algeria e del Marocco ed introdotta in alcuni paesi dell’Europa extramediterranea (Francia settentrionale, Inghilterra) dove vive esclusivamente in ambienti sotterranei artificiali (Dresco, 1947: 53; Locket & Millidge, 1953: 119); il reperto presenta un notevole interesse, in quanto la spe­cie non era mai stata rinvenuta nell’Italia settentrionale (Brignoli, 1971c: 131, carta a p. 133; Pesarini, 1995: 7)(2).
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(2) M. bourneti è stata segnalata per una grotta del Canton Ticino, situata presso Mendrisio, a breve di­stanza dal confine con l’Italia, dove ne sono stati raccolti a più riprese esemplari non adulti, conviventi con M. menardi (Dresco, 1960: 370; Dresco & Hubert, 1978: 162; Strinati, 1966: 207, 428); la cavità di cui si tratta è formata da una galleria ascendente lunga una quarantina di metri, verosimilmente utiliz­zata dall’uomo (ingresso in parte murato, secondo Strinati, 1966: 207). Sarebbe interessante conoscere l’origine e l’evoluzione di questa popolazione isolata e probabilmente derivata da esemplari importati.
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M. Bourneti, che secondo Brignoli (1972: 25) “probabilmente è la più cavernicola delle Meta”, come verrà discusso più avanti, è verosimilmente in competizione con M. menardi, che presenta dimensioni analoghe.
L’unico individuo è stato raccolto su tela in una zona umida ed oscura, situata ad una de­cina di metri dalla superficie, in una grotta resa accessibile con lavori di scavo, nei giorni im­mediatamente successivi all’apertura della cavità; le circostanze della cattura fanno pertanto escludere un caso di importazione.
Meta menardi (Latreille, 1804)
Meta menardi: Roewer, 1931: 79 (Caverna dei Notali = Grotta dei Pipistrelli, VG 224). Meta menardi: Brignoli, 1972: 31 (Caverna dei Notoli, VG 224). Meta menardi: Gasparo, 1998: 47 (Grotta Gigante, VG 2).
Materiale esaminato. VG 2: 27.IX.1980, 7 juv.; 11.VII.1981, 3 juv.; 8.IX.1984, 2 juv. VG 249: 17.IV.1980, 1 juv. VG2433: 12.VII.1981, 3 juv. VG 4116: 2.1.1983, 1 ♂. VG 5081: 13.1.1980, 1 juv. VG 5347: 26.X.1985, 1 juv. VG 5348: 26.X.1985, 1 juv.
Elemento troglofilo (vestibolare), diffusissìmo nelle grotte europee e nordafricane, in pro­babile competizione con M. bourneti, assieme alla quale non è mai stato rinvenuto nelle zo­ne ove gli areali delle due specie si sovrappongono (Brignoli, 1971c: 132, 1972: 34, 1982: 84; Ribera, 1978: 355). Le differenze nell’ecologia delle due specie sono date, apparente­mente, da una maggiore termofilia di M. bourneti, che inoltre colonizza con più facilità le par­ti oscure delle grotte, rispetto a M. menardi. Quanto detto sembra dimostrato dalla distribu­zione dei taxa considerati in Italia, dove M. bourneti diventa via via più frequente e M. me­nardi più rara al diminuire della latitudine (Brignoli, 1971c: carta a p. 133, 1985: 53), e nel­la Spagna nord-orientale, dove la prima specie è stata riscontrata in cavità situate a quote in­feriori ai 900 metri, mentre la seconda si rinviene prevalentemente nelle grotte della regione pirenaica o prepirenaica (Ribera, 1978: 355, figg. 3-4). L’assenza di M. menardi nelle gran­di isole fa ritenere che la specie si sia insediata nell’area mediterranea in tempi relativamen­te recenti.
Gli esemplari esaminati sono stati rinvenuti nelle zone prossime agli imbocchi, più o me­no umide ed illuminate, su grandi tele orbicolari alle pareti; singoli individui sono stati os­servati nelle parti interne delle grotte nella stagione fredda, a testimonianza di migrazioni sta­gionali, che risultano comunque limitate, sia nello spazio, sia per quanto concerne il numero di esemplari coinvolti.
Metellina mengei (Blackwall, 1869)
Materiale esaminato. VG 89: 17.XI.1985, 1 ♂.
Specie troglossena, tipica dei bassi strati della vegetazione erbacea ed arbustiva, diffusa nella parte occidentale della regione paleartica, fino agli Urali, al Caucaso ed al Kazakistan, non ancora segnalata per la Venezia Giulia. La specie è notevole per i cambiamenti del suo ciclo vitale da sud a nord: si ritene che nell’Europa meridionale lo sviluppo completo avven­ga nell’arco di un anno, con rapida crescita nella stagione calda, ultima muta in autunno (si veda il caso del ♂ rinvenuto nel corso della presente ricerca) e svernamento di esemplari al­lo stato adulto; nell’Europa centrale gli individui effettuano la diapausa invernale come su­badulti, per poi mutare in primavera, mentre nelle popolazioni scandinave lo sviluppo richie­de due anni (Toft, 1983).
L’unico esemplare è stato raccolto alla base di un ampio pozzo che si apre al fondo di u-na dolina, sul cono detritico.
 Metellina merianae (Scopoli, 1763)
Meta merianae: Brignoli,  1971c:  138 (Grotta della Fornace, VG 3913; Grotta presso il Viadotto Ferroviario, non id.). Meta merianae:  Brignoli,   1972:  36  (Grotta della Fornace, VG 3913;  Grotta presso il Viadotto Ferroviario). Metellina merianae: Gasparo, 1998: 48 (Grotta Gigante, VG 2).
Materiale esaminato. VG 1: 7.III.1981, 2 ♂ 1 ♀ 3 juv.; 14.III.1981, 1 ♀. VG 249: 17.IV.1980, 1 ♂. VG 257: 16.XII.1979, 1 ♂ 4 juv. VG 1064: 25.VI.1983, 1 ♂. VG 1065: 13.XH1981, 1 ♂. VG2433: 12.VII.1981, 2 juv. VG4362: 3.IX.1988, 2 ♂♂. VG 5145: 26.IX. 1981, 2 ♀♀ 1 juv. VG 5232: 6.III. 1983, 2 ♂♂.
Specie troglofila (vestibolare), di taglia medio-piccola, reperibile all’esterno al suolo in ambienti umidi e frequentissima in cavità naturali ed artificiali di tutta l’Europa, l’Asia mi­nore e l’Africa settentrionale; è presente in tutt’Italia, isole comprese (Brignoli, 1971c: car­ta a p. 139, 1985: 53) Brignoli (1972: 40) la considera “certamente non in competizione né con M. menardi, né con M. bourneti” e “leggermente meno legata all’ambiente ipogeo di Meta menardi”, dato quest’ultimo confermato dalle segnalazioni di numerosi autori. Assumono particolare rilievo, a questo avviso, le osservazioni di Eckert & Moritz (1992) che hanno inoltre riscontrato si­gnificative differenze nell’ecologia delle due specie in un grande numero di grotte e cavità ar­tificiali della Germania orientale, dove Metellina merianae si insedia di norma in luoghi di­scretamente illuminati, da umidi a bagnati ed interessati da correnti d’aria, mentre Meta me­nardi si rinviene in penombra, in luoghi da secchi a umidi ed in condizioni di aria ferma.
Nelle grotte della Venezia Giulia la specie in esame è stata rinvenuta negli stessi ambien­ti dove vive M. menardi, ma in posizione più vicina agli ingressi e spesso in prossimità della base delle pareti o fra i blocchi del fondo, ove tesse una tela orbicolare piuttosto piccola.

Fam. NESTICIDAE

Nesticus eremita Simon, 1879
Nesticus strasseri Roewer, 1931: 76 (Hòhle bei Salez = Grotta a N di Sales, VG 495; Hohle bei Jamiano =
Caverna dell’Infcrmeria, VG 1065; Schacht bei Jamiano, non id.). Nesticus eremita: Brignoli, 197le: 208 (Grotta della Stazione Ferroviaria, non id.; Grotta presso il Viadotto Ferroviario, non id.; Pozzo 2, non id.). Nesticus eremita: Brignoli, 1972: 72-73 (Grotta presso Sales, VG 495; Grotta presso Iamiano, VG 1065; Abisso presso Iamiano; Grotta della Stazione Ferroviaria; Grotta presso il Viadotto Ferroviario; Pozzo 2). Nesticus eremita: Dolce et al., 1993: 28 (Grotta Bac, VG 49). Nesticus eremita: Gasparo, 1993: 19 (Grotta delle Gallerie, VG 420). Nesticus eremita: Colombetta, 1996: 32 (Grotta delle Torri di Slivia, VG 39). Nesticus eremita: Gasparo, 1998: 48 (Grotta Gigante, VG 2).
Materiale esaminato. VG 2, VG 6, VG 12, VG 39, VG 49, VG 62, VG 79, VG 89, VG 91, VG 224, VG 226, VG 239, VG 241, VG 249, VG 257, VG 260, VG 295, VG 390, VG 414, VG 420, VG 605, VG 850, VG 851, VG 1063, VG 1064, VG 1065, VG 1096, VG 1100, VG 1101, VG 2433, VG 2686, VG 2716, VG 2926, VG 3477, VG 3875, VG 3913, VG 3948, VG 3988, VG 3999, VG 4037, VG 4041, VG 4110, VG 4112, VG 4116, VG 4315, VG 4429, VG 4530, VG 4653, VG 4733, VG 4747, VG 4749, VG 5000, VG 5090, VG 5100, VG 5141, VG 5184, VG 5230, VG 5232, VG 5347 (complessivamente 83 ♂♂ e 250 ♀♀, per la fenologia dei reperti si vedano le figure 5 e 6).

Figg. 3-4 – Nesticus sp. (aff. fagei Kratochvfl, 1933 ?) – epigino e vulva in trasparenza, vis. ventrale (3); idem, parte destra, vis. ventrale (4). Scala: 0,2 mm.

Specie eutroglofila, poco specializzata, frequentissima in grotte e cavità artificiali dell’Europa nordmediterranea (dalla Francia alla Grecia settentrionale), introdotta di recente nell’Europa centrale (Knoflach & Thaler, 1998: 672). La sinonimia di N. strasseri, descritto delle tre grotte riportate più sopra, con la specie in esame (a quel tempo considerata da molti autori sinonima o sottospecie di N. speluncarum Pavesi, 1873) è stata riconosciuta da di Caporiacco (1939: 44) ed accettata dallo stesso Roewer (1942: 511).
I reperti di Brignoli (1971c: 208) provengono da grotte situate in comune di Duino-Aurisina, non identificabili con certezza, in quanto quasi sicuramente non corrispondenti al­le grotte inserite a catasto a cui vengono riferite dubitativamente dallo stesso autore. Un’analoga considerazione vale per le attribuzioni delle località tipiche di N. strasseri, ripor­tate (con nomi italiani) nel catalogo di Brignoli (1972: 72).
L’abbondante materiale esaminato è stato raccolto sia in prossimità degli ingressi, in zo­ne più o meno illuminate ma sempre piuttosto umide, sia nella parte interna delle grotte, do­ve tesse tele irregolari alle pareti o fra i detriti del fondo.
Data la scarsità di segnalazioni di Nesticus eremita al di fuori di cavità ipogee, si ritiene interessante ricordare il rinvenimento della specie a Roiano (periferia settentrionale di Trieste, 6.IV.1981, 1 Cf 2 Cj)£), nel pozzetto della fognatura di una casa di campagna ristrutturata di recente, ed in località Costa dei Barbari (a sud di Sistiana, in trappola a caduta posta il 12.IV. e ritirata il 15.IX.1992, 1 (J>) in lecceta presso il mare, in entrambi i casi su terreni marnoso-arenacei (non carsificabili).
Nesticus sp. (aff. fagei Kratochvil, 1933 ?)
Materiale saminato. VG 3875: 7.VI.1980, 1 ♂.
Un unico esemplare, di sesso femminile, che in base ai genitali appartiene ad una specie diversa da N. eremita, con cui convive, è stato raccolto presso la base del pozzo iniziale del­la Grotta C. Doria, in zona umida ed oscura. Nonostante le intense ricerche condotte succes­sivamente nella stessa cavità, non è stato possibile reperire altri individui. Al fine di agevola­re un’eventuale futura identificazione della specie, vengono riportate due figure dell’epigino (figg. 3-4).
Nesticus sp.
Nesticus sp.: Roewer, 1931: 79 (Vlaska Pecina = Grotta del Pettirosso, VG 260).
Micryphantiden: Roewer, 1931: 79 (Pozzo dei Colombi, VG 33).
Nesticus cellulanus: Stammer, 1932: 630 (Kleine Hòhle am Timavo, non id.).
Nesticus idriacus: Brignoli, 1972: 78 (Pozzo dei Colombi, VG 33; Vlasca Pecina, VG 260).
La segnalazione di Nesticus cellulanus (Clerck, 1757) risale ad un’epoca in cui questa specie veniva frequentemente confusa con N. eremita (Brignoli, 1971c: 206); la località di raccolta, una piccola grotta presso le Bocche del Timavo, non esiste più, essendo stata pro­babilmente distrutta o ostruita a seguito dei lavori per la costruzione del nuovo acquedotto di Trieste, iniziati alla fine degli anni venti, quando le ricerche di Stammer erano ancora in cor­so. Nesticus cellulanus non è stato sinora rinvenuto nella Venezia Giulia, pur essendo presente in alcune cavità del Friuli (Gasparo, 1997: 44) e della Slovenia, fra cui le Grotte di San Canziano/Skocjanske jame — che distano appena 7 chilometri dal limite orientale dell’area in studio — dove convive con N. eremita (Brignoli, 1971b: 113-114, 1980a: 185).
La citazione di Nesticus idriacus Roewer, 1931, deriva, invece, da una svista, probabil­mente “ispirata” da un analogo errore di Wolf (1934-37: 240, 251), che ha mal interpretato alcuni dati di Roewer (1931: 79), il quale riporta, in calce alla descrizione della nuova spe­cie, un elenco di reperti di giovani Nesticus e “Micryphantidae” (famiglia alla quale era allo­ra attribuito il genere Nesticus) raccolti in alcune grotte dell’arco alpino orientale, fra cui quelle giuliane indicate sopra.

Fam. LINYPHIIDAE

Subfam. ERIGONINAE
Diplocephalus alpinus (O.Pickard-Cambridge, 1872)
Diplocephalus cfr. cristatus: Brignoli, 1975b: 27 (Grotta Noè, VG 90). Diplocephalus cfr. cristatus: Brignoli, 1985: 57 (Grotta Noè, VG 90).
Materiale esaminato. VG 27: 3.IX.1988, 1 ♀. VG 89: 17.XI.1985, 2 ♂♂ 8 ♀♀. VG 226: 16.XI.1986, 1 ♂. VG 239: 3.1.1982, 2 ♂♂. VG 260: 22.1.1983: 1 ♂. VG 3901: 2.XII.1984, 6 ♀♀. VG 4112: 15.IV.1982, 1 ♀. VG 4530: 13.IV.1982, 2 ♂♂ 2 ♀♀. VG 5115: 24.XI.1985, 1 ♀.
Specie limitatamente troglofila (detriticolo-lapidicola), diffusa dall’arco alpino centrale al litorale croato, soprattutto in ambiente montano, non ancora segnalata per la Venezia Giulia.
La specie viene riportata per la fauna italiana da Pesarini (1995: 12) sub Diplocephalus connectens Kulczyriski, 1894 (la sinonimia di D. connectens con D. alpinus è stata recente­mente riconosciuta da Thaler, 1995: D479).
Il reperto di Brignoli (1975b), in base ai disegni del bulbo maschile (op. cit.: figg. 29-30), è senz’altro riferibile alla specie in esame.
Tutti gli individui sono stati rinvenuti sotto sassi, in zone prossime agli ingressi.
Micrargus cfr. herbigradus (Blackwall, 1854) Materiale esaminato. VG 4203: 25.IX.1988, 1 ♀.
Specie troglossena, presente sotto sassi e nella lettiera. Sino ad un paio di anni or sono si riteneva che M. herbigradus auct. fosse una specie comune, ampiamente diffusa nella regione paleartica, anche se non ancora citata per la Venezia Giulia. Molto recentemente, Relys & Weiss (1997) hanno accertato l’esistenza di un complesso di “sibling species” riconoscibili con certezza solamente con l’esame dei genitali maschili. L’identità della (J) raccolta nel cor­so della presente indagine non è pertanto precisabile.
L’unico esemplare è stato rinvenuto al fondo di un ampio baratro, fra sassi e detrito vege­tale marcescente, in ambiente umido ed illuminato.
Microctenonyx subitaneus (O.Pickard-Cambridge, 1875)
Materiale esaminato. VG 239: 3.1.1982, 8 ♀♀.
Specie limitatamente troglofila (detriticolo-lapidicola), che all’esterno si rinviene al suo­lo (specialmente in presenza di detrito vegetale), a distribuzione oloartica, non ancora segna­lata per la Venezia Giulia.
Tutti gli individui sono stati raccolti in un’ampia caverna abbastanza illuminata, su pic­cole tele sotto sassi poggiati sul fondo argilloso, presso escrementi di colombi selvatici.
Walckenaeria mitrata (Menge, 1868)
Materiale esaminato. VG 521: 28.11.1983, 1 ♀. VG 2432: 6.VI.1982, 1 ♀. VG 2433: 12.VII.1981, 1 ♀.
Specie limitatamente troglofila (detriticolo-lapidicola), presente nella fascia settentriona­le della regione paleartica, dall’Europa (esclusa la regione mediterranea) alla Siberia centra­le, già segnalata per la Venezia Giulia da Hansen (1997: tab 1).
I pochi esemplari sono stati rinvenuti nel detrito, presso gli ingressi delle grotte.
Subfam. LINYPHIINAE
Centromerus cavernarum (L.Koch, 1872)
Centromerus cavernarum: Gasparo, 1995: 26 (Grotta Gigante, VG 2, Grotta dell’Orso, VG 7, Grotta del­le Torri di Slivia, VG 39).
Centromerus cavernarum: Colombetta, 1996: 32 (Grotta delle Torri di Slivia, VG 39). Centromerus cavernarum: Gasparo, 1998: 48 (Grotta Gigante, VG 2).
Materiale esaminato. VG 2: 26VIII.1979, 1 ♂ 1 ♀; 1.X.1980, 2 ♂♂ 1 e?; 24.X.1981, 2 ♀♀; 3.X.1982, 4 ♂♂ 1 ♀; 9.VII.1983, 3 ♀♀; 20VII.1985, 1 ♀. VG 7: 4.X.1980, 1 ♀; VG 39: 25.VIII.1988: 2 ♀♀.
Specie eutroglofìla, che all’esterno si rinviene di frequente in zone montane o comunque fresche, nel detrito e nella lettiera, ampiamente diffusa nell’Europa centrale.
Nella Grotta Gigante ne è stata riscontrata una notevole popolazione nella parte più profonda della grande caverna, in zona umida e completamente oscura. Nelle altre due grot­te sono stati raccolti pochi esemplari a breve distanza dagli ingressi, in situazioni di penom-bra ed elevata umidità.
Lepthyphantes flavipes (Blackwall, 1854)
Materiale esaminato. VG27: 3.IX.1988, 1 ♀. VG290: 14.VII.1985, 3 ♂♂ 3♀♀. VG 295: 23.XII.1979, 1 ♀. VG 521: 2.IX.1984, 1 ♂ 2 ♀♀VG 2432: 6.VI.1982, 1 ♀. VG 2434: 28.V.1983, 1 ♂ VG 4203: 25.IX.1988, 1 ♂ 1 ♀. VG 4362: 3.IX.1988, 3 ♂♂ 3 ♀♀. VG 4747: 14.VI.1983, 2 ♀♀
Elemento limitatamente troglofilo (detriticolo-lapidicolo), diffuso in gran parte della re­gione paleartica; frequente nel suolo in ambiente forestale e più volte segnalato di grotte eu­ropee, non era stato ancora rinvenuto nella Venezia Giulia.
Tutti gli esemplari sono stati raccolti fra il detrito del fondo nelle zone prossime agli in­gressi delle grotte.
Lepthyphantes istrìanus Kulczynski, 1914
Lephthyphantes istrìanus Kulczynski, 1914: 363 (Grotta delle Druze, VG 21). Lephthyphantes serratistylus Roewer, 1931: 70 (Gabria Jama, VG 32; Pozzo dei Colombi, VG 33). Leptyphantes serratistylus: Brignoli, 1972: 48 (Gabria Jama, VG 32; Pozzo dei Colombi, VG 33). Leptyphantes istrìanus: Polenec & Thaler, 1980: 106, 109 (Grotta delle Druze, VG 21; Gabria Jama,
VG 32). Lepthyphantes istrìanus: Deeleman-Reinhold, 1985: 42 (Grotta delle Druze, VG 21; Gabria Jama, VG 32; Pozzo dei Colombi, VG 33).
Lepthyphantes istrìanus: Gasparo, 1993 (Grotta delle Gallerie, VG 420). Lepthyphantes istrìanus: Gasparo, 1995: 26 (Grotta delle Druse, VG 21). Lepthyphantes istrìanus: Gasparo, 1998: 48 (Grotta Gigante, VG 2).
Materiale esaminato. VG 2: 27.IX.1980, 2 ♀♀; 1.1.1982, 1 ♀. VG 420: 3.XI.1982, 1 ♀ VG 850: 15.V1988, 3 ♂♂. VG 3875: 27.IX.1981, 1 ♂ 1 ♀; 13.XI.1981, 1 ♂ 1 ♀; 27.XII.1987, 2 ♀♀. VG 3913: 5.VIII.1988, 1 ♀. VG 3988: 5.XI.1983, 1 ♂ 3 ♀♀. VG 5115: 24.XI.1985, 6 ♂♂ 11 ♀♀.
Specie eutroglofila, rinvenuta di frequente in superficie, talora in ambienti caratterizzati da bassi tenori di umidità, diffusa nella parte settentrionale della penisola balcanica e segna­lata della Toscana (Thaler & Zapparoli, 1993); le accurate revisioni di Polenec & Thaler (1980) e della Deeleman-Reinhold (1985) hanno consentito di riconoscere la sinonimia di numerose specie balcaniche — fra cui L. serratistylus Roewer, descritto di grotte dei dintor­ni di Trieste — con la specie in oggetto, mentre l’areale di distribuzione di L. istrìanus in Italia dev’essere ancora precisato.
Il materiale delle grotte giuliane è stato raccolto, nella maggior parte dei casi, fra i detriti del fondo a breve distanza dagli ingressi, in zone umide e poco illuminate. Gli esemplari della Grotta C. Dona devono considerarsi topotipici, in quanto la stessa costituisce un unico sistema con i va­ni interni della Grotta delle Druse (il cui imbocco è stato ostruito nell’ultimo dopoguerra).
Lepthyphantes leprosus (Ohlert, 1865)
Lepthyphantes leprosus: Gasparo, 1998: 50 (Grotta Gigante, VG 2).
Specie limitatamente troglofila (detriticolo-lapidicola), presente in tutta la regione oloar-tica e spesso raccolta in cavità naturali ed artificiali, rinvenuta nel corso di ricerche successi­ve al ciclo decennale di indagini considerato nella presente nota.
Il reperto — che costituisce l’unica citazione della specie per la Venezia Giulia — pro­viene dal detrito presente al fondo dell’ingresso superiore della Grotta Gigante.
Lepthyphantes mansuetus (Thorell, 1875)
Lepthyphantes cfr. aridus: Gasparo, 1993: 19 (Grotta delle Gallerie, VG 420).
Materiale esaminato. VG 420: 3.XI. 1982, 1 ♀.
Elemento troglosseno o limitatamente troglofilo (detriticolo-lapidicolo), segnalato per ambienti diversi, sia boschivi, sia di prateria, dove si rinviene al suolo, in condizioni di umidita variabile. L’areale di distribuzione della specie comprende l’Europa centrale ed i Balcani settentrionali (Thaler, 1994: 176); in Italia la sua presenza sembra limitata alla Venezia Giulia, dove è già stata citata per la conca del Lago di Doberdò da Hansen (1997: tab 1).
L’unico individuo è stato rinvenuto a breve distanza dall’ingresso orientale della Grotta delle Gallerie, in zona di penombra non molto umida, assieme a L. istrianus e L. notabilis.
Lepthyphantes notabilis Kulczynski, 1887
Lepthyphantes notabilis: Gasparo, 1993: 19 (Grotta delle Gallerie, VG 420).
Materiale esaminato. VG 420: 3.XI.1982, 2 ♂♂ 1 ♀; 7.IV.1985, 3 ♀♀. VG 1064: 25.VI.1983, 1 ♂ 1 ♀.
Specie limitatamente troglofila (detriticolo-lapidicola), nota per i massicci montuosi dell’Europa centro-orientale, dove si rinviene in corrispondenza di affioramenti ed accumuli rocciosi, in ambienti generalmente caldi.
I pochi esemplari raccolti nelle grotte giuliane sono stati rinvenuti, su tela, a breve di­stanza dagli ingressi, in zone di penombra piuttosto asciutte.
Lepthyphantes pallidus (O.Pickard-Cambridge, 1871)
Lephthyphantes pallidus: Roewer, 1931: 70 (Georg Schneider-Grotte = Grotta di Ternovizza, VG 242;
Oslinka Jama = Voragine di San Lorenzo, VG 294). Leptyphantes pallidus: Brignoli, 1971c: 157 (Grotta dell’Orso, VG 7).
Leptyphantes pallidus: Brignoli, 1972: 47 (Grotta dell’Orso, VG 7; Voragine di San Lorenzo, VG 294). Leptyphantes pallidus: Brignoli, 1975b: 15 (Grotta di Gabrovizza, VG 6; Grotta Noè, VG 90). Lepthyphantes pallidus: Brignoli, 1985: 55 (Grotta di Gabrovizza, VG 6; Grotta Noè, VG 90). Lepthyphantes pallidus: Colombetta, 1996: 32 (Grotta delle Torri di Slivia, VG 39).
Materiale esaminato. VG 6: 15.XII.1979, 2 ♀♀ 1.1.1980, 1 ♀♀; 16.XII.1984, 2 ♀♀. VG 7: 4.X.1980, 4 ♂♂ 1 ♀ 9.XI.1980, 1 ♀. VG 17: 3VI.1979, 1 ♀; 11.XI.1981, 1 ♂ 2 ♀♀. VG 39: 25.IX.1987, 1 ♀; 25.VIII.1988, 2 ♀♀. VG 79: 22VIII.1981, 1 ♂ 2 ♀♀. VG 90: 4.1.1987, 8 ♀♀. VG 242: 15VIII.1981, 4 ♂♂ 7 ♀♀. VG 290: 24.X.1982, 2 ♂♂ 1 ♀; 14VII.1985, 1 ♀; 18.X.1987, 1 ♀. VG 1100: 2.VIII.1982, 1 ♂ 2 ♀♀. VG 1101: 9.V.1982, 1 ♂. VG 2432: 6.VI.1982, 1 ♀. VG 2433: 12.VII.1981, 3 ♀♀. VG 2716: 10.X.1982, 1 ♂ 6 ♀♀; 7.V.1988, 2 ♂♂ 2 ♀♀. VG 3901: 2.XII.1984, 1 d 5 ♀♀. VG 4112: 15.IV1982, 1 ♂ 3 ♀♀; 3.II.1985, 1 ♂. VG 4203: 25.IX.1988, 1 ♀. VG 5000: 25.IV1985, 1 ♂ 2 ♀♀.
Specie nettamente troglofila, diffusa in quasi tutta l’Europa (ed in Algeria); al di fuori del­le grotte si rinviene nel detrito e nella lettiera, in ambienti umidi sia di bassa quota, sia mon­tani.
Nel corso delle ricerche biospeleologiche nella Venezia Giulia è stata trovata frequente­mente, sia presso gli ingressi, sia nelle parti più interne, dove tesse piccole tele orizzontali al fondo o alla base delle concrezioni.
Lepthyphantes tennis (Blackwall, 1852)
Materiale esaminato. VG 290: 14.VII.1985, 1 ♂. VG 4203: 25.IX.1988, 1 ♀.
Specie limitatamente troglofila (detriticolo-lapidicola), all’esterno presente al suolo in ambienti sia naturali, sia alterati da interventi antropici, diffusa in buona parte della regione paleartica occidentale, ma non ancora segnalata per la Venezia Giulia.
I due esemplari esaminati sono stati raccolti fra i sassi del pavimento nei vani iniziali del­le grotte, in zona umida ed illuminata.
 Linyphia mimonti Simon, 1884
Linyphia mimonti: Brignoli, 1975b: 15 (Grotta Noè, VG 90). Linyphia mimonti: Brignoli, 1985: 56 (Grotta Noè, VG 90).
Elemento troglosseno, legato allo strato vegetale, noto per poche località del Mediterraneo centro-orientale (la grotta citata rappresenta la stazione più settentrionale della specie).
Microneta viaria (Blackwall, 1841)
Materiale esaminato. VG 521: 2.IX.1984, 2 ♀♀.
Specie limitatamente troglofila (detriticolo-lapidicola), tipica del suolo di ambienti fore­stali, a distribuzione oloartica, non ancora segnalata per la Venezia Giulia.
I pochi esemplari sono stati raccolti in una piccola grotta suborizzontale, sotto sassi e de­trito vegetale, in zona di penombra.
Porrhomma convexum (Westring, 1851)
Porrhomma convexum: Gasparo, 1998: 50 (Grotta Gigante, VG 2)
Materiale esaminato. VG 2: 15.VIII.1987, 1 ♀. VG 12: 5.VII.1981, 5 ♂♂ 11 ♀♀. VG 79: 22.VIII.1981, 2 ♂♂ 4 ♀♀. VG 89: 17.XI.1985, 1 ♂ 1 ♀. VG 226: 16.XI.1986, 1 . VG 3875: 13.XI.1981, 2 ♀♀. VG 3901: 2.XII.1984, 1 ♀. VG 5100: 10.IV.1980, 1 ♂.
Specie eutroglofila, legata al detrito, ampiamente diffusa nell’Europa centro-settentrionale, dove è stata di frequente segnalata di ambienti ipogei, naturali ed artificiali. Si tratta della spe­cie del genere Porrhomma più frequente nelle grotte italiane (Brignoli, 1972: 52, 1985: 56).
Nelle cavità carsiche della zona esaminata è stata sempre raccolta in zone umide ed oscu­re, anche lontane dagli imbocchi, spesso in prossimità di legna marcescente.
Porrhomma microps (Roewer, 1931 )
Porrhomma sp.: Valle, 1911: 24 (Grotta di Trebiciano, VG 17).
Troglohyphantes microps Roewer, 1931: 72 (Lindnerhohle = Grotta di Trebiciano, VG 17).
Porrhomma rosenhaueri: Stammer, 1932: 630 (Hòhle von Trebiciano = Grotta di Trebiciano, VG 17).
Porrhomma microphthalmum: di Caporiacco, 1949: 144 (Abisso di Trebiciano, VG 17).
Porrhomma microps: Thaler, 1967: 171 (Lindnerhohle, VG 17).
Porrhomma microphthalmum microps: Thaler, 1968: 374 (Abisso di Trebiciano, VG 17).
Porrhomma microphthalmum microps: Brignoli, 1970a: 42 (Abisso di Trebiciano, VG 17).
Porrhomma microphthalmum microps: Brignoli, 197le: 165 (Abisso di Trebiciano, VG 17).
Porrhomma microphthalmum microps: Brignoli, 1972: 51 (Abisso di Trebiciano, VG 17).
Porrhomma microps: Gasparo, 1995: 27 (Grotta di Trebiciano, VG 17).
Elemento eutroglofilo, noto con certezza solo della località tipica. I Porrhomma del grup­po microphthalmum comprendono alcune forme poco conosciute, fra cui quella in esame, ap­parentemente limitate alle grotte, alle quali van Helsdingen (1986: 15) suggerisce di attri­buire rango specifico, in attesa di un esame più approfondito di tutti i taxa riferibili a questo gruppo.
La specie in questione vive nella parte più profonda della Grotta di Trebiciano (Caverna Lindner), che non è stata visitata nel ciclo di indagini considerato.
 Troglohyphantes excavatus Fage, 1919
Troglohyphantes excavatus: Pesarini, 1989: 244 (Grotta del Vento, VG 4139).
Troglohyphantes excavatus: Gasparo, 1995: 27 (Grotta di Visogliano, VG 414; Fessura del Vento, VG4139).
Materiale esaminato. VG 414: 10.1.1988, 1 ♀; 20.Vili. 1988, 5 ♀♀ 1 sad. (tenuto in allevamento: mu­ta 14.IX., morto 23.IX.1988); 9.X.1988, 3 ♂♂ 3 ♀♀.
Si tratta di un elemento eutroglofilo poco specializzato, il cui areale di distribuzione — piuttosto vasto se confrontato con quello di altre specie congeneri — comprende gran parte della Slovenia, raggiungendo la Croazia occidentale e la Carinzia sud-orientale (Deeleman-Reinhold, 1978a: 160; Thaler, 1986: 289).
Tutti gli esemplari raccolti nella Grotta di Visogliano sono stati rinvenuti nelle parti interne, umide e completamente oscure, su tela in anfratti delle pareti o fra i sassi del fondo. La rarità della specie nella Venezia Giulia contrasta in modo singolare con la sua frequenza in Slovenia (sia nelle grotte, sia nel suolo) e potrebbe essere dovuta a competizione con altri Linyphiidae eutroglofili, ugualmente poco specializzati ma capaci di colonizzare i settori più profondi delle grotte, quali i già considerati Centromerus cavernarum e Lepthyphantes pallidus.
Linyphiidae gen. sp.
Tmeticus abnormis: Perko, 1897b: 48 (Grotta dell’Orto = Grotta a SE di Padriciano, VG 37).
Tmeticus abnormis(7): Veit, 1898: 22 (Pozzo Èrebo = Abisso presso Villa Opicina, VG 149).
Tmeticus abnormis: Valle, 1911: 24 (Grotta di Trebiciano, VG 17).
Tmeticus abnormis(l): Bertarelli & Boegan, 1926: 278 (Abisso presso Villa Opicina, VG 149).
Porrhomma sp. (prope cavicola): Stammer, 1932: 630 (Hohle von Trebiciano = Grotta di Trebiciano, VG 17).
Leptyphantes prope cavicola (Simon, 1884): Brignoli, 1972: 45 (Abisso di Trebiciano, VG 17 – “reper­to da controllare”).
Oreonetides abnormis: Brignoli, 1972: 51 (Abisso di Trebiciano, VG 17; Grotta nell’Orto, VG 37; Pozzo Èrebo, VG 149).
Segnalazioni sicuramente non attendibili, che riguardano, con ogni probabilità, alcune delle specie di Linyphiidae riportate più sopra.
Saaristoa abnormis (Blackwall, 1841) è una specie ampiamente diffusa nell’Europa cen­tro-settentrionale, che raggiunge a sud l’arco alpino; in Italia è riportata di poche località montane di Piemonte, Lombardia e Trentino (Thaler, 1981: 149).
Il reperto di Stammer (1932: 630) è rappresentato da una singola femmina che, nell’opi­nione di Wiehle (che ha determinato il materiale raccolto dall’idrobiologo tedesco), sarebbe stata forse riferibile ad una nuova specie; secondo Brignoli (1972: 45) “trattasi con certezza di specie diversa da L. cavicola (nota solo di grotte spagnole)”.

Fam. AGELENIDAE

Agelena labyrinthica (Clerck, 1757)
Agelena labyrinthica: Gasparo, 1998: 50 (Grotta Gigante, VG 2)
Materiale esaminato. VG 2: 1.VIII.1982, 1 .
Elemento troglosseno, legato agli strati inferiori della vegetazione, ampiamente diffuso nella regione paleartica.
L’esemplare è stato rinvenuto su un sentiero di calcestruzzo, presso il primo ingresso tu­ristico della Grotta Gigante, circondato da cespugli in cui la specie costruisce la sua caratte­ristica tela ad imbuto.
Coelotes anoplus Kulczyriski, 1897
Coelotes anoplus: Brignoli, 1975b: 32 (Grotta Noè, VG 90). Coelotes anoplus: Brignoli, 1976b: 26 (Grotta Noè, VG 90). Coelotes anoplus: Brignoli, 1985: 59 (Grotta Noè, VG 90).
Specie troglossena, lapidicola, nota per l’Italia nord-orientale e la parte settentrionale del­la penisola balcanica.
Tegenaria silvestris L.Koch, 1872
Tegenaria silvestris: Brignoli, 1975b: 34 (Grotta di Gabrovizza, VG 6). Tegenaria silvestris: Brignoli, 1985: 61 (Grotta di Gabrovizza, VG 6). Tegenaria silvestris: Gasparo, 1998: 50 (Grotta Gigante, VG 2)
Materiale esaminato. VG 1: 7.III.1981, 4 ♀♀; 14.111.1981, 1 . VG 2: 8.III.1987, 1 ♀. VG 257: 16.XII.1979, 1 1 ♀. VG 273: 1.XI. 1985, 2 ♀♀. VG 290: 24.X.1982, 2 ♀♀. VG 1101: 9.V. 1982, 1 1 ♀. VG 1102: 31.X.1982, 1 ♀. VG 3477: 12.X.1985, 1 1 ♀. VG 4110: 8.III.1980, 1 ♂. VG 4221: 20.X.1985, 2 ♀♀. VG 4530: 1.V.1983, 1 2 ♀♀. VG 5081: 13.1.1980, 1 ♀. VG 5115: 24.XI.1985, 1 ♀. VG5136: 1.III.1981, 1 . VG 5145: 26.IX.1981, 1 .
Elemento troglofilo (vestibolare), che all’esterno si trova di norma sotto sassi in luoghi u-midi e ombrosi; presente nell’Europa centrale e sud-orientale, in Italia si rinviene solo al nord, dove rappresenta la specie del genere Tegenaria più frequente nelle grotte (Brignoli, 1972: 95, 1985: 61).
Tutti gli esemplari sono stati raccolti vicino agli ingressi, anche in zone oscure, su tele ne­gli anfratti delle pareti o fra il detrito del fondo.

Fam. LYCOSIDAE

Trochosa terricola Thorell, 1856
Trochosa terricola: Brignoli, 1975b: 35 (Grotta Noè, VG 90). Trochosa terricola: Brignoli, 1985: 62 (Grotta Noè, VG 90).
Banale specie troglossena, presente al suolo in ambienti diversi, ampiamente diffusa nel­la regione paleartica.

Fam. CLUBIONIDAE

Clubìona comta C.L.Koch, 1839
Materiale esaminato. VG 2716: 7.V.1988, 1 .
Specie troglossena, frequente in ambienti boschivi, diffusa in Europa ed in Africa nord­occidentale.
L’unico esemplare è stato rinvenuto in un tratto di galleria prossimo all’ingresso di una grotta suborizzontale, predato da una <j) di Nesticus eremita.

 Fam. HETEROPODIDAE

Micrommata virescens (Clerck, 1757)
Micrommata roseum: Brignoli, 1971c: 220 (Grotta della Fornace, VG 3913). Micrommata roseum: Brignoli, 1972: 104 (Grotta della Fornace, VG 3913).
Elemento troglosseno, legato allo strato erbaceo, presente in quasi tutta la regione palear­tica.

Categorie ecologiche e distribuzione spaziale nell’ambiente ipogeo

Escludendo le poche determinazioni incerte, le specie finora raccolte nelle grotte giuliane sono 34: di queste 19 sono state rinvenute per la prima volta nel corso del ciclo di ricerche considerato nel presente lavoro (anni 1979-1988), 9 figurano nella letteratura (in qualche ca­so con altro nome) e sono state ricatturate, 5 (quasi tutte troglossene) sono note dalla sola bi­bliografia ed una è stata reperita per la prima volta negli anni ’90.
Come riportato nell’elenco faunistico, le specie considerate presentano rapporti molto di­versi con l’ambiente ipogeo. Al proposito, giova ricordare che gli studi condotti in tutto il mon­do negli ultimi 150 anni hanno dimostrato che nel sottosuolo delle aree carsiche (e non) vivo­no animali notevolmente adattati alle particolari caratteristiche ambientali (assenza di luce, sta­bilità termica, umidità elevata, ecc). Tali adattamenti si manifestano sia a livello di modifica­zioni morfologiche (depigmentazione, riduzione oculare fino ali’anoftalmia, allungamento del corpo e delle appendici, ecc), sia come alterazioni della fisiologia (metabolismo rallentato, maggiore longevità, calo della fecondità, variazioni nella periodicità riproduttiva, ecc.) e la lo­ro entità viene messa in relazione con l’antichità della colonizzazione delle grotte da parte de­gli antenati epigei. Accanto a questi organismi, insediati da tempo nell’ambiente ipogeo, ve ne sono tuttavia degli altri presenti nelle caverne per elezione o anche solo per caso.
Questa ultima considerazione ha ispirato, sia pur con inevitabili schematizzazioni, la clas­sificazione ecologica maggiormente usata dai biospeleologi (derivata da quella proposta dal­lo Schiner nel lontano 1854) che divide gli animali rinvenibili nelle cavità del sottosuolo in tre categorie: troglosseni (presenti sottoterra per cause indipendenti dalla loro volontà), tro-glofili (ospiti volontari ma non esclusivi delle grotte) e troglobi (specializzati e indissolubil­mente legati all’ambiente ipogeo).
L’attribuzione di una specie ad una di queste categorie non è sempre agevole, in quanto, in diversi casi, si tratta di organismi che vivono in superficie in situazioni molto simili a quel­le presenti al fondo delle parti iniziali delle grotte, motivo per il quale l’ingresso “topografi­co” non sempre corrisponde con l’ingresso “biologico” di un sistema sotterraneo. In altre pa­role, soprattutto nelle regioni temperate, la regione vestibolare rappresenta un ambiente di transizione che dal punto di vista climatico non si differenzia molto dal bosco o dalla dolina in cui la grotta si apre e di ciò si ha un riscontro nella composizione della fauna, ove sono pre­senti elementi lapidicoli o legati alla lettiera. Tali elementi vanno a costituire, assieme ai rap­presentanti dell’associazione parietale, una fauna degli ingressi che si pone al limite fra i tro-glofili ed i troglosseni e che viene dai vari autori variamente attribuita alle due categorie. Di questo aspetto si tiene conto nella classificazione che segue, in cui i ragni delle grotte giulia­ne vengono suddivisi nelle tre categorie biospeleologiche principali, con un ulteriore distin­zione che riguarda i troglofili s.l.
Troglosseni. Le 11 entità sicuramente accidentali, già indicate come tali nell’elenco fau­nistico, non saranno oggetto in questa sede di ulteriori considerazioni; infatti, per la maggior parte dei pochi esemplari rinvenuti (uno per specie!) le grotte hanno funzionato come una gigantesca trappola a caduta: la loro citazione nell’elenco faunistico costituisce al più una se­gnalazione (o una conferma) della presenza della specie nell’area studiata.
Troglofili. E questa la categoria più composita, nella quale compaiono organismi che tro­vano nelle caverne un ambiente di vita favorevole (a volte solamente in determinate aree car­siche: troglofili regionali) per la stabilità e l’umidità dell’ambiente ipogeo, fattori che assu­mono importanza soprattutto nei periodi dell’anno (inverno, estate) in cui le condizioni cli-matiche esterne sono caratterizzate da aridità e da temperature particolarmente basse o eleva­te. In considerazione della loro frequenza in diversi settori — dagli ingressi ai recessi più profondi — delle grotte, nel presente lavoro sono stati distinti in tre gruppi (che talora danno luogo a comunità molto interessanti): eutroglofili, vestibolari, detriticoli-lapidicoli.
Agli eu-troglofili appartengono quegli elementi che, pur essendo reperibili anche agli ingressi (e mol­to spesso in superficie), presentano popolazioni stabili all’interno delle grotte giuliane: si trat­ta di Centromerus cavernarum, Lepthyphantes istrianus, L. pallidus, Porrhomma convexum, P. microps, Troglohyphantes excavatus, Nesticus eremita, ragni che in tutti i casi presentano dimensioni medio-piccole. Gli elementi vestibolari comprendono specie — comunemente considerate troglofile — la cui presenza, con popolazioni talora molto abbondanti, è limitata alle zone prossime agli ingressi, di cui costituiscono alcuni dei componenti più caratteristici dell’associazione parietale: Pholcus phalangioides, Meta menardi (e forse M. bourneti, che sembra occupare la stessa nicchia, anche se con una maggior tendenza a colonizzare i vani in­terni), Metellina merianae e Tegenaria silvestris.
La frequenza di queste specie di taglia me­dia o grande in cavità naturali ed artificiali è da mettere in relazione non solo alle particolari caratteristiche climatiche, ma pure alla morfologia dei vani ipogei, che consente la costruzio­ne di tele anche di notevoli dimensioni, ed alla ricchezza di risorse alimentari (rappresentate da organismi troglosseni e troglofili s.L: questi ultimi compiono spesso spostamenti stagio­nali dalle parti più interne a quelle più esterne della zona liminale e vengono facilmente in­tercettati dalle tele). I detriticoli-lapidicoli, infine, dati da entità per lo più igrofile e lucifughe che in superficie vivono negli strati superficiali del suolo, sono generalmente confinati nel de­trito presente al pavimento delle zone iniziali delle grotte. Appartengono a questo gruppo tut­ti gli Erigoninae, i Lepthyphantes (eccetto L. istrianus e L. pallidus) e probabilmente Amaurobius ferox, che alcuni autori considerano troglofilo, ma la cui presenza in grotta, co­me tutte le specie congeneri, è limitata agli ingressi. Elemento comune ai troglofili s.l. delle grotte giuliane è l’assenza di specie endemiche, con l’unica eccezione di Porrhomma micro­ps, il cui status tassonomico però, come si è detto, è da definire. La corologia delle specie tro­glofile evidenzia una prevalenza di elementi largamente diffusi nella regione paleartica occi­dentale (in qualche caso paleartici, oloartici o cosmopoliti), con alcuni rappresentanti a di­stribuzione più limitata, mediterranea o balcanica occidentale.
Troglobi. Appartengono a questa categoria solo i Dysderidae Stalita nocturna e S. taena-ria, entrambi elementi endemici delle aree carsiche della Venezia Giulia e della Slovenia sud-occidentale, appartenenti ad un genere a geonemia dinarica che comprende 10 specie, tutte di grotta e cieche (Gasparo, 1999: 22). Si tratta di cacciatori vaganti di artropodi, particolar­mente frequenti nelle zone più umide, ricche di concrezioni calcitiche e col pavimento di blocchi calcarei frammisti ad argilla. Come già rilevato da Deeleman-Reinhold & Deeleman (1988: 148) e da quanto è stato possibile notare nel corso di alcuni tentativi di al­levamento di esemplari giovani in laboratorio, a differenza dei rappresentanti epigei della fa­miglia, non usano costruire cellette di seta dove ritirarsi periodicamente, per la digestione dei pasti, le mute, la deposizione delle uova e l’allevamento della prole. Sulla loro biologia si sa molto poco: le osservazioni effettuate nel corso della presente indagine concordano con quan­to supposto da Kratochvil (1978: 24) e Deeleman-Reinhold & Deeleman (1980: 436) in merito al fatto che le cavità carsiche accessibili all’uomo rappresenterebbero solo una parte dell’ambiente in cui vivono i ragni troglobi: la particolare fenologia di S. taenaria (che viene discussa più avanti) e la constatazione che durante le ricerche non sono mai state trovate uo-va né esuvie, fa supporre che i momenti più delicati del ciclo vitale di queste specie si svol­gano in siti diversi, verosimilmente nel reticolo di fessure incarsite che interessano estesa­mente tutti i massicci calcarei.

Osservazioni sulla fenologia di due specie cavernicole

L’abbondante materiale a disposizione e, soprattutto, l’accuratezza dei campionamenti (che, si ricorda, sono stati effettuati sempre dal medesimo ristretto gruppo di persone, con gli stessi metodi, in tutte le stagioni, nell’arco di 10 anni) consentono alcune considerazioni sui dati riguardanti la fenologia dei reperti; le relative elaborazioni, che vengono proposte e com­mentate nel presente paragrafo, riguardano due specie, raccolte in buona quantità e riferibili al­le due categorie biospeleologiche di maggiore interesse: Nesticus eremita e Stalita taenaria.
In entrambi i casi, nelle esposizioni che seguono, i dati numerici riportati non si riferisco­no agli esemplari adulti raccolti in un certo mese (o al corrispondente valore percentuale ri­ferito al totale), bensì ad un indice mensile. Tale indice è stato ricavato dividendo il numero dei reperti per il numero delle escursioni effettuate durante il decennio nel mese corrispon­dente (riportate in fig. 2), e ciò al fine di compensare valori imputabili a diverse frequenze di campionamento nel corso dell’anno. È stato inoltre distinto il sesso dei reperti.
Per quanto esposto all’inizio del paragrafo, si ritiene che i dati di cattura così elaborati ri-specchino la distribuzione temporale delle specie nelle grotte della zona studiata. Anche i va­lori della sex ratio sono indicativi della situazione reale, in quanto le raccolte non hanno de­liberatamente privilegiato gli esemplari di uno dei due sessi.
Nesticus eremita. Questa specie eutroglofila estremamente diffusa (83 ♂♂ e 250 ♀♀ sono stati rinvenuti in 59 delle 88 cavità indagate), si è dimostrata capace di colonizzare le grot­te per tutta la loro estensione, dalle zone di penombra vicine agli imbocchi ai vani più profon­di. Grazie agli appunti presi nel corso delle escursioni è stato possibile distinguere i reperti delle zone vestibolari da quelli delle parti interne ed elaborare separatamente i relativi dati di frequenza mensile (figg. 5 e 6).
L’esame dei diagrammi evidenzia notevoli fluttuazioni stagionali della densità delle po­polazioni, che raggiunge i valori massimi in primavera-inizio estate e nel tardo autunno. Le variazioni nella consistenza numerica delle comunità campionate sono molto più regolari nel­le zone di ingresso che non all’interno, dove si rileva inoltre un sensibile anticipo del massi­mo primaverile.
La sex ratio è caratterizzata da una prevalenza di femmine, particolarmente marcata nelle parti interne: il rapporto maschi/femmine generale è di 0,33, quelli degli ingressi e dell’inter­no rispettivamente di 0,44 e di 0,22. Sono state riscontrate evidenti variazioni temporali dei rapporti fra i sessi, che accompagnano le fluttuazioni nelle dimensioni delle popolazioni ap­pena descritte, con una maggior frequenza di maschi in corrispondenza dei massimi di den­sità. Quest’ultimo dato fa ritenere che i valori della sex ratio rilevati non siano riferibili un rapporto primario, già determinato al momento della nascita, bensì secondario, legato ad al­tri fattori, quali la probabile maggiore longevità (con una conseguente maggiore probabilità di cattura) delle femmine rispetto ai maschi.
La situazione illustrata evidenzia l’esistenza di un ciclo stagionale influenzato dall’anda­mento climatico esterno e dalle conseguenti variazioni nel numero (e/o nella presenza in grot­ta) degli artropodi che costituiscono le prede abituali di questo ragno. L’andamento più rego­lare del diagramma relativo agli ingressi potrebbe indicare una forte incidenza di elementi tro-glosseni nella dieta di quelle popolazioni, dieta certamente più abbondante, come sta probabilmente a significare anche il maggior numero di esemplari di sesso maschile (doppio ri­spetto all’interno). I due massimi di frequenza corrispondono a momenti in cui vi è grande di­sponibilità di risorse trofiche (sfarfallamenti primaverili e penetrazioni autunnali nelle grotte dovute ai primi freddi), sono conseguenti all’ultima muta dei ragni (dato confermato da alle­vamenti di maschi subadulti) e verosimilmente preludono al periodo dell’accoppiamento. Il forte calo nel periodo successivo appare più difficile da interpretare: potrebbe essere dovuto alla morte di parte degli individui adulti o alla migrazione in ambienti diversi, non interessa­ti dai campionamenti in quanto difficilmente raggiungibili. È probabile che intervengano en­trambe le cause, con prevalenza della prima per i maschi (un caso di cannibalismo — nuzia­le? — è stato constatato nel corso della presente indagine) e della seconda per le femmine (non sono mai state osservate madri con bozzolo ovigero). Sulla base degli elementi appena discussi, Nesticus eremita può essere considerato un riproduttore bimodale primaverile-au-tunnale. Conferme e maggiori informazioni sulla biologia della specie potrebbero scaturire da ricerche mirate (osservazioni periodiche di particolari popolazioni, campionamenti di indivi­dui immaturi, allevamenti in laboratorio).

Fig. 5 – Frequenza mensile delle catture di Nesticus eremita Simon nelle zone liminali delle grotte giuliane. L’indice mensile (Im) che compare in ordinata è dato dal rapporto fra il numero di esemplari (n.es.) catturati in un mese ed il numero di escursioni biospeleologiche (n.esc.) effettuate nel mese corrispondente; entrambi i valori sono riferiti al decennio 1979-1988.
Fig. 6 – Frequenza mensile delle catture di Nesticus eremita Simon nelle zone interne delle grotte giuliane. Per la descrizione dei parametri si veda la didascalia della fig. 5.

Stallìa taenaria.
La specie, troglobia, reperibile con difficoltà ed in un numero sempre li­mitato di individui, è probabilmente presente in tutte le grotte della zona che raggiungono un certo sviluppo.

Fig. 7 – Frequenza mensile delle catture di Stalita taenaria Schiodte nelle grotte giuliane. Per la descrizione dei parametri si veda la didascalia della fig. 5.

Nonostante il numero non elevatissimo di reperti di adulti (8 maschi e 34 fem­mine), l’elaborazione statistica dei dati ha prodotto un buon risultato (fig. 7), evidenziando l’esistenza di un ciclo stagionale caratterizzato da un massimo di abbondanza delle popola­zioni (e dei maschi) in giugno, con un calo graduale nei successivi mesi estivi ed autunnali; in inverno e primavera i ragni adulti diventano quasi introvabili (solo due reperti di femmine nell’arco dei cinque mesi che vanno da gennaio a maggio). Il valore della sex ratio (0,24) è pressoché identico a quello delle popolazioni interne di Nesticus eremita e, per i motivi già discussi a proposito di quest’ultima specie, potrebbe avere carattere secondario.
L’interpretazione dei dati è comunque molto difficile, essendo la biologia di questi ragni praticamente ignota. Il netto massimo di frequenza potrebbe essere dovuto al raggiungimento dello stato adulto da parte degli individui di una generazione, a migrazioni da zone inaccessi­bili all’uomo, o al concorso di entrambi i fattori: come esposto in precedenza, vi sono indizi che rendono probabile l’ipotesi che le grotte non siano l’unico habitat della specie, bensì un ambiente relativamente ricco di risorse alimentari nel quale è possibile fare buone cacce e ac­cumulare più facilmente le riserve energetiche necessarie per le mute e la deposizione delle uo-va. Qualche utile informazione sarebbe stata forse ottenibile con sistematiche catture di esem­plari giovani che, per uno scrupolo “protezionistico” dei raccoglitori, sono state di norma evi­tate nel corso della presente indagine, almeno nelle cavità ove la specie era già stata rinvenu­ta. Non appare pertanto possibile correlare la maggiore frequenza di reperti nel periodo estivo con il momento riproduttivo, anche se tale eventualità non può essere ovviamente esclusa.
Vale inoltre la pena di ricordare che la periodicità osservata nelle grotte giuliane, potreb­be non trovare riscontro nelle parti più interne (in territorio sloveno) dell’areale di distribu­zione di Stalita taenaria: per queste zone la letteratura segnala sporadiche catture invernali e primaverili (di Caporiacco, 1937: 36; Fage, 1931: 138; Kratochvil, 1970: 17; Roewer, 1931: 43), anche di individui di sesso maschile.

Confronti con la fauna araneologica di altre regioni carsiche

La distribuzione delle specie cavernicole — e di tutte quelle che hanno colonizzato ambienti da tempo isolati da barriere geografiche o ecologiche — costituisce un argomento di studio par­ticolarmente stimolante, trattandosi di una preziosa, seppur limitata, testimonianza delle varia­zioni faunistiche che hanno accompagnato le vicissitudini geologiche e climatiche della storia più recente del pianeta. L’interpretazione dei dati biologici, volta a ricostruire l’origine del po­polamento animale delle grotte, rappresenta, tuttavia, un campo di ricerca tutt’ altro che agevo­le, che in passato ha suggerito ipotesi affascinanti, spesso dovute ad intuizioni non sempre feli­ci piuttosto che a ragionamenti rigorosi. Ogni tentativo di spiegare una realtà peculiare come la composizione della fauna cavernicola risulta necessariamente condizionato dalla quantità e dal­la qualità delle informazioni disponibili (che, a posteriori, col procedere delle ricerche, si rive­lano molto spesso lacunose), oltre che dallo stato della sistematica. Volendo essere più esplici­ti, sarà difficile fare ragionamenti attendibili conoscendo solamente una frazione minima degli organismi che si intendono studiare oppure in presenza di gravi confusioni tassonomiche e di ri­correnti sopravvalutazioni (di solito nella definizione dei generi) di caratteri morfologici tipici dei troglobi, quali Panoftalmia, la depigmentazione e l’allungamento delle appendici.
L’approfondimento delle indagini biospeleologiche che si è avuto negli ultimi decenni, in particolare nell’Europa centrale e nell’area mediterranea, ha determinato una notevole evolu­zione nelle conoscenze sulla fisionomia generale della fauna araneologica, tanto che oggi, nonostante la perdurante presenza di “terrae incognitae” (sull’Albania non si sa assolutamen­te nulla), appare possibile tracciare uno schema, derivato in gran parte dalle sintesi di Brignoli (1973a, 1973b, 1979b, 1980b, 1982), Deeleman-Reinhold (1977), Deeleman-Reinhold & Deeleman (1980), Deltshev (1978) e Ribera & Juberthie (1994), che consen­ta di fare almeno un confronto fra i diversi popolamenti regionali.
Nella regione paleartica occidentale le famiglie che comprendono specie cavernico­le s.l. sono dieci:

  •  Leptonetidae. Sono diffusi in tutto il bacino del Mediterraneo, fatta eccezione per l’Africa nordorientale (dove forse non si è cercato a sufficienza), soprattutto nelle grotte dei massicci costieri e delle isole. Per lo più troglofili, annoverano specie francamente caverni­cole in Francia, Spagna, Italia (Isola d’Elba), ex-Jugoslavia e Grecia.
  • Telemidae. Una sola specie, troglobia, è presente nei Pirenei atlantici (gli altri pochi rap­presentanti della famiglia vivono nella regione paleotropicale e su entrambe le coste del Pacifico settentrionale).
  • Dysderidae. Questi predatori vaganti hanno avuto un particolare successo nell’ambiente ipogeo, soprattutto nei massicci montuosi e nelle aree insulari delle zone temperate caratte­rizzati da fenomeni carsici (o dalla presenza di tubi lavici) completamente evoluti, ormai se­
    nili, con una grande concentrazione di forme troglobie nei Balcani (ed in particolare nel Carsodinarico), nella penisola iberica e nelle Isole Canarie.
  • Pholcidae. Per la fascia temperata (Balcani, Vicino Oriente) sono segnalate parecchie specie che sembrano limitate alle grotte, pur non presentando particolari adattamenti all’am­biente ipogeo.
  • Tetragnathidae. I generi Meta e Metellina comprendono poche specie troglofile (vesti­bolari) estremamente diffuse nelle cavità carsiche europee e nordafricane.
  • Nesticidae. Tutte le specie della famiglia sono particolarmente attratte dall’ambiente sot­terraneo. Accanto a due specie troglofile ad ampia diffusione europea, vi sono parecchi taxa più strettamente cavernicoli, anche ciechi, nei tenitori peninsulari dell’Europa meridionale.
  • Linyphiidae. La sottofamiglia Linyphiinae comprende molti troglobi, in particolare nel genere Troglohyphantes, noto delle catene montuose del Magreb, dell’Europa meridionale (manca nell’Italia peninsulare, in Grecia e nelle isole), dell’Anatolia e del Caucaso; a questo genere apparterrebbe pure una specie cieca delle Isole Canarie. Altre specie troglobie europee
    fanno   capo   ai   generi   Centromerus   e   Lepthyphantes,   mentre   il   genere   monotipico
  • Typhlonyphia, di incerta posizione sistematica, è esclusivo della Dalmazia centrale. Gli Erigoninae, per contro, sono mal rappresentati, essendo noto soltanto un taxon sicuramente ipogeo, descritto su una singola femmina ed attribuito ad un genere che richiede una più pre­cisa definizione (Icariella, di un’isola del Dodecanneso).
  • Agelenidae. La famiglia, ricca di endemiti, soprattutto nella regione mediterranea, an­novera molti taxa descritti di grotte. Si tratta di elementi poco specializzati, vestibolari (ap­partenenti per lo più al grande genere Tegenaria), fatta eccezione per un paio di specie balcaniche  ed  una  italiana,   caratterizzate   da  forte  riduzione   oculare   (riferite   al  genere
    Histopona), o anoftalmia (genere Hadites, endemico di un’isola dalmata).
  • Hahniidae. Poche specie cieche di questa famiglia, ritenute troglobie ed attribuite al ge­nere Iberina, sono note dei Pirenei, della Romania e del Caucaso.
  • Liocranidae. Sono rappresentati dai generi Brachyanillus (Algeria, Spagna), Cybaeodes (Sicilia) ed Agraecina (Romania, Isole Canarie), a cui appartengono forme strettamente ca­vernicole, con occhi ridotti o assenti.

Come appare da questa breve rassegna, solamente le famiglie Dysderidae, Leptonetidae, Linyphiidae s.s., Nesticidae e, in misura minore, Hahniidae e Liocranidae sono presenti con taxa strettamente cavernicoli in buona parte della regione paleartica occidentale e segnata­mente nella fascia mediterranea, pur presentando significative concentrazioni in alcuni di­stretti. Un’analisi della distribuzione dei generi e gruppi di specie che comprendono gli ele­menti più specializzati evidenzia inoltre l’esistenza di due settori principali, orientale ed oc­cidentale, con popolamento significativamente diverso; il limite fra questi settori, che sono in qualche modo collegati dall’arco alpino, corrisponde approssimativamente all’asse del Mare Adriatico. Per quanto riguarda le grandi penisole del Mediterraneo settentrionale, la ricchez­za di ragni cavernicoli della regione iberica e, soprattutto, dei Balcani contrasta singolarmen­te con l’estrema povertà della fauna (non solo araneologica) delle grotte dell’Italia peninsu­lare, imputabile probabilmente ad una colonizzazione degli ambienti ipogei per lo più molto recente; la fauna cavernicola dell’Anatolia, infine, è troppo poco nota per poter estendere ad essa le valutazioni fatte per le tre penisole europee.
Un ulteriore elemento di diversificazione delle faune è legato alla latitudine. Le grotte dell’Europa settentrionale e centrale (a nord delle Alpi e dei Carpazi) sono state colonizzate in un periodo molto recente, successivo alla scomparsa dei grandi ghiacciai continentali wiir-miani. Esse ospitano una fauna piuttosto banale, data da specie igrofile e lucifughe (e pertan­to preadattate alla vita sotterranea) presenti pure in superficie, fatto che testimonia a favore dell’esistenza di un flusso genetico fra le popolazioni cavernicole e quelle epigee. Sensibil­mente diversa è la situazione nelle aree carsiche dei territori che bordano il mare Mediterra­neo, le cui faune non sono state depauperate dalle glaciazioni, dove esistono molte specie tro-globie o francamente troglofile, da tempo isolate nell’ambiente sotterraneo.
Per un tentativo di approfondimento, viene proposta una comparazione fra la fauna delle grotte giuliane e quella di cinque regioni carsiche europee, oggetto di recenti indagini bio-speleologiche. Tre di queste (Scandinavia, Baviera e Montenegro) sono situate — rispetto al­la Venezia Giulia — nella stessa fascia di longitudine (fra i 10 ed i 20 gradi ad est di Greenwich), ma a latitudini differenti, mentre la quarta (regione veronese nelle Prealpi vene-te occidentali) e la quinta (Alpi Liguri, presso il confine italo-francese) si trovano ad una la­titudine identica o di poco più meridionale, ma sono ubicate alcune centinaia di chilometri ad ovest, lungo il bordo interno dell’arco alpino. Nelle righe che seguono vengono riportate le informazioni essenziali sull’aracnofauna delle cinque regioni carsiche, quale risulta dalla bi­bliografia specializzata.
Scandinavia. Sette grotte, distribuite in un’area molto ampia, che va dalla Svezia meri­dionale alla Norvegia settentrionale (presso il Circolo Polare Artico) sono state studiate da Hippa et al. (1984). In totale vengono riportate 61 specie di ragni: l’alto numero di taxa è da mettere in relazione alla completezza delle indagini di campagna, che hanno interessato pure le zone di ingresso, ed all’impiego di trappole a caduta che, com’è noto, favoriscono la rac­colta di molti elementi di piccola taglia senza discriminare la componente più banale, sicura­mente epigea. Non sono presenti specie troglobie, né forme troglofile specializzate o ende-miche; la maggior parte dei troglofili s.l. è costituita da elementi vestibolari e soprattutto la-pidicoli-detriticoli (i due terzi dei taxa rinvenuti appartengono alla sola famiglia Linyphiidae s.l.); gli eutroglofili sono rappresentati da quattro specie del genere Porrhomma (che non con­vivono mai nella stessa grotta) e da Lepthyphantes pallidus, elemento poco specializzato lar­gamente diffuso nelle grotte europee. Elevatissimo, anche se non quantificato, è il numero dei troglosseni (il 46% delle specie è stato raccolto in un singolo esemplare).
Baviera. Plachter & Plachter (1988) hanno studiato approfonditamente la fauna ca­vernicola di 21 grotte del massiccio del Frankenhalb, nella Baviera settentrionale. Le specie di ragni rinvenute sono 25, la maggior parte delle quali troglossena o limitatamente troglofi-la (escludendo le specie del genere Porrhomma, il 36% dei taxa è stato rinvenuto in una sola grotta ed un ulteriore 28% in due grotte). I Linyphiidae s.l. rappresentano il 56% delle specie segnalate. Analogamente a quanto riscontrato per le grotte scandinave, gli eutroglofili (che dagli studi eseguiti dimostrano una evidente propensione alla penetrazione nelle parti interne delle grotte) sono dati da quattro specie del genere Porrhomma e da Lepthyphantes pallidus. Come evidenziato in un precedente lavoro sui Linyphiidae s.l. cavernicoli della stessa regio­ne (Thaler & Plachter, 1982: 260), le diverse specie di Porrhomma non sono state mai rin­venute nella stessa cavità, a conferma delle considerazioni sulla concorrenza interspecifica al­l’interno di questo genere formulate da Tretzel (1955: 123).
Regione veronese. La fauna cavernicola dell’area corrispondente ai Monti Lessini centro-occidentali ed al Monte Baldo (Prealpi Venete), le cui grotte sono state indagate in maniera approfondita a partire dagli anni ’30, è stata recentemente oggetto di una sintesi da parte di Caoduro et al. (1994). Vengono segnalate complessivamente 38 specie di ragni, rinvenute in 86 grotte; di queste, secondo gli autori, 21 sono troglossene, 11 limitatamente troglofile (sub-troglofile), 5 eutroglofile ed una troglobia. I Linyphiidae s.l. sono rappresentati da 12 taxa (pari a circa un terzo del totale), di cui 3 appartenenti al genere Troglohyphantes, presente con due specie troglofile ed una troglobia(3).
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(3) Le specie del genere Troglohyphantes effettivamente riportate da Caoduro et al. (1994: 28) sono 4; due di esse, in base ad una recente verifica effettuata sul materiale tipico, sono risultate sinonime. Di ta­le sinonimia, tuttora inedita, si è tenuto conto nelle considerazioni riportate nel testo.
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Alpi Liguri. Una esauriente rassegna biospeleologica su questa regione montuosa, molto ben indagata, soprattutto a confronto di altre aree carsiche italiane, si deve a Bologna & Vigna (1985). I dati relativi ai ragni derivano per lo più da raccolte recenti degli autori e di speleologi locali, determinate da Brignoli, per un totale di 118 grotte con reperti araneologici. Le specie rinvenute sono complessivamente 25: di queste, 4 vengono considerate troglos-sene, 7 subtroglofile, 13 eutroglofile ed una probabilmente troglobia (si tratta di un piccolo Agelenidae microftalmo, attribuito al genere Histopond). I Linyphiidae s.l. costituiscono la metà delle specie segnalate e comprendono un numero elevato di taxa eutroglofili ed ende­mici, tutti appartenenti al genere Troglohyphantes (rappresentato da ben 7 specie).
Montenegro. Questa regione, ricchissima di fenomeni carsici, è stata oggetto nel corso di tutto il ventesimo secolo di fortunate ricerche biospeleologiche, documentate da numerosi la­vori, per lo più tassonomici, e da un’interessante e completa sintesi delle conoscenze aracno-logiche (Deeleman-Reinhold, 1974; per gli aggiornamenti sulla sistematica di alcuni grup­pi si rimanda a Deeleman-Reinhold, 1978a, 1978b, 1993). Data la ricchezza delle faune francamente ipogee, le indagini hanno di norma trascurato la fauna troglossena e talora quel­la degli ingressi: per questo motivo le specie segnalate sono “appena” 25. Di esse ben 9 pos­sono venir considerate troglobie, 9 eutroglofile e le rimanenti 7 vestibolari o detriticole. I Linyphiidae s.l. rappresentano il 36% del totale dei ragni segnalati, ma, a differenza di quan­to riscontrato nei tenitori presi in esame in precedenza, si tratta in prevalenza di elementi spe­cializzati, fra cui figurano 4 specie del genere Troglohyphantes. I ragni troglobi appartengo­no alle famiglie Dysderidae (generi Stalita, Stalagtia e Folkia), Leptonetidae (genere Sulcia), Linyphiidae (generi Centromerus e Troglohyphantes) e Nesticidae (genere Typhlonesticus). La percentuale di specie troglobie è dunque elevatissima ed elevato è pure il numero di en-demiti fra le specie troglofile. I taxa strettamente cavernicoli e quelli endemici non sono u-niformemente distribuiti sul territorio montenegrino, bensì risultano concentrati in massima parte nei rilievi montuosi costieri ed il loro numero decresce gradualmente man mano si pro­cede verso l’interno del paese.
Prima di passare al commento sulla composizione delle diverse faune appare necessaria una considerazione critica sulla definizione del territorio interessato dalle recenti indagini biospeleologiche.
A differenza delle altre cinque regioni — che appaiono abbastanza ben caratterizzate dal punto di vista geografico — la Venezia Giulia è un’entità esclusivamente amministrativa che costituisce una parte, piccola e marginale, del Carso dinarico. Il limite orientale (confine di stato) dell’area esaminata nel presente lavoro è conseguentemente privo di qualsiasi signifi­cato biogeografico, rappresentando solamente una linea al di là della quale non è stato possi­bile estendere le ricerche (anche in considerazione della severa legislazione jugoslava che, negli anni passati, impediva ai cittadini stranieri di svolgere liberamente l’attività speleologi­ca e di effettuare raccolte faunistiche nelle grotte). Per tentare una comparazione più signifi­cativa, i dati sull’araneofauna cavernicola giuliana dovrebbero venir pertanto sommati a quel­li della vicina Slovenia (o almeno della sua parte meridionale), per il cui territorio sono comunque già segnalate quasi tutte le specie rinvenute nelle grotte della Venezia Giulia
(NlKOLIC & POLENEC, 1981)(4)
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(4) La Slovenia è una regione prevalentemente montuosa, avente un’estensione complessiva (km2 20.000) paragonabile a quella del Montenegro, articolata in due settori principali: alpino a nord del Fiume Sava e dinarico a sud. Il suo patrimonio speleologico è ricchissimo e la fauna delle grotte — oggetto di studi da un secolo e mezzo — è fra le meglio indagate al mondo. Per quanto concerne i ragni manca, purtrop­po, un lavoro di sintesi, che — per essere attendibile — non può prescindere da una revisione critica dei dati della letteratura, in particolare di quelli più vecchi. Esistono tuttavia delle ottime note monografiche sui rappresentanti più caratteristici dell’araneofauna cavernicola slovena, in cui figurano gli unici rap­presentanti troglobi: la famiglia Dysderidae (Kratochvi’l, 1970; Deeleman-Reinhold, 1971) ed il ge­nere Troglohyphantes (Deeleman-Reinhold, 1978a; Thaler, 1986, da ulteriori dati sulle specie epigee del settore alpino). In base a questi studi, i Dysderidae sono rappresentati da quattro specie troglobie appartenenti al genere Stalita, tutte limitate al settore dinarico, mentre il genere Troglohyphantes comprende, oltre a 8 specie e-pigee, 12 specie troglofile e 3 troglobie: di queste, 7 specie troglofile ed una troglobia vivono nel setto­re dinarico, contiguo alla Venezia Giulia. Per il Carso dinarico sloveno (che presenta una superficie di circa km2 7.000) sono pertanto conosciute 5 specie troglobie appartenenti a due famiglie, oltre a diversi elementi troglofili specializzati. Il quadro, seppur sintetico, che ne deriva è quello di un’ araneofauna ricca, di cui solo una parte limitata è presente nella fascia costiera, che corrisponde alla regione considerata nel presente lavoro. Questa situazione è im­putabile sia ad aspetti climatici (si tratta del settore più temperato e pertanto poco ospitale per elementi tendenzialmente frigofili quali i Troglohyphantes), sia ad un fattore di scala, in quanto, per motivi di sa­turazione delle nicchie, le numerose specie cavernicole presenti nei diversi distretti della Slovenia meri­dionale non potrebbero convivere in un territorio avente una superficie di 35 volte inferiore.
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Per favorire il confronto sono stati scelti i parametri geografici e faunistici che si ritengo­no maggiormente significativi, in buona parte già considerati nella descrizione delle diverse regioni carsiche. I rispettivi valori sono evidenziati nella tabella 1. Dalla comparazione dei dati risulta che il numero complessivo delle specie, fatta eccezione per la Scandinavia, non presenta significative differenze nelle sei regioni, che, fra l’altro, hanno un’estensione molto diversa (ben tre ordini di grandezza separano i casi estremi). La grande quantità di taxa se­gnalati per la regione scandinava — la più estesa ma anche la più povera di grotte fra quelle considerate — sembrerebbe dovuta principalmente alle tecniche di campionamento, anche se va ricordato che la fauna epigea dell’Europa settentrionale è costituita in larga parte da spe­cie ad ampia valenza ecologica e che, in considerazione del clima particolarmente rigido, gli ambienti ipogei potrebbero assumere una funzione di rifugio e pertanto rappresentare siti par­ticolarmente vantaggiosi per lo svernamento, con conseguenti penetrazioni stagionali nel sot­tosuolo di numerosi elementi troglosseni.
Il numero di rappresentanti della famiglia Linyphiidae — tutti di piccole dimensioni e per lo più legati al suolo — varia fra un terzo ed i due terzi del totale delle specie presenti nelle grotte. Il rapporto rispecchia abbastanza fedelmente la composizione dei corrispondenti po­polamenti araneologici epigei, nei quali i Linyphiidae risultano nettamente prevalenti alle la­titudini superiori, per decrescere gradualmente procedendo verso sud. Appare infatti eviden­te l’esistenza di un gradiente di ricchezza specifica secondo la direttrice nord-sud, interpreta­bile come una progressiva riduzione della componente meno specializzata (in particolare tro­glosseni e detriticoli) al diminuire della latitudine.
Si è ritenuto di evidenziare la presenza del genere Troglohyphantes in quanto, a differen­za del resto della famiglia Linyphiidae, i suoi rappresentanti sono in larga parte cavernicoli s.l. Il genere, largamente diffuso nelle principali catene montuose dell’Europa meridionale, comprende numerosissime specie, tutte igrofile e lucifughe. Accanto ad un grande numero di forme che non manifestano particolari adattamenti all’ambiente sotterraneo, ve ne sono pa­recchie microftalme e cieche; in tutti i casi gli areali di distribuzione delle singole specie so­no piccoli o piccolissimi e risultano molto spesso sovrapposti (Deeleman-Reinhold, 1978a: 200). Le notevoli differenze nel numero delle specie presenti nei diversi distretti carsici alpi­ni e balcanici sembrano legate, oltre che all’altitudine (e, ovviamente, all’estensione) della re­gione, alla composizione della restante fauna araneologica ipogea. Nelle Alpi Liguri, regione montuosa abbastanza vasta e priva (o quasi) di altri ragni strettamente cavernicoli, vivono ben sette Troglohyphantes, tutti eutroglofili ed endemici; una situazione simile si riscontra nella regione veronese, pure montuosa ma meno estesa, dove il genere è rappresentato da tre spe­cie, di cui una troglobia.
Nella Venezia Giulia, regione molto più piccola delle precedenti, ca­ratterizzata da bassa altitudine e dalla presenza di due specie troglobie appartenenti ad un’al­tra famiglia, vive un solo Troglohyphantes, poco specializzato ed a distribuzione piuttosto ampia (se confrontata a quella della maggior parte delle specie del genere). Infine, solamen­te quattro specie — di cui una troglobia — sono segnalate per il Montenegro, il cui territorio, interamente montuoso, ha una superficie molto vasta (pari a 4 volte quella delle Alpi Liguri ed a ben 14 volte quella del veronese); in questo caso si ritiene che il fattore che limita il nu­mero delle specie di Troglohyphantes sia dato dalla presenza di altri otto ragni troglobi ap­partenenti a quattro diverse famiglie (compresa quella dei Linyphiidae, in cui figura una spe­cie troglobia del genere Centromerus), oltre a numerosi elementi troglofili specializzati.
Per quanto riguarda il numero dei rappresentanti troglobi nelle diverse aracnofaune, gli stessi risultano totalmente assenti nelle grotte scandinave e bavaresi, il cui popolamento è po­steriore alla fine della glaciazione wiirmiana; in questi casi le parti interne delle grotte sono abitate da piccoli Linyphiidae (Lepthyphantes pallidus, Porrhomma spp.), che si sostituisco­no ai veri cavernicoli presenti nei tenitori posti più a sud, di cui verosimilmente occupano, almeno in parte, la nicchia. Nelle regioni del versante meridionale (mediterraneo) dell’arco alpino compaiono alcune specie troglobie (una per ciascun distretto carsico considerato), mentre due specie (appartenenti alla stessa famiglia) sono presenti nella Venezia Giulia (che, si ricorda, fa parte del Carso dinarico) e ben nove (riferite a quattro diverse famiglie) sono ri­portate per il Montenegro, la cui fauna araneologica, assieme a quella dell’Erzegovina e del­la Dalmazia centro-meridionale presenta una concentrazione di elementi cavernicoli unica in Europa e, probabilmente, nell’intero pianeta. Tabella 1. Principali parametri faunistici e geografici delle 6 regioni carsiche considerate nel testo. Superficie: è quella complessiva della regione studiata (nel caso della Scandinavia corrisponde all’area racchiusa dalle 7 grotte, situate in località molto distanti fra di loro). Grotte con ragni: si tratta delle ca­vità in cui le indagini biospeleologiche hanno portato alla cattura di materiale araneologico determinabi­le. Specie: viene indicato il totale dei taxa raccolti e determinati con certezza, il numero di specie di Linyphiidae s.l. ed il numero di specie appartenenti al genere Troglohyphantes. Troglobi: sono riportati il numero delle specie troglobie e quello delle famiglie di appartenenza.

Regione carsica superficie (km2) grotte con ragni specie troglobi
 

 

 

 

 

 

tot. Linyphiidae Trogloh

yphantes

specie famiglie
Scandinavia 200.000 7 61 40
Baviera 3.000 21 25 14
Veronese 1.000 86 38 12 3 1 1
Alpi Liguri 3.500 118 25 12 7 1 1
Montenegro 14.000 89 25 9 4 9 4
Venezia Giulia 200 99 34 17 1 2 1

Ringraziamenti

Un caloroso ringraziamento va agli amici e colleghi, già ricordati in uno dei capitoli introduttivi, che hanno collaborato alle ricerche biospeleologiche, fornendo al primo autore ma­teriali raccolti in una quindicina di grotte da lui non visitate, al prof. Alessandro Minelli, per la lettura critica del manoscritto ed i preziosi suggerimenti, dispensati con la consueta corte­sia, ed al dr. Matjaz Kuntner, per il riassunto in lingua slovena

                                                                   Fulvio Gasparo – Konrad Thaler (**)

(**) Institut fiir Zoologie und Limnologie der Universitat, TechnikerstraBe 25, A-6020 Innsbruck.

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