2010 – Nuove grotte ad Atacama

NUOVE GROTTE AD ATACAMA – CILE

Arabescate formazioni di sale (Foto R.Ive)

Pubblicato sul n. 57 di PROGRESSIONE – Anno 2010
Dal 23 novembre al 12 dicembre 2010 sono ritornato, per la quinta volta negli ultimi dieci anni,  nel salar di Atacama, a cercare grotte sulla Cordillera de la Sal. E’ la magia del posto che mi attrae. Il deserto più arido della terra, il cielo limpidissimo, la morfologia superficiale simile a quanto si ipotizza su Marte, tanto che la NASA la sta studiando in vista di uno sbarco sul pianeta rosso, le rovine di villaggi Inca e Atacameni, la corona di vulcani che superano i 6000 metri di altezza e racchiudono il salar, le fonti termali, le lagune e il pittoresco villaggio di San Pedro rendono questo luogo uno dei più affascinanti della Terra.
Ma non è questa, credo, la ragione principale per cui ci torno tanto volentieri. Il fatto è che, a sessantuno anni, mi piace esplorare le grotte come quando ho iniziato, quasi cinquant’anni fa e la Cordillera de la Sal è rimasta per la maggior parte inesplorata fino ad ora. Difficile dire il perchè. Potrebbe essere per l’ambiente ostile, con un sole calcinante, oppure per la presenza di campi minati o, piuttosto, perchè le grotte sono nel sale, formazione carsificabile poco diffusa e pertanto sconosciuta alla maggior parte dei grottisti. Eppure, a prima vista, entrati in una caverna si ha l’impressione di essere in una qualsiasi grotta nel calcare, con la roccia chiara e di pari consistenza. Anche le concrezioni, ad uno sguardo superficiale, sembrano le stesse. Guardando meglio ci si accorge che in realtà è tutt’altro. Si può mangiare la grotta, anche se è sconsigliabile. Ci possono essere impurità, anche arsenico.
E così sono di nuovo qua, con Galliano Bressan che mi aveva  accompagnato tre anni fa, quando abbiamo trovato un deposito di vasi funerari Inca e Atacameni in una grotta nella Valle della Luna e Roberto Ive, già compagno di esplorazioni agli inizi della seconda metà del secolo scorso. 180 anni in tre. Se, come ha detto qualcuno, la felicità dell’adulto sta nella realizzazione dei sogni dell’infanzia, noi ci siamo. Stiamo facendo proprio quello che sognavamo da piccoli: esplorare grotte in ambienti sconosciuti.
Meta di quest’anno è una parte della Cordillera de la Sal, solo sfiorata negli anni passati per la sua lontananza e l’inaccessibilità dovuta ai campi minati, che non si sa bene dove siano e al livello di base delle acque  del Llano de la Paciencia che, se troppo alto, non consente il passaggio dei fuoristrada. Così cerchiamo una via, sfruttando i ricordi dei tentativi passati e le immagini di Google Earth. Tre ore di fuoristrada. Ho, da pochi mesi, una nuova anca al titanio che va bene mentre l’altra, ancora in osso, non tanto e collabora con un’ernia al disco a rendermi infernale il caracollare del pick up sui blocchi di sale del percorso. Ma le grotte ci sono. Ne troviamo tre il primo giorno tra cui una, la Cueva Arco de la Paciencia, così chiamata anni fa quando l’avevamo osservata con il binocolo dalla pista che porta a Peine, che si è rivelata, a quanto mi risulta, la più grande grotta del Cile e una delle più grandi del mondo nel sale.

Grandi depositi di concrezioni inusuali (Foto R.Ive)

A differenza delle grotte della Valle della Luna che mostrano, almeno le più accessibili, molte tracce di presenza umana, sia attuali che antiche, qui non c’è traccia di passaggio. I pavimenti delle grotte, spesso bianchissimi per le cristallizzazioni del sale, sono intonsi e, a volte, dobbiamo aprirci il varco tra le concrezioni abbattendo pericolosi ammassi sospesi che rendono impossibile, o per lo meno pericoloso, il passaggio.
Evidentemente la zona è troppo lontana dall’oasi di San Pedro e presumibilmente lo era anche in passato, quando l’oasi era più estesa dell’attuale,  ai piedi dell’altro versante della cordillera, dove si perde il rio San Pedro. I giorni seguenti li passiamo ad esplorare le grotte e mentre Galliano ed io facciamo i rilievi, Roberto scatta fotografie. Purtroppo tutte le grotte sono trafori con ingresso alto e quindi percorse da una notevole corrente d’aria che si inverte giornalmente e porta in sospensione polveri, per lo più di sale, che si rivelano fatali per la vecchia reflex di Roberto che si inceppa. Anche nasi e occhi vorrebbero incepparsi, malgrado l’uso di mascherine protettive e ce lo fanno sapere con irritazioni varie, ma noi li ignoriamo, finchè non imparano a difendersi da soli snobbando il sale, facendo così buon viso a cattiva sorte e smettendo di importunare. E’ stupefacente come l’organismo si adatta in poco tempo all’ambiente.

Mappa della zona con vista da NORD


Orinetamento topografico d’insieme da visuale OVEST

Le grotte viste finora si aprono sul versante NO della Cordillera de la Sal al livello del Llano de la Paciencia, ma noi siamo interessati anche agli inghiottitoi che si vedono su Google Earth e si trovano sulla dorsale della catena. Alcuni si sviluppano in grotte e gole (qui si chiamano quebrade) che puntano al versante SE della Cordillera, verso la parte più ampia e bassa del Salar. Quindi bisogna trovare una via di accesso alle parti alte scalando o, meglio, infiltrandosi tra le gole che solcano le ripide pareti del monte. Un primo tentativo lo fa Roberto, dopo che gli si è rotta la macchina fotografica, mentre Galliano ed io rileviamo la grotta della Vicuna Seca. Però parte alle 11 di mattina, cosa che mi lascia perplesso.
Ma è grande, vaccinato ed esperto di deserti, visto che sono anni che scorrazza per il Gobi in Mongolia dove, tra l’altro, risiedeva e così ci accordiamo per un rendez-vous alle 15. Poco dopo l’una, all’uscita dalla grotta (qui si chiama cueva) Pelo de Sal troviamo Roberto stravaccato sulla sabbia, all’ombra dell’ingresso, con un aspetto stravolto. Decisamente, con il sole a picco, si deve rimanere all’ombra, magari in grotta dove la temperatura è ideale. Guai a farsi sorprendere dal sole alto. Comunque Roberto riferisce che la prima cresta sommitale che si vede dal basso è pressochè invalicabile, per cui dovremo attaccare il monte da un altro punto, già individuato su Google, piuttosto distante, che dovrebbe consentirci di aggirare le creste sommitali del massiccio.
Partiamo con il buio, tanto ormai conosciamo bene il percorso fuoristrada. Dopo 2 ore, sempre al buio, siamo nel punto convenuto. Fa piuttosto freddo. Dobbiamo scavalcare la cresta, 250 metri più in alto e spostarci sette chilometri e mezzo, in linea d’aria, verso SO, lungo la cresta, per poi calarci nelle quebrade che portano alle grotte. Per uno zoppo come me è un’impresa ardua se non impossibile. Sono più di 20 chilometri su terreno difficile e imprevedibile. Così decidiamo di dividerci in 2 gruppi (si fa per dire): Roberto e Galliano, il primo con una pressione arteriosa da compressore stradale e il secondo ancora convalescente dopo uno scontro in moto con un branco di porchi cubani, in cui ha avuto la peggio e si è risvegliato in ospedale con una clavicola rotta, formeranno la squadra di punta. Io la seconda squadra.
Dovremo avanzare per due ore al massimo. Se, a quel punto, saremo vicini alla metà del percorso, o troveremo qualche punto ombroso, allora continueremo, altrimenti torneremo indietro. Alle 11 al massimo dobbiamo essere in ombra in una delle quebrade alte o al pick up. Roberto e Galliano attaccano in massima pendenza puntando alla cresta. Io prendo un percorso obliquo lungo una rampa inclinata abbastanza agevole per cui, dopo un’ora, sono vicino allo spartiacque, su di un terreno bianco e soffice simile a neve. Ci sono dei pozzi profondi fino ad una decina di metri, abbastanza ampi, in cui si scorge sul fondo una prosecuzione.
Sono 200 metri più in alto del piano del salar per cui sono abbastanza interessanti. Vedo Roberto e Galliano molto distanti nei pressi di una cresta, in alto ma indietro rispetto al nostro obiettivo. Continuo. Nella fresca aria del primo mattino si cammina benissimo. Al suolo si trovano talvolta delle curiose uova di sale, grandi come quelle di struzzo e bianchissime, che all’interno hanno una cavità semiriempita da filamenti radiali tipo cuore di carciofo o cardo. Jo de Waele ne ha descritto una in un suo recente studio sugli speleotemi delle grotte nel sale del deserto di Atacama. Un’ora più tardi, al punto di non ritorno, da una cresta vedo sotto di me la quebrada che scende al nostro obiettivo. Non vedo però Roberto e Galliano per cui temo abbiano rinunciato e decido di continuare. Fa sempre più caldo ma, in breve, sono nella quebrada sul fondo della quale si cammina agevolmente e spesso in ombra con il sole non ancora sulla verticale. Mi mancano solo 2 chilometri, in linea d’aria, ma sono in un meandro con volute spesso quasi complete e così impiego quasi due ore per giungere al primo ingrottamento cercato.
E’ quasi mezzogiorno e il sole è a picco. Sono impressionato dalla strada percorsa e preoccupato per il ritorno. A tratti si cammina su cristalli di sale taglientissimi, spesso coperti da uno strato di polvere di alcuni centimetri che, come la neve, maschera la reale conformazione della roccia. Su di un tratto ho temuto di sparire in un “crepaccio”, quando la crosta di “neve” ha ceduto di colpo e sono sprofondato per alcuni decimetri. Così non entro neppure nella caverna che ho raggiunto, ma faccio uno spuntino e mi metto a dormire all’ombra, in attesa che il sole cali. Ma sono preoccupato per il ritorno e allora decido di guadagnare un po’ di tempo sfruttando i ponti naturali e qualche ansa marcata della quebrada, dove c’è ombra, per ritornare a brevi tappe.
Qualche centinaio di metri sotto il sole, poi lunga sosta con dormitina all’ombra. Prendo le posizioni con il GPS di alcune grottine che sboccano nella quebrada. Alle tre del pomeriggio sono nel punto in cui ho raggiunto la quebrada all’andata. Alle 20 fa buio e non sono sicuro che le 5 ore rimanenti di luce mi saranno sufficienti, per cui riparto sotto il sole ancora infernale. Cerco di seguire le mie tracce e per un paio di ore ci riesco, fino alla zona dei pozzi. Poi, in un tratto a penitentes di sale puliti, le perdo e sbaglio strada non imboccando la comoda rampa dell’andata. Sono le sei e vedo il pick up in basso. Tornare indietro a cercare la mia rampa sarebbe la cosa giusta da fare, ma sono stanchissimo e allora tento di scendere in diagonale verso il percorso fatto da Galliano e Roberto, sperando di incontrare le loro tracce. Non le trovo ma, per fortuna, dopo alcuni tentativi falliti, trovo un canalone che riesco a scendere e, poco prima delle sette, sono alla macchina.
Non c’è traccia però di Roberto e Galliano. Tra poco farà buio e la cosa mi preoccupa. Dopo pochi minuti però li vedo scendere sulle loro tracce. Non avevano abbandonato l’impresa ma, per un percorso separato da una cresta dal mio, avevano raggiunto la mia stessa quebrada trecento metri più a valle, oltre la caverna dove mi ero fermato e così non ci siamo incontrati. Hanno trovato una grande caverna inghiottitoio e un sacco di cose da vedere in futuro. Però dicono che la posizione delle grotte obiettivo che gli avevo dato, rilevate da Google Earth, non coincidono con quelle dei loro GPS. Strano, perchè con il mio coincidono. Il perchè lo scopro tempo dopo: hanno i secondi settati in millesimi anzichè in sessantesimi. Oramai non abbiamo più molti giorni a disposizione e rinunciamo all’idea originale di un campo alto sulla Cordillera. Ci prendiamo un giorno di riposo e, dopo l’ormai rituale bagno nelle acque termali di Puritama, constatiamo che i vasi antichi da noi trovati tre anni fa non sono più nella grotta e che al museo di San Pedro, alla cui archeologa li avevamo mostrati, non sanno o vogliono dire nè dove sono, nè cosa c’era dentro. Buona azione molto mal ripagata.
Riprendiamo l’esplorazione della base della Cordillera a SO della cueva Arco de la Paciencia, sempre più lontano. Scopriamo altre quattro grotte, tutte di notevoli dimensioni, oltre quattrocento metri di sviluppo l’una. Praticamente ogni quebrada che sbocca nel Llano de la Paciencia, nella zona che stiamo esplorando, conduce a una grotta. Alcune le esploriamo completamente uscendo all’aperto in alto, altre continuano in modo visibile sopra a dei salti che non risaliamo. Tutte hanno una forte corrente d’aria, almeno in certe ore. Giovanni Badino ha scritto recentemente che una grotta, con sufficiente dislivello tra ingresso alto e basso, nella siccità di Atacama, potrebbe verificare il notevole raffreddamento adiabatico dell’aria in salita che ha teorizzato. Penso che alcune delle grotte esplorate quest’anno potrebbero fare al caso suo, in particolare la cueva Arco de la Paciencia, in quanto presentano dislivelli di molto superiori a quelli delle grotte che ha visitato nella Valle de la Luna.
Il tempo è finito. Torniamo a casa con un sacco di lavoro da fare per stendere i rilievi di oltre 3km di grotte esplorate e il piacevole pensiero di dover ritornare per completare almeno le esplorazioni iniziate. Piacevole perchè anche questa volta mi sono divertito ed ho avuto occasione di festeggiare con Roberto e Galliano tante nuove grotte, con pisco sauer e vino, al punto da esaurire, in una settimana, prima la riserva di vino bianco dell’ostello, poi quella dello spaccio più vicino.

LE GROTTE.

Anche in questa zona, situata una trentina di chilometri a SO della Valle della Luna, le grotte sono quasi tutte di attraversamento, come quelle viste negli anni passati. Noi le abbiamo esplorate risalendo le quebrade che sboccano nel Llano de la Paciencia e, in alcune, siamo usciti all’aperto dopo un percorso sotterraneo di qualche centinaia di metri in scarsa pendenza. In altre tre grotte invece ci siamo arrestati alla base di pozzi in cui si intravvede la prosecuzione in alto. Mentre le prime si sono sviluppate solo in un ammasso di sale della potenza di poche decine di metri, marginale rispetto alla Cordillera, queste ultime penetrano nella montagna principale ed hanno gli ingressi alti circa 150 metri al di sopra di quelli bassi. Anche la corrente d’aria, notevole in tutte, qui è decisamente più forte.
Le grotte sono molto più concrezionate di quelle della Valle della Luna probabilmente perchè non hanno subito asporti vandalici. In quasi tutte abbiamo rinvenuto dei sacchetti di nylon, evidentemente portati dal vento sulla Cordillera e dall’acqua nelle grotte. Nel 2007 avevamo avuto la fortuna, se così si può dire, di assistere ad un terremoto di magnitudo 6.1 Richter mentre eravamo nella grotta dei Vasi nella Valle della Luna e fummo piacevolmente sorpresi dalla stabilità della stessa. In effetti anche in queste grotte i segni del sisma sono minimi. Solo un paio di stalattiti e stalagmiti  rotte in una selva di grandi concrezioni dall’aspetto fragilissimo. Niente grandi crolli recenti. L’aspetto di queste grotte nel sale è un po’ inquietante in quanto c’è un’estrema fratturazione che, nelle ore più calde, si manifesta con schiocchi e scricchiolii anche ad una profondità di qualche decina di metri dalla superficie. Ma i detriti sciolti sono pochissimi, pressoché nulli alla base dei pozzi, perfettamente piani.
Evidentemente il sale ha buone caratteristiche elastoplastiche e scarso residuo insolubile.
I rilievi sono stati eseguiti con bussola, clinometro e disto laser. Misure e disegni sono stati restituiti da Visual Topo. Lo sviluppo è spaziale e comprende anche tratti di quebrada  che spezzettano la grotta. Nell’immagine Google Earth le grotte segnate in blu sono state, almeno in parte, visitate, quelle in rosso no.

SP 23. Cueva Vicuna Seca.

Il nome deriva dal cadavere rinsecchito di una vigonia che si trova all’imbocco della grotta. Dopo un primo ingrottamento piuttosto basso si esce alla luce per una decina di metri e si entra quindi nella grotta vera e propria, abbastanza ampia e con una notevole corrente d’aria. Dopo settanta metri la volta si abbassa fino ad un metro e sbuca alla base di un pozzo  a cielo aperto ampio una decina di metri. A quattordici metri di altezza, sulla parete, si vede la continuazione evidente della grotta da cui scende una discreta corrente d’aria. Per accedervi, in futuro, converrà calarsi dall’alto.

 SP 24. Cueva Arco de la Paciencia.

Splendida grotta esplorata per oltre un chilometro, senza difficoltà tranne un’arrampicata di 2 metri e mezzo. Magnifiche stalattiti e stalagmiti di sale. Nella parte terminale due grandi caverne.  La principale, adorna di una enorme lama  che pende dal soffitto fino a 2 metri da terra, è l’evidente continuazione della grotta. La corrente d’aria è sempre forte. Il camino da risalire è alto 37 metri. Probabilmente, prima di arrampicarlo converrà tentare la discesa dall’inghiottitoio posto 120 metri più in alto sulla Cordillera, sperando che sia praticabile.

 SP 25. Cueva Pelo de Sal.

Meandrino mediamente alto 2 metri e largo 1.30 che abbiamo percorso per una sessantina di metri fino alla base di un pozzo  di 4 metri circa in cima al quale si vede la continuazione. Non l’abbiamo risalito per mancanza di tempo. La grotta è adorna  di filamenti capelliformi di sale, da cui il nome. C’è corrente d’aria, debole.

 SP 26. Cueva Ventanas.

Traforo con diversi camini che sbucano all’aperto. Lo spessore della roccia sovrastante è molto limitato, quasi sempre inferiore a 20 metri. Dopo circa 400 metri si esce all’aperto.

 SP 27. Cueva Rio Blanco.

Splendida cavità lunga più di 400 metri quasi interamente pavimentata da una bianchissima cristallizzazione di sale, da cui il nome. Sbuca all’aperto, sempre in quebrada. Ad una settantina di metri dall’ingresso c’è un lucernario.

 SP 28. Cueva Bolo de Buho.

Traforo lungo 300 metri circa con diversi lucernari. Presso l’ingresso alcuni boli di rapace in uno dei quali si riconosceva un uccellino. Da qui il nome Bolo del Gufo, Buho in spagnolo.

 SP 29. Cueva Canon.

Dopo poco più di 200 metri di quebrada con due piccoli tratti ingrottati, inizia la grotta vera e propria, in discreta pendenza, che sbuca all’aperto dopo 150 metri di sviluppo e 35  di dislivello in salita. Due lucernari nel tratto più lungo.

 SP 30. Cueva Lider Maximo.

Grande caverna inghiottitoio situata nella parte alta della Cordillera ed esplorata solo nei primi metri fino ad un secondo salto, non sceso per mancanza di tempo. Si volge al salar vero e proprio, a SE della Cordillera.

 SP 31. Hoyo a cerca del Lider Maximo.

Piccola cavità nei pressi della grande caverna.
                                                                                                          Elio Padovan.

Atacama 2010

SP 23

Vicuna Seca

S  23° 07’ 06”

W 68° 26’ 14”

Q: 2348 mt slm 26/11/2010

Bressan

Padovan

Ss mt 125

Disl + mt 18

SP 24

Arco de la Paciencia

 

S 23° 09’ 23”

W 68° 26’ 44”

Q: 2348 mt slm 25/11/2010

Bressan

Padovan

Ss mt 1174

Disl + mt 58

SP 25

Pelo de Sal

 

S 23° 08’ 43”

W 68°26’ 43”

Q: 2351 mt slm 26/11/2010

Bressan

Padovan

Ss mt 59

Disl + mt 7

SP 26

Ventanas

S 23° 10’ 32”

W 68° 27’ 18”

Q: 2348 mt slm 30/11/2010

Bressan

Padovan

Ss mt 439

Disl + mt 33

 

SP 27

Rio Blanco

 

S 23°10’ 48”

W 68° 27’ 24”

Q: 2350 mt slm 30/11/2010

Bressan

Padovan

Ss mt 436

Disl + 22

SP 28

Bolo de buho

S 23°10’ 00”

W 68° 27’ 01”

Q: 2346 mt slm 2/12/2010

Bressan

Padovan

Ss mt 309

Disl mt + 26

SP 29

Canon

S 23° 09’ 47”

W 68° 26’ 52”

Q:2350 mt slm 2/12/2010

Bressan

Padovan

Ss mt 476

Disl mt + 39

SP 30

Lider Maximo

 

S 23°08’ 24”

W 68° 24’ 35”

Q: 2557 mt slm 2/11/2010

Bressan

Ive

Ss mt 96

Disl  mt  27

SP 31

Hoyo a cerca del Lider Maximo

S 23°08’ 32”

W 68° 24’ 29”

Q: 2544 mt slm 2/12/2010

Bressan

Ive

Ss mt 10

Disl mt + 5

Ss =sviluppo spaziale.

BIBLIOGRAFIA.

 

  • Sesiano J., 1998 Phenomenes karstiques en zone aride. Le desert d’Atacama, au Nord du Chili. Hypogees “Les Boueux” 64, 48-52.
  • Padovan E. 2003. Il sistema carsico della Cordillera de la Sal nel deserto di Atacama. Progressione 48, 37-49.
  • Zuffi N. 2007. Esplorazione del sistema carsico presso il deserto di Atacama, Cile Atto IV. Progressione 54, 68-81
  • Bressan G. 2008. Speleologia nella Cordillera de la Sal, Cile. Speleologia Veneta 16, 91-108.
  • De Waele J. And Forti P. 2008. Grotte in sale cileno. Speleologia 59, 48-54.
  • Badino G. 2008. File:I:/3b2/Riviste/GeoActa/9045_Sp2/129-140_Badino.3d.