Lamium Orvala L

 

LAMIUM ORVALA L. (FALSA ORTICA MAGGIORE) NEGLI AMBIENTI CAVERNICOLI DEL CARSO TRIESTINO

Particolare di esemplare immortalato presso la Grotta Ercole 6 VG (foto E. Polli)

Pubblicato sul n. 57 di PROGRESSIONE – Anno 2010

PREMESSE

L’illuminazione, unitamente alla temperatura ed all’umidità, costituisce uno dei fattori determinanti nella colonizzazione delle piante negli ambienti cavernicoli. Essa concorre nella selezione fra i vegetali che, dall’esterno delle cavità, tendono a progredire verso l’interno. Dapprima ne definisce un diradamento e quindi procede ad una distribuzione secondo le seguenti quattro tipiche zone, che si susseguono nella loro propagazione ipogea: “liminare”, “subliminare”, “suboscura” ed “oscura”.
Nella prima di esse, e cioè nella “liminare”, la luminosità è ancora piuttosto elevata rispetto a quella esterna; e ciò consente, oltre al buon sviluppo di alcune felci (generi Asplenium, Dryopteris, Polypodium e Polystichum), quello di numerose Fanerògame (piante con fiori), appartenenti per lo più, sul Carso triestino, alla flora delle doline (associazione Asaro-Carpinetum betuli Lausi 64).
Fra le Fanerògame, presenti in questa prima zona, appaiono particolarmente frequenti il bucaneve (Galanthus nivalis/nivalis), la primula (Primula vulgaris/vulgaris), l’erba trinità (Hepatica nobilis), la renella (Asarum europaeum/caucasicum), l’orobo primaticcio (Lathyrus vernus/vernus), il geranio di San Roberto (Geranium robertianum/robertianum), la dentaria a nove foglie (Cardamine enneaphyllos), la moehringia muscosa (Moehringia muscosa), la falsa-ortica gialla (Lamium montanum), la lattuga di muro (Mycelis muralis), il ciclamino (Cyclamen purpurascens/purpurascens) e l’edera (Hedera helix/helix). Più rare, se non del tutto eccezionali, sono invece qui le presenze della moscatella (Adoxa moschatellina), dell’erba fragolina (Sanicula europaea), della cristoforiana (Actaea spicata), dell’elabro nero (Veratrum nigrum) e della moehringia a tre nervi (Moehringia trinervia/trinervia).
Se alcuni ingressi e vestiboli di cavità risultano assai frequentati e quindi disturbati dalla presenza umana, la fascia “liminare” può allora implementarsi di specie nitrofile ed estranee alla tipica cenosi dolinare; compaiono così le parietarie (Parietaria judaica e officinalis), la comune ortica (Urtica dioica/dioica), la celidonia (Chelidonium majus) ed il cerfoglio (Chaerophyllum temulum).
Fra le entità dal portamento arbustivo-arboreo, a seconda della morfologia dell’ipogeo in oggetto, si possono insediare in questa fascia il carpino bianco (Carpinus betulus), il nocciòlo (Corylus avellana), il tiglio selvatico (Tilia cordata), il sambuco (Sambucus nigra) e la fusaggine rugosa (Euonymus verrucosa).         Nello strato erbaceo il pungitopo (Ruscus aculeatus) può a volte formare rigogliose popolazioni, generalmente esposte a meridione.
In passato, tutte queste circostanze erano già state evidenziate ed ampiamente documentate dallo speleobotanico Friedrich Morton (Gorizia, 1.11.1880–Hallstatt, 10.7.1969). Infatti, nelle sue prolungate e minuziose indagini vegetazionali effettuate nel complesso ipogeo di San Canziano, nelle cavità del Postumiese (Abisso della Piuca, Grotta Nera, Ottocco Grande, Grande Dolina dell’Acqua, Castel Lueghi) ed in quelle più classiche del Carso triestino (Grotta dell’Orso ed Ercole di Gabrovizza, visita e giorno di raccolta, 8.6.1935), lo studioso aveva seguito e rilevato la distribuzione delle specie sino nelle zone più profonde, scarsamente illuminate o quasi oscure, sottolineando come esse tendessero a disporsi sul margine di cenge strapiombanti o s’insediassero lungo le disordinate chine detritiche, modificando progressivamente il loro aspetto morfologico.
Una specie che occupa di norma la zona “liminare”di ampie caverne e d’imponenti depressioni baratroidi, e che tende spesso a diffondersi in quella attigua “subliminare”, caratterizzata ormai dall’accentuata penombra, dalla temperatura repentinamente più bassa e dal tasso d’umidità relativa decisamente più elevato, è la falsa ortica maggiore (Lamium orvala).
E’ già stato evidenziato (Progressione 54, 2007) come, nelle cavità dell’altipiano carsico triestino, Geranium robertianum/robertianum risulti la Fanerògama che si spinge maggiormente in profondità. In questo contributo vengono prese in considerazione le vicende vegetazionali di Lamium orvala, un’altra entità dai caratteri marcatamente criptòfili che trova, negli ambienti soffusi delle zone liminari dei pozzi, delle voragini e dei baratri carsici, le condizioni per potersi sviluppare, determinando a volte rigogliose coperture vegetali (lamieti).

LAMIUM ORVALA – ASPETTI ECOLOGICI E MORFOLOGICI

Lamium Orvala L. (disegno M.G. Polli)

Il genere Lamium, diffuso in Europa meridionale e orientale (Italia, Austria, Croazia, Montenegro, Ungheria), nel Nordafrica e nell’Asia non tropicale, conta nel mondo circa 40 specie, delle quali una decina è presente in Italia ed 8 nel Friuli Venezia Giulia. Fra le specie più comuni si possono ricordare innanzitutto Lamium maculatum (dolcimele, milzadella), dotato di foglie molto simili a quelle dell’ortica – dalla quale però differisce sia per i fiori che per i fusti chiaramente quadrangolari – e così anche L. album e L. purpureum che, unitamente a qualche altra entità affine, sono pure a volte coltivati a scopo ornamentale.
Lamium orvala Linné 1759 (Carl von Linné, Rashult, 23.5.1707-Uppsala, 10.1.1778), nota come falsa ortica o anche ortica morta maggiore e ortica fetida, è una Lamiacea (Labiata) la cui forma biologica rientra nel novero delle emicriptofite scapose. Corologicamente è invece un’orofita a distribuzione Est-Alpino-Dinarica (Sub-Illirica), sviluppantesi negli strati erbacei di querceti, castagneti e faggete, di cui predilige le fasce marginali, le siepi e le zone ombrose. In Italia è relativamente comune nelle Alpi Orientali (sino a 1400 m d’altitudine), irradiandosi dal Carso triestino al Friuli ed alla Carnia (Colli morenici, Colle di Osoppo, Cumieli, Cuarnan, Chiampon, Val Venzonassa, Plauris, La Forchia, Parco delle Prealpi Giulie). Rara nel Trentino (Valle del Noce, Fiemme, Fassa), giunge nelle Alpi Venete e nelle Noriche del Bergamasco ed alla Valtellina. Si sviluppa pure nei boschi relitti della pianura friulana, veneta e lombarda.
Forma spesso esuberanti popolazioni nei parchi comunali regionali, come ad esempio nei Prati del Beato Bertrando e del Lavia (Martignacco, Pasian di Prato, Udine) ed anche in quello del Noncello di Pordenone. La specie è pure presente nella flora delle città della Regione, magistralmente studiata in questi ultimi anni da F. Martini (2005, 2008, 2010). E’ dunque frequente a Pordenone (boschi, siepi, parchi), a Udine (sponde Cormor, Giardino ospedale Civile, Colle del Castello) ed a Trieste (però esclusivamente nella fascia periferica nord-orientale).
L’entità è pure comune nel Monfalconese e nel Goriziano: già lo Zirnich l’aveva raccolta sul Monte Calvario (25.4.1958) ed a Farra d’Isonzo (1.5.1960) nella forma albiflorum (= var. pallens); l’aveva pure individuata sul Monte San Michele sopra Rubbia (10.5.1962).
E’ per contro assente, od estremamante rara, nelle altre regioni italiane, risultando inselvatichita in Emilia (a Bologna ed a Reggio).
L’associazione tipica d’appartenenza della specie è quella dei boschetti a sambuco e robinia, il Lamio orvalae-Sambucetum nigrae Poldini 80, di valore naturalistico medio, spesso con numerosi indicatori di umidità e di nitrificazione (Aegopodium podagraria, Chelidonium majus, Urtica dioica, Geum urbanum, Lamium maculatum). Mentre negli ambienti carsici entra nell’Asaro-Carpinetum betuli Lausi 64, colonizzando doline, forre, baratri ed ingressi di cavità, in quelli montani essa è inclusa nell’Anemoni trifoliae-Fagetum Tregubov 1957.

Consultando il “Nuovo Atlante corologico delle piante vascolari nel Friuli Venezia Giulia” (Poldini, 2002) si nota come, nella nostra regione, la specie sia presente in 78 delle 83 Aree di base (quarta parte di foglio I.G.M. 1:50000), mancando nella zona litoranea.
Per quanto riguarda la morfologia della pianta (alta dai 40-80 cm, al massimo 100 cm), essa presenta radice corta e legnosa con il fusto semplice ed eretto, molto angoloso, arrossato ai nodi e coperto da corti peli patenti. Le foglie, relativamente grandi, mollemente pelose e lungamente picciolate, ostentano una lamina cuoriforme od ovato-cordata, profondamente acuminata e doppiamente seghettata. Mentre la pagina superiore è di colore verde scuro, quella inferiore tende al rossastro.
I fiori sessili, normalmente in numero da 8 a 14, sono raccolti in verticilli ascellari ed emanano un odore sgradevole di citronella. La corolla gamopetala (5 petali quasi del tutto fusi) è rosso-porporina vinosa con tubo diritto (15-20 mm) e rigonfio alle fauci. Mentre il labbro superiore appare arcuato e pubescente-cigliato con i lobi divergenti, quello inferiore, bianchiccio con punti e strie porporine, è bilobo dentellato con un dente bifido o trifido per lato. Differisce dalle specie affini soprattutto per le antere glabre ed i lobi staccati. L’impollinazione, entomofila, avviene soprattutto ad opera di bombi e di api.
Il frutto, situato all’interno del calice persistente, è una nucula (schizocarpo) che, nelle Lamiaceae, è chiamata clausa. E’ costituito da 4 acheni trigoni e troncati.
Considerando lo spettro analitico delle fioriture dell’Asaro-carpineto si può osservare come Lamium orvala sia una delle specie a più tardiva fioritura (in maggio e nel primo periodo della stagione estiva). Il numero cromosomico è 2n = 18.

NOTE

Lamium orvala L. (syn.: L. lovcenicum Rohlena, L. luteum (Huds.) Krock., L. pannonicum Scop., L. vulgare (Pers.) Fritsch, L. wettsteinii Rech., Orvala lamioides DC.) ha, in alcuni idiomi familiari, le seguenti denominazioni: ted.: Grossblütige Taubnessel, Nesselkönig; ingl.: Large red dead-nettle; fr.: Lamier orvala; slov.: Velecvetna mrtva; istrioto: Urtêiga falsa (Rovigno); dialetto veneto-giuliano: Ortiga falsa; croato: Velika mrtva kopriva; friul.: Çups grancj, zùps, urtìe muarte.
Il nome generico Lamium, in attinenza con la mitologia greca, deriverebbe da “laimos” (= fauci, gola) per la forma della corolla, ma anche da “lamos” (= larga cavità). La giovane Làmia, amata da Zeus il cui pargolo illegittimo fu ucciso dalla dea Era, divenne folle dalla gelosia e, di conseguenza, ossessivamente invidiosa delle madri felici dei loro figlioletti Si tramutò in una orchessa che sottraeva ed ingoiava i lattanti, proprio come fa il fiore della pianta allorché un bombo entra nel tubo corollino in cerca del nettare.
Lamium orvala, che contiene oli eterei, mucillagini, tannino, saponine e sali di potassio, non presenta tuttavia proprietà farmaceutiche di rilievo. E’ piuttosto del Lamium album (lamio bianco, ortica argentata) che vengono utilizzate le parti epigee. In Carnia s’impiega il decotto in caso di bruciori di stomaco ed infiammazioni intestinali. La parte sommitale, unitamente a foglie di Chenopodium bonushenricus, Silene vulgaris e Taraxacum officinale, lessata e condita con olio, limone ed aglio, costituisce un contorno di verdure che, se assunto quotidianamente per un mese, si rivela un buon rinfrescante depurativo primaverile (proprietà astringenti, emostatiche, espettoranti).
Per la sua vistosa fioritura, Lamium orvala può esprimere, nei vari cultivar, un’accattivante pianta perenne da bordure, non invadente ed adatta anche per gli ambienti completamente ombreggiati.

Vari esemplari presso il Pozzo di Precenico 2710 VG (foto E .Polli)

LAMIUM ORVALA NELLE CAVITA’ DEL CARSO TRIESTINO E NEI TERRITORI LIMITROFI

 

Lamium orvala L. colonizza la china detritica della Kramerjeva pecina (ex 601 VG) (foto E. Polli)

Già il Marchesetti, alla fine del 1800, segnalava Lamium orvala frequente nei luoghi ombrosi del Triestino, dalla periferia della città (Roiano, Cologna, Monte Spaccato) ai suoi immediati dintorni (Contovello, Opcina), al Carso (Monte Cocusso, Orleg, Percidol, M. Volnig) ed in numerose località situate attualmente al di là del confine di Stato (Lippiza, Corgnale, Rodig, Clanez, S. Servolo, M. Slaunig, Valle della Dragogna). L’aveva pure ampiamente osservato nel complesso ipogeo di San Canziano (Škocjanske jame) e nelle fovèole di Obrovo (Obrou).
E così pure il Pospichal, negli stessi anni, citava la pianta frequente nelle doline, nelle forre, negli ambienti umidi e lungo i corsi d’acqua anche montani dei territori confinari settentrionali. La fioritura avveniva di norma in aprile e, nei siti continentali più elevati, ai primi di giugno.
Il Morton, che chiamava la specie con il sinonimo di Lamium Wettsteinii, l’aveva a più riprese segnalata ed inclusa nelle sue raccolte, effettuate nella seconda metà del maggio 1934, a San Canziano, ambiente dalle singolarissime condizioni fitogeografiche, un autentico “prodigio di natura, che non ha l’eguale al mondo”. Così, l’aveva annotata in numerosissime sue visite, già a partire dalle sponde del Timavo prima dell’ingresso nello spettacolare complesso ipogeo (Raccolte N. 1-2; 8-9; 11; 13-14; 19-22; 25-26; 29; 34; 38; 42-43; 47). L‘aveva individuata lungo i sentieri, nelle forre, all’ingresso di varie caverne e grotte (Michelangelo, Brucher), nei pozzi (Radonetz, Jamca) e nelle voragini (Piccola e Grande), ove fioriva con evidente ritardo. Spesso le foglie, sotto l’influsso dell’ombra e dell’umidità, erano abnormi, potendo raggiungere il metro d’altezza; tendevano, di conseguenza, a disporsi verso la luce (L = 1/185 di quella esterna). In alcuni casi l’entità era associata ad Alliaria officinalis e Scrophularia vernalis; in altri, compartecipava all’associazione ad Allium ursinum e Nephrodium Robertianum. In particolari ambienti, come ad esempio nella Piccola Voragine, denotava sempre “foglie gigantesche ombrifere”, risultando un essenziale componente della Subassociazione “Corydalis ochroleuca-Parietaria ramiflora e Lamium Wettsteinii.
*          *          *
Le Fanerògame, nella loro diffusione ipogea, tendono ad arrestarsi nei primi metri di profondità. Laddove riescano a progredire ulteriormente, penetrano allora in un ambiente ostile al loro sviluppo. Per adattarvisi, devono di conseguenza realizzare alcune modificazioni: dapprima dispongono i germogli in piani rivolti verso l’ingresso dell’ipogeo e si riducono quindi, al limite interno della loro distribuzione, ad esemplari di proporzioni assai ridotte, giovanili (forme “stazionarie”). Generalmente le Fanerògame cessano di fiorire ad 1/80 della luce esterna e non vegetano più ad 1/200.
Riferendosi in particolare all’altipiano carsico triestino, la falsa ortica maggiore figura in numerosissimi rilievi speleobotanici eseguiti in questi ultimi decenni. Così, la si può individuare nella zona “liminare” di numerosi ampi e singolari ipogei dell’altipiano, la gran parte dei quali sono riportati nella sottostante Tab.1.

REG/VG CAVITA’ Quota m
0002/0002 Grotta Gigante 269
0031/0006 Grotta Ercole 228
0033/0007 Grotta dell’Orso 208
0059/0023 Grotta Plutone 367
0022/0039 Grotta delle Torri di Slivia 114
0065/0027 Grotta presso Trebiciano (Marza) 335
0049/0046 Abisso I di Gropada 412
0064/0049 Grotta Bac 400
0045/0054 Pozzo di Gropada (Perinoga) 392
0088/0061 Ab. di Padriciano (Staerka jama) 367
0041/0083 Grotta presso Trebiciano 352
0075/0089 Grotta Nemez 148
0023/0090 Grotta Noè 200
0202/0097 Grotta dei Cacciatori 105
0069/0118 Burrone presso Basovizza 372
0054/0139 Pozzo dei Colombi di Aurisina 155
0100/0155 Abisso della Volpe 275
0210/0156 Pozzo del Frate 305
0101/0157 Abisso fra Fernetti e Orle 326
0211/0162 Piccola Jablenza 250
0106/0163 Grotta Jablenza 260
0119/0185 Fovèa Persèfone 307
0145/0237 Caverna di San Pelagio (Lesa) 223
0146/0239 Caverna Caterina 216
0078/0242 Grotta di Tarnovizza (Hribach) 287
0034/0257 Grotta Azzurra di Samatorza 243
0148/0260 Grotta del Pettirosso 110
0219/0273 “Pignatòn” di Gropada 386
0222/0290 Grotta Sercetova 310
0159/0294 Oslinka Jàma (San Lorenzo) 380
0288/0390 Grotta presso Orle 328
0079/0413 Kavška Jama 075
0080/0414 Grotta di Visogliano 114
0346/0822 Fovèa Maledetta 210
0444/0823 Berlova Jàma 224
0448/0827 Jesenova Dolina 293
0382/0844 Grotta Luksa 244
0481/1102 Grotta delle Tre Querce 324
0370/1216 Grotta a S di Monrupino 322
0375/1272 Pozzo presso Trebiciano (Pocle) 324
0369/1273 Caverna ad Est di Gabrovizza 236
0499/1778 Grotta del Bersaglio Militare 243
0413/2156 Grotta Scariza (Pozzo Rosica) 315
0635/2324 Antro di Medeazza 050
0500/2432 Grotta del Frassino 324
0412/2434 Grotta Sottomonte 325
0502/2435 Grotta della Finestra 285
0609/2453 Pzzo a NW di Fernetti (Alfa) 325
0542/2696 Grotta dell’Elmo 310
0569/2699 Grotta delle Perle 324
0564/2710 Pozzo di Precenico 192
0636/2837 Baratro a Nord di Basovizza 380
0686/3763 Baratro a N di Bristie (“Phyllitis) 236
0841/3847 Grotta a Sud di Gropada 365
0731/3913 Grotta della Fornace 258
0979/3921 Antro presso Prosecco 232
1030/3928 Marmitta di Borgo Gr. Gigante 248
1176/4109 Piccola Lepineux (Bar. Orsi) 284
1264/4203 Caverna a NW di Fernetti 322
1400/4384 Burrone a NW di Trebiciano 322
1544/4444 Baratro presso Monrupino 317
2866/4941 Ingh. a SE del M. Bitigonia 196
2914/4989 Baratro del Casello Ferroviarip 304
4783/5583 Baratro presso San Lorenzo 400

Tab. 1 – Cavità del Carso triestino con presenza significativa di Lamium orvala
Oltre a svilupparsi nella zona “liminare” di queste cavità, Lamium orvala può eccezionalmente scendere nella sottostante fascia “subliminare” – regno delle pteridofite (felci) e delle briofite (muschi ed epatiche) – generalmente umida, ombrosa e scarsamente illuminata. Qui la specie funge da entità “criptòfila”, riuscendo a svolgere, seppur con un certo ritardo (in giugno e luglio), il suo ciclo vitale.
Secondo Gortani (“Flora friulana con speciale riguardo alla Carnia”, 1905-06), nel Friuli Lamium orvala risultava comune nei luoghi selvatici e nelle siepi, dalla regione mediterranea a quella montana, sino a 1000-1200 m (Matajur, Casera Lodinut, Rivalpo, Frasseneto e a Forni di Sopra) e talvolta a quella subalpina, sino a 1600-1750 m (Pecol di Chiaula, M. Cretarossa, Cas. Monte di Tenso). La specie è stata osservata addentrarsi, con una certa frequenza, pure nelle zone “liminare” e “subliminare” di numerose cavità delle Prealpi Friulane Orientali e Giulie, quali ad esempio l’Abisso Vigant (66/Fr 110) e la sottostante Grotta Pre Oreak (176/Fr 65). E così pure è stata pure individuata nella Grotta del Forno Piccolo (Mala Pec 14 Fr), nella Grotta del Calzolaio (Sousteriova jàma. 300 Fr), nella Grotta Grande (Velika jàma, 13 Fr) e nel Foràn di Landri (Ciondàr di Landri, 46 Fr). E’ pure variamente diffusa nel complesso della Grotte Verdi di Pradis (Andris di Gercie, 116 Fr, Clauzetto).
E’ pure ben presente nel Goriziano, ove colonizza spesso ampi pozzi e cavità dagli ingressi spaziosi, quali l’Abisso Bonetti (393/765 VG), l’Antro di Colle Nero (427/749 VG), l’Antro della Biscia Morta (1481/4266 VG), l’Antro di Casali Neri (326/450 VG) ed il Pozzo della Spelea (418/755 VG).
In Slovenia (ove sono segnalate 7 specie di Lamium) L. orvala viene distinto da L. wettsteinii (Wettsteinova mrtva kopriva), localizzato quest’ultimo soltanto in due aree di base (49/03 e 58/96) della Repubblica. Lamium orvala è invece alquanto diffuso e molto spesso colonizza, a partire dalla zona d’ingresso sino all’interno, profonde voragini e maestose caverne. Oltre che nel complesso di San Canziano (Škocjanske jàme, 735 S/112 VG), nella Grotta di Castel Lueghi (Predjamski sistem, 734 S/107 VG) e negli ipogei del Postumiese (Grotta Nera, Črna jama 471 S/80 VG; Piuca, Pivka jama 472 S/314 VG), lo si può notare, frammisto spesso a felci e muschi, nel complesso ipogeo del Rio dei Gamberi (Rakov Škocjan, Zelške jàme 576 S/119 VG, Tkalca jàma 857 S/121 VG) e nel Cavernone di Planina (Planinska jàma, 748 S/106 VG).
Riferendosi invece alla plaga carsica slovena situata immediatamente ad est della città di Trieste, Lamium orvala si trova a suo agio nel sistema ipogeo di Beka-Occisla (Beško-Ocizeljski sistem, 636 S/167 VG, 728 S/168 VG, 729/169 VG, 1003 S/170 VG, 1004 S/171 VG). Più a sud-est, nella Valsecca di Castelnuovo (Matarsko Podolje), è molto frequente sui poderosi massi e lungo le cornici della Caverna Ziatich (Pečina v Zjatih, 2708 S/378 VG), nell’inghiottitoio di Odollina (Ponikve v Odolini, 1395 S/128 VG), nell’Albinova ledenica di Skandanščina (5308 S), nella Kramerjeva pečina (2724 S/601 VG), nelle Mačinove jame pri Markovščini (861 S/376 VG), nella Rokav (4871 S/247 VG), nella Široka jàma (964 S/127 VG), all’ingresso della Grotta di Obrovo (Pecina v Jezerini, 935 S/117 VG), nella Grotta di Bresovizza (Bresnica Jama, Brimšca, 1132 S/98 VG), nella Štefakova pečina (1142 S/240 VG), nella Rescietenza (Rešetnica, 1134 S/100 VG) e nei pozzi d’accesso, naturale ed artificiale, della Grotta del Fumo (Jama Dimnice, 736 S/626 VG) di Markovščina.
Nel vicino territorio di Sesana (Sežana) si sviluppa pure in numerose cavità, come ad esempio nella Grotta Sottocorona (Divaška jama, 741 S/111 VG), nella Voragine dei Corvi (Golokratna jama, 1947 S/43 VG), nella Caverna Petnjak (952 S/397 VG), nell’Abisso dei Serpenti (Kačna Jama, 955 S/113 VG), nella vicina Jama v Bukovnicu (1382 S/319 VG) e nella non distante Dolina dei Corvi (Rijsnik) di Divaccia.
In tutti questi ipogei d’oltre confine Lamium orvala determina generalmente rigogliose coperture agli ingressi, trovandosi a contatto con le numerose specie d’impronta cavernicola che vi si sviluppano. Così lo può a volte rinvenire frammisto all’acetosella (Oxalis acetosella), all’erba-milza a foglie alterne (Chrysosplenium alternifolium), all’elleborina (Hacquetia epipactis), alla lupaia (Aconitum lycoctonum/lycoctonum), alla cristoforiana (Actaea spicata), al ranuncolo nemoroso (Ranunculus nemorosus), alla barba di capra (Aruncus dioicus), al bòrsolo (Staphylea pinnata), alla cardamine a tre foglie (Cardamine trifolia), all’arabetta sbrandellata (Cardaminopsis arenosa), al senecio di Fuchs (Senecio ovatus/ovatus), alla lunaria comune (Lunaria rediviva), alla genziana asclepiade (Gentiana asclepiadaea), alla sassifraga dei muri (Saxifraga petraea) e, straordinariamente (nella Jama Dimnice, Grotta del Fumo, 736 S/626 VG), al cerfoglio bulboso (Chaerophyllum bulbosum).
Nella fascia “subliminare” più interna, raramente raggiunta dalle altre Fanerògame, la specie s’accompagna a felci varie (Cystopteris fragilis, Polystichum aculeatum, P. setiferum), ad epatiche ed a muschi.

 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Dalle continuative e particolareggiate osservazioni a scopo speleobotanico, effettuate in quest’ultimo quarantennio sia nel consistente numero di baratri, pozzi, e voragini del Carso triestino che di quello sloveno, si è constatato come Lamium orvala rientri nel ristretto novero delle Fanerògame di maggior diffusione ipogea. Certamente non come Geranium robertianum/robertianum che, come si è già precedentemente detto, eccelle nel suo marcato carattere criptòfilo. Ma, senz’altro notevole; infatti la specie è stata spesso osservata, anche nella sua ritardata fioritura, in siti notevolmente umidi, molto freschi e scarsamente illuminati della zona “subliminare” di numerose cavità, accanto a felci (generi Asplenium, Dryopteris, Polypodium, Polystichum) ed a briofite (Hepaticae e Musci), frammista allo stesso Geranium robertianum/robertianum e ad Hedera helix/helix. In questi particolari ambienti l’entità si dispone in modo da utilizzare ogni minima quantità di luce che, pur attenuata, vi perviene continuativamente nell’arco dell’anno.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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    Elio Polli