Nuove esplorazioni
Pubblicato sul n. 57 di PROGRESSIONE – Anno 2010
L’ingresso dell’abisso è situato a quota 1750 sulla parete nord est del bilapec ad una cinquantina di metri d’altezza dalla base della parete. La scoperta si deve oltre che a me, rocco romano, e a lorenzo slama, al forte arrampicatore aldo michelini che più di 10 anni fa chiodò la via “il ciclone”. Infatti fu proprio percorrendo questa via, che passa ad una decina di metri a destra dall’ingresso dell’abisso Rolo, che notai al termine del primo tiro di corda una fessura da dove fuoriusciva un vento gelido, paragonabile a quello che soffia nel vicino abisso novelli, e che da subito suscitò la mia curiosità.
Erano passati però 8 anni da quella arrampicata, ma il tarlo di quella “fessura soffiante” era sempre lì nella mia mente! così grazie all’invito a recarmi nella grotta “luftloch” per una arrampicata (situata sul carso triestino) da parte di Piero Slama e Marco Restaino esploratori speleo, mi ritrovai, nell’agosto del 2010 dopo 16 anni, nuovamente vestito da speleo a sella nevea. Come quasi tutte le uscite ci troviamo in due, io e Lorenzo, saliamo sulla nuova ovovia che gode di una buona visione della parete e mi permette di mostrare a Lorenzo l’itinerario della via “il ciclone”, piena di buchi ancora da scoprire, e il punto esatto dove si trova la “fessura soffiante”.
Assicurato dal mio compagno, scalo il primo tiro di corda che mi conduce dritto alla fessura, dove comincio ad infilarmi. Il vento e’ veramente forte come lo ricordavo ma la fessura dopo pochi metri diventa impraticabile. Un po’ delusi decidiamo di tentare un traverso dove abbiamo notato un altra fessura che alla base sembra essere più praticabile. Questa volta la fortuna è dalla nostra parte, e dopo 20 metri di traverso esposto entriamo in una cavernetta, da noi in seguito chiamata “piazza d’armi”. In realtà l’ingresso è alla base di un pozzo di circa 20 metri ciò è indice di un ingresso effetivo ancora più alto.
La voglia di esplorare è tanta e così, io vestito solo in “pile” e lorenzo tutto firmato montura, arriviamo a circa -100 metri, così strutturati: dall’ingresso la cavità continua per un meandro abbastanza scomodo che dopo una strettoia, sprofonda su un p17, un p20 e sucessivamente un p15. da qui si prosegue per la via evidente, quindi sempre in successione meandrino, pozzo fino a raggiungere i meno 100. lì, la cavita’ cessa la sua corsa verso il fondo e ci lascia, con l’amaro in bocca, a disarmare la via di discesa.
Quando però giungiamo nuovamente alla base del p15, grazie alla mia lunga esperienza…non noto nulla! mentre Lorenzo, che per la terza volta in vita sua entrava in una grotta, nota un buco sotto una paretina, quasi completamente ostruito dalla ghiaia e dal quale usciva un vento gelido. Il buco misurava 40 x 20 centimetri, ma nonostante cio’ lo allarghiamo in non più di venti minuti.
Decido di infilarmi e non senza difficoltà percorro un meandro stretto per 20 metri , dove mi fermo su un pozzo e lo valuto profondo circa 40 metri: visto che il mio compagno è impossibilitato a raggiungermi a causa delle sue maggiori dimensioni fisiche, decidiamo di terminare in quel punto la prima esplorazione.
Nella seconda uscita siamo in 4, io, Lorenzo, Piero Slama e Beppe. dedichiamo parecchio tempo a rendere acessibile a tutti il meandro dove mi ero fermato la volta precedente. una volta allargato, io e Beppe scendiamo il pozzo bello circolare di 40 metri (in realtà 38), alla sua base prosegue un meandro, mentre dalla parte opposta a 3 metri dal fondo si apre un p15 dove dalla parete opposta precipita una cascata che ci terrà compagnia per tutta la discesa.
lla base di questo p15 mi infilo in un meandro dal fondo nero fermandomi dopo un po’ di passi per sondarne la profondità; gettiamo quindi dei massi e io e Beppe ci guardiamo con lo stupore negli occhi: il rimbalzare dei sassi non finiva più! 150-200 metri?? ero stato in arrampicata su quello che poi sarà il p. 178 “pozzo cascatelle”.
Risaliamo per raggiungere piero e lorenzo, raccontargli le novità e recuperare i sacchi di materiale e, mentre beppe e piero decidono di uscire, io e lorenzo ritorniamo all’ attacco del pozzone per scenderlo.
Percorriamo, questa volta legati, il meandro fino al suo termine dove di colpo si spalanca il pozzo, via via sempre più largo, da prima verticale e poi leggermente appoggiato, sempre percorso da una serie di cascate.
Arrivati al termine dei 140 metri di corda disponibili, del fondo non c’era ancora netta visione.
Alla terza puntata siamo nuovamente soli io e Lorenzo ad esplorare il meandro che avevamo lasciato sotto il p38: purtroppo dopo duecento metri intervallati da alcuni salti di 10 metri circa ciascuno, il meandro diventa talmente stretto da precluderne la prosecuzione – peccato! – perchè si nota che, dopo una decina di metri di restringimento, esso torna ad allargarsi facendo intuire una sua ulteriore continuità.
Ritornati sui nostri passi decidiamo di continuare a scendere il p178. ad una cinquantina di metri dal fondo il pozzo, intervallato da delle cengette, da prima maestoso comincia a restringersi coinvogliando tutta l’acqua al suo interno, verso la parte terminale…per fortuna con un po’ di pendoli e deviatori riusciamo a tenerci fuori dalle cascate.
Alla sua base, circa 5×5 metri, un altro angusto meandro ci porta ad affaciarsi su un p.50. l’accesso del pozzo non è dei più comodi ma subito dopo si allarga in un bel tubo verticale, ed anche qui alla fine, pur mantenedo dimensioni discrete, esso si restringe coinvogliando le acque e rendendo inevitabile una bella doccia! siamo a quota -330 mt.
A questa quota la grotta diventa orrizontale ed e’ percorsa da innumerevoli cunicoli, meandri e condotte; questa volta siamo in compagnia di Adriano che ci segue entusiasticamente, attrezziamo dei traversi e giungiamo ad una condotta che ci costringe a strisciare: fortunatamente dopo un centinaio di metri, la volta si alza prendendo le forme di un comodo meandro che ci permette di camminare eretti.
Lasciamo vari cunicoli alla nostra sinistra, tutti percorsi da aria, e preferiamo continuare per il meandro principale…la volta del meandro, ora comoda, torna ad abbassarsi costringendoci di nuovo a strisciare, ma se prima era sulla sabbia, ora ci ritroviamo su pietre aguzze, per poi tornare finalmente in posizione eretta, dove ci affacciamo sul soffitto di una caverna dalle grandi dimensioni.
Calatici sul fondo della stessa con altri 2 saltini di circa 10 e 5 mt, ci troviamo a strisciare in una grande frana, perdiamo parecchio tempo per trovare la via giusta ma alla fine ecco nuovamente un salto di 15 metri che ci porta ad una grande galleria.
la percorriamo per 50 merti dove con stupore troviamo delle corde provenienti da un’altra galleria che interseca perpendicolarmente la nostra, ci domandiamo: “gortani?” siamo a circa -400: dalla parte opposta della galleria intersecata, arriva invece una cascata, alla quale, con stupore, giungeremo in una successiva esplorazione dopo aver percorso per sette ore meandri sempre scomodi e senza fine.
Nelle seguenti esplorazioni abbiamo seguito tutte le minori condotte le quali però, non hanno dato accesso ad ulteriori sviluppi.
Ad oggi siamo fermi al termine di un meandro che risulta ostruito da una frana da una parte, mentre al suo opposto un salto di circa 20 metri e’ ancora da scendere; la considerevole aria che lo percorre fa supporre una possibile continuazione nella sua parte alta, che forse ci consentirebbe di superare la frana.
In questa fase esplorativa, accompagnati dal forte Riccardo Ostoich (wanda), i tentativi di scalare in libera tale meandro si sono arenati quando le pareti hanno precluso un arrampicata in pressione a causa delle loro sempre maggiori dimensioni e distanza una dall’altra.
Ad oggi le prosecuzioni evidenti della cavità sono 3 ma sicuramente qualche arrampicata o traverso su altri pozzi regalerà ancora qualche sorpresa!
Rocco Romano
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